Storie originali > Horror
Segui la storia  |       
Autore: jh_storm_    23/08/2012    0 recensioni
Chi spesso è schiavo della propria immaginazione capirà... La mente soppressa in una realtà assillante e noiosa diventa una formidabile arma di distruzione
Genere: Azione, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
È una di quelle cose che paiono incomprensibile. Tutto che cambia in un solo istante, ma la cosa più sconvolgente è che quello è un istante normale. Niente avvertimenti. Succede e basta, ti cambia la vita e basta. Non c’è niente da fare. Si hanno le mani legate, ammanettate con un catena di acciaio inossidabile. Basterebbe, … bastava un’esplosione in una sala da conferenza durante un normalissimo momento della sera, le nove e mezza circa, per provocare una marea di cambiamenti a una marea di gente.
Tutto questo e molto altro era passato nella testa di Matthew mentre si illuminavano i tasti numero cinque e quattro dell’ascensore, tanto che non basterebbero cinque capitoli per riassumere quei pensieri, però il Rosso là in mezzo era stato tantissimo.
“Cinque-Missisipi-quattro…”
Non aveva un orologio da polso, e notò che neanche Alice ne possedeva uno. Maledisse il momento in cui aveva deciso di lasciare il suo d’oro in macchina.
Uno-Missisipi-zero. GAME OVER.
Niente.
Niente di niente.
I suoi occhi, ormai completamente lucidi iniziarono a vagare in ogni direzione, alla disperata ricerca di qualcosa che lo informasse se i suoi alfieri avevano già messo sotto scacco il re. Si lasciò condurre fino in infermeria. Attraverso i corridoi osservò le facce di quelli che incontrava. Non una piega di terrore. Era tutto ancora così maledettamente Bianco. Aspettò il suono delle sirene e i tentativi di riportare l’ordine dell’altoparlante, ma niente. Gli ficcarono una pastiglia anti-nausea in gola e lo lasciarono andare su sua insistente richiesta.
<< Scusi, mi può dire che ore sono? >>
<< Le nove e trentacinque >>
<< Grazie, molto gentile! >>
“Maledizione!”
Partì a razzo su per le scale a una velocità incredibile viste le sue condizioni, fino ad arrivare al sesto piano. Senza pensarci si infilò nella sala della presentazione del libro di Finnie O’Connel. Le luci erano fievoli dalla parte del pubblico, mentre i fari della ribalta facevano scintillare il vestito traboccante di paiette della scrittrice.
Una mano lo fermò gentilmente. Era il vecchietto di quella mattina.
<< Lei è in ritardo, mio caro! >>
<< Già, un piccolo inconveniente >>
E forse era veramente così. Si appiattì lungo un muro –nessuno avrebbe badato a lui, che era nella quasi completa oscurità- e fece scorrere le dita all’interno di quella che era una rientranza nella parete. Quel maledetto aggeggio si era spento. Lo staccò con cautela e se lo ficco sotto il giacchino, ci mise un braccio sopra in modo che non si muovesse da lì e cercò un posto.
Si stava finalmente sedendo in una delle ultime file, dopo aver fatto salti mortali inciampando nelle gambe altrui, quando la vide. La ragazza della cena. Non poteva che essere colpa sua. Era quattro file davanti a lui, seduta di fianco al suo fidanzato. Non poteva vedere i suoi occhi, ma era certo che in quel momento fissavano rapiti la bocca della scrittrice , per cogliere e assaporare ogni parola.
Rimase lì fino alle fine della presentazione, durante la quale Finnie non aveva smesso di narrare ed elogiare le caratteristiche di tutti i suoi personaggi, di raccontare come le erano venute certe idee << Geniali >>. Non ci furono molte domande, poi la sala si svuotò lentamente.
Matthew uscì tra gli ultimi. Elizabeth uscì tra gli ultimi. Si ritrovarono fianco a fianco nel piccolo corridoio che conduceva alle scale.
Non gli cadde proprio, diciamo che quasi lo lasciò scivolare a causa di un improvviso fremito. Non fece neanche tanto rumore arrivando a terra. Lei si fermò e raccolse quell’oggetto curioso ricoperto in vari punti da nastro isolante. Aveva in mano una bomba e neanche lo sapeva. La porse a Matthew, il cui cuore aveva smesso di battere già da qualche secondo. << Piacere, sono Elizabeth. È suo questo… coso? >>. Il suo era un meraviglioso, bianco ma sfumato sorriso. << Sì, grazie. È un timer,… una sveglia… rotta >>
Sarebbe stato capace di crollare per terra una seconda volta in quel momento, ma quella se ne andò subito dopo salutando, con i tacchi che producevano quel ritmato e piacevole rumore sul parquet.
Tac. Tac. Tac. Tac-Missisipi-tac-Missisipi.
La porta si richiuse dietro di lei. Solo in un secondo momento, riprendendo contatto con la realtà, Matthew si rese conto che il fidanzato della ragazza non era con lei.
Elizabeth era appena uscita per raggiungere Gordon, che era uscito a metà presentazione.
<< Mi sto addormentando >> aveva detto.
<< Ci vediamo fuori >> era stata la risposta che sapeva di una lieve risata soffocata.
Ora si rincontravano al bar. Gordon era seduto su uno di quegli alti sgabelli foderati di pelle nera. Osservò Elizabeth avvicinarsi con un largo e sincero sorriso. La sua ragazza indossava un vestito azzurro. Era leggero e fasciante al punto giusto. In mezzo alla scollatura brillava un prezioso ciondolo. Un suo regalo.
<< Sei bellissima! >>
Lei quasi non gli badò. Si appoggio semplicemente su di lui con un’aria assente.
<< C’è qualche problema, sweetie? >>
Si divertiva di tanto in tanto a sparare inglesismi con una pessima pronuncia, ma a Elizabeth piaceva, quindi quello era diventato uno dei suoi passatempi preferiti. Quando furono faccia a faccia Gordon notò che negli occhi verdi dell’altra si era alzato un alone di tristezza.
<< No, no. Niente di importante >>. La sua voce tradiva le sue parole.
Gordon non abbassò lo sguardo, continuando ad indagare. << Sai quando senti che sta per succedere qualcosa di orribile? >>
<< Ehm, no. È un problema? >> chiese lui aspettandosi un attacco diretto.
<< No, no, figurati. Sono solo stanca. Andiamo aa dormire? >>
I due si avviarono stretti in un abbraccio verso la loro cabina, con passo leggero prima attraverso i tavolini, poi per le scale ricoperte di moquette blu, fino nei lunghi corridoi costellati di porte di legno per l’accesso alle camere da letto. 573. Un numero qualsiasi, ma il loro piccolo rifugio. La luna li salutò dall’oblò, gettando un’argentea luce sul pavimento. Si addormentarono in fretta, senza scambiarsi più di dieci parole. Fu una notte tranquilla, senza incubi né preoccupazioni. La mattina li aspettava una deliziosa e colorata colazione al solito bar-ristorante delle tovaglie rosse. Stavolta Matthew non c’era.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: jh_storm_