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Autore: damnhudson    17/08/2012    1 recensioni
«Nonna e nonno riposano in pace e vicini vicini.» disse l’ormai adulta Drizzle ai suoi figli che, con le lacrime agli occhi, guardavano le lapidi dei suoi genitori. «No, piccoli… Non dovete piangere, loro si stanno tenendo la mano, mentre ci osservando. Nonno Finn non piangeva quasi mai… Odiava chi piangeva, diceva che i sorrisi vengono manomessi con le lacrime.»
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Finn/Rachel
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A Vera, la Vera del mio Nyan.
 
Finn era passato a miglior vita esattamente quaranta anni dopo la sua donna, Rachel. Drizzle non seppe mai dire se quella che visse il padre fosse davvero una vita, perché non uscì mai più con nessuno, non vide più nessuno all’infuori di Puck, Quinn e lei. Si rifiutava praticamente di ogni contatto con ogni persona a lui esterna. Che senso aveva stare vivo se era morto dentro? Per questo Drizzle non versò mai tante lacrime a differenza delle tantissime persone che erano a quel funerale. Se suo padre avesse potuto vedere quanta gente c’era per lui ora. La gente piangeva disperato e forse lui, in qualunque posto fosse, poteva sentirli. Onestamente, sperava fosse di nuovo con la sua mamma.
 
