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Autore: Thegirlwiththewhiteskin    24/08/2012    0 recensioni
[Lupi mannari; Alpha/Beta/Omega Dynamics; Slash. Don't like? Don't read!]
È da quando aveva dodici anni che Theo non riesce più a dormire la notte.
"Insonnia isterica" l'hanno chiamata i dottori, "Semplicemente non voglio dormire" dice lui, ma nessuno di loro sa che sotto c'è molto di più. Theo non sopporta di stare vicino a delle persone, vomitare o svenire spesso non è una novità per lui. Sa che è diverso, ma ancora non sa come. Qualuno glielo farà scoprire.
Dal primo capitolo: "Le sue mani erano imbrattate di sangue. Si guardò il corpo, pieno di tagli che prima non aveva. All'improvviso si rese conto di quanto puzzasse di quel liquido rossastro. Il panico prese il sopravvento."
Genere: Angst, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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The werewolfs The werewolves.
Capitolo 1.

Non riusciva a dormire, ma non era quella la cosa strana.
Erano più o meno le tre di notte, i suoi genitori si trovavano nella stanza accanto alla sua, e c'era silenzio in casa. Lo stesso costante silenzio che lo accompagnava da cinque anni a quella parte.
I dottori l'avevano chiamato "Insonnia isterica", ma i dottori erano degli imbecilli. Non era insonnia, non lo era mai stata. Theo non voleva addormentarsi, ecco tutto.
Sapeva che domani sarebbe arrivato a scuola, si sarebbe seduto all'ultimo banco e avrebbe dormito per tutta la prima ora, e poi si sarebbe svegliato. Sapeva che i professori, essendo al corrente della sua "malattia", avrebbero fatto finta di non accorgersene. Lui non aveva sonno, non più. Quando aveva dodici anni aveva cominciato a sentirsi costantemente male. Vomitava, piangeva, molte volte si rinchiudeva nello scantinato perché sentiva il desiderio di non vedere i suoi genitori, di non vedere nessuno. Non era come quando sei triste per colpa dei tuoi ormoni adolescenziali ed allora ti chiudi in camera tua ad ascoltare musica deprimente. Theo si sentiva male stando coi suoi genitori. Si sentiva male stando con chiunque. Per un po' aveva pensato di essere pazzo, anche se a dire il vero lo pensa ancora. Stanotte era diverso.
La sua testa aveva cominciato a girare, aveva vomitato della bile non avendo mangiato niente quella sera, ed era quasi svenuto. Si sentiva confuso.
Era sceso nello scantinato, si era chiuso a chiave ed aveva acceso la luce, ma la notte era scesa già da un paio di ore, ed i suoi occhi non essendo abituati al bagliore della lampadina non la sopportarono più di tanto, così la spense quasi subito. Ed adesso era lì, in uno scantinato buio e freddo, senza riuscire a vedere niente e probabilmente febbricitante. La sua testa continuava a girare. Non c'era aria là dentro, ma era il posto in cui si sentiva più al sicuro in tutta la casa. Appoggiò la mano al muro, freddo. Lo scantinato non era mai stato un luogo freddo, era lui che era bollente? Non lo sapeva, non riusciva a recepire quasi più niente.
Era spaventato. Improvvisamente non si trovava più in un luogo sicuro. Doveva uscire da lì, da quella casa. Sentiva il desiderio di scappare lontano, in un luogo all'aperto.
Nella sua visuale apparirono dei cerchi neri, circondati da una luce arancione. Stava per svenire. Avrebbe voluto distendersi, ma non fece in tempo.
L'ultima cosa che percepì fu la sua mano che abbandonava il muro. Poi niente.

***

Si svegliò alle prime luci dell'alba, in camera sua. La camera era soltanto un insieme di macchie informi e sfocate, e gli ci volle un po' per metterla a fuoco. La prima cosa di cui si accorse era che non stava dormendo sul suo letto, ma bensì sul pavimento. La seconda cosa di cui si accorse era il fatto che fosse nudo. Bene. Si alzò in piedi, la testa gli faceva male. Barcollò fino alla scrivania, sostenendosi con una mano. Tutto il suo corpo era un dolore. Ogni tendine, ogni muscolo, ogni cellula gridava dolorante. Gli scappò un mugolio di dolore dalla bocca. Camminò a tentoni fino al letto, appoggiandosi a qualunque superfice solida trovasse. Si lasciò cadere contro il materasso. Era confuso e pieno di domande a cui non sapeva dare una risposta. Cos'era accaduto la notte prima? Perché si sentiva talmente male?
L'ultima cosa che ricordava era il buio scantinato e poi lo svenimento. Non si ricordava né di essere rinvenuto, né di aver camminato fino in camera sua e sopratutto non rimbembrava di essersi spogliato ed addormentato sul pavimento. L'unica cosa che riusciva a ricordare se ripensava alla notte scorsa dopo lo svenimento era un forte odore di muschio e nient'altro. Si portò una mano alla fronte, sospirando. Probabilmente i suoi l'avevano trovato svenuto nello scantinato e portato in camera sua, l'avevano spogliato; avrebbe dovuto essere bollente a causa della febbre. Anche se ancora non capiva perché fosse sul pavimento e non sul letto. C'era odore di sangue. Odore di sangue. Theo scattò subito col busto, mettendosi seduto. La sua mano, quella con cui si era toccato la fronte, era sporca di sangue raffermo. Guardò l'altra. Anche quella era sporca. Le sue mani erano imbrattate di sangue. Si guardò il corpo, pieno di tagli che prima non aveva. All'improvviso si rese conto di quanto puzzasse di quel liquido rossastro.
Il panico prese il sopravvento. Perché era sporco di sangue? Perché? L'odore metallico impregnava tutto il suo corpo, facendogli girare ancora di più la testa. Doveva alzarsi. Doveva assolutamente andare a lavarsi, non poteva lasciare che i suoi genitori entrassero in camera sua e lo vedessero in quelle condizioni. Disteso sul letto nudo, sporco di sangue e pieno di tagli. Si alzò dal letto ed un senso di nausea lo pervase.
Barcollò fino al bagno e s'infilò sotto la doccia. Stare sotto l'acqua fredda lo fece sentire un po' meglio, ma Theo non riusciva a tranquillizzarsi.
Era successo qualcosa quella notte.

