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Autore: Elos    26/08/2012    4 recensioni
Nella primavera del 1997 Severus Piton non è riuscito ad impedire che si commettesse un terribile errore. Quattro anni più tardi, è giunto il momento di rimediare.
In un Mondo Magico dove Lord Voldemort è stato sconfitto, Harry Potter è il Ministro della Magia più giovane e potente che sia mai esistito e il Ministero festeggia l'epocale abolizione dello Statuto di Segretezza Internazionale, tutte le cose che sembrano non essere andate poi così bene sono sul punto di venire a galla.
C'è ancora una Profezia da compiere.
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Severus Piton, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Da VI libro alternativo
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- 9 - Testamenti



“Professor Piton,” esalò Hermione. “E' lei.”
Piton inarcò un sopracciglio in un'espressione che, qualche anno prima, sarebbe stata più che sufficiente a spingerla a rannicchiarsi in un angolo: era il genere di espressione nella quale l'uomo si era esibito generalmente davanti al secondo calderone esploso di Neville o alla terza risposta sbagliata di Harry, un'espressione che esprimeva chiaramente che la considerazione che aveva delle capacità intellettuali dell'interlocutore era, al momento, quantomeno scarsa.
“Dato che la sua lettera era stata specificatamente indirizzata a me, signorina Granger, non mi sarei aspettato che ne fosse sorpresa.”
“Non ero certa che non si trattasse di una trappola.” ammise Hermione. Il Veritaserum ancora in circolo nel suo sangue rendeva la sua voce sognante, i suoi pensieri molto confusi.
“Ed è venuta lo stesso?” L'espressione di Piton si fece impressionata. “Estremamente idiota da parte sua.”
La ragazza con la pistola si era rialzata, nel frattempo, e aveva provveduto a rimettere la sicura all'arma prima di cacciarla in una fondina che portava alla cintura: la maneggiava con entrambe le mani, e i suoi gesti sembravano quelli di qualcuno che non fosse troppo sicuro di quel che stava facendo. Era alta e ossuta, con arti lunghi e lineamenti spigolosi, e nella mente confusa di Hermione si formò, al principio, l'immagine di un grosso ragno nero.
Piton si spostò, indicando una porta in fondo alla stanza:
“Da questa parte, signorina Granger.”
Hermione fece per muoversi: ma poi qualcosa nel fondo della sua testa fece clic e un po' dello stordimento parve dissolversi.
“L'antidoto,” disse, “senza di quello non vengo da nessuna parte.”
Piton si girò e la guardò fissamente. Per un lungo istante rimase in silenzio, ma poi si fece scivolare una mano in tasca e ne trasse una sottile fiala di vetro verde che lanciò ad Hermione. Lei la prese al volo e la stappò: l'odore era quello giusto, vagamente dolciastro e con un sentore lontano di verbena. Tuttavia, lei esitò lo stesso. L'odore non aveva veramente importanza, no? Piton aveva insegnato Pozioni per anni, e quel che c'era nella fiala avrebbe potuto essere qualunque cosa, davvero. Hermione alzò gli occhi verso Piton, e il professore ricambiò il suo sguardo ed inarcò un sopracciglio: sembrava sfidarla, e lei serrò i denti, si schiacciò la fiala contro le labbra e ne trangugiò il contenuto.
Dovette ricacciare indietro un conato di nausea, poi, perché l'antidoto aveva un sapore acido e stomachevole di vomito, nauseante malgrado l'odore non del tutto sgradevole: ma la sua testa si schiarì come per incanto.
Severus Piton la stava ancora guardando. Aprì la porta che aveva alle spalle, lentamente, e la indicò ad Hermione con un breve, ampio gesto; le sue labbra, sottili e tese, avevano la piega amara del sarcasmo.
“Da questa parte, signorina Granger,” ripeté.
Questa volta, lei lo seguì.