 
Finn non smetteva di guardarsi intorno, non sapeva dov’era, non riusciva a capire perché vedesse in quella strana maniera sfuocata. Una luce bianca che gli dava fastidio agli occhi. Aveva bisogno di grattarli, di evacuare quel fastidio che provava dentro la pupilla. Si portò una mano sugl’occhi, proteggendosi dal sole che traspariva da ogni dove. Gli piaceva il sole e anche se era una mozzarellina, gli piaceva stare steso al mare, in attesa che qualche raggio lo colpisse.. Solo in presenza di Rachel però, poi aveva smesso di fare anche quello. Aveva smesso di vedere le partite, di giocare con Puckerman a football, si era costruito un rifugio in se stesso, un posto che nessuno avrebbe potuto violare, un posto dove stare sempre senza disturbare nessuno. Il suo migliore amico gli aveva fatto più volte pressioni, chiedendogli di andare allo stadio assieme, ma niente, non ne aveva voluto assolutamente sapere.
Quel luogo gli conferiva una totale pace interiore, una pace che solo con la sua donna aveva trovato, una pace talmente beata da essere troppo per un uomo… una pace persa, e mai più ritrovata. Finn si era costretto più volte ad andare avanti, molto spesso simulava un sorriso incoraggiante quando sua figlia portava dei buoni voti a casa, aveva simulato un sorriso sincero il giorno della sua laurea, ma aveva categoricamente proibito a Drizzle di prendere lezioni di canto, o meglio, poteva prenderle ma solo quando lui non era in casa… E lui c’era sempre. Sua figlia aveva imparato quando lasciare da solo il padre, l’uomo aveva spesso e volentieri bisogno di piangere, aveva bisogno di qualcuno che gli tenesse la mano durante questi momenti e la sua bambina l’avrebbe fatto volentieri se lui l’avesse fatta avvicinare, ma per un uomo farsi vedere piangere non è assolutamente decoroso. Drizzle era cresciuta da sola, con zio Noah e zia Quinn, tra tanti problemi, ma non aveva mai trovato la forza di prendersela con suo padre, lo amava talmente tanto da pensare che la colpa fosse solamente di sua madre. Spesso infatti, si ritrovava ad odiarla. Li aveva lasciati soli, soli al loro destino, Rachel sapeva benissimo che Finn non era abbastanza forte, non lo era mai stato e odiava sua madre, perché dannazione poteva stare più attenta quella volta. Ma poi, passava dall’odio per sua madre all’odio per se stessa e infine a non provare più nessun tipo di rancore per nessuno. Lei era una Hudson, gli Hudson non provano rancore.
E adesso, piccolo quanto una formica, in quel mondo così nuovo per lui, si sentiva di nuovo solo. Solo come quando quaranta anni fa, sua moglie Rachel l’aveva lasciato con una figlia troppo piccola da crescere.  Cercava un punto di riferimento. “Se questo è il paradiso – pensò, indaffarato mentre i suoi occhi si abituavano al calore del sole – voglio incontrare davvero tante persone.” E per una volta il suo pensiero non andò in primis a Rachel, bensì a suo padre.
Fu come un lampo, un gioco di luci e suo padre era lì, davanti a lui.. In carne ed ossa. Sorrideva, le fossette sul suo viso si crearono mentre si riconosceva nel viso dell’uomo che avrebbe tanto voluto chiamare ‘papà’ almeno una volta nella vita. Sua madre non esagerava quando gli diceva che erano similissimi, non esagerava quando ogni tanto, quando lo chiamava, sbagliava nome e lo chiamava ‘Chris.’ Suo padre era uguale a lui. Stessa carnagione, stessa stazza, stessa gioia di vivere che Finn aveva in tempo.
«Io sono Finn.. – fece imbarazzato l’uomo. Era un uomo adulto, eppure sentiva le guance diventare paonazze. – sono tuo figlio!»
«Lo so, ti ho sempre seguito nel corso degli anni. Ho badato sulla tua casa e su tua figlia. Ho fatto si, che non perdessi la testa quel giorno. Ti ho dato un po’ di forza. Quella necessaria che ti serviva per nascondere la tua sofferenza.»
La sua voce era totalmente calma, non aveva una punta di delusione o qualcosa che facesse presagire che si aspettava di più, era perfettamente in armonia con tutto quello che aveva intorno.
«Alla mamma sei mancato tanto!» Sospirò Hudson jr, mentre guardava suo padre, avvicinarsi.
«Abbiamo parlato tutte le sere, anche se lei si risposò con un altro uomo, questo non mi ha impedito di continuare ad amarla, anzi, l’ho fatto ancora più intensamente, perché ha avuto una forza che non tutti hanno. Ti ha dato nuovamente una famiglia.»
Eccolo il magone, Finn si sentiva una totale nullità. Lui non aveva avuto la stessa forza della madre, lui non aveva dato una famiglia alla piccola Drizzle, che ne aveva tanto bisogno. Lui non c’era stato. Era morto dentro, come una pianta. Aveva indossato una maschera che col tempo era diventata talmente spessa che non sapeva nemmeno come togliesse più. Suo padre lo capiva, aveva una paura talmente grande che l’aveva legato, stritolato.
«Lei è qui, figliolo. Devi solo sentirti all’altezza di vederla.»
Finn avrebbe voluto avvicinarsi tanto a suo padre, abbracciarlo e dirgli che gli era mancato tanto in tutto quel tempo, che avrebbe avuto bisogno di lui tante volte, a volte si era anche ritrovato a pensare di volerlo raggiungere perché era tutto troppo duro li da lui.. E si odiava ora, perché non riusciva ad abbracciarlo o a dirgli quanto gli volesse bene, per lui era uno sconosciuto che avevano abituato a chiamare ‘papà’.
«Vai, Finn. Okay, che a partire da ora hai l’eternità, ma non farla aspettare..»
Finn rise, come non faceva da secoli, oddio, avevano lo stesso senso dell’umorismo. E dire che con quell’affermazione aveva appena capito che ogni suo pensiero relativo al paradiso era giustificato, era vero, era morto, era in paradiso e ora avrebbe potuto raggiungere l’amore della sua vita e stare con lei per sempre. Eppure si sentiva un peso nello stomaco. Solo ora si rendeva conto di aver abbandonato per sempre Drizzle, li, sul terreno in cui stava prima. L’aveva lasciata completamente da sola, aveva fallito la sua missione di padre nel momento in cui Rachel era morta.
« Papà.. » chiamò Finn. Christopher che era ormai di spalle, si girò verso quello che sarebbe stato per sempre il suo bambino. «Posso vedere il mio funerale?»
«Finn, le cose non funzionano come nei libri di favole che leggi. Non c’è un mega cannocchiale dal quale puoi vedere le cose laggiù ogni sera, non puoi vedere se tua figlia sta bene – Continuò suo padre, osservando l’espressione del figlio. Era triste, triste e deluso. – ma puoi badare su di lei, dedicandoti alle preghiere. Rachel l’ha fatto. Ha badato a voi. Ha cercato di aiutarti.»
***
Non poteva badare a Drizzle da lassù, solo ora si rendeva conto di quante cose avesse fatto mancare alla sua bambina. Lui avrebbe dovuto saperlo meglio di chiunque altro come ci si sentisse a provare la mancanza di un genitore. Vuoti, senza punti di riferimento, una figura da prendere in esame per potersi comportare in esame. Una persona che ti mettesse in punizione, affinché tu capissi l’errore. Finn aveva fatto tanti di quegli errori che la madre aveva lasciato che tutti passassero. Tutti l’avevano fatto ‘poverino, lui non ha il papà’ e forse per quella ragione non era cresciuto molto bene, anche se, col passare degli anni aveva rimediato capendo cosa fosse giusto o meno. E ora, si pentiva amaramente di non aver mai aiutato la sua bambina, di non averla mai dato l’affetto che meritava e di non averla mai aiutato a fare i compiti. Non era mai stato un padre. Eppure aveva speso così tanto ad odiare il suo per la stessa ragione. Drizzle aveva un cuore grande, Finn sapeva che l’avrebbe presto o tardi perdonato, ma lui non riusciva a perdonarsi.
 
