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Autore: ladymisteria    17/08/2012    1 recensioni
"Sherlock Holmes se ne stava in piedi in quella stanza della sede governativa dei servizi segreti britannici.
Sembrava perfettamente a suo agio, nonostante fosse scalzo, bagnato come un pulcino e avesse sulla testa una spada di Damocle con impressa a caratteri cubitali un'accusa per alto tradimento."

Seguito di "Rain and Confidences"
Versione riveduta e corretta
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler, John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'After Sherlock's Fall'
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Sherlock raccolse le ultime cose, gettando poi una rapida occhiata alla stanza.

Provò una piccolissima punta di nostalgia, ma fu solo un attimo.

Qualcosa catturò la sua attenzione.

Si chinò, raccogliendo da sotto il letto quello che sembrava un piccolo lembo di stoffa nera.

Sorrise.

Non era una semplice pezzo di stoffa.

Era una benda nera, grande a malapena per far sì che un bambino potesse indossarla.

Sherlock la ripose con cura nella tasca interna della giacca.

L'avrebbe portata con sé a Baker Street, dove avrebbe trovato il posto adatto a un cimelio come quello.

*

John Watson aprì e chiuse la bocca senza parole, assomigliando per diversi minuti a un pesce in un acquario.

Aveva creduto diverse volte che l'amico fosse folle, ma mai come in quel momento ne era stato convinto.

Il suo cervello aveva definitivamente abbandonato la scatola cranica.

Partito.

«Nessuno si è lamentato della mia idea. Non seriamente» si corresse Sherlock velocemente.

«Solo perché non hai lasciato a nessuno la possibilità di farlo».

Sherlock scrollò le spalle indifferente.

«Dettagli» aggiunse, malignamente.

«Oh, certo» replicò l'altro, sedendosi in poltrona.

«Ad ogni modo, contento tu...»

«Non sono contento. Sto semplicemente...».

Colse al volo lo sguardo dell'amico.

«Va bene, forse sono un po’ contento, ma...»

«Ecco, vedi?».

Il detective sospirò, sedendosi anch'egli.

«Che avrei dovuto fare, John?».

Il medico mise da parte il giornale, studiando l'amico.

«Evitare di metterti in questo casino sarebbe stato davvero un ottimo inizio, non credi?».

Sherlock sorrise debolmente.

«Ho solo cercato di evitare la perdita di una qualsiasi delle persone coinvolte. Credevo di riuscire a gestire la cosa...».

Anche John sospirò.

«E ci sei riuscito, come al solito. Infatti ora sono tutti più contenti. Il governo e tuo fratello non dovranno più occuparsi in alcun modo della Donna, lei potrà nuovamente essere libera di fare ciò che vuole della sua vita, tu non dovrai più scegliere tra la nazione e lei... E soprattutto, cosa più importante, io non sarò più costretto a inventare scuse assurde con tuo fratello per le tue sparizioni».

Sherlock e John si fissarono, scoppiando poi entrambi a ridere.

«Solo un'ultima cosa, Sherlock»

«Sarebbe?»

«Come hai convinto Sir Hawking?».

Sherlock ghignò.

«Un prestigiatore non rivela mai i suoi trucchi, John».

*

Un taxi si fermò davanti all'elegante dimora bianca, nel quartiere di Belgravia.

Ne scese un uomo avvolto in un lungo cappotto scuro con il bavero rialzato.

Il viso diafano era serio, e gli occhi spaventosamente chiari erano fissi sulla porta.

Erano trascorsi anni dall'ultima volta che aveva varcato quella soglia, vestito da parroco.

E ancora non riusciva a ricordare come ne fosse uscito.

Si portò istintivamente la mano al braccio, là dove era stato colpito con l'ago intriso di narcotico.

Straordinario come il suo effetto fosse stato in grado di cancellare definitivamente un lasso di tempo simile dalla sua memoria.

Suonò, e in pochi istanti era dentro.

«Mi sono sempre chiesto che fine abbia fatto Kate» disse, togliendosi il cappotto e la sciarpa blu.

La Donna alzò le spalle, poco interessata.

«La persi di vista dopo che venni presa in ostaggio da quei terroristi a Karachi».

Lo fissò.

«Ebbene?».

Sherlock entrò in salotto.

«Sembra quasi che tu non te ne sia mai andata, da questo posto. Chissà chi manterrà pulita la casa, ora che sei rimasta sola» disse l’uomo, fingendosi interessato e ignorando completamente le parole di Irene.

«Sono certo non mi biasimerai se ti dico che dubito sarai tu ad occupartene. Non so perché, ma non ti vedo proprio a ricoprire il ruolo della brava casalinga».

Irene Adler si fece avanti.

«Posso essere tutto ciò che vuoi, lo sai. Basta, ovviamente, che il ruolo sia di mio gusto»

«Non ho grandi pretese. Sii te stessa e andremo d'accordo. Forse».

La Donna ghignò.

«Banale, ma intrigante al tempo stesso... Va bene».

Si guardò intorno.

