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Autore: aniasolary    16/08/2012    1 recensioni
Fanfiction della fanfiction Moonglow di oOoLaViSvampitaoOo.
In Moonglow Renesmee è una donna vera.
In Moonglow Jacob è un uomo che ama lei e la sua famiglia, ma che sarà sempre vincolato dal pezzo di carne che gli sta in mezzo al petto.
Perché per chi batte davvero il cuore non lo sceglie l'imprinting, e i battiti del cuore di Jacob Black saranno sempre di Bella.
E in Moonglow c'è Bill, un ragazzo che si innamora di Renesmee ancora prima di avere l'imprinting con lei e trasformarsi, la ama con tutti i suoi difetti e anche il peggiore: quello di somigliare, in certe e precise circostanze, a sua madre.
E proprio come la madre, Renesmee sbaglia.
Questa storia è un missing moment fra la fine di Moonglow e Sundown. Il figlio minore di Renesmee e Jacob, William Benedict, ha undici anni. Suona il violino, ed è il momento della sua prima esibizione...
Sapete cosa c'è di brutto nella vita eterna?
"Non puoi dimenticare niente. Non puoi dimenticare, Esmie, i momenti in cui Bill ti stringeva e faceva da padre al tuo bambino, il piccolo Ben. Non puoi dimenticare di averlo amato davvero. E se non lo dimentichi, lo amerai per sempre."
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Renesmee Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
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Esmie e Bill
SD

Fanfiction della fanfiction Moonglow di oOoLaViSvampitaoOo.
In Moonglow Renesmee è una donna vera.
In Moonglow Jacob è un uomo che ama lei  e la sua famiglia, ma che sarà sempre vincolato dal pezzo di carne che gli sta in mezzo al petto.
Perché per chi batte davvero il cuore non lo sceglie l'imprinting, e i battiti del cuore di Jacob Black saranno sempre di Bella.
E in Moonglow c'è Bill, un ragazzo che si innamora di Renesmee ancora prima di avere l'imprinting con lei e trasformarsi, la ama con tutti i suoi difetti e anche il peggiore: quello di somigliare, in certe e precise circostanze, a sua madre.
E proprio come la madre, Renesmee sbaglia.
Questa storia è un missing moment fra la fine di Moonglow e Sundown. Il figlio minore di Renesmee e Jacob, William Benedict, ha undici anni. Suona il violino, ed è il momento della sua prima esibizione...
Sapete cosa c'è di brutto nella vita eterna?
Non puoi dimenticare niente. Non puoi dimenticare, Esmie, i momenti in cui Bill ti stringeva e faceva da padre al tuo bambino, il piccolo Ben. Non puoi dimenticare di averlo amato davvero. E se non lo dimentichi, lo amerai per sempre.
Renesmee Carlie CullenxWilliam Benedict Brown

White Wood



When you cried I'd wipe away
all of your tears
When you'd scream I'd fight away
all of your fears
I held your hand through
all of these years
But you still have
All of me
My immortal - Evanescence 

Le strade della città scorrevano davanti ai miei occhi: colori, case, persone, cani, bambini. Alzai il finestrino dell’auto, i miei capelli svolazzavano al vento, ricci e crespi come non mai, mentre mi mordevo le labbra e lasciavo fuori quel vento freddo che rovinava il lavoro di zia Alice.

Sentii una mano sulla mia spalla, un tepore che assomigliava all’aria di primavera.

«Nervosa, mamma? » Il tocco del mio figlio più piccolo. 

Mi voltai verso di lui, una mano a sistemare un ricciolo caduto sulla mia guancia. Mii guardava con quello sguardo lontano di sempre, mentre le sue dita dai polpastrelli duri – il mio violinista – scivolavano sull' archetto posato sulle sue gambe.

Will.

Sguardo lontano eppure tanto vicino, occhi scuri, marroni, eppure trasparenti. Tutti dicono che sono gli stessi di Jacob, ma io li avevo osservati bene. Jacob ha gli occhi come quelli di Will, eppure una patina, a volte più scura dei suoi stessi occhi, polvere di passato, è su di lui. Quelli di mio figlio invece sono sempre stati lucidi e liquidi come l’acqua del mare.

«Nervosa? Ma guardati, è il tuo primo concerto. A Seattle. E tu chiedi “Sei nervosa?” a me? Non smettirai mai di stupirmi, Will.»