Camminò per molto tempo alla ricerca di Rachel, cercava di scorgerla in ogni posto controllasse, ma non la vedeva, non la trovava. Suo padre gli aveva detto che doveva sentirsi all’altezza di parlare con lei, ma ora come ora lui voleva solo abbracciare sua figlia. Quanto era ignobile da parte sua aver vissuto una vita accanto alla bambina e solo ora accorgersi di volerla affianco? Fece un lungo respiro mentre camminava. Si convinse che qualcuno le avrebbe tenuto la mano al suo posto e certamente, avrebbe fatto come Chris gli aveva consigliato: avrebbe pregato, per la prima volta seriamente. Non uno stupido panino ripieno di formaggio, per sua figlia. Per chiunque li stesse ospitando in quel magico posto.
« Finn Hudson? » Chiese una voce che lui riconobbe al volo. Aveva il cuore che gli martellava nel petto, era tutto quello che aveva desiderato da quarant’anni. Era servito allora convincersi che tutto sarebbe andato per il meglio. Rachel indossava un vestito rosa al momento, chissà se anche lui poteva cambiarsi la cravatta che gli avevano messo iniziava stringere sul suo collo.
« Ehi… » Commentò Finn, rivolgendole un sorriso. Lei era sempre bella e giovane, il tempo, invece, sul suo viso aveva segnato di essere passato. Aveva delle piccole ruchette al lato della bocca, si chiese se Rachel avrebbe continuato ad amarlo anche così.
« Ti stavo aspettando da tanto. Meno male che però ci hai messo tutto questo tempo, eh, tesoro… » lei aprì uno dei suoi magici sorrisi per curare il cancro e finalmente Finn capì perché nella vita aveva sempre e solamente lottato per quel sorriso. Gli faceva bene vederlo, se quel posto gli dava la pace ora Rachel gli dava anche la felicità di esserci arrivato.
Finn le era mancato così tanto, tanto da spezzarsi il cuore nel rivederlo, nel vedere che lui aveva vissuto una vita senza di lei e che non era per niente cambiato. Lo sguardo acceso e felice c’era sempre, seppur nascosto dietro i veli della tristezza. « Mi sei mancato tantissimo. » aggiunse poi, in un sospiro.
« Sono contento di vederti ancora una volta, amore mio. » Disse Finn, avvicinandosi per baciarla, per abbracciare e per fare tutti quei gesti meccanici che aveva fatto per quarant’anni nonostante la mancanza della giovane.
« Anche io. – Rispose lei, arrampicandosi praticamente alle spalle del ragazzo, per poterlo stringere meglio. – E non ti preoccupare… sei sempre bello, il tempo ti ha solamente migliorato.»
Finn sorrise felice, felice per davvero questa volta. Felice perché gli andava di esserlo. Felice perché si era ricongiunto alla sua anima gemella in un luogo di pace e felice, soprattutto, perché sì, era andato via da un posto che amava ma ci aveva lasciato qualcosa di buono, Drizzle. Avrebbe tenuto in alto il suo nome e quello della mamma. La loro memoria non avrebbe mai abbandonato nessuno.
 
«Nonna e nonno riposano in pace e vicini vicini.» disse l’ormai adulta Drizzle ai suoi figli che, con le lacrime agli occhi, guardavano le lapidi dei suoi genitori. «No, piccoli… Non dovete piangere, loro si stanno tenendo la mano, mentre ci osservando. Nonno Finn non piangeva quasi mai… Odiava chi piangeva, diceva che i sorrisi vengono manomessi con le lacrime.» Aggiunse ancora, asciugando la lacrima dal viso della piccola Rachel.
«Che cosa vuol dire manonessi?» Chiese Noah, tenendo la mano della sua mamma.
«Poi ve lo spiego. Ora salutate i nonni, andiamo a prendere papà a lavoro.»
I bambini fecero un urletto di gioia, baciando poi le piccole foto sulle lapidi.
«Ciao mamma, ti voglio bene… - disse, Drizzle, chinandosi a baciare la foto sorridente della madre. – E anche a te papi. Non ce l’ho con te. Nonapi. , chinandosi a baciare la foto sorridente della madre.  lapidi. ce l'ho con nessuno. » Sorrise, baciando anche il padre.



lapidi dei suoi genitori. ì, era andato vi Allora, è un seguito, quindi sarebbe meglio che voi leggeste prima quella: Stands here in silence. E' dedicata ad una persona importante e... io l'ho scritta solo perché l'avevo promessa a lei, sennò, non l'avrei mai conclusa. Lo so che ci ho messo tanto per scriverla, però lo sai - Sì, parlo con te, amore - che ho bisogno di tempo LOL. A chi la leggere... Grazie, mi rendete felice. E' una Finchel purissima. Ed è quello di cui ho bisogno al momento, puro finchel scritto da me o da chi di ruolo senza i RIB. Bon, niente, bye.♥
   
 
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