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Autore: Diamante_rosso_fragola    26/08/2012    0 recensioni
Ridigitò su Google la parola 'gioco di ruolo gratuito', scartò quelli di guerra (lei aveva sempre preferito costruire piuttosto che distruggere, anche se non era digiuna dei giochi di strategia e non era proprio una frana), si imbattè in uno fantasy (che scartò) in uno di fantascienza (che la ispirava molto: aveva l'aria di essere proprio una sfida di scrittura, ma forse proprio la sua complessità la scoraggiò) e infine si imbattè in uno storico. Ambientato nel Medioevo. Lei aveva sempre apprezzato molto la storia, e il periodo medievale la affascinava. Aveva deciso: e fu così che si iscrisse a un gioco di ruolo online.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il Sacro Romano impero Germanico era un organo che sovrintendeva diciotto ducati e repubbliche. Il ducato, o repubblica, aveva dodici consiglieri che amministravano il commercio e l'economia, le miniere e i porti, il tribunale, l'esercito, la sicurezza. I dodici consiglieri venivano eletti dal popolo in base ai seggi conquistati dai vari partiti; i consiglieri eleggevano il duca (o doge nel caso di una repubblica). A capo di questi piccoli stati c'era l'Imperatore, Raboude De Ligne. 
 
Nonostante questa apparente unione, tra i vari stati c'erano giochi di potere, azioni di guerriglia, spionaggio e attacchi più o meno velati nelle piazze e nei forum. Ogni stato aveva una propria ambasciata per perorare rapporti più o meno pacifici tra stati dello Stesso Impero o anche di extra-imperiali.  Ora che il potere dell'Imperatore si stava rafforzando, però, le azioni di guerra dovevano rendersi più subdule e studiate, per scongiurare l'intervento dell'esercito imperiale negli affari interni. Per esempio, tra Milano e Genova c'erano state diverse guerre in passato, tra le quali le guerre padane, la cui vincitrice si rivelò Milano. Milano fu sul punto di annettere Genova tra i suoi confini, ma al momento di farlo Mariajolanda, la zia di fernando, che all'epoca era duchessa di Milano, bloccò le azioni militari e stipulò un trattato di pace tra i due stati. Poco dopo divenne lei stessa genovese e si mise assieme al generale delle armate nemiche. Per questo da allora si guadagnò il nome di “duchessa traditrice”, il casato a cui apparteneva venne degradato da nobile a borghese, e Milano e Genova dovevano fare i conti con un trattato di pace che evidentemente stava stretto a molti, dal momento che si cercavano spesso i pretesti per far sciogliere il trattato all'altro Stato in modo da avere la scusa per attaccarlo. 
 
Nella primavera del 1459 in particolare, la scena politica milanese era tutta in subbuglio. Ancora bruciava il tradimento della Duchessa Ippolita, la massima carica del Ducato: era fuggita con cinquantamila ducati, frutto del lavoro di tutti i cittadini nel corso degli anni, e per sfuggire alla giustizia si era aggiunta alle file dei One-Amesha, il più terribile esercito mercenario allora conosciuto.
 
Gli One-Amesha ora occupavano Modena, ancora intenzionati a muovere verso Milano.
 
Per questo l'esercito imperiale del Sacro Romano Impero Germanico, le Aquilae Imperatoris, a cui apparteneva Paz, erano accorse proprio a Modena, intente a scalzare quel nugolo di farabutti, e per consegnare la Duchessa traditrice alla giustizia. Anche l'esercito ducale, la Compagnia Militare Milanese (abbreviata in  CMM), era accorsa, pur lasciando un esercito a difesa del confine ad Alessandria.
 
In realtà gli One-Amesha furono assoldati dalla repubblica di Genova per creare scompiglio nel Ducato di Milano, e ora il capo dell'esercito mercenario cercava di corrompere i regnanti milanesi per barattare una rivalsa sulla Repubblica infrangendo quindi il trattato di pace in vigore tra i due stati. Solo l'intervento Imperiale riportò un po' di calma: gli Amesha furono messi in fuga verso la Croazia, Ippolita (l'ex duchessa) fu processata a Modena grazie al trattato di cooperazione giudiziaria stipulato precedentemente tra il ducato di Modena e il ducato di Milano; l'Imperatore indagò per verificare la veridicità del coinvolgimento genovese nella questione Amesha, cosa che fu dimostrata largamente durante il processo; trattandosi quindi di una palese violazione del trattato di pace alla Repubblica fu imposta una multa piuttosto ingente da versare al Ducato di Milano. 
 
