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Autore: Scarr    24/08/2012    4 recensioni
C'era una volta, una ragazza che, a causa della sua adolescenza difficile, aveva deciso di diventare la Cacciatrice più brava, diventando anche superba e senza amici. Qui non ci sono principi o reami incantati. C'è solo un ragazzo, un semplicissimo ragazzo, che le farà scoprire il significato della fiducia, e, soprattutto, dell'amore.
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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Capitolo uno.

 

Se i miei incubi avessero avuto un unico nome, sarebbe stato Rosso.
Rosso: come i miei capelli che sfuggono dalla treccia quando caccio.
Rosso: come le foglie che scricchiolano sotto i miei piedi in pieno autunno.
Oppure, rosso: come il sangue.
Quello dei cervi o delle alci.
Quello dei Ribelli.
Quello dei miei genitori.
O il mio.
A quel punto mi svegliavo all’improvviso, ogni singola volta.
Avevo paura di andare avanti, paura che se avessi continuato, avrei potuto vedere il rosso dell’amore, o delle fragole che raccoglievamo io e mia mamma, oppure rosso delle galline che mio padre allevava.
Avrei potuto sopportare altre mille notti con lo stesso incubo, purchè non ci fossero state immagini che avrebbero stuzzicato emozioni, lasciate lì impolverate da molto tempo, che non fossero odio, o, la mia preferita, l’indifferenza.
Sudata e ancora mezza tra le braccia di Morfeo, mi alzai lentamente dal mio letto.
Ci vollero una mela, del latte e un intruglio che avevo preparato badandoci appena, per farmi ricordare che giorno era oggi.
Oh, dannazione. pensai. Il giorno del taglio delle gole. Fantastico.
Almeno una volta al mese, il re e la regina della contea organizzavano questo evento molto particolare: si faceva una specie di controllo in tutti i villaggi, per controllare se ci fossero Ribelli (persone che non appoggiavano le scelte della corte e che volevano ribellarsi), e se li trovavano, li portavano direttamente da me per farli giudicare.
Ovviamente solo io potevo svolgere quell’incarico: la regina era troppo altezzosa per avere il coraggio di uccidere la gente, e il re, a quanto pare, aveva compiti più importanti da svolgere.
Ed io ero l’unica a cui sembrava non importare nulla, perciò la scelta fu molto facile.
‘Il giorno della purificazione’, o ‘del taglio delle gole’, come lo chiamavo io, aveva anche i suoi lati positivi: manteneva la mia reputazione e teneva la gente il più lontano possibile da me.
Nessuna emozione, niente dolore.
Ormai era il mio motto già da un po’.
Appena mi allontanai dai miei pensieri, mi resi conto di quanto fosse disgustoso quell’intruglio che stavo bevendo, e lo sputai tutto. Non potevo davvero permettermi di vomitare davanti ai Ribelli.
Dopo aver messo tutto in ordine, me ne tornai in camera e mi misi la mia divisa da cacciatrice.
Era ruvida al tatto, ma ci ero talmente abituata, che ormai era quasi una seconda pelle.
Feci gli ultimi ritocchi, come sistemarmi bene la treccia, e poi uscii fuori.
La fresca brezza che c’era in quel periodo dell’anno mi ricordava che, dopotutto, qualcosa di puro e semplice era rimasto al mondo.
Alcuni avrebbero detto il sole, ma io no.
Era tutta una bella messa in scena, la sua. Ci faceva vedere la sua bella faccia, ma nel frattempo sotto sotto bruciava.
(Non che ne fossi davvero sicura. Che bruciasse intendo. Ma l’impressione era quella. E io mi fidavo ciecamente del mio istinto.)
Mi ricordava tante persone, il sole.
La pioggia, invece, mi piaceva. Lavava via tutto, lo sporco, la polvere. A volte speravo, da sciocca, che mettendomi sotto la pioggia avrei cancellato tutto, tutti gli sbagli, le colpe.