“Sembra avere trovato una buona sistemazione, professore,” ebbe modo di osservare Hermione qualche minuto più tardi. Dalla stanza tramite la quale lei e la sconosciuta erano arrivate erano passati in un lungo corridoio grigio e asettico e, da lì, in un largo laboratorio sorprendentemente fornito. C'erano barattoli di vetro schierati in lunghe file sugli scaffali inchiodati alle pareti, paioli di ogni forma e dimensione e un grosso guscio di Fiammagranchio appeso ad un treppiede in un angolo: ed ecco svelato il mistero, pensò Hermione, di come il professor Severus Piton, sospetto Mangiamorte e spia, riuscisse a procurarsi il Veritaserum. Certo, questo non spiegava come facesse ad ottenere i costosi, rari ingredienti necessari, che potevano essere trovati solo nel Mondo Magico, ma...
Seguendo il filo dei suoi pensieri, gli occhi di Hermione guizzarono improvvisamente verso la ragazza sconosciuta: questa ricambiò il suo sguardo per un istante, facendo sfoggio di un'ammirevole espressione neutra che rendeva probabilmente orgoglioso il professor Piton, prima di girarsi verso l'uomo.
“Posso andare, professore?”
Il professor Piton spostò una sedia di legno, appoggiandosi all'alto schienale di questa: era una bella sedia di pesante legno scuro intagliato e, come tutte le cose nel laboratorio, parlava anch'essa di una ricchezza vecchia e fuori posto, qui, come rubata.
“Preferirei che tu ascoltassi quel che abbiamo da dire, Gordon.”
La sconosciuta si mordicchiò un labbro.
“Vado solo a fare il tè, professore,” affermò dopo un attimo di disagevole silenzio. “Torno subito, dopo.”
Piton parve esitare per un attimo, prima di annuire brevemente. La porta si chiuse alle spalle della ragazza con un suono sordo.
“E' una Babbana,” iniziò Hermione. Pensò a come sarebbe potuta suonare quell'osservazione alle orecchie della ragazza – se questa fosse rimasta dall'altra parte del battente ad ascoltare, certo – e resistette all'impulso di agitare la bacchetta verso la soglia per lanciare un Muffliato solo perché quella non era casa sua, era terreno del professore, e sarebbe sembrato sgarbato e impudente.
“Ammirevole deduzione, signorina Granger. Si sieda, prego.”
Hermione scansò una sedia e si sedette. Si guardò intorno, come sperasse di poter ottenere qualche risposta dagli scaffali e dai tavoli ingombri, ma non c'era niente di personale, sulle pareti, non c'erano giornali in giro né fogli o libri sui piani di legno. Hermione trovò strana l'assenza di libri, per un attimo – ma poi si ricordò che le cose di Piton erano rimaste ad Hogwarts. La McGranitt doveva averne... disposto. In qualche modo.
Per un attimo il sentimento di tristezza che le avvolse il cuore fu tanto forte da levarle il fiato, e tutto quel che riuscì a provare per l'uomo che aveva di fronte fu pietà.
Piton aspettò che lei si fosse seduta prima di accomodarsi a sua volta, la schiena diritta e le mani intrecciate in grembo.
“E' una Babbana,” ripeté Hermione, più piano. L'acredine di pochi istanti prima sembrava essersi volatilizzata dalla sua voce. “Ha mandato a incontrarmi una Babbana. Avrebbero potuto esserci degli Auror, lì.”
“E le possibilità che riconoscessero me piuttosto che Gordon, signorina Granger, erano straordinariamente alte. Suppongo che lei sappia che esistono barriere che annullano anche gli effetti della Polisucco.”
Hermione ricordò una camera blindata alla Gringott, la fuga pazza nei suoi cunicoli, il drago e la coppa e le ustioni e l'orrore di dover indossare il corpo di Bellatrix La Strana. La colata d'acqua che gliel'aveva levato di dosso.
“Ma lei avrebbe potuto difendersi, professore. Un Babbano non avrebbe...”
“Signorina Granger,” la interruppe Piton, spazientito. “Se è venuta qui con il solo scopo di irritarmi, la informo che sta magnificamente riuscendo nel suo intento e che tra cinque minuti si ritroverà Obliviata e sulla via di casa. Se invece aveva qualcosa di cui parlarmi, sarò lieto di ascoltarla.”