Lo presi fra le braccia, un occhio lanciato a quell’archetto in mogano e crini di cavallo che Jacob aveva pagato un sacco di soldi per l’ultimo compleanno del nostrop iccolo. Gli arruffai i capelli, e una risata eccheggiò fra i sedili dell’auto. La mia.

Ben, dal volante, si voltò leggermente, e il suo sguardo finì su di noi.

«Non so chi ha più problemi, fra voi due. » ridacchiò.

«Che cosa vuoi insinuare, Benjamin? » Parlai a voce alta, sempre con Will fra le braccia. 

La sua era un’età strana, diceva mio nonno. Undici anni.

Ad undici anni io ero sposata e sapevo già cosa volesse  dire soffrire, anche se solo in minima parte, ancora chiusa e protetta in una campana di cristallo, abbastanza sottile da lasciarmi vedere il mondo di fuori, quasi quello fosse il circo ed io lo spettatore. Quando invece era tutto il contrario.

Will.

«Will? Smettila di stringerti a mamma, stiamo arrivando! » disse Ben, una mano sul volante e un’altra a cambiare stazione alla radio.

Il mio Will a undici anni restava sveglio la notte, i capelli arruffati e i vestiti di casa, un foglio fra le mani o il pc portatile sulle gambe. A volte mi correva incontro con il sorriso come disegnato in volto, pronto a lasciarsi abbracciare da me.

Forse gli altri undicenni non si comportavano così con le loro madri. Forse gli altri undicenni dormivano la notte e leggevano di giorno, proprio se costretti. E le loro madri non sembravano delle liceali.

Le loro madri non facevano sempre lo stesso sogno, ogni giorno dell’anno, ogni anno, nel bel mezzo della notte.

Le loro madri stavano con i loro mariti e li amavano. 

O erano divorziate, e single.

Invece io…

La macchina si fermò di colpo.

«Arrivati! » disse Will, la voce dolce. Corse fuori dalla macchina, ad una velocità degna di un vampiro. Ce l’aveva nel sangue, in fondo. Ed io scesi dall’auto, attenta a non stropicciare il vestito verdino appena comprato e stretto sui miei fianchi.

Guardai Will che correva verso il palco, c’erano anche altri ragazzini. Socchiusi gli occhi, per guardare meglio. La sua testa bronzata spiccava fra tutti, mentre cercava di attirare l’attenzione del maestro, che gli strinse la mano appena lo vide.

«Lui non verrà.» Ben venne accanto a me, i suoi capelli ricci leggermente mossi dal vento, proprio come i miei. Cercai di mantenere fisso lo sguardo davanti a me, mentre un’altra auto ci passava davanti. Ci riflettevamo nei vetri ed io, madre di cinque figli, potevo tranquillamente sembrare la sorella minore del mio figlio più grande. 

Distolsi lo sguardo.

«Cosa vuoi dire, Ben? »

Cominciò a dirigersi verso le sedie sistemate nel parco, per ascoltare il concerto. Veloce, sempre più veloce. «Che sono felice che Will non pensi a nostro padre, non come facevo io. »

«Tuo padre verrà appena riuscirà a liberarsi, sai che è tanto impegnato.»

Sì, Renesmee. Continua a mentire.

«Mio padre pensa a tutti tranne che ai suoi figli. »

«Stai dicendo solo delle cattiverie.»

«Fingi sempre di non sapere.»

Sì, Renesmee, continua a mentire.

«Vuoi davvero rovinare ogni cosa? A momenti arriverà Moonie…»

«Mi sembrava addirittura che… »

«Cosa? Che cosa, Ben? »

Che Jacob ti amasse veramente.

«… Niente. » Sospirò. «Scusa, mamma.» E disse l’ultima parola a bassa voce, per non farsi sentire. Mi morsi le labbra, ormai incapace di dire altro. Cosa vuoi dirgli?

Che si sbaglia.

Suo padre lo ama.

Mi passai una mano fra i capelli. Ben mi seguì, mentre trovavamo posto fra le sedie posizionate al centro del parco.

Almeno i suoi figli, li ama davvero.

Mi si formò una crepa nel petto..

Almeno i suoi figli li ama.

La crepa si fece più profonda.

Chi ama, Jacob?

Basta.

Chi ama, tuo marito?

Basta.

Basta, stop, pausa da semibreve, silenzio, lutto. 

Se respingi il vento quello ti graffia, se lo mandi via quello ritorna, se ti nascondi quello ti trova.

