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Autore: nevertrustaduck    19/08/2012    5 recensioni
"...Guardando i suoi occhi per una volta mi sentii a casa. Per una volta credetti veramente di essere importante per qualcuno, sentii di essere nel posto giusto. Pensai che non sarei mai più stata sola..."
Jessica vive in un orfanotrofio da quando ha cinque anni. E' cresciuta sotto l'occhio severo e premuroso di Tess, la sua migliore amica, con la quale ha intenzione di scappare non appena compiuti i diciotto anni. Nessuno si è mai curato di lei, a scuola è una continua derisione per quello che non ha, ma un incontro sul lavoro le cambierà radicalmente la vita. Tutto è innescato da delle coincidenze.
E' proprio vero: la vita è quell'entità che si pone tre te e i tuoi piani per il futuro.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Don't leave me like this



Rimasi per qualche minuto ad osservare in silenzio quel foglio, incapace di fare altro che sbattere ripetutamente le palpebre. Respirai profondamente chiudendole a lungo, poi le riaprii, perfettamente consapevole che non sarebbe cambiata una virgola scritta su quel pezzo di carta.
A quel pensiero si fece largo una strana sensazione, una sorta di sollievo.
In fondo volevo che non cambiasse nulla, che fosse tutto vero. Trovai finalmente il coraggio di sorridere apertamente, portando una mano verso la bacheca come se volessi accarezzare l’idea che qualcuno mi avesse scelta. Qualcuno aveva messo in programma di farmi entrare nella sua vita.
Aveva messo in conto di volermi bene.
Sorrisi ancora di più, se possibile. Mi avviai felice verso la parte superiore dell’edificio, dov’erano le camere, incurante delle facce perplesse che incontravo.
Sì ok, poteva anche dispiacermi che non avessero adottato qualcuno che lo desiderasse di più, ma non riuscivo a fare a meno di essere egoista in quel momento. Ero felice per me, ero felice che la scelta di quelle persone fosse ricaduta su di me e non riuscivo a pensare ad altro.
Forse sarebbe stato strano il contrario.
Respirai profondamente davanti alla porta della mia stanza, questa volta per calmarmi un po’.
Aprii la porta raggiante, ma quello che vidi spense la mia euforia in una manciata di secondi.
La mia borsa era praticamente ai miei piedi, sull’uscio, e tutta la mia roba era sparsa lì vicino, come se qualcuno l’avesse scaraventata furiosamente a terra.
Mi bastò un’occhiata di Tess per capire che quello non era solo un presentimento.
Era in piedi, davanti a me. Gambe divaricate, braccia conserte. Avrebbe potuto incenerire qualsiasi cosa soltanto guardandola.
«Cos’è successo?» le chiesi facendole notare con un gesto le condizioni della mia roba.
«Cos’è successo?» ripeté lei, marcando ogni parola.
«Jessica tu vieni a chiedere a me cosa è successo?» mi chiese ancora allargando le braccia di scatto e avvicinandosi a me.
«Non l’ho voluto io Tess, è capitato» le risposi chinandomi e cercando di dare un senso a quelle cose sparse in terra.
«Certo, è capitato dopo dodici anni. È capitato che ti lasciassi sfuggire con quella signora che eri di qui. È capitato che lei si muovesse a compassione e scegliesse proprio te. Dai Jessica, non sono arrivata ieri qui dentro!» disse accompagnandosi con movimenti bruschi del capo.
«Ma è la verità!» protestai alzandomi in piedi.
«La verità è che ti sei dimenticata di me!» continuò lei.
«Ti sei dimenticata di tutte le volte che ci sono stata per te! Di tutti i problemi che abbiamo condiviso! Hai dimenticato che io avrei potuto andarmene via di qui già da tempo, ma non l’ho mai fatto. E sai perché? Per te, Jess! Per starti accanto! Per non abbandonarti come tu stai facendo con me»
Le sue parole arrivarono come milioni di aghi. Si insinuarono da ogni parte, non lasciando scampo al dolore.
«Non è vero Tess, non ti sto abbandonando» cercai di dire mentre un groppo mi stringeva la gola.
«No, certo. Stai solo andando via da qui, fregandotene altamente di me! Non mi hai neanche chiesto come fosse andata con mia madre» disse guardandomi negli occhi.
Quell’azzurro ora era così freddo, distaccato. Faceva venire i brividi.
«Come è…?»
«Una merda! È venuta per dirmi che non posso stare con lei. Non è ancora pronta, dice. Non può dirmi questo dopo tutto questo tempo» sbottò. Sentii la sua voce sicura incrinarsi e prima che distogliesse lo sguardo feci in tempo a vedere i suoi occhi luccicare.
Mi diede le spalle, passandosi velocemente una mano sul viso.
Ad un tratto la porta si aprì di colpo.
«Switcherson, ti aspettano di sotto. Stai andando via» disse una delle solite sorveglianti con felicità pari a meno di zero nella voce.
Annuii, dando segno che avevo capito.