E ora torniamo ad Alessandria.
 
Ad alessandria era rimasto di guarda un esercito delle CMM, il cui capo era Umberto, uno zio alla lontana di Diamante. Ogni giorno faceva festa insieme alla nipote nella taverna municipale, dove Diamante era stata promossa a taverniera dalla sorella, nel frattempo divenuta sindaco. Le ubriacature erano all'ordine del giorno e si rideva parecchio! 
 
Diamante, essendo che era sempre presente e molto attiva, fu subito investita di molti impegni: la difesa cittadina volontaria, il progetto tutor, dove un Tribuno femmina, tale Mentaselvaggia, le diceva quale nuovo nato accogliere per fornire le eventuali informazioni di cui avesse bisogno; inoltre Pikkiatella, sempre molto attenta agli affari cittadini, stava sempre sul chi va là nel tenere d'occhio chi entrava e chi usciva dalla città: la possibilità di un attacco al municipio era sempre aperta e quindi Diamante la aiutava come poteva vagliando le intenzioni di chi entrava in taverna. 
 
In quel periodo Diamante conobbe anche Mescalina, un'alessandrina molto impegnata in politica che le diede le prime dritte su come intraprendere quella carriera: “Diventa ambasciatrice. I migliori politici sono stati, prima di diventare uomini di Stato, ambasciatori” 
Fu così che Diama divenne ambasciatrice presso la Croazia. Nello stesso periodo, vedendo che era molto attiva sul forum ed esprimeva pensieri in linea con il suo partito, Umberto le propose di entrare nel Movimento Imperialista, un partito fondato da lui stesso. Diama si sentì molto onorata e accettò senza riserve, dal momento che il suo primo voto andò proprio a quel partito. In quel periodo Diama aveva molto su cui documentarsi, la storia del Ducato, la storia delle relazioni internazionali, e ogni qualvolta in taverna entrava un personaggio ferrato in materia lei lo tempestava di domande. Fu per questo che il capo del'esercito genovese le disse che sarebbe stata perfetta come giornalista, ma sul momento Diama non valutò quella professione più di tanto.
 
 
Una mattina però, un'agghiacciante verità scosse i cittadini milanesi. Il castello di Milano e sette delle nove città del Ducato furono attaccate e prese con la forza durante la notte.
 
Il clima si fece teso e il forum scoppiò di insulti da parte dei nuovi membri del consiglio (presi tra coloro che avevano partecipato al golpe) verso i governanti milanesi destituiti, che risposero ovviamente a tono. La costituita repubblica ambrosiana sosteneva di essere lì per volere dei veri milanesi, cosa puntualmente smentita da personaggi noti nella vita pubblica del ducato. 
Le autorità ducali (quelle destituite) comunque non persero tempo: si mossero per verificare la natura degli aggressori al ducato, e si rivelarono tutti opere della Creatura Senza Nome, ovvero corpi senz'anima sicuramente frutto di qualche stregoneria. Dopo aver ripulito le casse ducali e aver mandato in rovina le miniere, il fuggi fuggi di queste creature fu palese. Erano dirette a Genova, e per arrivare a Genova la tappa obbligatoria era Alessandria.
 
Alessandria fu una delle città risparmiate dall'attacco, ma Pikkiatella temeva  che fosse solo questione di tempo, e l'arrivo in città di tanti stranieri sembrò confermare i suoi timori. Entrò a perdifiato in taverna e chiese chi poteva quel giorno difendere la città: lo sgomento fu generale quando si accorse che tutti erano già impegnati in altri lavori e non potevano rendersi utili.... “è una tragedia annunciata”, disse sconsolata.
 
Il gelo cadde in taverna. 
 
Fern diede un pugno nel muro da tanto si sentiva impotente, e Diamante andò a rifugiarsi tra le sue braccia, un po' per alleviare la tensione del suo ragazzo e un po' per cercarne protezione. I presenti non riuscirono a trattenere un “oh che carini” nel vedere una scena così tenera, ma la distrazione durò solo un attimo. Pikkiatella aveva già in mente cosa fare: non potendo garantire il rinforzo dei difensori, mise tutti i soldi del municipio in diversi mandati, che affidò alle persone più fidate della città. Non lasciò nemmeno una briciola nelle casse della città, nemmeno un boccone di pane, nulla.
 
