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Autore: SoleStelle    21/08/2012    2 recensioni
Tutto, dall'esterno, sembra una fiaba.. ma all'interno cosa succede realmente?
Sorrisi e amore sono parole sconosciute per Sara, che a soli diciotto anni è già satura di negatività.
Poi arriva lui e qualcosa cambia.
Lui, lei..e l'altro.
La classica storia, ma cosa succede quando "l'altro" in questione non è chi pensiamo che sia?!
Detto questo premetto che il rating arancione è dovuto solamente ad alcuni episodi descritti ma non è dovuto a scene di sesso..
È la prima storia che pubblico qui, anche se non è la prima che scrivo..
Sarà una storia di 20 capitoli totali, anche se 2 saranno cortissimi (prologo ed epilogo).
Dal testo:
Mi avvicinai a lui fissando il mazzo di rose rosse appoggiate sul mio banco. Mi ci fermai di fronte.
[...] “mi dispiace per ieri” disse tirando fuori una custodia dalla tasca dello zaino. La aprì mostrando una collana di perle. [...]

Beh, che altro dire.. buona lettura.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Incubo..favola..realtà.'
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Mi sdraiai sul lettino, a prendere il sole, sotto lo sguardo insistente di Paolo.
“Dove cavolo lo tenevi nascosto questo corpo!” disse, retorico ricevendo una mia occhiataccia.
“Cos’è?! Non hai mai visto una donna in costume o il tuo amichetto li sotto è in astinenza da così tanto che si accontenterebbe persino di un cane?” risposi, acida.
Ebbi a malapena il tempo di finire la frase che me ne pentii subito: povero cane innocente che era finito a fare da esempio senza aver fatto nulla di male.
“Acida, ancora meglio, mi piace. Sai, scopare fa bene, rilassa e calma.” disse.
“Con te, passo volentieri.” dissi, alzandomi. Mi incamminai verso l’acqua e mi tuffai nel mare cristallino. Riemersi e nuotai per qualche metro poi tornai a riva e ,i sdraiai a pancia in su, lasciando che le onde mi bagnassero per poi ritirarsi.
“Non dargli contro, sai che ha ragione.”.
Aprii gli occhi richiamata dalla voce di Riccardo.
“A cosa ti riferisci scusa?” chiesi.
“All’affermazione di Paolo.” disse. Lo guardai male, molto male.
“Le donne non servono solo per scopare.” dissi, seria. Odiavo il suo maschilismo, vedeva tutte le donne come mere conquiste sessuali e nient’altro.
“Lo so, dico solo che non puoi pretendere che con te non ci sia reazione. Ti sei sempre nascosta e loro non sapevano il perché. Ora che ti mostri è normale che si sentano attratti.” disse, andando verso il largo. Lo seguii.
“Ho esattamente tutto quello che hanno le altre donne mi sembra.” esordii. “Avessi qualche segno particolare potrei anche capire, ma ho un sedere e un seno come tanti altri. Fine della storia.”.
“Non è proprio così.” disse, guardando le nostre compagna di classe. “Se non te ne fossi accorta sei l’unica che ha un costume senza push-up ma il risultato è identico.” disse, facendomi avvampare.
Gli saltai sulle spalle e lui sprofondò per la sorpresa, rialzandosi subito, senza problemi.
“Riuscirò a farti capire che le donne non sono solo sinonimo di sesso!” dissi.
“E io che l’uomo non è sinonimo di lividi.” rispose, guardandomi e cantilenandomi. “Quando ti si è avvicinato Paolo sei diventata un tronco di legno.”.
Feci spallucce e continuai a nuotare tranquilla.
Qual argomento non era tra quelli di cui preferivo trattare, senza dubbio.
 