La porta si richiuse e tutto tornò come prima. O meglio, non proprio tutto dato che la mia migliore amica aveva deciso di sfogare tutta la sua rabbia su di me.
«Beh, non vai? Sorridevi come un’ebete quando sei entrata» disse sprezzante.
«Tess se sono felice non puoi darmene la colpa, lo saresti stata anche tu se fosse capitato a te!»
«Già, ma non è andata così, vero? Io non ti avrei mai lasciata» tornò a insistere. Mi ostinai a cacciare indietro quelle lacrime che premevano al bordo degli occhi. Volevano uscire, ma non potevo piangere. Non ora.
«Tu… tu sei soltanto gelosa perché a te non è mai capitato. Cerchi di farmi sentire in colpa per qualcosa che non dipende da me. Invidi il fatto che io abbia qualcun altro che pensi a me. La persona giusta per farmi la predica, non trovi?»
«Zitta!» mi urlò raggiungendo la porta.
«No. Anche tu sai che questa è la verità, Tess» le dissi cercando di non far tremare la voce.
«Va dalla tua famiglia, Jessica! Non ti voglio più vedere!» disse sputandomi quelle parole con tutto la rabbia che aveva in corpo.
«Credi veramente che… »
«VATTENE!» mi urlò contro rimanendo sulla porta, respirando rabbiosamente.
Sarei scoppiata a piangere, ma non lo feci. Sostenni il suo sguardo per un po’ e poi mi affrettai a raccogliere tutte le mie cose e a metterle nella borsa. Mi alzai da terra e la raggiunsi lentamente. Notai lo stesso luccichio di prima nei suoi occhi che ora riservavano per me solo cattiveria.
«Non l’ho scelto io, non ti sto lasciando veramente. Sai che è così» dissi prima di uscire. Chiuse gli occhi con forza, contraendo la mascella. Una lacrima corse veloce sulla sua guancia.
Fu l’ultima cosa che vidi prima di sentir sbattere violentemente la porta alle mie spalle.
A quel punto scoppiai anche io. Mi appoggiai alla parete, scossa dai singhiozzi, sentendo quelli di Tess farmi compagnia dall’interno.
Non poteva ritenermi… responsabile di quello che era successo. Erano quelle persone ad aver scelto me, non il contrario. Non poteva vietarmi di essere felice, non ora che il mio sogno si realizzava. Non ora che contavo qualcosa per qualcun altro che non fosse lei… forse era proprio questo il problema. Aveva paura che potessi sostituirla.
Quant’era stupida. Come poteva solo pensare una cosa del genere? Lei mi aveva praticamente cresciuta, facendomi da… tutto. Era giunto il momento per lei di diventare solo mia amica. E non riusciva a sopportarlo.
Mi asciugai le lacrime con il dorso della mano.
Forse lei non era pronta per vedermi vivere un nuovo capitolo della mia vita, ma io sì. Dovevo esserlo.
Mi alzai, respirando profondamente tre o quattro volte prima di avviarmi alle scale. La mia famiglia mi stava aspettando.
***

Sganciai la cintura di sicurezza, eravamo arrivati a casa. Non ero stata molto loquace per tutto il viaggio, mi ero limitata a rispondere alle domande che mi avevano posto Paul e Denise. Cioè che non ero vegetariana, non credevo in qualche religione strana, non ero allergica ai cani e neanche ai bambini. No, un momento. Che mi piacevano i bambini.
Scesi dalla macchina e l’unica parola che riuscii a dire alla vista di quella casa fu «Wow!»
Trovai riduttivo assegnargli il nome di “casa”: quella era una villa. Una Signora villa, volendo essere precisi. Era semplicemente meravigliosa con la sua facciata bianca, il tetto scuro, l’immensa veranda e il giardino di dimensioni ancora più grandi. Era uno scherzo. O uno dei miei sogni, forse.
«Ti piace?» mi chiese Denise raggiungendomi.
«E’ fantastica» dissi lasciandomi scappare una lacrima di commozione.
Denise mi sorrise affettuosamente. «Vieni, ti mostro la casa» disse precedendomi sulla veranda.
Durante il tragitto non potei fare a meno di sollevare la testa verso l’alto, per continuare ad osservare la casa in tutta la sua grandezza.
Il signor Jonas suonò alla porta e ci venne ad aprire un ragazzo dai capelli ricci con dolcissimi occhi verdi.
«Ciao» ci salutò allegro.
«Kevin, lei è Jessica, la ragazza che abbiamo preso in affidamento» spiegò Denise mentre entravamo in casa.
«Ciao Jessica, io sono Kevin» ripeté presentandosi il ragazzo, stringendomi energicamente la mano.
«Potresti mostrarle la casa mentre noi prepariamo la cena? Pensavo di fare una bella grigliata in giardino. A voi va bene?» ci chiese Paul.
«Certo»
«Va benissimo» rispondemmo quasi all’unisono.
I signori Jonas sparirono in quella che doveva essere la cucina, lasciandomi sola con Kevin.
«Allora Jessica, cominciamo dalla tua camera così posiamo questa roba?» mi chiese prendendomi di mano il borsone.