Anche se carichi di adrenalina, i presenti andarono infine nelle loro proprie case a cercare di prendere sonno.
 
Il mattino seguente, Pikkiatella si svegliò alle cinque del mattino per verificare se ci fossero stati attacchi notturni: nulla. 
 
La città era salva. 
 
Le Creature senz'anima furono prese in blocco per tutto il ducato e gettate nei roghi, come si deve fare alle opere frutto di stregoneria. Alcuni che erano riusciti a raggiungere i conventi però sfuggirono alla giustizia divina, diversi dei quali trovarono rifugio nei conventi alessandrini.
 
Pikkiatella li avrebbe controllati per mesi, verificando se osavano mettere il naso fuori del convento per creare ulteriori danni. 
 
I milanesi, constatata l'entità del danno (una cifra a sei lettere di ducati venne razziata) non ebbero altro da fare che rimboccarsi le maniche e ricostruire ciò che avevano perduto. 
 
Nelle settimane successive giunse finalmente il messo di Genova per pagare la multa dovuta al ducato di Milano. Tutti ormai erano convinti che gli stregoni erano mandati da Genova. Forse fu per questo che Mattwhite, vedendo Diamante in taverna così disposta al dialogo, le fece diverse importanti rivelazioni: 
 
“A Genova c'è qualcuno che sta cercando di provocare una rivolta con Milano”
 
Diama, attenta come sempre, iniziò a prendere appunti senza farsi vedere; intanto serviva al messo genovese da bere e continuava a fare domande.
 
“In che senso?”
 
“Già l'ha fatto una volta in passato”
“Ma chi?”
“Dovete sapere madama, che Genova è divisa in due gruppi. Uno che non si risparmia nei colpi bassi, e un altro che invece è deciso a sostenere la legalità dell'Impero. Ora al governo c'è il secondo gruppo, ma il primo cerca ancora di far scoppiare la guerra tra Genova e Milano... ci hanno provato con gli Amesha...”. 
Diamante Impallidì.
“Ma scusate, voi stesso avete detto che ci sono genovesi che vogliono la guerra con Milano... cosa mi dice che non siano tutti d'accordo?”
“Attenzione madama... non vogliono che Genova dichiari guerra a Milano... ma il contrario”
“E.... e perché?”
“Così che il gruppo che non è al potere possa dichiarare guerra all'altro”
“Scusatemi, ma perché dei genovesi vorrebbero dichiarare guerra a voi?”
“Dovete sapere che ci sono persone che da anni cercano di avere il potere e non ci riescono, e allora cosa fanno: ci fanno attaccare dando la colpa a noi che siamo al governo, così sono legittimati nel destituirci”
La perplessità sul volto di diamante invitò il genovese a proseguire:
“Prendiamo quelli che hanno attaccato il castello di Milano”
“Si sono proclamati repubblica Ambrosiana”, osservò Diamante
“da noi nessuno ne sa nulla; pensavamo fossero Amesha, sia per un discorso fatto da una che si chiamava Vitellina e che usava lo stile di Caleblost, il comandante degli Amesha... che è stato assoldato da questi genovesi per attaccarvi. So addirittura che questi genovesi sarebbero disposti a darvi una città con il porto, tipo Spezia, che a voi farebbe comodo perché un porto sul mare non lo avete, tanto a Spezia nessuno li vota... ma i vostri governanti sono degli allocchi...” 
“E perché sarebbero degli allocchi?” Chiese Diamante, concentrandosi per non far trapelare la sua indignazione ma sembrando ingenua come una bimba.
Ma il genovese, ormai ebbro per il troppo vino, crollò in un sonno profondo. 
 
Diamante non esitò a girare tutte le informazioni che aveva recuperato a Mescalina, che faceva parte del Consiglio Ducale. Le dissero che quelle informazioni non facevano che confermare quello che già sapevano, e si complimentarono con lei per il servizio reso. 
 
La sua attività come spia ducale era appena iniziata.
  
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