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Autore: _Evil    22/08/2012    1 recensioni
Quand'è che una persona qualsiasi diventa un assassino? Quando decide di uccidere? Quando inizia ad elaborare l'omicidio? Quando designa la sua vittima? O soltanto quando finalmente uccide?
Un diciassettenne tenta di fare un esperimento per liberarsi della sua umanità e capire fino a che punto la mente può entrare in armonia con il Tutto e studiarlo non più da essere umano come individuo, ma come specie.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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8 Novembre 2012
 
Tizio a sinistra della seconda fila. Si chiama così.
Oggi ha voluto la sua prima bottiglietta d'acqua minerale, ed io l'ho segnato sul foglietto sforzandomi di non cambiare espressione. Terminata la lista sono uscito dalla classe ed ho raggiunto le scale con le monete che tintinnavano nelle mie tasche. Ho incrociato la mia professoressa di italiano, che ho salutato. Ma lei mi ha fermato. 
Quel gesto mi ha decisamente turbato. Nonostante non ci fosse alcun motivo per intuire anche lontanamente ciò che avevo intenzione di fare, mi sentivo come un piccolo ladruncolo scrutato dall'alto da chiunque. Tuttavia ero preparato a queste sensazioni, sapevo che in questi istanti ogni particolare l'avrei interpretato come un pericolo.
Sforzandomi di rimanere calmo, ho chiesto alla professoressa cosa c'era che non andava. Lei mi ha guardato con affetto dicendo che aveva appena finito di leggere il mio tema. Me ne parlava quasi con le lacrime agli occhi. "Continua sempre così", mi ha detto, e mi ha lasciato andare. Come avevo immaginato, non c'è motivo di allarmarsi in questi momenti. Nonostante quello che pensi, agli occhi degli altri non sei altro che uno studente che va a prendere le merende. Nulla di pù, nulla di meno.
Ho dato la lista ed i soldi al barista, sorridendo come avevo fatto con la professoressa. L'avrebbero detto alla polizia quando sarebbero stati interrogati che quel giorno io sorridevo beato. Mentre riempiva la busta ho fatto attenzione ad ogni singola bevanda. L'acqua minerale, purtroppo, è stata presto coperta da altra roba. Una complicazione che avevo previsto. Ho afferrato la busta, e per fortuna soltanto io ho notato che la mia mano stava tremando. La mia maledetta mano non ha smesso di tremare un singolo istante.
Sulla via del ritorno, ho camminato il più lentamente possibile. Prima di fare ciò che stavo per fare, dovevo diventare un fantasma. Dovevo smettere di esistere nel mondo altrui, essere fuori da qualsiasi campo visivo. Appena ho notato questi requisiti, mi sono catapultato nel bagno vicino. Vuoto. 
Ho alzato i pantaloni dalla caviglia sinistra ed estratto la siringa, facendo attenzione che non colasse il detersivo. L'avevo avvolta nella carta per ridurre ulteriormente il rischio. A quel punto ho estratto dalle mie tasche un panno che mi sono portato da casa e che ho utilizzato per rovistare delicatamente all'interno della busta. 
Prima di prendere la bottiglia, ho avuto la bruttissima sensazione che qualcuno stesse per entrare da un momento all'altro. Così, come se fosse un errore da poco, ho chiuso a chiave la porta del bagno. Con la destra reggevo la bottiglietta con il panno, e con la sinistra iniettavo il detersivo nel collo di plastica. Dopo quel gesto, quel gesto che avevo ormai fatto innumerevoli volte, tutto è cambiato. Mi è sembrato di scivolare in un altro mondo, fatto di dolore e tristezza. Mentre toglievo le mie impronte dalla maniglia della porta, ho visto "Tizio a sinistra della seconda fila" sputare sangue. Anzi.
Io sapevo come si chiamava quel ragazzo. 
Ho viste le facce in lacrime di genitori e familiari che non conoscevo. Ho visto il volto sofferente di una sorella che forse aveva e forse non aveva. Di un fratellino più piccolo che forse aveva e forse non aveva. Dopo quel gesto, sono entrato in un mondo di pura disperazione. 
Sono tornato in classe, al mio posto, dove sarei dovuto restare fino al termine dell'ora insieme alla busta delle merende. Lui stava chiacchierando col compagno di banco. 
Perché? Perché tutto stava diventando improvvisamente così complicato?
Un suono della campanella, e quel ragazzo avrebbe fatto tutto da solo. Il mio compito era già finito. Non dovevo fare più nulla: solo assistere alla scena e recitare la mia parte sperando che tutto filasse liscio. 
Non era neanche più questione di gesti, era questione di tempo. Io ero già un assassino. Avevo già ucciso. Quel ragazzo era già morto. 
Poi un immagine ha offuscato, con inaudita prepotenza, ogni mio pensiero. Occhi colmi di affetto. Occhi colmi soddisfazione. Ma soprattutto, quegli occhi erano colmi di aspettative. Erano gli occhi della professoressa di italiano incrociata poco fa per le scale. 
A quel punto, senza pensare più a nulla, ho preso dello scotch dal mio astuccio con cui ho chiuso il foro della bottiglia avvelenata, e l'ho messa nel mio zaino mentre nessuno guardava. 
 
Dopo il suono della campanella ho assistito all'enesima scena dei morti di fame che assalivano la busta. Il ragazzo della seconda fila stava cercando, inutilmente, la sua bottiglietta di acqua minerale. "Ah si, scusami, l'ho dimenticata al bar, vado a prenderla". E così ho fatto. Ovviamente non c'era nessuna bottiglietta dimenticata: ne ho comprata una nuova di tasca mia. Ironico, no? Colui che doveva sciogliere i nodi dell'esistenza, offre una bottiglietta d'acqua incontaminata alla sua vittima. Quando sono tornato in classe, ho visto la sua faccia: era il volto di un ragazzo che, in questo momento, sarebbe dovuto essere morto. Ed ora eccomi qua, a ridere davanti la carta mentre scrivo del mio fallimento. 
Affascinante.
Assolutamente affascinante.
Ecco cosa si prova all'essere da un passo dall'uccidere qualcuno. Ho pensato al dolore che avrei causato alla famiglia del ragazzo. Ho pensato alla vita innocente e piena di successi che posso ancora fare, come molte persone si aspettano da me. Ho pensato a tutto quello che implica davvero un omicidio, a tutte le vite che distrugge la morte di un singolo uomo. 
Affascinante.
Ora so di essere pronto. Ora posso davvero farlo, posso uccidere qualcuno. 
Ho 17 anni ed oggi ho ucciso la mia umanità.
  
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