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Autore: Claire Coen    23/08/2012    2 recensioni
Claire Coen è una ragazza semplice. Ha quindici anni appena compiuti e vive a Bradford, con il padre. Ma improvvisamente l'equilibrio della sua vita pacata e monotona viene spezzato e il destino decide per lei una vita movimentata e piena di difficoltà. Ma sopratutto decide di renderla diversa da chi si aspettava che fosse, tutto questo quando Zayn Malik, un componente di una boyband appena lanciata nel mondo musicale,entra a far parte della sua vita.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Zayn Malik
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Arrivati  a casa mia madre prese il controllo della situazione e mi ordino’ furtiva di starmene in camera e non uscire. Stare da sola in quel momento non mi avrebbe fatto per niente bene. Come pensavo, spofondai in uno stato di depressione mai provato fin ora. Rimpianti su rimpianti e dolore su dolore.
“CLAAAAAAAIRE, SCENDI IMMEDIATAMENTE!”- mia madre urlo’ dal piano di sotto.
Alzandomi diedi un’occhiata alla sveglia sul comodino: 4.30. Non badai  all’orario e il tempo era l’ultima cosa che mi preoccupava in quel momento. Respirai a fondo e scesi. Mio padre e mia madre in piedi, uno accanto all’altra. Avevo un dejavù. Sicuramente in uno dei miei sogni c’era rispecchiata quell’immagine: mio padre e mia madre vicini, insieme. Rabbrividii. Mi fecero sedere. E questo non prospettava qualcosa di leggero. Riempii i polmoni per farmi coraggio e non far cedere le gambe molli.
“Forza, siediti”- mi incito’ mio padre con tono pacato.
Mi lasciai andare sul divano, come un sacco di patate. E aspettai impaziente. Il sapore del sangue mi invase la bocca, deglutii, continuando a mordermi nervosamente il labbro inferiore.
“Io e tuo padre abbiamo deciso che forse è meglio che ti trasferisci con me e Spencer a Londra”- disse convinta, poi continuo’- “lì recupererai con esami che tu puoi sicuramente superare e continuare l’anno tranquilla, poi avrai tanti nuovi amici e …”
Mi si gelo’ il sangue. Dentro di me il vuoto. Fuori il nulla. Nella mia testa tanti, troppi volti, i piu’ nitidi: Hayley, Blaze e papà . . . poi, per finire in bellezza, la sensazione coinvolgente del bacio di Zayn e il suo volto fisso davanti ai miei occhi.
“NO!”- urlai disperata- “non voglio. Non potete farmi questo! Qui c’è la mia vita, i miei amici …”- scoppiai nuovamente in lacrime, non riuscendo a ricacciarle dentro.
“La tua vita qui, è un disastro”- preciso’ furiosa mia madre- “questa la chiami vita? Riuscire ad essere espulsa da una scuola così insulsa?”- finì decisa.
Non riuscivo a rispondere, sapevo che qualunque cosa accadesse in quel momento, non poteva cambiare le circostanze. Sarei andata a vivere a Londra, a casa di mia madre, la persona che non vedevo da anni e un altro sconosciuto, suo marito. Come potevo? Come potevo riuscire a costruirmi un’altra vita, in un altro luogo? Forse chiunque altro ci sarebbe riuscito col tempo, ma io, sono sempre stata difficile e chiusa, per me era già difficile costruirmene una di vita, due erano troppe.
“E’ ora di crescere figlia mia”-disse infine sospirando, poi si volto’ verso mio padre-“comunque, partiamo domani mattina presto, hai tutto il tempo di salutare i tuoi amici e fare quello che devi fare. Voglio la puntualità domani, non un minuto di piu’! Alle 8.00 ti voglio vedere davanti alla porta con i bagagli pronti”- poi si volto’ verso di me- “avrei dovuto portarti con me, fin dall’inizio”- finì con un altro sospiro.
“Avrei preferito morire”- sibilai dentro di me, decisa a non farlo uscire.
“Tuo padre deve dirti delle cose”-concluse e si diresse da Spencer che non la finiva di scrivere messaggi.

