Preparale una torta,
diceva. Vedrai che impazzirà!
Anche se, fino a quel momento, l’unico che stava impazzendo,
era lui. Lui era un detective, ed è risaputo che i detective
sono una frana in
cucina. Morale della favola: mai dare
ascolto ai consigli di Heiji Hattori per quanto riguarda
“come far felice tua
moglie nel giorno del suo compleanno”. Mai.
Osservò il ripiano di marmo della cucina, cosparso di farina
candida, e lo sguardo gli cadde sul libro di cucina che aveva lasciato
aperto
davanti a sé. Doveva, innanzi tutto, separare i tuorli
dall’albume.
Sì, ma come?
Prese una delle tre uova che aveva preparato e lo picchiò
delicatamente contro il bordo di un piatto fondo, formando una piccola
crepa.
Un altro colpo, e la crepa si allargò. Al terzo, il guscio
si ruppe del tutto,
facendo fuoriuscire qualche goccia di liquido denso e appiccicoso.
Separare il tuorlo
dall’albume... Perché cucinare era
così dannatamente difficile?
- Papà? - lo chiamò una voce. - Hai bisogno
d’aiuto?
Shinichi Kudo si voltò verso il figlio, cercando di
addolcirsi un po’.
- No, va tutto bene, Conan - mentì. Maledetto orgoglio!
- Ne sei sicuro? - chiese ancora il bambino, spostando lo
sguardo scettico dal padre all’uovo aperto che teneva in mano.
- Assolutamente!
- Allora posso guardarti cucinare? - domandò il bambino,
entusiasta.
- N-non dovresti essere a fare i compiti, piccolo genio? -
riuscì a balbettare l’uomo, usando la prima scusa
che gli era passata per la
mente.
- Andiamo, lasciami rimanere! - lo pregò il piccolo. - Posso
aiutarti! E poi, i compiti li ho finiti!
Shinichi non sapeva cosa dire. Osservò quegli occhi azzurri,
lo specchio dei suoi. Brillavano.
- E va bene! - si arrese, sbuffando. - Prendi una sedia,
campione!
Il bambino esultò, mentre avvicinava la sedia di quercia al
bancone e vi saliva sopra.
- Allora? - chiese, eccitato. - Che dobbiamo fare?
- Be’... - esitò. - Dobbiamo separare il tuorlo
dall’albume.
Il piccolo Conan borbottò un “oh”,
afferrò un uovo, lo ruppe
ed iniziò a far scivolare il contenuto appiccicoso da una
metà all’altra, facendo il modo che la chiara
cadesse nella scodella e il tuorlo dorato
rimanesse nel guscio.
Shinichi osservava il figlio a bocca aperta.
Conan si voltò verso il padre, sorridente.
- Ecco fatto! - esclamò. - Tutto bene, papà? -
gli chiese
poi, quando ebbe notato la sua espressione sconvolta.
Shinichi scosse la testa, cercando di assumere un’espressione
meno babbea.
- Certo, tutto bene! - lo rassicurò. - Ma dove hai imparato
a farlo?
- Io e la mamma cuciniamo spesso insieme, - spiegò il bimbo,
con un sorriso innocente. - Quando tu lavori.
Il detective borbottò un “oh” mentre
rompeva un altro uovo e
imitava il figlio, senza non poche difficoltà.
- Poi, - lesse Kudo, una volta che ebbero finito, - dobbiamo
montare a neve gli albumi...
Osservò il bambino che, una volta sceso dalla sedia, si
avvicinava ad un mobile e ne estraeva due scodelle pulite e due
forchette.
- Se ci dividiamo il lavoro facciamo prima - spiegò il
bambino.
- Agli ordini, capo!
Divisero la chiara in due parti, mettendole una metà in ogni
scodella. Conan prese la forchetta ed iniziò a girarla,
molto velocemente. Il
padre lo imitò, come se sapesse il fatto suo.
A volte lo stupiva come quel bambino fosse bravo in tutto
quello che faceva, e rimaneva di stucco quando si rendeva conto di
quante cose
sapesse. Poi si ricordava che quello era suo figlio, e allora ogni
dubbio
spariva.
- Papà, non devi fermarti! - lo rimproverò il
piccolo. - Non
devi smettere di girare, o le uova impazziranno! Ma non lo sai?
- Oh, ma certo che lo so! - mentì l’uomo,
ricominciando a
far roteare la forchetta più veloce di prima. - Stavo solo
pensando a una
cosa...
- Papà?
- Sì?
- Ti sei fermato di nuovo.
Un’abbondante
dose di crema al cioccolato dopo, i due
stavano orgogliosamente tirando fuori dal forno uno splendido dolce.
- Wow! - esclamò il piccolo Conan, mentre il padre lo
appoggiava sul bancone e si toglieva i guanti da forno.
- Già, è proprio bella - convenne il detective. -
Allora? La
decoriamo?
- Sì! Ma prima dobbiamo farcirla!
La riempirono di una deliziosa crema al cioccolato che Conan
aveva preparato poco prima.
- Mi ha insegnato mamma a farla - aveva spiegato.
Shinichi cosparse la parte superiore di zucchero a velo,
mentre il bambino riempiva la tasca da pasticcere con la crema rimasta.
Scese dalla sedia per spostarla e avvicinarsi al dolce.
Scrisse “Buon compleanno Ran”, con la sua
calligrafia incerta e infantile,
ricevendo una pacca sulla spalla a lavoro ultimato.
I due drizzarono le orecchie quando sentirono la porta
d’ingresso
sbattere.
- Sono a casa! - annunciò una voce femminile.
- Non farla venire in cucina, Conan! - sussurrò il detective
al bambino. - Distraila!
Il piccolo saltò giù dalla sedia e le corse
incontro,
catapultandosi fra le sue braccia.