Non penso si aspettasse veramente una risposta perché dopo poco lasciò il salone facendomi segno di seguirlo su per le scale. Salì fino al secondo piano, lasciandomi costantemente nel dubbio di essere finita sul set fotografico di una rivista di arredamento. Quella casa era così perfetta nella sua semplicità… era semplicemente perfetta.
All’ultimo piano c’erano meno stanze, ma era il più carino secondo me, perché era mansardato, seguendo la forma del tetto. C’erano due porte chiare, poste quasi una di fronte all’altra. Kevin aprì quella che avevamo sulla destra.
Un’enorme stanza tinteggiata di un rilassante azzurro cielo comparve davanti ai miei occhi. Aveva il pavimento in legno e il soffitto spiovente man mano che ci si avvicinava alle finestre, poste sulla parete opposta alla porta.
Sorrisi: era bellissima.
Kevin posò la mia borsa sul letto (che era come minimo ad una piazza e mezza) e mi chiese se volevo fermarmi per mettere a posto o se volevo continuare il “tour”.
Optai per il tour, la mia roba potevo sistemarla quando volevo.
Lo seguii fuori dalla camera e vedendo che scendeva nuovamente al piano di sotto gli chiesi: «Kevin cosa c’è davanti a me?»
«Oh, quella» disse con noncuranza indicando la porta di fronte alla mia.
«È soltanto la camera di Nicholas. Spero non ti crei problemi»
«Perché dovrebbe farlo?» chiesi affrettandomi a seguirlo giù per le scale.
«Aspetta a conoscerlo e poi ne riparliamo» mi rispose facendomi ridere.
Al piano di sotto mi indicò la stanza di Joe, mi mostrò la sua e mi fece entrare in una camera dove stava giocando quello che dedussi essere il più piccolo dei fratelli.
«Frankie, lei è Jessica» gli disse, presentandomi.
«È la tua ragazza?» chiese innocentemente il piccolo facendomi sorridere.
«No, è la nostra ragazza dato che da oggi è nostra sorella» rispose Kevin.
Rimasi colpita dalla naturalezza con il quale lo disse, come se fosse la cosa più normale di questo mondo. Non poté fare a meno di aiutarmi a scacciare le brutte sensazioni portate dal litigio con Tess.
«Sei brava ai videogiochi?» mi chiese Frankie.
«In realtà… proprio no» ammisi con un sorriso.
«Perfetto! Sarai un’ottima compagna di giochi» disse raggiante.
«Sarà per un’altra volta impiastro, adesso preparati che tra poco è pronta la cena» gli disse Kevin scompigliandogli affettuosamente i capelli.
Sorrisi tornando al pian terreno: ero in quella famiglia da appena un’ora e già mi piaceva un sacco.
Stavamo per visitare le stanze di quel piano quando ci sorprese la porta di casa. Entrò un ragazzo che a occhio e croce aveva qualche anno più di me, pur non essendo troppo alto. Aveva folti capelli neri e occhi castani con quell’inconfondibile aria dolce e intensa al tempo stesso. Ormai l’avevo capito: era una caratteristica di famiglia avere degli occhi speciali.
«Ciao! Tu devi essere… » disse amichevole socchiudendoli leggermente in cerca del nome.
«Jessica» lo aiutai.
«Io sono Joe, il secondo fratello Jonas. Il più bello come avrai potuto constatare guardandoti un po’ in giro» continuò lui.
«Sicuramente il più modesto» ribattei con un sorriso.
«Jess, sarà un vero piacere averti per casa se continuerai a far crollare così le convinzioni di Joe» mi disse Kevin poggiandomi una mano sulla spalla.
Joe scosse la testa, ma ridemmo tutti e tre.
«Nicholas?» chiese Kevin al fratello che stava salendo di sopra.
«Cena con i suoi compagni di football» rispose lui dalle scale.
Kevin alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa. Poi mi fece strada in giardino.
«Lo conoscerai un’altra volta. Per ora dovrai accontentarti dei ¾ dei fratelli Jonas» mi disse sollevando le braccia in segno di scuse.
«Beh, è comunque ottimo come inizio» dissi sorridente, aiutando a sistemare le ultime cose sul tavolo che Denise aveva apparecchiato in giardino.
Niente triste grigiore del refettorio comune, ma allegri colori di una tavola imbandita.
Nessun odore di qualcosa di cucinato, ma profumo di carne che finiva di cuocersi sulla griglia.
Nessun’atmosfera tesa, soltanto l’eco di qualche risata.
Come poteva quello non essere un ottimo inizio?




Salve dolci donzelle ❤
Arriverò a ringraziarvi in turco un giorno, siete fantastiche :3
Sia perchè seguite questa storia sia perchè lasciate delle recensioni iauhfiwuoaid93njds *-*
La cosa positiva è che a scrivere questa storia ci metto pochissimo, fa tutto da sola (?) quuuindi tornerò presto a rompervi le scatole con un altro capitolo, abbiate pazienza u.u
Sağol! (Grazie in turco)
xx
Miki
   
 
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