Entrammo in camera di mio padre, lui ormai in fondo alla stanza con le spalle verso di me, io sull’uscio della porta aperta, non fiatavo.
“Chiudi la porta”- mi ordino’ sofferente. Ubbidii e chiusi la porta dietro di me.
Era soffocante il dolore che provavo in quel momento, le lacrime spingevano e cercavano di uscire, mentre io cercavo con tutta me stessa di ricacciarle indietro, in qualunque modo.
“Tua madre naturalmente mi ha detto di sgridarti, di farti capire che hai sbagliato, alzando la voce. Perché dice che tu mi ascolti piu’ di lei”- sospiro’- “appunto perché ti conosco piu’ di lei, so che non c’è bisogno di tutta questa sceneggiata, perché io lo so che già ti stai rimproverando con te stessa e stai soffrendo. Lo vedo dal tuo sguardo …”- prese un altro sospiro- “Fin da quando eri bambina sei stata autonoma. Ed essere autonoma a cinque anni non è normale. Io stavo male per tua madre e tu, a cinque anni, ti prendevi cura di me. Io neanche me ne accorgevo di quanto avessi bisogno di me. In quel periodo sono stato un pessimo padre e lo rimpiango tuttora.”- fece una pausa. Non potevo farlo sentire in quel modo, volevo abbracciarlo e dirgli che lui è stato e sarà sempre il migliore. Feci un passo, ma alzo’  la mano e con un gesto mi fece capire di lasciarlo finire di parlare.
“Grazie alla mia bambina sono uscito da quel circolo vizioso di depressione e ho cominciato a fare il padre. Non sapendo come fare, inesperto dopo tutti quegli anni, cercavo di esaminarti a fondo e trovare qualcosa tra me e te. Poi finalmente trovai uno sport, il Tai-chi, ti piacque subito, già dalle prime lezioni. Ero felicissimo. Finalmente avevo trovato qualcosa che ci legava. Sicuramente non sono stato affettuoso e premuroso, come tanti genitori dovrebbero essere, ma vedevo che stavi tranquilla con il tuo spazio. Così decisi di non interferire piu’ di tanto.”- si giro’ e il suo volto sembrava sempre piu’ scavato. Scorsi i suoi occhi gonfi e lucidi e mio malgrado sentii una lacrima rigarmi il volto.
“Ora mi stanno chiedendo l’impossibile. Come faro’ senza la mia bambina? Come?”- tradì di un tono la voce roca. Stavolta i suoi occhi si inondarono di lacrime che senza tregua scendevano.
Scoppiai letteralmente. In lacrime lo raggiunsi infondo alla stanza e lo abbracciai fortissimo. I miei singhiozzi forti tra una parola di conforto e un’altra, si accompagnavano ritmicamente con i suoi singhiozzi sommessi e silenziosi. Non ricordo, quanto tempo passammo in quel modo. Minuti o forse ore. In quel momento l’unico pensiero che mi balenava in testa era: il ricordo di quell’ultimo abbraccio.

