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Autore: BJ foREVer    23/08/2012    1 recensioni
“Accomodati pure, come ti chiami?”
“Juls, ho vent’anni e sono di Phoneix” mi sedetti davanti al tavolo dove si trovavano quei cinque ragazzi, tutti sulla trentina.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eravamo ancora tutti a tavola, poco dopo aver finito di pranzare. C’era una divisione abbastanza netta tra gli uomini e le donne della comitiva: Phil e tutti quelli della band erano seduti alla parte destra del tavolo, a conversare di ‘cose da uomini’ (o almeno così dicevano loro). Io, Allison, le ballerine e le fidanzate dei ragazzi eravamo sulla sinistra a chiacchierare come delle vecchiette pettegole.
Mike passava di braccia in braccia, e al momento era in braccio a Zacky. Avevano davvero legato, anche se si conoscevano da pochissimo, ed era strano perché mio figlio era sempre stato molto riservato con gli estranei.
Gena, Val, Lacey e Leana ci avevano raccontato come avevano conosciuto i ragazzi e poco prima del dolce ci aveva raggiunto Michelle, la sorella gemella di Valary.
“Scusate il ritardo, sapete, il lavoro!” aveva detto prima di crollare sulla sedia accanto a quella della sorella.
Poi si era presentata con un sorrisone identico a quello di Val e aveva salutato la band con la mano.
“Lei è l’ex di Brian” mi aveva sussurrato Allison, che ovviamente era ancor su di giri per tutta questa storia.
Io avevo annuito senza aggiungere nulla.
Era da quella mattina che non parlavo con Brian e avevo tentato di mantenere un po’ le distanze, imbarazzata com’ero per quello che era successo la sera prima.
Ogni tanto lo guardavo, era dalla parte opposta del tavolo rispetto a me, e un paio di volte distolsi lo sguardo appena in tempo per non farmi beccare.

Al momento del conto, partì una specie di rivolta: gli uomini volevano pagare il tutto, e sia noi ballerine che le fidanzate non volevamo permetterglielo.
Alla fine ci accordammo sulla divisione delle parti e uscimmo dal ristorante.
“Allora” annunciò Matt “Ora voi ragazze avete tre giorni liberi, ma mi raccomando, siate puntuali: partiamo lunedì mattina alle 8. Il bus ci aspetterà davanti alla sala prove, così nessuno si perderà. Spero” rise guardando i componenti della propria band.
Ridendo ci salutammo tutti e ognuno tornò alla propria abitazione.

