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Autore: formerly_known_as_A    25/08/2012    2 recensioni
Il danese è un navigatore. Abituato ad andare per mare, seguire le stelle, in un certo modo un romantico, malinconico dei tempi andati, per lui è impossibile accettare che qualcosa di più pesante dell'aria possa volare come se niente fosse, sostiene che dovrà comunque cadere a terra. Il primo viaggio in aereo può essere traumatico per qualcuno che ne è terrorizzato, ma a volte basta pochissimo per trasformarlo in qualcosa di diverso, qualcosa di piacevole e malinconico, qualcosa di conosciuto che sembra un po'
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danimarca, Svezia/Berwald Oxenstierna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Svezia conosce abbastanza il danese per sapere che è nervoso.

Più che nervoso, l'uomo dai capelli scombinati -ancor di più adesso, dopo averci passato le mani per ore, in attesa del volo- è terrorizzato. Lo saprebbe anche senza vederlo con le mani strette ai braccioli, le nocche bianche e lo sguardo fisso al sedile davanti al suo.

Non aiuta sicuramente il fatto che siano proprio accanto all'ala e che, ora, in fase di decollo, questa stia tremando terribilmente, minacciando di volare via senza di loro.

Berwald è abituato a viaggiare in aereo. Per forza di cose, preferisce prendere l'aereo per raggiungere i luoghi dove si tengono le riunioni e suo figlio, quando resta a casa. Usa l'aereo per ogni minimo spostamento che lo permetta, conquistato dalla velocità con cui può raggiungere le persone che ama.

Matt non è un grande fan di quel mezzo di trasporto. Si può dire, ancora meglio, che sia terrorizzato persino dai treni, non riuscendo proprio ad accettare i miglioramenti tecnologici. Il danese è un navigatore. Abituato ad andare per mare, seguire le stelle, in un certo modo un romantico, malinconico dei tempi andati, per lui è impossibile accettare che qualcosa di più pesante dell'aria possa volare come se niente fosse, sostiene che dovrà comunque cadere a terra.

A nulla sono valse le spiegazioni di quello che è un fanatico degli aerei, Islanda, che chissà come, però -Berwald sospetta che abbia tirato fuori un paio di parole magiche, pabbi incluso- è riuscito a convincere il danese a raggiungerlo con quel mezzo.

Il fatto che abbia dato un preavviso così breve ha sicuramente aiutato.

E quindi eccoli, in fase di decollo all'aeroporto di Berlino, dove sono rimasti due giorni in più per ragioni puramente turistiche, come a volte accade quando lo svedese si fa prendere dalla voglia di analizzare l'architettura di un luogo, il danese entusiasta di poterlo seguire in una delle poche cose che condividono davvero.

L'aereo accelera e Berwald si ferma ad ammirare la città che diventa sempre più piccola, fuori dal finestrino, cercando di ignorare il dolore alla mano quando Danimarca decide che quella è molto più stritolabile di un bracciolo.

Lo controlla di nuovo quando la luce che segnala ai passeggeri che è obbligatorio allacciare le cinture si spegne, quando la sua presa dolorosa non si allenta, anzi, sente il palmo sudato ed immagina il suo terrore. Continua a tenere gli occhi chiusi, infatti, il respiro irregolare, la mascella serrata.

Sospira e posa anche l'altra mano sulla sua, cercando la sua attenzione, ma non ricordando -o non rendendosi conto- che si trova accanto al finestrino, quindi Matt si volta e lancia un lamento soffocato nel vedere il cielo e l'ala puntata verso di esso, mentre l'apparecchio vira.

"Stiamo precipitando?!" esclama, un po' ad alta voce e Berwald ringrazia che nessuno possa capire lo svedese, perché il ragazzo biondo porterebbe il panico a bordo. Scuote la testa e sospira ancora, appuntandosi mentalmente di dire all'islandese che le sue idee geniali non lo sono poi moltissimo.

"Ovviamente no, stiamo solo virando..." spiega, alzando il bracciolo per farlo avvicinare all'oblò, se lo vuole ed indicando il cielo, diventato bianco quando sono entrati dentro una nuvola. Sente il danese squittire e non muoversi di un centimetro, ma annuire furiosamente.

"Siamo all'inferno?" chiede ancora, indicando il bianco brillante. Fortunatamente a quello si sostituisce presto un cielo blu più familiare.

Matt guarda all'esterno, poco rassicurato, continuando a stringere la mano dello svedese come se fosse l'unico appiglio possibile in un mare in tempesta. Gli esce l'ennesimo sospiro e l'altro sembra accorgersene, perché unisce le sopracciglia in un'espressione da cucciolo ferito ed abbandonato, tirando le labbra all'infuori con aria offesa.

Berwald scuote la testa e torna a guardare fuori, sospirando per l'immaturità del fratello. Se non è capace di farsi passare delle paure infantili, allora che non si faccia convincere solo a metà.

"Eirik mi ha detto che non era così spaventoso..." borbotta, lamentoso, cercandolo anche con l'altra mano, ma tirandolo per la camicia.

Sette lunghe ore... non potevano scegliere un altro giorno, per partire? Oppure partire dalla Svezia? Non sa se riuscirà a sopportarlo ulteriormente.

"Non è spaventoso, sei tu che hai paura di qualsiasi cosa non sia una nave." ribatte, sempre guardando il verde così differente sotto di sé e chiedendosi se non possa per caso fingere di dormire di colpo.

Il danese si imbroncia, offeso da quell'insulto gratuito alla sua natura da marinaio e l'altro sospira, slacciando la cintura e voltandolo verso l'oblò, nonostante le proteste.