Chi ama, tuo marito?

Mia madre.

Il tramonto scese su di me e sulla città e sullo sguardo verde di mio figlio, seduto accanto a me, mentre la musica cominciava a venir fuori da tutti gli strumenti musicali. Lasciai che il fiato attraversasse la mia gola per uscire dalle mie labbra, in un sospiro.

Mia madre.

Will era in piedi sul palco, il direttore d’orchestra a guidarlo mentre librava le note in un assolo. Guardai il mio bambino, i riccioli che gli cadevano davanti agli occhi ad ogni movimento. Una melodia che avevo ascoltato tante volte a casa, incantata. Aveva preso a canticchiarla anche Jake, con la sua voce roca e bassa. Ben l’aveva scambiata come sveglia del mattino, mentre Moonie tratteneva a stento il pianto ogni volta che Will la suonava. Agnes ci cantava su, dondolando la testa. L’ultima volta l’aveva ascoltata la mia Wendy, dal suo campo di escursioni, grazie ad un cellulare che era riuscita a recuperare da qualche parte.

I miei figli.

Due ragazzi, a due file di distanza da me, si scambiarono un bacio, la musica nelle mie orecchie.

Chi ama, tuo marito?

La crepa continuò ad allargarsi.

Mia madre. 

Isabella Swan, i miei stessi occhi, una volta con i capelli castani. Le ginocchia sbucciate, con le lacrime agli occhi e la ferita su un polpaccio, vecchia foto con Jacob che la teneva a stretta a sé.

Respirai profondamente.

Le ha tenuto stretta la mano mentre io la uccidevo.

Will continuava a suonare, un’espressione concentrata in viso. Le note più alte, quelle più difficili.

Bella Cullen, mia madre. Il mio sangue è il sangue che lei non ha più, i miei occhi sono quelli che lei non ha più, il mio cuore che batte è quello che lei non ha più.

Chi ama, tuo marito?

Mia madre.

Silenzio improvviso. 

Luce dritta su mio figlio. 

I suoi occhi scuri persi davanti a sé. 

Tutto immobile.

Continuò a suonare.

A poco a poco, la gente si alzava.

Non capivo.

A poco a poco, i bambini piangevano.

A poco a poco, gli innamorati due file davanti a me, andarono via.

A poco a poco, i musicisti lasciarono le loro sedie.

A poco a poco… a poco a poco…

Chi ama, tuo marito?

Mia madre.

A poco a poco, giorni d’estate, giorni d’infanzia. Ragazza di vita eterna.

A poco a poco, il direttore d’orchestra lasciò il palco.

Il tramonto era sceso su di me, sui miei figli, sulla città.

«Che succede?» La mia voce era allarmata, chiusa in gola.

Mi alzai, quasi scalciai via qualche sedia che mi impediva il passaggio.

Mio figlio suonava.

Note stonate, uccise, una corda si spezzò.

«Will! » chiamai, e avevo le lacrime agli occhi. «Will… » Salii le scale dove prima si trovava il direttore d’orchestra.

 Mio figlio alzò lo sguardo, un’altra corda saltò. Gli accarezzai il volto, senza trattenere il tremore. Avevo freddo.

«Will… » Lo chiamai ancora. Fissò lo sguardo davanti a me e mi persi nei suoi occhi.

Non più scuri.

Trasparenti, sempre.

Ora verdi.

La bocca… il naso, la forma degli occhi, del mento…

Lo abbracciai.

La vista mi si era appananta.

Un vuoto nel petto che volevo colmare a tutti i costi.

Da quanto mio figlio non mi arrivava ai fianchi? Ma cosa dicevo, a metà coscia.

«Mamma.» Non c’era nessun archetto e nessun violino.

«Ben. » Non c’era nessun palco e nessun parco.

Intorno a noi, il bosco.

«Papà! » urlò, e i suoi occhi verdi divennero luce. Mi lasciò, veloce, ed io mi voltai.

Non è possibile.

«Papà! »

Ancora.

Bosco, abeti bianchi.

Da quanto tempo non sogni questa foresta, Esmie? Hai paura ancora? Bianco è la morte e bianco è la memoria senza ricordi. Il rosso non è il sangue della morte, ma i riflessi dei tuoi capelli. Ogni cosa ha il suo vero colore, da quando ci sei.

«Papà! »

Ancora.