Io e Al iniziammo subito a preparare i bagagli, dato che avremmo dovuto portare Michael dai miei. Avevo deciso di andarci in macchina e restare la un giorno, per poi tornare a casa in tempo per partire per il tour.
Ci sarebbero volute come minimo sei ore, ma ne sarebbe valsa la pena. Erano due anni che non vedevo i miei genitori, e mi mancavano molto.
Dopo aver preparato tutte le valige cenammo velocemente per andare a letto presto.
“Su, su, a nanna!” disse Allison a Mike “Domani ci svegliamo presto per andare dai nonni!” il piccolo corse nella sua cameretta e io crollai stravolta sul mio letto.
Il mattino dopo partimmo dopo una piccola colazione, ci alternammo alla guida io e Al così non arrivammo nemmeno troppo stanche.
“Juls, Allison!” ci accolse mia madre “Oh, finalmente vi vedo! E guarda quant’è diventato grande il mio nipotino!” mi guardò con aria di rimprovero stringendo a se Mike. In effetti l’aveva visto solo quando era nato, e poi in alcune foto che le avevo mandato. Non aveva neanche tutti i torti ad avercela con me.
“Entrate, su, ci pensiamo noi ai bagagli! Quanto restate?” senza dar retta a mia madre trascinai dentro le valige e diedi un’occhiata alla casa. Non era cambiato niente da quando me n’ero andata, e mi venne un po’ di nostalgia.
“Io e Al solo fino a dopo domani, poi dobbiamo partire. Il tuo nipotino invece rimarrà qui con voi!” mi avviai verso la mia vecchia camera da letto. I miei mi avevano fatto il gentile favore di tenerla esattamente come l’avevo lasciata, e sorrisi al ricordo di tutte le giornate passate lì dentro.
Allison mi raggiunse e posò il suo borsone vicino al secondo letto che c’era nella stanza: il SUO letto. Ci aveva dormito così tante volte prima che partissimo per Los Angeles che ormai c’era il suo nome stampato sulla testata di legno.
Anche io posai le valige di Mike vicino al letto, e la mia borsa sopra di esso. Poi uscimmo insieme dalla stanza e raggiungemmo i miei in salotto. Finalmente potei guardarli bene e abbracciarli.
“Ci sei mancata! Testolina disabitata che non sei altro!” mio padre, dolce come al solito, ci fece ridere tutti.
“Anche voi mi siete mancati, ma sai com’è, il lavoro!” provai a scusarmi.
“Sì, certo. Ti sei trovata qualcuno almeno?” la mamma è sempre la mamma, no? Sempre a cacciare il naso, insomma.
“Sì mamma, ho Allison” risi io stringendo la mia migliore amica.
“Aaaaah, parole sprecate con te! Dai, venite, stavo giusto preparando la cena!” mia madre si avviò verso la cucina, con tutti noi al seguito, Mike ancora in braccio a lei.
Aiutammo mia madre a preparare la cena, e per tutta la serata parlammo di quello che era successo durante il periodo in cui non ci eravamo visti: mio fratello, quel nerd, di tre anni più grande di me, aveva trovato finalmente lavoro in un negozio di videogiochi. Entrambi i miei genitori erano adesso in pensione e si dedicavano alle loro passioni.
Ovviamente mi chiesero per quale lavoro sarei dovuta partire stavolta, e prima di poter dire una sola parola Allison spiegò loro che andavamo in tour con gli Avenged Sevenfold.
Dopo cena eravamo così stanche che crollammo sui nostri letti e ci addormentammo subito.
Ero contenta di essere tornata a casa, anche se solo per un giorno.
Un giorno, che passammo a girovagare per la città con mia mamma che voleva farci andare a trovare tutto il vicinato, tanto per dire “La mia bambina è tornata a casa”.
Incontrammo le nostre vecchie compagne di scuola e passammo con loro il pomeriggio, tra i ricordi dei vecchi tempi e i racconti dei nuovi.
Purtroppo, il giorno della partenza, cioè domenica, arrivò troppo velocemente, e io e Allison fummo costrette a salutare i miei genitori, e soprattutto Michael.
“Mamma, qua dentro ci sono tutte le cose che gli servono. Ok?” mia madre annuì e io mi rivolsi al mio piccolo “Mamma torna presto, va bene? Fai il bravo con i nonni e non farli impazzire, fai quello che ti dicono, mh? Ti voglio tantissimo bene” lo abbracciai forte e poi lasciai che Al facesse lo stesso, mentre io stringevo i miei genitori.
“Grazie di tutto. Vi chiamo dopo il concerto, va bene?” sorrisi e li strinsi un’ultima volta, poi, dopo che Allison li ebbe salutati a sua volta, partimmo alla volta di Orange.
“Perché non gli hai detto di Brian?” mi chiese improvvisamente Al.
“Perché la conosci mia madre, è capace di parlare di matrimonio anche dopo un pomeriggio tra amici” sospirai mentre lei scoppiava a ridere.
“Sì, hai ragione. Però ti piace, no?” mi guardò incuriosita.
“Be, sì, ma non affrettiamo le cose, mh?” lei annuì e lasciò cadere il discorso, mettendo su un cd che aveva preso dalla propria borsa.
Arrivammo a casa verso sera e, visto che avevamo svuotato il frigo in previsione della partenza, decidemmo di andare a mangiare fuori. Come sempre finimmo alla pizzeria che c’era all’angolo della via, troppo pigre per cercare qualsiasi altro posto. Dopotutto, ci conoscevano bene, ci facevano gli sconti, e la pizza non era male.
Passammo una bella serata, come al solito, ma dovevamo andare a letto presto, come mi ricordò Allison.
“Dai, su, muoviti!”
“Ma mi fai finire di mangiare, almeno?” la guardai esasperata.
“Sì, scusa. Intanto pago” risi annuendo e le porsi i soldi, ma li ignorò tranquillamente, andando a pagare.
Tornammo a casa parlottando, era decisamente troppo agitata.
“Ma… Cioè ti rendi conto con chi stiamo per andare in tour?” sorrise saltellandomi di fianco.
“Sì, Al, ma se non ti calmi avrai un esaurimento nervoso” risi.
“Okay, okay, ma tu non sei emozionata?” mi guardò, i suoi occhi erano quasi a cuoricino, come nei cartoni animati.
“Molto” annuii aprendo la porta di casa “Ora vedi di dormire, che non voglio portarti in spalla domani!” risi e le diedi un bacio sulla fronte, poi entrambe ci ritirammo nelle nostre camere.

#Allison’s P.O.V.
Okay. Lunedì mattina. Alle otto spaccate eravamo davanti alla sala prove e stavamo caricando i bagagli sul tour bus.
Ero a dir poco esaltata. Sarei partita per un tour degli States con gli Avenged Sevenfold. Mentre aiutavo Juls a sistemare la sua roba nel bus mi guardavo intorno. C’era un piccolo cucinino con affianco un tavolo e dei divanetti. Entrando di più nel bus c’erano sei cuccette, tre per lato. E alla fine c’era una porta, presumo quella del bagno, e uno specchio.
Tornammo in strada dove ci aspettavano i ragazzi della band, che stavano salutando le fidanzate.
“Certo che ti chiamo, Val, per chi mi prendi?” Matt abbracciò la biondina.
Ehi, non stavo mica origliando, parlavano ad alta voce.
“Me lo prometti?” oddio, il diabete. Sentivo che dopo quel tour mi sarebbe servita una visita dal medico.
“Sì. Te lo prometto” eeeeeeeee bacio. Ovvio.
Distolsi lo sguardo, come fecero tutti quelli che erano abbastanza vicini da averli sotto il naso.
“Matt, okay dai, ma si sente il risucchio, che schifo!” Brian ti amo ufficialmente. I due si separarono ridendo.
“Va bene, ehm, possiamo andare. Il primo spettacolo è domani sera, quindi oggi solo viaggio! Ci vediamo alla prima pausa” il cantante sorrise –facendomi sciogliere, vabbè- e salutò tutti quelli che sarebbero rimasti ad Huntington per l’ultima volta. Poi salimmo sui rispettivi bus.
Io, Juls e le ballerine ci sedemmo sui divanetti mentre l’autista si presentava.
“Ciao ragazze, io sono Andy!” era una donnona dal viso simpatico.
“Ciao Andy!” la salutammo in coro. Dopo le presentazioni partimmo definitivamente.
Tirai fuori il quadernetto che mi ero portata dietro e scrissi in grande sulla prima pagina:
Tour. Primo giorno.


Nota: scusate il ritardo, spero che questo capitolo vi piaccia:3 un bacio e grazie per le recensioni, grazie a chi ha messo questa FF nelle preferite, nelle seguite o l'ha anche solo letta:3
  
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