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Autore: csgiovanna    21/08/2012    3 recensioni
Jane, Lisbon ed il team dovranno indagare su un inquietante omicidio avvenuto all'interno della Coffin Academy, un istituto che pratica una ambigua e singolare terapia anti-suicidio. Chi ha ucciso Samantha Greenwood, avvocato di grido di Sacramento? Perché Jane si comporta in maniera più strana del solito? Cosa sta nascondendo a Lisbon e alla squadra? FF ambientata durante la 4/a stagione, dopo l'episodio 4x22 e prima dell'episodio Red Rover, Red Rover (4x23)
Genere: Angst, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Jane/Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Ecco qui il quarto capitolo: nuovi indizi in vista e, finalmente, veniamo a sapere cosa ha combinato Jane!! Voglio ringraziare chi ha finora recensito, è sempre bello ricevere i vostri commenti!! Vi adoro! Spero che questo capitoletto vi piaccia... Lo so magari vorreste un po' più Jisbon, eh? Se avrete pazienza di seguirmi non rimarrete delusi... ;-)

 




«Qualche novità sui codici dell’agenda che abbiamo trovato ieri?» chiese Teresa entrando nel bullpen con una tazza di caffè in una mano ed un fascicolo nell’altra.

«Non ancora capo, ci sto lavorando. Non credo ci vorrà molto.» spiegò Grace alzando lo sguardo dal suo computer.

Lisbon annuì, quindi spostò la sua attenzione su Rigsby che stava tornando in quel momento alla scrivania con un sandwich. Teresa lo squadrò leggermente irritata.

«E per quanto riguarda l’incendio doloso, abbiamo qualche pista?»

«La scientifica ha individuato l’accelerante, era benzene. Poi hanno trovato anche tracce di rame, litio, cinabro e anche caffeina in polvere. – disse con scarso interesse leggendo dal fascicolo – Per quanto riguarda l’uomo fuggito ho raccolto le testimonianze dei vicini, ma non è emerso nulla di significativo. Mentre per quanto riguarda la bandana è riconducibile alla MOD Gang.»

In quel momento entrò Cho con un altro fascicolo in mano.

«Capo abbiamo qualcosa. Dall’analisi delle telecamere nei pressi dell’accademia abbiamo estrapolato una lista di una decina di auto sospette, ed una appartiene ad un ex cliente della vittima. Un certo Kwan Yoon, membro della MOD Gang. Precedenti per spaccio, rapina, resistenza a pubblico ufficiale.»

«MOD Gang. Non può essere una coincidenza. – commentò lei – C'è qualche motivo per cui potrebbe avercela con la vittima?»

«Tre mesi fa, durante il processo per detenzione di stupefacenti, Yoon ha chiesto l’allontanamento della Greenwood e ha richiesto un avvocato d’ufficio. Sembra siano volate parole grosse tra i due. Yoon ha pagato la cauzione ed ora è in attesa di giudizio.»

«Abbiamo un indirizzo? Credo sia il caso di scambiare quattro chiacchiere con il nostro amico. Porta Rigsby con te.»

«Subito.»

Teresa diede un’occhiata al divano in pelle per verificare se il suo consulente fosse ancora disteso a sonnecchiare. Jane stava leggendo un libro e, come se avesse sentito un richiamo, sollevò lo sguardo verso di lei e le sorrise.

 



Kwan Yoon era un giovane coreano sui 25 anni, completamente rasato e con dei grandi tatuaggi su tutto il corpo. Seduto comodamente nella sala interrogatori due, non dava segni di particolare nervosismo o paura. Se ne stava immobile a fissare i due agenti.

«Cos’è successo con Samantha Greenwood?» chiese Lisbon sfogliando il fascicolo aperto davanti a sé.

L’orientale fece un sorrisetto.

«Punti di vista differenti.»

Teresa lo fissò poco convinta.

«Certo. Tanto da rischiare una condanna?»

«Ho fiducia nella giustizia dello Stato della California.» rispose ironicamente.

«Puttana istericaQualcuno dovrebbe metterti la testa in un sacco…- lesse dal fascicolo le frasi che l’uomo aveva gridato contro la vittima - devo continuare?»