Tutta la simpatia che Hermione potesse aver provato verso l'uomo sembrò dissolversi in uno sbuffo di fumo.
“L'ho cercata per parlarle di Harry.” disse lei, pianamente.
Il professor Piton corrugò la fronte:
“Il signor Potter non è mai rientrato tra gli argomenti di conversazione che prediligessi...”
“Ho trovato le ultime volontà del professor Silente.”
La voce sarcastica di Piton sfumò nel nulla. Ad un osservatore distratto la sua faccia impassibile sarebbe apparsa il ritratto dell'assenza di emozioni, ma Hermione vide qualcosa di liquido e scuro muoversi nel fondo dei suoi occhi.
“E in che modo ciò dovrebbe riguardarmi, signorina Granger? Voglio sperare che lei non sia venuta qui per unirsi al coro delle voci di quelli che mi hanno accusato di averlo avvelenato lentamente nel corso del suo ultimo anno di vita in vista dell'attacco dei Mangiamorte: la teoria suonava francamente ridicola la prima volta che l'ho ascoltata, e non è migliorata con il passare dei mesi.”
“Non mi chiede dove le ho trovate?”
Piton la guardò e non disse niente.
“Erano nel suo studio,” proseguì Hermione. “In un cassetto nascosto della sua scrivania al quale neanche la Preside ha mai avuto accesso.”
“Ma lei sì,” disse Piton lentamente, dopo un attimo di silenzio.
Hermione annuì:
“Il ritratto del professor Silente me l'ha indicato. Ero andata... ero entrata nel suo studio per parlargli di Harry e lui mi ha detto di cercare lei, se volevo delle risposte,” spiegò lei a disagio. Si rese conto di starsi torcendo le dita per l'agitazione e il nervosismo e si lisciò il dorso delle mani, lentamente, per cercare di placarsi.
“Sembra che lei abbia una gran voglia di parlare del signor Potter con chiunque,” commentò Piton, beffardo.
Hermione posò sull'uomo uno sguardo tagliente:
“La smetta.”
“Di fare cosa?”
“La smetta di... la smetta di fare così. Il sarcasmo non l'aiuterà.”
Le dita intrecciate di Piton si serrarono, la sua bocca contratta in una linea dura: sembrò sul punto di dire qualcosa di estremamente sarcastico o estremamente insultante – o entrambi. Ma poi le sue spalle si abbassarono impercettibilmente.
“Sembra che non sia rimasto molto altro ad aiutarmi, signorina Granger.”
Da una stanza vicina giunse un frastuono di qualcosa di metallico e pesante – come pentolame, ad esempio – crollato al suolo. Piton si portò una mano alla fronte, stringendosi la radice del naso tra indice e pollice con un atteggiamento di profonda esasperazione, ed Hermione serrò le labbra.
Piton dovette cogliere la sua occhiataccia, perché socchiuse le palpebre e si informò:
“Quale dei miei atteggiamenti non ha incontrato la sua approvazione, adesso?”
“Faceva così anche con noi,” replicò lei dopo un attimo di silenzio, una punta d'amarezza nella voce cupa. “Come se non facessimo altro che sbagliare. Aveva sempre quell'espressione in faccia.”
Piton le rivolse un'occhiata neutra, ma non disse niente. Hermione strinse i pugni, sentendo una vampata di irritazione invaderla, mescolandosi con la stanchezza e la depressione e la tensione degli ultimi anni.
“Se non avesse trattato Harry come fosse...” Hermione inghiottì a vuoto, “... se non avesse trattato Harry come fosse suo padre, forse non saremmo qui, oggi. Se Harry si fosse... se lei e il professor Silente vi foste fidati di Harry, se gli aveste spiegato...”
Piton puntò un dito contro di lei, ed aveva tanta furia negli occhi, tanta ira, che Hermione dovette fare uno sforzo su sé stessa per non ritrarsi come se, invece che un dito, fosse stata una bacchetta:
“Non osi accusarmi...” ringhiò lui, “... delle scelte di Silente. Fosse stato per me, Potter sarebbe stato informato di quel che ci si aspettava da lui il suo primo giorno di scuola. E' stato Silente a non volerlo. Silente che non pensava fosse necessario addestrarlo. Silente che ha preferito tenerlo per sedici anni nell'ovatta e sbatterlo il diciassettesimo nel mezzo di una guerra che non era preparato ad affrontare. Non osi accusare me di questo.”
