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Autore: StormbornKay    24/08/2012    2 recensioni
La mia, è una di quelle storie che si sentono ogni giorno in televisione. La mia, è una di quelle vite che nessuno sogna di avere. Eppure spesso mi trovavo a dover fronteggiare l’invidia altrui, invidia per un qualcosa che non avevo scelto di avere, qualcosa che mi era stato donato.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finalmente avevo un giorno libero dal lavoro e da stress improvvisi. Avevo passato la mattinata a riordinare la casa, lasciata in pessime condizioni dopo l'invasione subita il giorno prima da parte dei ragazzi. Da quando li avevo incontrati la prima volta, più di due settimane prima, erano entrati nella mia vita quasi senza chiedere il permesso, iniziando a stravolgerla. La cosa buffa era che ne ero segretamente grata: per quanto non fossi mai riuscita ad aprirmi facilmente, avevo sempre odiato la solitudine. Finora mi ero aggrappata a Niall, come se fosse il mio salvagente, ma come lui stesso aveva spesso cercato di farmi capire, non potevo andare avanti avendo un solo contatto con il mondo esterno. 
La vibrazione del telefono catturò la mia attenzione, così lo afferrai: "Hey diva, devo fare un paio di commissioni dalle tue parti, ti va una pizza ed un cinema questa sera?" recitava il messaggio che Eleanor mi aveva appena inviato. 
Lanciai una rapida occhiata all'orologio sul muro, rendendomi conto di quanto, in realtà, fossi in ritardo. Le dissi di farsi trovare davanti casa mia per le otto, poi andai a cambiarmi il più velocemente possibile. 
Bussai alla porta dell'appartamento di Zayn, sperando fosse già pronto. Fortunatamente, non tardò ad apparire sull'uscio, calzando il cappello e chiudendosi la porta alle spalle. 
-Pronta per la nostra prima missione?- chiese sorridente
-Ho altra scelta?- risposi incastrando il braccio nel suo, prima di avviarci fuori dal comprensorio. 
Vista la temperatura e l'orario scomodo non mi meravigliai di non trovare il solito gruppo di paparazzi appostati fuori dal cancello. L'inverno aveva iniziato a farsi sentire ed erano, probabilmente, tutti rintanati nelle loro macchine a mangiare qualcosa che un tempo sarebbe dovuto essere caldo. 
Salimmo in macchina, ignorando il resto del mondo e cercando di sembrare il più naturali possibile. 
-Hai già in mente dove andare?- mi chiese Zayn mettendo in moto ed uscendo dal parcheggio riservato ai condomini. 
-Non c'ho pensato in realtà- constatai -ma ci sarebbe un posto in cui mi piacerebbe andare. Gira a destra- dissi indicando la strada. 
Le note delle hit del momento ci accompagnarono per tutto il viaggio e le nostre voci si fusero a quelle dei diversi cantanti. Non mi vergognavo di cantare davanti a lui, nonostante fosse un cantante professionista e migliore di me, ero consapevole di avere una bella voce. 
-Cosa ci facciamo qui?- domandò poi corrucciato, una volta inquadrata l'entrata dell'ospedale davanti a noi. 
-Volevo salutare un paio di persone, ti dispiace?- chiesi
-Certo che no- rispose perplesso. 
Entrare, da esterna, nell'edificio in cui avevo trascorso diverso tempo mi fece una sensazione stranissima. Per oltre un mese avevo considerato quei corridoi e quelle stanze casa mia, avevo creduto di non saper vivere fuori di li, ma ero stata costretta a ricredermi. 
Condussi Zayn al quarto piano e lo invitai ad attendere qualche minuto nella sala d'aspetto adiacente alle scale. Entrai nel reparto di terapia intensiva, in cui avevo trascorso molti dei miei giorni da paziente, e cercai subito la caposala, sperando fosse in servizio. 
Non appena, questa, mi vide, mi venne in contro stringendomi in un caldo abbraccio. 
-Come stai Josie?- la sua voce piena di curiosità. 