«Ti ha fatto incazzare, eh?» intervenne Rigsby.

Il giovane sbuffò, quasi annoiato.

«Quando sono arrabbiato sono piuttosto creativo.»

Dall’altra parte del vetro Jane ridacchiò e Cho gli diede uno sguardo fugace.

«Ti dico io com’è andata. – spiegò Lisbon - Samantha Greenwood aveva scoperto qualcosa di scottante su di te e la tua gang e l’hai fatta fuori.»

«No. – il giovane era estremamente calmo, quasi sorridente - Non dico che non mi sarebbe piaciuto. Ma se così fosse non ne avreste mai trovato il corpo. Le cose quando si fanno, si fanno per bene.»

«E dovremmo prenderla per buona, eh? Per una questione di etica professionale?» rispose Teresa contrariata.

«Peccato che tu non abbia un alibi per il giorno dell’omicidio. La tua auto è stata filmata nei pressi della Coffin Academy qualche giorno dopo ed è stato trovato questo negli uffici incendiati.» insistette Wayne mostrandogli la foto della bandana bruciacchiata.

«Le nostre bandane vanno a ruba.» commentò per nulla preoccupato.

«La MOD Gang ha appiccato l'incendio alla Coffin Academy. Li stavate minacciando, non è così?Perchè?» chiese Wayne.

L'orientale fece spallucce.

«Perché hai litigato con la Greenwood?» Lisbon era stanca di questi giochetti.

«Samantha Greenwood ha deciso di fare il grande salto. – disse il giovane stiracchiandosi - Ma lei e i suoi fornitori erano dei dilettanti.»

Teresa e Rigsby si guardarono stupiti.

Jane sorrise e prese un sorso di tè, mentre Cho fissava la scena senza alcuna emozione apparente.

«Interessante.» sussurrò il consulente.

«Ci vuoi far credere che Samantha Greenwood era una spacciatrice?» chiese Teresa ancora sorpresa.

Kwan Yoon ridacchiò divertito.

«Forse…» rispose con reticenza.

Lisbon fece una smorfia. Quello poteva essere davvero un tassello importante nella loro indagine, ma Yoon non avrebbe aggiunto altro senza avere qualcosa in cambio. D’altra parte poteva essere lui il colpevole e in questo modo stava cercando di sviarli. In realtà non avevano nulla per incriminare lui o la sua Gang aldilà di una bandana che chiunque poteva procurarsi. Niente DNA, nessuna impronta. Non potevano provare la sua eventuale colpevolezza o coinvolgimento nell’omicidio.

«Cosa vuoi?»

«Una buona parola con il procuratore nel mio processo. E naturalmente la certezza che quello che dirò qui resterà confidenziale.»

Lisbon annuì.

«Sei mesi fa Samantha è venuta da me – iniziò a raccontare - e mi ha proposto di vendere una nuova droga. Abbiamo iniziato a venderla finché poche settimane dopo uno dei miei ragazzi c’è rimasto secco. Quella roba che spacciava era merda. Da allora ho chiuso ogni rapporto con lei. Ma la sua roba è ancora in giro, dovreste trovare i suoi fornitori. Forse l’hanno fatta fuori loro, hanno appiccato l'incendio e stanno provando a incastrare noi.»

Il sorriso sul viso di Jane si ampliò ancor di più.

«Interessante – disse – davvero interessante.» ed uscì dalla saletta.

 


 

«Capo ho decifrato il codice!» esclamò con entusiasmo la rossa intercettando Teresa nel bullpen dopo l’interrogatorio.

«Finalmente una buona notizia. Jane… – guardò verso il divano alla ricerca del consulente, ma era vuoto – sapete dov’è Jane?» chiese.

«No.» risposero gli agenti all'unisono.

Teresa si diresse verso il cucinino, non trovando tracce del consulente puntò verso l’attico. Passando davanti all’ascensore si scontrò, quasi, con Doyle della buoncostume accompagnato da Taylor degli affari interni. Lisbon fissò il collega a bocca aperta, aveva un occhio nero, un collare al collo ed un braccio ingessato.

«Ciao Steve, che diavolo ti è successo?»

L’uomo la fissò gelido, mentre l’altro ufficiale la squadrò da capo a piedi.