***

Theo odiava la scuola. Forse gli era piaciuta prima che cominciasse a sentirsi male ogni giorno, prima della sua "insonnia isterica". Ora la odiava.
Non aveva nessun amico, e non cercava nemmeno di farsene uno. Stare vicino alla gente lo infastidiva ed innervosiva. A dire il vero, lo infastidiva ed innervosiva la maggioranza di tutto ciò presente nel mondo, tuttavia nulla gli provocava quel senso di malessere come la presenza di altra vita umana. Era una follia, lo sapeva. Gli esseri umani erano una specie fatta per stare in gruppo, bisognosa di compagnia per il suo sostentamento. Lui no. Lui cercava di stare lontano da chiunque e da qualunque contatto con le persone. Si sistemò all'ultimo banco e poggiò la testa contro di esso.  Voleva andare a casa e voleva farsi un'altra doccia. Si sentiva ancora l'odore del sangue addosso. Magari era soltanto la sua immaginazione, si ritrovò a pensare. Forse non era mai stato sporco di quel liquido dal sapore ferroso, era soltanto una visione causata dalla sua mente malata. Era forse pazzo? I matti immaginavano quelle cose, come il sangue. L'intera faccenda non aveva senso: si ritrovò a concludere che fosse solo una fantasia, con ogni probabilità.
«Ciao, Theo» disse la sua compagna di banco, sedendosi. Era Nancie Drew, una ragazza dai capelli corti e di un colore che ricordava le carote. Piuttosto popolare nella scuola, i suoi genitori avevano una compagnia di Theo-non-si-ricordava-che-cosa, e secondo i parametri americani era anche carina. Viso ovale, occhi chiari ed un fisico atletico. Theo sapeva che era bella, ma a lui non erano mai interessate granché le ragazze. Non sapeva dire se fosse gay o qualcosa del genere, perché a dire il vero non si era mai interessato nemmeno ai ragazzi. Forse era asessuale. Un pazzo asessuale che la mattina si sveglia inzaccherato di sangue.
L'unico motivo per cui Nancie si sedeva vicino a lui era perché era spaventosamente alta, ed ogni volta che si sedeva anche soltanto una fila più avanti qualcuno cominciava a lamentarsi del fatto che non riusciva a vedere la lavagna. E poi gli aveva comunicato che apprezzava il suo essere silenzioso, quindi lo considerava un buon compagno di banco.
Non che gli importasse ciò che pensava Nacie Drew, ma era l'unica persona con cui scambiava qualche parola di tanto in tanto, non la trovava tanto male. La salutò con qualcosa che era a metà tra un "Hey" ed un grugnito, ma la rossa non ne sembrava essersela presa a male. Ormai era abituata al modo di fare di Theo.
«Hai saputo cos'è successo questa notte?» gli chiese, posando lo zaino per terra. Theo avrebbe voluto rispondere che no, non aveva la minima di idea di cosa fosse successo quella fottuta sera, in nessun senso, ma si limitò a scuotere la testa. Nancie abbozzò un sorrisetto soddisfatto, di quelli che compaiono sulle labbra delle signorine per bene quando, in uno dei ritrovi settimanali con le loro compagne, discutono di ogni scoop che avevano intravisto al telegiornale, o meglio, di cui i loro genitori si erano raccomandati di non proferire parola. Si guardò intorno con fare sospetto, come per controllare che nessuno li stesse spiando, si avvicinò con la sedia al suo banco e poi lo guardò coi suoi piccoli occhietti azzurri. Sbatté per qualche secondo le grandi ciglia foderate di mascara, prima di parlare con la voce sussurrata di chi si propone al saper tutto.
«A quanto pare c'è stato un omicidio, Theo».



Perché ho scritto tutto ciò? Perché c'è bisogno di più fanfiction italiane con lupi mannari gay, ecco perché. Quindi, ecco, non c'è molto da dire. Ringrazio la mia amata moglie che mi ha fatto anche da beta, non c'è modo migliore per tenere viva la fiamma in un matrimonio di betare le storie della tua dolce metà (?). Grazie, moglie ♥
Ringrazio anche quelli che metteranno nei preferiti/seguite/da ricordare, recensiranno o semplicemente leggeranno.
Voi lettori, insomma. Perché senza dei lettori scrivere sarebbe inutile, quindi grazie ♥
   
 
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