Mi rigirai nel letto, senza riuscire a prendere sonno, poi mi alzai e lasciai che Riccardo dormisse tranquillo. Mi cambiai e tolsi il pigiama, lasciando spazio a una maglia lunga fino a metà coscia, per poi uscire e incamminarmi verso la spiaggia. Mi sedetti e lasciai che tutta la rabbia, la tristezza e la frustrazione accumulate nell’arco di quella giornataccia uscissero. Iniziai a piangere, raccogliendomi le gambe con le braccia, e non riuscii a non trattenere dei singhiozzi isterici.
Rimasi in quella posizione qualche minuto, senza riuscire a calmarmi, poi mi sentii abbracciare. Riconobbi il profumo di Riccardo e lasciai che mi prendesse in braccio, riportandomi in camera.
Mi mise sul letto, mentre io continuai a piangere, e appoggiò la sua mano sulla mia testa, ancora appoggiata alle mie ginocchia.
“Buona, non ci pensare su.” disse, cercando di consolarmi, immaginando già il motivo del mio pianto. Mi lasciai abbracciare e consolare ma gli ci vollero due ore piene per calmarmi. “Va meglio?” chiese.
“Si, grazie.” risposi, tirando su col naso in modo molto poco elegante.
“Sono dei cretini non dargli retta, lo hanno fatto apposta per rovinarti il viaggio.” disse, spostandomi il ciuffo da davanti agli occhi e io lo lasciai fare.
“Posso esserci rimasta male?” chiesi, retorica.
“Sarebbe stato strano il contrario.” ammise, tirandomi a se e baciandomi la guancia, come sempre.
“Grazie.” dissi.
Asciugai le ultime lacrime che erano scese e gli baciai la guancia, ricambiando, poi mi appoggiai con la schiena alla testiera del letto e gli lanciai il cuscino addosso, ridendo. Mi guardo male mentre io gli feci la linguaccia e gli lanciai dietro anche l’altro cuscino, ma questa volta lo parò.
“Ora la paghi” disse.
Nel giro di due secondi mi ritrovai immobilizzata contro di lui, la mia schiena era premuta contro il suo petto mentre con una mano mi teneva ferma, impedendomi di muovermi, e con l’altra mi faceva il solletico. Iniziai a ridere a crepapelle e cercai di divincolarmi, ma non mi lasciò andare.
“Ok, ok, mi arrendo.” dissi, in preda dalle risate.
“Brava.” disse, ironico.
Mi lasciò libera e mi spostai, continuando a ridere per inerzia.
Si allontanò da me, andando alla scrivania, e prese una bottiglietta di acqua. L’aprì, allungandomela,  ma appena feci per prenderla mi fece il bagno. Gli bloccai il braccio, cercando di capire come avesse fatto a cogliermi così impreparata, e gliela presi di mano. Rovesciai il restante contenuto addosso a lui, vendicandomi.
Il lato positivo? Ero riuscita a coglierlo altrettanto impreparato.
Dopo nemmeno mezz’ora eravamo entrambi zuppi di acqua e, sul pavimento, c’erano una decina di bottigliette vuote. Mi lanciai sul letto, esausta, e lui si appoggiò al muro.
“Sono fradicia.” mi lamentai, con l’affanno.
“Lo dici a me?” rispose, indicandosi.
Si tolse la maglietta e io scattai in piedi, rubandogliela, andai nel balcone della camera e la strizzai stendendola sulla ringhiera poi tolsi anche la mia e feci altrettanto. Rientrai e guardai il disastro che avevamo combinato.
Ci mancano solo le papere che sguazzano contente e poi il laghetto è al completo!
Andai in bagno e presi due asciugamani, tornai in camera e gliene lanciai uno addosso.
Ci asciugammo alla bene e meglio poi io raccolsi le bottiglie e le buttai. Buttai in terra l’asciugamano che avevo usato e raccolsi un po’ di acqua poi, mentre Riccardo si stese sul letto, feci altrettanto con quello usato da lui.
“Guarda che la tua stanza è quella affianco.” dissi, legandomi i capelli e mettendo un’altra maglia. Mi risedetti sul letto e lui si mise seduto guardandomi.
“Troppo lontana.” disse, afferrando i miei capelli. Li sciolse, togliendomi il codino, e li fece ricadere sulla maglia che, inevitabilmente, si bagnò.
“Mi ammalerò.” protestai, in un sussurro.
Fece scivolare il codino sul suo polso mentre la sua mano si impadronì del mio collo e le sue labbra delle mie.
Rimasi interdetta, completamente pietrificata.
Mi fece cadere con la schiena appoggiata al materasso e si mise sopra di me, reggendosi con l’altro braccio.
Lo lasciai fare, non sapendo in che modo reagire.
Quel contatto, così intimo, mi terrorizzava ed elettrizzava al tempo stesso.
La sua mano scese dal mio collo alla mia spalla e continuò fino alla gamba, procurandomi la pelle d’oca. Afferrò l’orlo della maglia e riprese a salire togliendomela.
“Hai ragione.” sussurrò, ad un millimetro dalle mie labbra. “Non esiste solo il sesso, c’è anche l’amore.”.
 
 
 
 
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NOTE dell’autrice:
Questo sarà l’ultimo capitolo vero e proprio. Il prossimo sarà l’epilogo..
   
 
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