«Per quanto riguarda il chi si occuperà della casa... Troverò qualcuno ben disposto a servirmi».

Sherlock si lasciò sfuggire una piccola risata.

«Giusto. Dimenticavo i tuoi... amici».

Irene gli si avvicinò.

«Dubito tu sia venuto per informarti dell'identità di chi sostituirà Kate, quindi...»

«Non è quello il motivo, infatti».

La guardò.

«Ho parlato a lungo con mio fratello e con una delle persone più influenti - se non la più influente - dopo di lui all'interno del governo e dei servizi segreti. Benché non lo meritassi, ho trovato una soluzione che non ti manderà in prigione per alto tradimento»

«Sentiamo».

«Puoi continuare a fare la tua vita, nel modo che più ti piace, senza essere più costretta a riferire tutto ciò che scopri dai tuoi "visitatori" a degli agenti. Verrai comunque seguita, ma posso assicurarti che non te ne accorgerai neppure. Quando vogliono, gli uomini di Mycroft sanno essere molto discreti».

«Ma?»

«Chi ti dice che ci sia un "Ma"?»

«C'è sempre, quando si tratta di te e delle tue soluzioni».

Il detective ghignò.

«Ma ci sono, ovviamente, delle condizioni che dovrai rispettare. Non potrai, in alcun modo, avere "amici" altolocati. Non potrai abbandonare Londra. Mai più. O per lo meno, mai senza essere seguita da agenti altamente qualificati in ogni tuo spostamento, e mai per un periodo superiore alle due settimane. E non potrai avere contatti con esponenti della malavita "che conta". Niente più consulenti criminali, quindi. Mi spiace» disse il detective, anche se non sembrava essere davvero dispiaciuto.

Irene Adler non risposte subito.

«Hai detto che questa soluzione mi terrà fuori di prigione. Ma è come se lo fossi. Mi costringi a vivere in gabbia»

«Una gabbia dorata, in effetti».

La guardò, serio.

«E' l'ultima soluzione che ti offro, Irene. Prendere o lasciare».

Lei si corrucciò.

«Non mi lasci molta scelta»

«Affatto, ti ho lasciato un'enorme opportunità. Quella di scegliere se rimanere libera o essere arrestata».

«Come se non conoscessi già la risposta che ti darò»

«Credo di poterla supporre. Ma francamente non ci metterei la mano sul fuoco. Sono già rimasto scottato una volta».

Irene scosse il capo, togliendosi così un ciuffo sfuggito all'elegante acconciatura che portava.

«E' strano come la tua soluzione mi costringa a rimanere nella tua stessa città, con una notevole perdita di amici».

Sherlock scrollò le spalle, divertito.

«Coincidenze».

«Ora credi nelle coincidenze, Sherlock?»

«Ora credo in molte cose»

«Per esempio?».

Di nuovo, l'uomo ignorò le parole di Irene.

«Allora? Che cos'hai deciso?» le chiese invece.

«Credo che accetterò la tua soluzione»

«Non avevo dubbi».

Sherlock si avviò nuovamente verso la porta.

«Questo vuol dire che non potremo più vederci? Sei comunque il fratello di un importante membro del governo britannico, oltre che un personaggio ben noto all'opinione pubblica. Devo quindi considerare quest'oggi come il nostro addio?».

Sherlock si mise con calma la sciarpa.

«Non sono così in buoni rapporti con Mycroft da far sì che lui mi riveli i suoi piani. E anche se fosse, non li rivelerei di certo a mia volta a te. Non sono più così folle».

Si infilò il cappotto.

«E per quanto riguarda l'opinione pubblica, non mi lascio influenzare da ciò che dicono i media. Hanno la spiacevole abitudine di scrivere idiozie. Ricordiamoci che mi hanno definito un rapitore, un bugiardo e un idiota. Oltre che morto, se non erro» disse, fingendosi pensieroso.

La guardò brevemente.

«Comunque è probabile che non ci vedremo per un po’. Ciò nonostante mi terrò in costante contatto. Ti sarei grato se volessi fare lo stesso anche tu».

Irene lo seguì fino all'esterno.

«E per quanto riguarda le prove a mio carico? Che ne farai di loro? Le terrai come garanzia?»

«Forse»

«Forse sì o forse no, Sherlock?».

Il detective la ignorò un'ultima volta, salendo su un taxi.

Aveva appena girato l'angolo, quando il suo cellulare mandò un gemito, suscitando un'occhiata divertita da parte del tassista.

Sherlock parve non averlo neppure notato.

Estrasse il cellulare, leggendo il breve SMS con un ghigno divertito.

"Le hai cancellate. Ceniamo insieme. IA"

 

E con questo capitolo si conclude questa long - fic. Spero davvero di essere stata all'altezza delle aspettative, e di avervi invogliato a leggere più del primo capitolo XD

Un immenso grazie va a chi ha recensito (e a chi lo farà, se avrà voglia di farlo XD) e a chi ha "semplicemente" letto quanto ho scritto.

GRAZIE

 

   
 
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