- Mamma! - la salutò.
Lei si inginocchiò per posarlo a terra, dandogli un bacio
sulla guancia.
- Dov’è papà? - chiese al bambino,
insospettita dal fatto
che non fosse corso a salutarla. Lo faceva ogni volta,
perché avrebbe dovuto
mancare il giorno del suo compleanno?
- Oh, è di là. Com’è andata
al lavoro?
Ran rimase basita da quella domanda. Era la prima volta che
Conan gli chiedeva una cosa del genere.
- Mh... Bene, direi.
- Ci avrei scommesso! Tu sei l’avvocato migliore del mondo!
E sei anche la più bella di tutte!
- Cosa state architettando, tu e quell’idiota di tuo padre?
- chiese Ran, sospettosa.
- Ma cosa dici! - Il bambino rise, facendolo sembrare meno
forzato possibile. - Cosa te lo fa pensare?
- Quando tuo padre non vuole dirmi qualcosa inizia a
riempirmi di complimenti. Perciò c’è il
suo zampino dietro a tutto questo.
Il bambino rise di nuovo. Cosa doveva fare adesso?
- Qualche cliente interessante?
- Papà è in cucina?
Le luci si spensero all’improvviso, lasciando a Conan il
tempo di tirare un sospiro di sollievo. Un lieve bagliore arancione si
diffuse
nell’ampio soggiorno, la cui fonte erano trentatré
candeline rosse.
- Ti canterei “Tanti auguri a te”, ma non sono
sicuro che
gradiresti.
Il detective posò la torta sul piccolo tavolino da
caffè ed
accese le luci. Non passò molto prima che Ran gli buttasse
le braccia il collo,
facendolo quasi cadere.
Si staccarono, rossi come peperoni, quando Conan diede un
colpo di tosse.
- Potreste evitare quando ci sono io? - chiese.
- Allora faresti meglio a voltarti! - lo ammonì Kudo,
avvicinando la moglie con un movimento fluido del braccio e stampandole
un
bacio sulle labbra.
- No, papà! Bleah!
Shinichi e Ran risero, mentre Conan continuava a
rimproverare il padre.
- Ma l’avete fatta voi? - chiese Ran, inginocchiandosi per
osservare meglio la torta.
- Oh, sì! - esclamò il bambino. -
L’abbiamo fatta con le
nostre mani! Vero, papà?
L’uomo sorrise: - Vero.
- Be’, è davvero bellissima! - si
complimentò la giovane
donna. - Possiamo assaggiarla?
Shinichi sparì in cucina per rientrare nel salotto con un
grosso coltello, tre piatti e tre forchettone da dolce.
- Spegni le candeline, mamma! O la cera colerà sul dolce!
Le ci vollero un paio di minuti per spegnere tutte le
candeline.
- Quando avrai novant’anni, ti ci vorranno ore per spegnerle
tutte! - la prese in giro il marito, ricevendo un pugno non troppo
delicato
nelle costole.
Il detective tagliò la torta in otto parti uguali,
guadagnandosi un “maniaco perfezionista!” dalla
moglie. Stavano per addentare
ognuno la loro fetta quando il rumore del campanello riempì
la casa. Shinichi
Kudo sbuffò e poggiò il suo piatto sul tavolino
da caffè per andare ad aprire.
Un sorridente Heiji Hattori si fece largo senza tanti
complimenti, seguito da una Kazuha piuttosto imbarazzata, che teneva
per mano
una tenera bambina dai capelli castano scuro raccolti in una coda
chiusa da un
fiocco.
- Ci è giunta voce che qui c’era una festa... -
esclamò,
lasciandosi cadere sul divano accanto al piccolo Conan,
scompigliandogli i
capelli. - E gli Hattori non si perderebbero una festa per nulla al
mondo!
- Prego, entra pure Hattori! - scherzò Shinichi, sbattendo
la porta d’ingresso.
- Al diavolo le formalità, Kudo! Mi
casa es tu casa, no?
- No!
- Scusalo, Kudo-kun. Lo sai com’è fatto... -
borbottò Kazuha,
rossa come un peperone per l’atteggiamento del marito.
- Sì, tranquilla Kazuha - la rassicurò. - Oh,
ciao Sakura!
Si inginocchiò per guardare nei grandi occhi verdi la
bambina che, timidamente, si nascondeva dietro la gamba della madre.
- Conan, vieni a salutare Sakura!
I due bambini arrossirono all’unisono, con grande stupore
dei genitori.
- Cosa ci nascondete, ragazzi? - chiese Heiji, malizioso.
Ran e Shinichi ridacchiarono.
- M-m-mangiamo la torta, o si fredda! - esclamò il bambino,
incassando la testa nelle spalle piccole.
I genitori ridacchiarono e si sedettero sui due divani che
occupavano almeno un quarto del grande soggiorno di casa Kudo.
- Sai, Kudo, - mormorò Hattori dopo qualche morso, -
dovresti cambiare pasticceria.
- Perché?
- Be’, non saprei... Ha uno strano retrogusto.
Shinichi ridacchiò.
- Non ti piace la nostra torta, zio Heiji?
- V-vostra? - gli fece eco il detective del Kansai.
- Be’, io penso che sia molto buona - affermò
Kazuha, che
ottenne l’immediata approvazione di Ran.
Kudo sorrise: - Sai, Conan? Forse abbiamo messo troppa
aconitina* nella fetta di zio Hattori...
Heiji quasi si strozzò con il pezzo di dolce che aveva
appena mandato giù, provocando una risata generale.
- Grazie mille, ragazzi. Questo è il miglior compleanno che
abbia mai passato.
*Veleno vegetale altamente tossico. Con la forma di una polvere cristallina giallo chiaro, è difficilmente solubile in acqua.