Sorrisi, genuinamente, -Sto bene ora, anche grazie a te- 
-Sciocchezze- controbatté lei -ma dimmi, cosa ci fai qui?-
-Avevo un po' di tempo e ho pensato di passare a trovare qualche vecchio amico. Come stanno Jerry e Bailey?- 
Vidi il suo volto incupirsi ed i suoi occhi spostarsi su un punto lontano per qualche secondo: -Jerry è tornato a casa, i genitori hanno deciso di smettere con i tentativi e le sperimentazioni- mi informò -Bailey invece è ancora qui, non migliora. In questo periodo il suo sguardo è sempre assente. Non fa altro che ascoltare quel disco che le hai dato sai? È l'unica cosa che sembra riuscire a scuoterla un po'.-
-Cavolo- mi lasciai sfuggire, incapace di trovare le parole adatte. 
-Possibile che non ci sia un modo per farla uscire da quel buco nero in cui si è infilata?- aggiunsi poi
-Le abbiamo provate un po' tutte, senza risultati. Da quando tu sei uscita sembra aver dimenticato tutti quei piccoli passi avanti che aveva fatto. Non ne vuole sapere di parlare.-
Stetti in silenzio per diversi secondi, persa nei miei pensieri, proprio come la piccola Bailey. 
-Posso vederla?- sussurrai 
-Ma certo- mi concesse Susan -sai dove trovarla-

Raggiunsi Zayn in sala d'aspetto e mi sedetti accanto a lui con lo sguardo perso, incapace di guardarlo per paura di trovare il suo, certamente pieno di domande. 
-Vorrei salutare un'altra persona prima di andare via-
Lo vidi annuire con la coda dell'occhio, così mi alzai e, assieme a lui, raggiunsi l'ala opposta dell'ospedale. 
La camera di Bailey non era grande, ma era certamente spaziosa abbastanza per permettere ad una ragazzina di dodici anni di portarci dentro quanta più roba desiderasse. Ma Bailey non amava il caos. La camera era sempre ordinata, proprio come la ricordavo. Entrai lentamente, socchiudendo la porta alle mie spalle. Bailey era sdraiata sul suo letto, fissava il soffitto. 
-Hey- dissi cercando di catturare la sua attenzione. 
Non spostò lo sguardo, ma sapevo che mi aveva riconosciuta. Presi posto sul letto, accanto a lei che non tardò a catturare la mia mano con la sua. Quello era il suo modo di sentirmi vicina nei suoi giorni no. Le accarezzai la fronte, cercando di tranquillizzarla con qualche parola buttata qua e la. 
Dopo diversi minuti, i suoi occhi incontrarono i miei per poi spostarsi rapidi sullo stereo vicino al comodino e saettare nuovamente sul soffitto. 
Mi allungai e premetti play, senza mai lasciare la sua mano. 
Le dolci note di una delle canzoni dei ragazzi inondarono la stanza, fino a colpirmi come una ventata d'aria fresca. Mi alzai dal letto, lasciando la mano di Bailey e rassicurandola che sarei tornata subito. Aprii la porta, trovandoci davanti uno Zayn confuso e incuriosito. 
-Credevo di aver sentito More than this- cercò di giustificarsi imbarazzato
Annuii, prendendogli una mano, -vieni con me-
Lo feci avvicinare al letto, quel tanto che bastava. 
-Bailey- dissi -questo è il mio amico Zayn- 
Non si mosse. 
-Sai, lui fa parte della band che canta queste canzoni, assieme al mio amico Niall, te lo ricordi? Ti ho parlato spesso di lui- 
La vidi sbattere le palpebre diverse volte e, sapendo che mi stava ascoltando, lanciai un'occhiata eloquente al ragazzo in piedi accanto a me. 
-Ciao Bailey, è un piacere conoscerti- disse con voce incerta
Lo sguardo della ragazzina corse veloce su di lui, che le sorrise teneramente. Bailey allungò il braccio verso il ragazzo, cercando la sua mano che non tardò a stringere. 
Restammo in quella posizione per svariato tempo, consapevoli che le uniche parole che sarebbero servite erano quelle delle canzoni che continuavano ad uscire dallo stereo. 
Poi Susan ci raggiunse, comunicandoci che presto sarebbe passato il dottore e che non ci saremmo dovuti far trovare li. 
Salutai Bailey e uscii da quell'ospedale, con un fiume di ricordi che si rincorrevano tra loro, più vividi che mai. 
Il braccio di Zayn mi circondò le spalle, stringendomi contro il suo petto, e, in quel momento, fui consapevole che non lo stava facendo per la gloria. 