«Come se non lo sapessi.» rispose scontroso allontanandosi.

Teresa lo fissò perplessa quindi proseguì verso la soffitta di Jane.

«Stronzo.» ringhiò tra sé.

Doyle era il classico poliziotto maschilista e sciovinista che considerava le colleghe delle incompetenti e le donne in generale adatte solo per badare alla casa e ai figli. Lei e Van Pelt avevano riso alle sue spalle per settimane, quando la moglie lo aveva lasciato. Era un idiota. Sorrise tra sé, magari una prostituta ne aveva avuto abbastanza. Avrebbe dovuto chiedere alle colleghe della buoncostume cos’era successo.

«Jane…» chiamò entrando nel suo rifugio.

La soffitta era vuota. Dove diavolo era finito?

 


 

Jane si guardò intorno, non c’era nessuno, per precauzione si chinò a controllare se ci fosse qualcun altro all’interno della stanza. Si era chiuso all’interno di uno dei bagni del CBI. Ora, seduto sulla tazza con sulle ginocchia il disinfettante e le nuove bende, iniziò a togliersi la fasciatura dal braccio per medicarsi. In un primo momento aveva pensato di rifugiarsi nell’attico, ma il rischio che Teresa arrivasse all’improvviso era troppo alto.

Sospirò, i tagli erano ancora sanguinanti e la pelle intorno irritata e gonfia. Si medicò e tentò di sistemarsi le nuove bende da solo. Dopo alcuni fallimentari tentativi riuscì a completare la fasciatura. Sorrise abbastanza soddisfatto del suo lavoro. Uscì dal bagno, si lavò le mani e si guardò allo specchio: aveva avuto giorni migliori, doveva ammetterlo. Aveva delle profonde occhiaie, un inconsueto pallore ed i capelli in completo disordine. Provò a sistemarli bagnandoli, ma sembravano non volerne sapere. Sorrise, quindi prese un antibiotico e lo deglutì con un poco d’acqua.

Uscendo si scontrò quasi con Cho. L’asiatico lo squadrò dalla testa ai piedi.

«Lisbon ti cercava.»

«Quella donna non può vivere senza di me.» rispose con un sorriso malizioso. Kimball lo guardò dubbioso.

«Certo. – disse senza pathos - Van Pelt ha decifrato il codice.»

«Che aspettiamo allora!» disse festoso Jane.

Patrick e Kimball entrarono nel bullpen. Teresa e Wayne erano già posizionati dietro alla scrivania di Grace, ancora occupata a decriptare il codice.

«La nostra Samantha Greenwood – disse Lisbon – aveva davvero trovato il modo per ottenere tutto quello che voleva. Aveva materiale per ricattare mezza città. Grace ha decifrato le prime 10 pagine.»

«Greg Gordon.» disse Jane.

«Si è nella lista. A quanto pare aveva una doppia contabilità, non esattamente pulita, forse c’è lui dietro il traffico di droga - ipotizzò Teresa. – voglio parlargli subito. Cho occupane tu.»

L’agente annuì e si allontanò.

Jane era pensieroso, si strofinava il mento continuando a fissare l’agenda e il fascicolo dell’incendio sul tavolo di Grace. Teresa lo guardò perplessa.

«Cosa c’è?»

«Non credo sia lui.»

«Perché il veleno è l’arma delle donne? – commentò ironicamente – Magari lo ha usato apposta, non credi? In ogni caso ha un movente.»

Jane non rispose, si limitò a guardarla, quindi si strinse nelle spalle.

«Caso chiuso allora. Congratulazioni.» disse Jane dirigendosi verso il divano.

«Jane…»

Lui non rispose, le fece un cenno con la mano, come volesse allontanarla, si distese con cautela sul divano e si mise a dormire. Lei lo fissò per un po’, quindi distolse lo sguardo e se ne andò verso il suo ufficio.

«A volte mi sembrano i Roper*.» commentò Grace e Rigsby non riuscì a trattenere una risatina.

Dopo qualche minuto, il consulente aprì gli occhi e si mise a sedere. Grace si voltò verso di lui allarmata. Il biondo le sorrise con aria innocente.

