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Autore: remsaverem    04/03/2007    1 recensioni
Il telefono squillava con forza mentre il quadrante del cellulare evidenziava un nome: Julie. Fuori pioveva. Wilson rigirò il telefono tra le mani tenendo d’occhio la strada attraverso i vetri dell’ospedale. -Eccolo...-mormorò notando la sagoma di una berlina grigia accostare davanti all’entrata. Non sarebbe stato costretto a rispondere. Zittì il telefono e si precipitò fuori, sotto la pioggia.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Cap II amici

Cap II amici

- E’ mio amico- Il mio migliore amico, avrebbe aggiunto volentieri se lei gliene avesse dato il tempo.

-Cosa che non gli dà certo il permesso di dire quello che ha detto…-e via così. Julie provava uno strano piacere nell’elencare la lunga sequela di cattiverie che House aveva partorito nel corso della serata.

Ben presto quindi Wilson era stato costretto a bandire cene, coktail, feste e compleanni insieme: compartimenti separati. E Aveva imparato a giostrare abilmente il suo tempo libero tra la moglie e l’amico, senza mettere da parte nessuno dei due. Almeno così credeva.

All’epoca del suo matrimonio si diceva che, in fondo, non c’era niente di male a dire a Julie che andava a giocare a golf con alcuni colleghi, quando invece si ritrovava nell’angusto salotto di House a seguire la maratona di L word.

E poi, di certo, Julie non avrebbe gradito sapere che il branzino da lei così amorevolmente cucinato per Natale era finito nel freezer del primario di medicina interna del Princeton Plainsboro Hospital.

Julie, ricordò amaramente Wilson, avrebbe apprezzato il fatto che lui avesse rinunciato al ruolo da primario, con relativo stipendio annesso, per difendere un amico indifendibile e, soprattutto, che non voleva essere difeso.

-Si approfitta di te e tu non te ne rendi nemmeno conto!-questa era diventata una delle sue frasi più gettonate, negli ultimi tempi. E lui, il più delle volte, troppo stanco per ribattere rimaneva in silenzio. Silenzio che veniva inteso da Julie come un tacito consenso da cui lei deduceva che, nonostante le sue lauree e i suoi master, suo marito era un fesso che chiunque poteva prendere in giro.

Wilson non potè fare a meno di sorridere: se l’avesse visto lì, in quel momento, alla ricerca delle parole per spiegare perché avesse deciso di non testimoniare più, cosa che tra parentesi l’avrebbe inviato dritto in prigione, Julie si sarebbe fatta una sonora risata.

Lisa Cuddy però, non era Julie, quindi…

-…E’ mio amico- esclamò dopo qualche esitazione, come se quelle tre parole potessero contenere tutto l’universo di sentimenti che girava attorno a quella definizione.

“Mio amico” pensò Wilson” un amico che sto mandando in prigione, a cui sto per far ritirare la licenza, quando invece dovrei proteggerlo…”

-Tu hai fatto tutto quello che hai potuto- per un attimo gli sembrò che fosse Julie a parlare. No, non era Julie. Julie era lontana mille miglia col suo dentista.

Davanti a lui c’era la Cuddy, ora inspiegabilmente calma e con una strana espressione sul volto.

-Sediamoci- Wilson la seguì fino alla panchina poco distante. Poi attese. Cuddy si sistemò le pieghe della gonna, poi si voltò verso di lui.

- Wilson.. per noi non è un mistero: sappiamo che House ha un sacco di problemi. Ne ha sempre avuti.- Non era una novità. –Noi possiamo farci carico solo di un certo numero di cose, non possiamo farci carico di tutto. Anche lui deve capire che…-

-Non è questo- la interruppe Wilson.- noi non abbiamo agito bene Cuddy …lo sai-questa volta fu la Cuddy a interromperlo.

-Anche lui ha delle responsabilità: verso l’ospedale, verso i suoi pazienti, ma soprattutto verso se stesso. Non può andare avanti così-.

Era vero, non poteva andare avanti così, ma tutto ciò non significava che il loro modo di far andare diversamente le cose fosse quello giusto.

Forse aveva ragione Cameron, forse quella era solo la soluzione più comoda.

-Lo so cosa stai pensando- ripresa Cuddy- ma non è colpa tua. Non sei stato tu a rubare il ricettario, né sei stato tu a rifiutare le dovute scuse a Tritter.

-Lo so- mormorò Wilson laconico. Non era questo, lui semplicemente non poteva accettare di mandare serenamente in prigione il suo migliore amico e poi continuare come nulla fosse.

-Non sei stato tu a rifiutare l’accordo- proseguì imperterrita Cuddy.- tu…noi-si corresse in fretta- gli abbiamo dato un’opportunità.-

-E quale?- le domandò Wilson brusco.- quali alternative gli abbiamo dato? Forse costringerlo a una riabilitazione che non vuole e non farà è un’alternativa concreta?-

-James Wilson!!- esclamò Cuddy alzandosi in piedi di scatto– non farmi pentire di averti assunto!-

-Non testimonierò- ripetè Wilson testardo.

Cuddy tornò a sedersi scrollando la testa.

-Tritter vuole House dietro le sbarre, ma non sarò io a mandarcelo!!- buttò lì lui.

-E così te ne laverai le mani eh?-domandò Cuddy con una punta di acidità nella voce.

Wilson sussultò -C-come?-

-Eh sì. Perché siete stati voi due a cacciarvi in questa situazione e ora …e ora… come al solito…sai cosa farò io? Sai cosa farò?- esclamò Cuddy alzandosi e cominciando a passeggiare freneticamente avanti e indietro.

Wilson non l’aveva mai vista così agitata.

- Quando Tritter busserà nuovamente alla mia porta alla ricerca…-

-Cuddy-

-Non interrompermi, dicevo, quando busserò alla ricerca di qualche nuova prova io...-

-Cuddy-

-Io…-

-Cuddy-

-Ma insomma vuoi smetterla di interrompermi??Cosa c’è??-

-Mi dispiace- e gli dispiaceva davvero, per House, per lei, per i pazienti e anche un po’ per Tritter

-Mi dispiace- ripetè piano.

Cuddy arrestò la sua marcia forzata e lo guardò sconsolata.

-Wilson sei...- non trovò le parole, lei che aveva una risposta per tutto, come House.

Tornò a sedersi vicino a lui –tu e House siete le uniche persone con cui posso parlare senza troppi giri di parole. –tacque per un momento- non voglio litigare con te-.

Wilson non sapeva cosa rispondere. Fu lei a continuare

-Non voglio che House finisca in prigione.- Wilson fece per dire qualcosa.

-No aspetta lasciami finire. Io penso che ognuno sia responsabile delle proprie azioni. House ha sbagliato e non è nemmeno un santo, però questo non fa di lui una cattiva persona, o almeno non quanto Tritter vuole farci credere. Se abbiamo una colpa verso di lui, e sì almeno una ce l’abbiamo è quella di non avergli messo un freno prima. Se l’avessimo fatto questa conversazione non avrebbe mai avuto luogo. Lui non rischierebbe di finire in galera e noi di perdere un…-esitò per un momento-amico.-

Si alzò e si avviò verso il parcheggio, giunta a metà strada si voltò verso di lui- Tritter cos’ha detto?-

Wilson non rispose.

Lei annuì e scomparve nell’oscurità.

  
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