E mio figlio si fece abbracciare da quelle braccia dorate e forti. Si fece baciare da quelle labbra piene, rosee, screpolate solo un po’, che mi solleticavano le spalle una volta. Non puoi dimenticare niente. Non puoi dimenticare, Esmie, i momenti in cui Bill ti stringeva e faceva da padre al tuo bambino, il piccolo Ben. Non puoi dimenticare di averlo amato davvero. E se non lo dimentichi, lo amerai per sempre. Si fece vedere da quegli occhi, chiari di nocciola, vecchi compiti a scuola, a fingere di poter essere normale. A scoprire che sì, Jacob ama mia madre ed io non sono niente di più che una ragazza messa in trappola da un incantesimo.

Ma il mio niente è tutto insieme a lui.

«Bill. » Un sussurro.

Mi guardò. Il viso come sfumato, ricordo affiorato dal nulla che sono, perché sono nulla. E ho solo i miei figli, madre che non sa come vada il mondo, madre che vedrà i suoi figli morire, le sue figlie diventare immortali con lei.

Condannata per sempre a vederti affiorare dal bianco che non mi spaventa più. 

Perché ogni cosa che mi riporta da te fa male solo quando se n’è andata via.

«Esmie. »

Sono qui, Bill. Sono qui.

Perché mi hai lasciato? Non dovevi farlo, capisci? Io la morte non la voglio conoscere, se proprio verrà io la manderò via, non può niente contro di me, contro di te, anche tu puoi vivere per sempre. Vivi con me. E amo te, perché sei andato via proprio quando è stato chiaro nel mio cuore troppo veloce? Troppo veloce a crescere e troppo lento a capire, perché sette anni sono troppo pochi per diventare donna, e anche tredici. Creatura strana, ancora più dei miei figli. Sono diventata Esmie, grazie a te. Esmie è una ragazza che impara ad amare e non importa quanti anni ha, perché ci sei tu.

Ben era corso via, a rincorrere una lucertola. La foresta bianca non fa più paura. Assomigliava alla neve, spelndeva sotto il sole che non c’era, mentre io alzavo lo sguardo e lo incontravo, il vero amore della mia vita. William Benedict Brown, lupo di un rifugio tutto nostro e mare e pensieri, resta sempre con me.

«Non piangere. » Mi abbracciò ed io affondai il viso nella sua spalla. «Non piangere. »

«Bill. » Mi staccai da lui. Per guardarlo, amarlo,vederlo, ritrovarlo. «Io… »

«Sei diventata ancora più bella. » mi sussurrò. Risi nel pianto, al suono della sua voce e delle sue parole. 

«Io sono sempre uguale. »

«Tu sei sempre la mia Esmie. » Mi sfiorò la guancia con le sue labbra. Da lontano, si sentivano le risate e la vocina di Ben, ora bambino. “Dove vai, lucertola? Ti cucinerò insieme al mio papà, che cosa credi?”

Bill.

«Mi manchi. » E le mie lacrime scesero sulle sue labbra, a baciarlo. «Mi manchi. Mi manchi, mi manchi, mi dispiace, William.»

«Shhh. » mi zittì. «Non piangere, Esmie. »

Mi accarezzò i capelli, nodi su nodi, e poi la sua mano scese sulla mia schiena, mentre io mi perdevo, per l’ennesima volta, nel mio sogno. I capelli castani che gli scendevano leggermente sulle orecchie.

«Ti amo.» E sospirò fra i miei capelli.

Trovai le sue labbra e il mio posto per sempre. Morsi e aprii la bocca, mentre la sua lingua toccava la mia. Baciami, Bill.  Tienimi qui, con te. Non farmi svegliare. Abbracciami, stringimi, cosa pensi che io abbia fatto, per tutti questi anni? Perché non l'ho mai capito prima che tu chiudessi gli occhi? I tuoi occhi bellissimi, chiusi per sempre… amore mio.

Non mi curai della foresta bianca, né della neve, né di Ben che giocava di là.

Lo senti? Non è in pericolo. Non ha avuto un vero padre nella sua vita e tu sei stato il primo. Non curarti della neve, e nemmeno della pioggia, cade solo su di noi. Sono le mie lacrime? Baciami, amore mio. Per sempre.  