“Dobbiamo far credere a tua madre che abbiamo discusso, sei pronta?”- la sua voce mi rimbombo’ nella testa, aprii gli occhi confusa. Davanti a me la finestra con le tende arancioni, sfocate. Avevo un velo di lacrime ancora negli occhi, me li stropicciai infastidita. Avevo tanti ricordi di quando ero bambina, quando accovacciata accanto a mio padre nel letto, fissavo la finestra costantemente, ammirando a primavera gli uccelli che si posavano sui rami verdi e di autunno le foglie gialle che cadevano con il vento.
“Pronta”- dissi determinata.
Se quella sceneggiata non fosse stata attuata in quell’orribile momento, sarei scoppiata pure a ridere. Ma era come se i muscoli facciali non volevano tendersi, il cervello cercava di incitarli a tendersi in un sorriso, ma loro non avevano la benché minima intenzione di farlo.
Tra un urlo e un altro, pensavo e ripensavo a come sarebbe stata la mia “nuova vita” a Londra. La grande e pericolosa, ma altrettanto magnifica capitale. Pensavo che quello era il mio grande sogno: visitare la bella capitale e magari incontrare Ed per le affollate strade di Oxford Street (sempre stato uno dei miei stravaganti sogni), andare al Trafalgar Square o al Piccadilly Circus. Ma in quella situazione Londra era un incubo per me e non piu’ il grande sogno.
Abbracciai di nuovo mio padre per farmi forza e uscii spedita. Come mi aspettavo mia madre stava a non poco piu’ di due metri di distanza dalla porta, sicuramente si accertava che tutto fosse stato portato a termine. Gli lanciai un’occhiataccia di disprezzo prima di correre su in camera e buttarmi sul letto sfinita.
Ci pensai un po’ sopra, con la testa fra i cuscini gonfi e decisi di farmi forza per mio padre, per Hayley e per Blaze. Così digitai furtiva il numero di Hayley che ormai sapevo a memoria.

“Dimmi che tua madre non sta bene e che mi ha detto tutte bugie!”- rispose disperata senza salutare.
Rimasi di stucco.
“C-come? Aspetta, mia madre ti ha già detto tutto?”- gli chiesi senza parole.
“Sì Claire. Voleva parlare con mia madre, ma stava al supermercato, quindi ha detto tutto a me”- tradì di un tono la voce spezzata.
“CON QUALE DIRITTO, CHIAMA PRIMA DI ME LA MIA MIGLIORE AMICA PER DARLE UNA NOTIZIA DEL GENERE?!”- non avevo piu’ forza e comincio’ a girarmi la testa.
“Mantieni la calma”- sibilai fra i denti-“mantieni la calma”.
“In realtà Claire, è stata molto gentile. Mi ha chiesto se fra un po’ passo da te. Forse, potrebbe non sembrarti, ma lei è preoccupata.”- disse ad un tratto Hayley.
In realtà non aveva tutti i torti e sapevo quanto lei che mia madre non stava bene senza di me. Infondo come ogni madre su questa terra. Ma la compassione quel giorno non c’era dentro di me, al posto suo invece, solo rabbia e disprezzo, non solo per lei, per tutto, soprattutto per me.
“Non mi interessa! Non vi vedro’ piu’, capisci? Né te, né papà, né Blaze, né …”- stava uscendo quel nome, ma non avevo voglia di pronunciarlo, sarebbe stata la causa di un nuovo pianto, piu’ doloroso, che sarebbe stato difficile da soffocare.
“Non vai in guerra! Ci rivedremo di sicuro. Raccogliero’ soldi e ti verro’ a trovare, stanne certa!”- disse la bionda premurosa. Come al solito, la frittata si girava con lei. Ora era lei a consolarmi.
“Sai, adesso mi rendo conto. È inutile che ci stiamo a piangere sopra, è uno spreco. Prendo la pizza e arrivo subito da te! Margherita e salsiccia”- concluse cercando di tirarmi su.
“Con tanta mozzarella”- conclusi malinconica e agganciai.
Dieci secondi fa pensavo di correre di sotto e scaraventare il cellulare in fronte a mia madre per quello che aveva fatto. Dovevo essere io a informare Hayley, soprattutto in quella situazione. Poi ripensai a quanto si sarebbero sistemate le cose con quell’atteggiamento: proprio per niente.
Mi buttai sul letto sfinita. Cercai in rubrica cio’ che cercavo e lo trovai.

“Lè che sorpresa!”- rispose Blaze contento.
Mi riempiva di gioia la sua felicità, avevo decisamente bisogno di lui piu’ che mai. Accennai un mezzo sorriso.
“Devi venire subito”- mi feci seria.
“Ei Claire, così mi preoccupi, che succede?”- si abbasso’ il tono gioioso di prima, anche lui si fece serio.
Presi forza. L’ultima che mi restava.
“Mi trasferisco a Londra” 
  
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