-Ti va di parlarne?- domandò Zayn una volta tornati a casa. 
-Non molto in realtà, ma so che te lo devo- confessai io
-Non mi devi nulla, Josie- ribatté invece lui -ma sappi che quando vorrai parlarne io sarò pronto ad ascoltare.-
-Grazie Zayn, per l'ennesima volta- sorrisi mestamente mentre lui mi lasciava un bacio sulla fronte, per poi allontanarsi da me e avviarsi verso casa sua. 

Eleanor mi raggiunse un paio d'ore più tardi, bagnata da capo a piedi. Un temporale si era improvvisamente abbattuto sulla città, cogliendola di sorpresa. 
Chiusi lo sportello dell'asciugatrice nella quale avevo messo i vestiti bagnati della ragazza, avviandola. 
Andai in camera, dove l'avevo lasciata a cambiarsi, e mi sedetti sul mio letto, aspettando che uscisse dal bagno, cosa che non tardò a fare. 
-Meglio?- le domandai, vedendola con in dosso la mia tuta da casa, i capelli, finalmente asciutti, raccolti sopra il capo.
-Decisamente! Ci voleva proprio, grazie Jo- rispose sedendosi accanto a me. 
Le sorrisi in risposta, lasciandole intendere che non era stato un disturbo. Nelle ultime settimane ci eravamo avvicinate molto ed io, d'altro canto, ero riuscita a rompere qualche tabù con lei. 
Ora, stare sdraiata sul mio letto accanto a lei, non mi creava alcun problema.
-Com'è andata oggi con Zayn?- chiese
-Eh, intensa- confessai
-Ti sei divertita almeno?- incalzò allora 
-Divertita non è decisamente la parola adatta- ammisi 
Sapevo che Eleanor non avrebbe mai fatto domande invadenti, se c'era una cosa che, fin da subito, avevo apprezzato nello stare con lei, era sicuramente il suo rispetto per i miei tempi ed i miei spazi. Eleanor non chiedeva, lei aspettava che fossi io a rispondere alle sue tacite domande. 
Il pensiero volò per un attimo alle ultime parole dette da Zayn, quel pomeriggio, poi decisi di continuare: -Prima che ci conoscessimo sono stata in ospedale per alcuni mesi, durante una visita di mia sorella, il suo ormai ex-marito tentò di picchiarla. Lei era incinta, così io mi intromisi e finii con lo sbattere violentemente la testa contro il tavolo di cristallo.- spiegai -Oggi ho chiesto a Zayn di accompagnarmi in ospedale a salutare alcune persone che mi sono state vicine mentre ero li.-
La ragazza accanto a me non disse nulla, ma sapevo già il perché. Nessuna delle due amava le frasi di circostanza. "Mi dispiace", "capisco", "immagino". Meglio un silenzio vero e sentito. Molto meglio. 
La sua mano strinse la mia, proprio come aveva fatto ore prima quella di Bailey: ma se la ragazzina era alla ricerca di conforto, al contrario, la presa di Eleanor cercava di infondere forza e sicurezza. 
Le sorrisi, ancora una volta, poi mi alzai ed andai ad aprire al fattorino che aveva suonato alla porta. 
Presi le pizze e le sistemai sul tavolo della cucina, raggiunta da Eleanor, per poi accendere la tv su un canale di musica. 
Mangiammo così, canticchiando e ballando, tornando adolescenti per qualche minuto. 
-Guarda questo!- le gridai ad un tratto, facendo una perfetta verticale e camminando avanti e indietro per il salotto.
-Aspetta ora ci provo!- esclamò lei, cercando di imitarmi. 
Riuscì a stare in posa per qualche secondo, prima di cadere sul cuscino che si era prontamente sistemata a terra. 
Risi dell'espressione spaesata che aveva in volto, una volta messasi a sedere. 
-Ora vomito- commentò poi toccandosi lo stomaco, prima di unirsi a me ed esplodere in una sonora risata. 
Lanciammo a terra tutti i cuscini che avevo sui miei divani, sdraiandoci e gettando lo sguardo fuori, ad osservare saette squarciare il cielo scuro, chiacchierando come vecchie amiche. Senza rendercene conto ci addormentammo così, mentre fuori il cielo urlava e piangeva.
  
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