Ora questo è il nostro letto e tu mi stai guardando. Mi guardi mentre mi spoglio e Ben gioca nel bosco. Mi spoglio e tu non riesci a smettere di toccarmi ed io non voglio che smetti. Toccami, Bill. Abbracciami, baciami, non lasciarmi andare per nulla al mondo. Il mio vestito scivola sotto il tuo tocco, rompo i bottoni della tua camicia. La tua bocca. Baciami, William. Non smettere mai.

«Esmie. »

«Non parlare. » Mi strappi il ciondolo che porto al collo, un vecchio regalo di natale. Me l’ha messo Jacob al collo, e qui non c’è più niente di lui.

I nostri vestiti sono via e non c’è più forza, più tempo, più volontà di pensare a come coprirci. Sei tu che mi copri e ti stendi sopra di me ed io ti amo e non te l’ho mai detto davvero. Ti amo, e sono state parole soffocate in gola, perché...

Mi baci il seno e la tua mano scende sui miei fianchi. Ti appartengo e non è l’imprinting, è la vita che ti ha portato da me ed io ringrazio chiunque ci sia lassù, se esiste davvero, se guarda i vampiri e li lascia nutrire, se guarda me e mi lascia ferma nel mio corpo di donna, chiunque ci sia lassù, se mi ha fatto trovare da te.

Continui a baciarmi e trattengo un rantolo mentre affondo le mani fra i tuoi capelli. 

«Ti amo, Bill. »

Alzi il viso e il tuo sorriso è spento. Perché è tardi, ormai.

«Anch’io ti amo. »

E la tua bocca raggiunge la mia e il calore ritorna, lo sento ovunque.

Cerco le tue mani, non ci sono più.

Ogni cosa scomparve.

Non ti trovo più, Bill.

Aprii gli occhi, il bianco veniva risucchiato, Ben che correva e andava in braccio a Bill, Bill che lo lasciava correre, Bill che correva con me verso la nostra casa per fare l’amore. Bill.

I suoi occhi sono l’ultima cosa che vedo.

Poi il sogno finisce.

 



Mi rigiro nelle coperte, Jacob respira pesante accanto a me. Apre leggermente gli occhi, perché ho sussultato e l’ho mosso. Mi ha guardato negli occhi ed è ricaduto nel sonno.

So benissimo chi c’è nei suoi sogni. Guardo l'orologio sul comodino, domani è il concerto di Will.

Chiudo gli occhi e ti rivedo.

Resta sempre con me, amore mio.

Sospiro.

Non andrò mai via, Esmie.

*

*

*

*

Buon compleanno, Virginia.
Perché i diciotto anni sono importanti,
e sono ancora più importanti perché conserverai sempre quelle belle cose di te
che ti renderanno sempre speciale,
 anche quando sarai lontana dai diciotto.
Grazie per tutto, questa storia è per te.
Ti voglio bene.

Ciao a tutti, bellissimi! <3 Questa storia è un regalo per una mia amica, nonché mogliA. Ma se siete arrivati fino a qui mi fate proprio contenta, e mi potete lasciare il vostro parere se volete. Be', io non sopporto l'imprinting. E' un orribile trovata, e ognuno la può pensare come vuole al riguardo ma purtroppo per me è così. Ed è per questo che Jacob e Renesmee non potranno mai stare insieme serenamente. Jacob ha un bel po' di scheletri nell'armadio, e giustamente ce li ha anche Renesmee. Spero che questa storia vi sia piaciuta, e vi consiglio assolutamente di leggere la fanfiction a cui mi sono ispirata, Moonglow che Vi sta ripostando tutta da capo e ben sistemata *-* E' un gioiellino. Vi, spero che ti sia piaciuta <3 <3 <3 Ho pensato che visto che Will sa suonare il violino potesse avere avuto l'occasione di fare un'esibizione e così... ecco qua questa storia. Spero di aver dato giustizia ai tuoi Esmie e Bill :)

Esmie è il nomignolo con cui Bill chiama Renesmee *Ania si scioglie*

Non voglio raccontarvi la trama della storia perché mi dispiace fare spoiler :) Naturalmente questi personaggi sono tutti suoi, eh. Quel figo da ghfjghfdkhgfdk che è Bill, e anche Ben e Will, e Moonie e Wendy, figli di Renesmee e Jacob. E poi c'è anche Agnes, ma non vi voglio dare troppi spoiler, andate a leggere, su! <3

Grazie mille per aver ascoltato i miei sproloqui e aver letto questa storia :)

*Ania distribuisce dolcetti*

Buona settimana di ferragosto :D


   
 
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