Ma quel giorno no. Niente pioggia.
Avrei dovuto tenermi i miei errori per un altro po’.
Quando la gente mi vide per strada, si zittì all’improvviso.
Mi guardavano tutti come se fossi un fantasma, o qualcosa di peggio.
Nessuna emozione, niente dolore. mi ripetevo. Nessuna emozione, niente dolore.
Ma ogni volta che camminavo per strada, reagivano sempre allo stesso modo.
E l’unica cosa che potevo provare era odio, per loro e per me stessa.
Sarà sempre così? Dovrò continuare e provare solo odio per il resto della mia vita?
Erano sempre le solite domande che mi martellavano nella testa, ma le ignoravo, come facevo con tutto il resto.
Arrivai di corsa a destinazione, per evitare che la mia mente sfornasse altre stupide idee.
Il palazzo, visto da altri occhi, sarebbe davvero bellissimo.
Ogni singolo dettaglio raccontava una storia, bella o brutta che sia, ma pur sempre degna di essere ascoltata e vista.
Altri occhi sarebbero impazziti alla vista dei colori vivaci che, stranamente, stavano così bene insieme, o delle tende di velluto così morbide da toccare..
Altri occhi. Non i miei.
Una delle guardie mi si avvicinò, tutto tremante.
-Mia signora.. signora cacciatrice...-
Balbettava così tanto che era difficile da intendere, ma era così bello che qualcuno le parlasse, dopo tanto tempo, che le sue parole strozzate sembrarono alle sue orecchie assolutamente perfette.
-.. la stanno at-tendendo nell’altra sala.. signora cacciatrice.-
-Bene.- risposi con tono gelido. Non ero tipo da grazie, prego o scusi.
Quelle parole le usavano le persone che potevano permettersi di essere gentili.
Raggiunsi la sala che mi aveva indicato il soldato, e senza far attenzione a chi ci fosse o no nella stanza, entrai e mi sedetti sul mio ‘trono’ personale.
In realtà era una semplicissima sedia, con giusto qualche decorazione in più sullo schienale, ma mi piaceva vedere in essa un certo senso di potere, del qualcosa in più che gli altri non avevano.
Il primo da giudicare era un fabbro. O almeno credevo.
Potevo essere anche la più coraggiosa di tutta la contea, ma proprio non ci riuscivo a guardare in faccia quella gente. Mi limitavo a trovare i dettagli più insignificanti nelle mie scarpe, e per tutto quel tempo aveva funzionato, eccome.
Non sentii nemmeno quello che aveva fatto.
Appena mi accorsi che nessuno parlava più, dissi, con assoluta tranquillità:
-Tagliategli la testa.
E il fabbro venne portato via, tra urla e singhiozzi.
Ne venne portato un altro.
Questa volta mi esaminai con attenzione le unghie.
Analizzai bene ogni singola pellicina, ogni unghia mangiata quasi fino alla carne.
Come con quello di prima, appena non sentii più parlare, replicai:
-Tagliategli la testa.
Poi il silenzio.
Per la prima volta da quando erano iniziati i ‘giorni del taglio delle gole’, alzai gli occhi, e mi ritrovai davanti un ragazzo.
Era abbastanza alto, almeno credevo. Era un po’ difficile capirlo visto che era stato messo in ginocchio, con le spalle leggermente incurvate quasi a simulare un inchino.
Indossava dei pantaloni color sabbia leggermente troppo grandi per lui, con dei risvolti all’altezza delle caviglie che mostravano le scarpe marroni.
La camicia di cotone bianca, invece, gli stava perfettamente, e il tessuto leggero lasciava intravedere i muscoli del petto e delle braccia.
Il mio sguardo, però, si soffermò particolarmente sul viso.
Non sentii nemmeno che una delle guardie mi aveva fatto una domanda.