«Tutto bene?» chiese guardandolo di sbieco. Temeva uno dei suoi soliti trucchi.

Jane si alzò e si avvicinò alla sua scrivania, prese il fascicolo e lo studiò in silenzio. Rigsby le diede uno sguardo divertito. Grace fece spallucce.

«E’ il rapporto sull’incendio?»

«Si. Niente di nuovo, è sicuramente doloso.» rispose Wayne.

Jane sorrise, ripose il fascicolo al suo posto e tornò a risposare sul divano.
 



Teresa stava per entrare nella sala interrogatori quando Wainwright la fermò. Aveva un’aria truce e preoccupata.

«Agente Lisbon devo parlarle.»

«Ho un interrogatorio. Abbiamo un sospetto nel caso Greenwood.» rispose guardandolo come se fosse un bambino viziato.

«Riguarda Jane.» le disse senza mezzi termini.

Teresa sospirò e lo fissò preoccupata. Che diavolo aveva combinato questa volta? Fece un cenno a Cho che l’aspettava all’ingresso e seguì il suo capo.

Seduta davanti alla scrivania di Luther, Teresa aspettava di sentire in che guai si era cacciato il suo consulente, già progettando nella sua mente di spararli o di fargliela pagare in qualche modo. Sorrise all’idea, almeno nelle sue fantasie gliela faceva sempre pagare.

Wainwright aprì un fascicolo e le allungò una foto. Lisbon riconobbe subito Doyle ed un altro collega della buoncostume, un certo Smith. Entrambi erano piuttosto malconci. Lei sollevò lo sguardo dalla foto e guardò con aria interrogativa il suo capo.

«Smith è ancora all’ospedale. Ha una commozione cerebrale.»

«Oh, se la sono vista brutta – disse lei riponendo la foto nel fascicolo - Ma questo cosa centra con Jane?»

Luther sorrise nervosamente e la fissò dritta negli occhi.

«Lisbon. Vuoi farmi credere che non ne sai nulla?»

«No, Signore – poi ebbe un’epifania – Aspetti un attimo. Vuole dirmi che è stato Jane a ridurli così?» quasi rise mentre formulava la domanda.

«Secondo quanto affermato da Doyle, è così. – prese il fascicolo e lesse – Jane avrebbe colpito Doyle con un boccale di birra dopo uno scambio di battute, poi quando l’agente Doyle era riverso a terra gli avrebbe sferrato due calci sul costato. Allora Smith sarebbe intervenuto per allontanarlo gettando Jane addosso ad un gruppo di uomini. Il consulente si sarebbe rialzato e avrebbe reagito colpendo Smith con una bottiglia in testa. Dopo di che sarebbe scoppiata una mega rissa e Jane sarebbe scappato.»

Teresa spalancò gli occhi. Jane era quanto di più lontano possibile da questa descrizione. Non era il tipo di persona che poteva fare una cosa del genere. Aveva sempre pensato che se mai Jane si fosse trovato coinvolto in una rissa le avrebbe sicuramente buscate. Cosa diavolo era successo?

«Ci deve essere una spiegazione.» affermò con voce incerta.

«Lo spero. Perché a quanto pare Doyle vuole denunciarlo per aggressione. – fece una pausa - Non è mai piacevole ricevere la vista di quelli degli affari interni.»

«Ma perché mai lo avrebbe fatto?»

Luther sospirò.

«Voglio parlare con lui. – esclamò Wainwright – magari riusciremo ad evitare un’indagine.»

«Certo – sussurrò - Accidenti Jane.» ringhiò poi tra i denti.

Teresa uscì dall’ufficio come una furia e si diresse subito verso il bullpen. Entrò come un treno puntando dritta al divano in pelle marrone che, però, era vuoto.

«Dov’è?» chiese con rabbia.

Grace la fissò a bocca aperta.

«E’ uscito 10 minuti fa. – balbettò guardando Rigsby alla ricerca di aiuto – Ha accennato a qualcosa come alfabeto coreano e tatuaggi…»

«Questa volta lo uccido».



* "The Roper" è una serie televisiva americana spin off di "Tre cuori in affitto" incentrata sulla coppia di mezza età composta da Stanley e Helen Roper.

   
 
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