"Non è così diverso da quello che conosci, guarda." mormora, appoggiandosi quasi casualmente sulla sua schiena, un gesto che lo imbarazza, fatto così, in pubblico, ma si sente anche al sicuro, in quella situazione in cui è giustificabile. Danimarca gli stringe meglio la mano e sembra calmarsi un po' -per quanto possa sembrare calmo, lui che è sempre rumoroso, saltellante ed energico come se vivesse di caffè- accettando di guardare il paesaggio sotto di loro, che sembra scorrere con lentezza e prenderlo in giro per le sue paure, acuendole.

"Non mi piace, se dovessimo cadere...!" protesta rumorosamente Matt, facendogli sfuggire un sospiro. Svezia è una persona paziente, in fondo e il proprio amore per i dibattiti lo fa diventare combattivo di fronte ad imprese impossibili come quelle.

"Non cadremo." è la sua risposta, breve, ma detta con il tono giusto. Il tono necessario a rassicurare il fratello, come quando erano bambini. "Guarda, le nuvole sono la schiuma del mare e il verde, a quest'ora, sembra blu... Sembra di navigare sopra le rovine di una civiltà sommersa, come Vineta." spiega calmamente, indicando a mano a mano quello che vuole che l'altro veda.

E l'altro, inspiegabilmente -oh, ma è molto logico per lo svedese, che lo conosce da tempo- distende il viso in un sorriso enorme, come un bambino davanti ad un gelato gigantesco e coloratissimo o un nuovo giocattolo a Natale. Capisce, immagina, crea. E si scioglie un po' in quell'abbraccio casuale che torna ad assumere tratti che conoscono entrambi. Lo stesso abbraccio di quando si ritrovano a guardare le stelle, nel porto di Copenhagen, le poche che ancora si vedono, un po' goffo, ma comunque un modo per comunicare cose che lo svedese non riesce a trasporre in parole.

Ti sono vicino. Ti amo. Sei un idiota a pensare davvero che ti farei affrontare un viaggio così pericoloso. Sei il mio idiota.

"Quello sembra proprio un campanile, eh? Dici che potrebbe essere proprio Vineta? Aaaah, mi piacerebbe sentire il rumore delle campane!" esclama Danimarca, continuando a puntare il dito su cose differenti, cose che solo vagamente somigliano a qualcosa che possono collegare a quella città perduta.

Matt è sempre stato quello con più immaginazione, tra loro, talmente convinto delle storie che raccontava da spaventarlo, a volte, facendogli pensare che fosse esagerato o che ci credesse veramente ed avesse perso il senso della realtà.

Ma non è così. Il danese riesce perfettamente a vivere le due realtà che esistono, nella sua testa e fuori... e forse è per questo che rimane sempre così felice, così allegro, nonostante abbia trascorso momenti orribili, che segnerebbero chiunque. Può prendere le proprie paure e trasformarle in altro, farne una forza.

Lo ammira, per questo, perché lui, a confronto, non è altro che un orso impacciato ed ancora spaventato dall'imbarazzo del dire quello che pensa alle persone a cui tiene, pensando che potrebbero fuggire, lasciarlo solo, non comprendere a che punto sono essenziali.

"Ehy, Ber, ora però la luce se ne sta andando, dici che vedremo le stelle?" chiede il danese, voltando il viso verso di lui, preoccupato.

Danimarca a volte sembra ancora un ragazzino, capace di meravigliarsi per qualsiasi cosa, di trovare un senso alle cose più assurde. Anche quello è un tratto che adora, di lui, anche solo trovarglisi accanto lo fa sentire più tranquillo, allontana le preoccupazioni, le rende piccole cose senza un vero valore, perché ciò che è importante è molto altro.

"Certo che le vedremo, guarda..." risponde, come se non avesse pensato ad altro che a ricevere quella domanda, indicando le luci delle città sotto di loro, minuscole, irriconoscibili come tali, del tutto somiglianti a piccole stelle. Sono ancora poche e presto sotto di loro ci sarà il mare, ma spera che possa apprezzarle lo stesso, renderle qualcosa che possa tranquillizzarlo.

"Waaaah! Hai ragione, sono stelle! Sono tantissime!" esclama, felice, a voce troppo alta per non ricevere un'occhiataccia da parte dei vicini. Gli tocca un braccio, come per calmarlo e il danese se ne accorge, facendo un'espressione buffa, come un ragazzino colto sul fatto mentre si ingozza di caramelle, tentando di farsi piccolo piccolo.

Resta a guardare le stelle scomparire, lasciandosi andare a versetti entusiasti che diminuiscono a mano a mano che si avvicinano alla costa e, quando finalmente si ritrovano sul mare, Matt sembra rilassarsi del tutto, la testa posata contro la sua spalla, le braccia che si stringono alle sue.

Danimarca ritrova ciò che lo rilassa come nulla al mondo: il mare e l'abbraccio dell'uomo che ama.

Berwald non può fare a meno che sorridere un poco, mentre lo sente addormentarsi, posandogli un bacio sulla tempia.


"Grazie, Ber."



Note dell'autrice


Signori e signore, ho scritto una DenSu. Non li shippo nemmeno, ma mentre morivo di ansia in aereo ho buttato giù qualche riga ed idea base per questa fanfiction e mi sono venuti in mente loro due. Forse perché mi sarebbe piaciuto avere loro due accanto per farmi coccolare. XD


Vineta è una città leggendaria ipoteticamente sulle coste tra Germania e Polonia ed ipoteticamente anche popolata/fondata da vichinghi. Sempre la leggenda narra che sia stata fatta sprofondare da Dio perché solita città di peccato come tutte le città avanzate.


   
 
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