Il ragazzo aveva un viso dolce, leggermente spigoloso sugli zigomi pronunciati. Aveva i capelli color dell’oro fuso, delle ciglia lunghissime sotto cui stavano dei bellissimi occhi color del..
Miele.
-Come, scusi? Ehm.. signora cacciatrice, signora.
Non mi accorsi nemmeno di averlo detto ad alta voce.
Il ragazzo, che non mi degnava della minima attenzione, sbuffò, e borbotto tra sé e sé:
-Questa è pazza.-
Cosa?
Non ci potevo credere. Era la prima volta in assoluto, da quando ero cacciatrice, che qualcuno mi mancava di rispetto così, anche se non direttamente.
Alzai entrambe le sopracciglia.
-Come..?
Finalmente il ragazzo sollevò lo sguardo. Per un attimo, solo per un attimo, balenò una scintilla di sorpresa nei suoi occhi, ma sparì subito com’era venuta.
-Voglio dire.. Maledizione, ho rubato una stupidissima gallina! Non vedo perché mi dovrei far ammazzare per così poco.
-Una gallina?- Sul serio? Da quando mandavano al ‘giorno del taglio delle gole’, gente che rubava galline?
Il ragazzo annuì leggermente, poi aggiunse:
-Sì, lo ammetto: ho rubato una gallina! Oh mio Dio, arrestatemi!
A quanto pareva, si divertiva a prendermi in giro.
Come osava?
Dovetti ammettere, però, che era da davvero molto tempo che qualcuno non mi trattava da persona alla pari. O quasi.
Il ragazzo voleva giocare? Bene, ma volevo divertirmi anch’io.
Sorrisi con fare minaccioso, e sorrisi ancora di più quando vidi una piccola ruga tra le sopracciglia del ragazzo, segno che almeno un pochino gli importava, anche se voleva far credere il contrario, con il suo sguardo fermo e deciso.
-Ottima idea.- dissi, all’improvviso radiosa.
La rughetta che aveva tra le sopracciglia divenne all’improvviso più lunga, quando anche l’ultimo sprazzo di determinazione sparì dai suoi occhi.
-C-cosa?- Sperava davvero che l’avrei lasciato andare così?
Le guardie lo trascinarono via, senza parlare.
Poi mi ricordai una cosa:
-Ah, a proposito.- dissi – Posso sapere chi ho il piacere di arrestare stamattina?
Lui si girò molto lentamente, e con sguardo cupo rispose:
-Andrew. Andrew Evans.

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Ehilà! Per questo capitolo la nota sarà un po' più lunga u.u
Però, prima di iniziare, voglio ringraziare chi è riuscito a leggere fin qui, perchè mi rendo conto che è davvero moooooolto lungo, ma spero vi sia piaciuto ugualmente!
Ok, torniamo a noi.
Per prima cosa, prima che qualcuno me lo chieda, non ho intenzione di mettere il luogo o il periodo in cui si svolge la storia.
Siccome il titolo è Once upon a time, cioè C'era una volta, vorrei restare fedele all'idea della favola, anche se questa storia ha tutto fuorchè elementi magici o principi eccetera eccetera.
Poi, ancora non ho trovato un nome alla protagonista, ma vi prometto che nel prossimo capitolo ci sarà!
Altra cosa: Tagliategli la testa! So che fa molto 'Alice nel paese delle meraviglie', ma vi giuro che ci ho pensato solo dopo, e comunque mi sembrava molto teatrale hahahahahaha
Per il resto.. oddio, che dire? Ho cercato di far sembrare Andrew uno simpatico, che prende le cose con molta leggerezza e che non ha paura di esprimere la propria opinione, anche se potrebbe farlo finire in guai seri.
Detto questo, ho concluso.
Spero che il capitolo vi piaccia e non vi siate annoiati a leggerlo, e che non abbia deluso le vostre aspettative.
Al prossimo capitolo!
xoxo,

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