Una parte di Hermione si ritrasse a riflettere su quel che l'uomo le stava dicendo – ma un'altra parte, rancorosa e arrabbiata e spaventata, la spinse a replicare irata:
“Ha tenuto Harry lontano da sé. Se anche il professor Silente non voleva addestrarlo, lei avrebbe potuto. Avrebbe potuto evitare quello che è accaduto a Draco Malfoy.”
Piton si alzò in piedi, i suoi movimenti rapidi e come a scatti, agitando una mano verso di lei e replicando con pesante sarcasmo:
“Chi avrebbe potuto immaginare che l'eroico signor Potter avrebbe sventrato un compagno di classe con una Maledizione Oscura?”
“Con la sua Maledizione Oscura.”
Piton, che aveva cominciato a passeggiare di fronte alla sua seggiola, si voltò di colpo e si girò a guardarla. Gli occhi dell'uomo parevano neri come l'onice, neri come pozzi dei quali non si vedeva il fondo.
“Con la mia Maledizione Oscura,” le fece eco lui dopo un lunghissimo istante di silenzio. “Come l'ha scoperto?”
“Eileen Prince,” replicò Hermione debolmente. “Sua madre. Il suo libro di Pozioni. Il Principe Mezzosangue.”
Rimasero a guardarsi senza dire niente per oltre un minuto, prima che Hermione riaprisse bocca; ma stavolta, quando parlò, lo fece con voce stanca e rauca, e più desolata che furiosa:
“Avrebbe potuto insegnare Occlumanzia ad Harry. Insegnare davvero. Avrebbe potuto... avrebbe potuto aiutarlo.”
Piton non disse niente, ed Hermione serrò le mani e si torse le dita, distogliendo lo sguardo dall'uomo.
“Durante l'anno della guerra...” mormorò, “... mentre cercavamo gli Horcrux, Harry stava diventando... strano. Era nella testa di Voldemort, continuamente. Ci ha guidati ad Hogwarts. Ci ha permesso di vedere cosa stava accadendo a... alla tomba di Silente. Ma sembrava sempre più lontano, sempre più stanco, e quando è finita... quando è finito tutto, la battaglia, Voldemort, tutto, Harry non sembrava più... sé stesso.”
“No”, replicò Piton, molto piano, dopo un'infinita pausa di silenzio. “Immagino di no.”
Hermione alzò la testa e lo guardò: ma qualunque cosa avesse avuto intenzione di chiedere a Piton dovette essere rimandata, perché in quel preciso momento la porta della stanza si aprì e la ragazza Babbana rientrò nel laboratorio. Reggeva tra le mani un vassoio con tre tazze e una teiera che pareva cercare cautamente di tenere in equilibrio; mentre avanzava verso di loro, Hermione si rese conto per la prima volta che zoppicava un poco.
Piton le andò incontro, togliendole il vassoio dalle mani e posandolo sul tavolo.
“Prenditi una sedia, Gordon.”
La ragazza esitò. Aprì bocca, la richiuse, guardò Hermione. Quando parlò, lo fece a voce bassa:
“Devo proprio restare, professore?”
Piton alzò gli occhi verso di lei.
“Sì,” replicò dopo un istante di silenzio. “Sì, devi.”
Non c'erano altre sedie in giro: perciò, la ragazza agganciò uno sgabello con un piede e lo trascinò verso il tavolo. Si sedette in maniera tale da poter appoggiare la schiena al bordo del piano di legno e da poter guardare sia Piton che Hermione, le mani in grembo ed un'espressione vagamente tetra. Non sembrava molto felice di trovarsi lì con loro due. Aveva un accento marcato da londinese, rilevò Hermione. Il dorso delle sue mani era orribilmente rovinato, la pelle pallida e tesa come per un'ustione, la carne troppo sottile sulle nocche – che così sbucavano fuori come noduli.
La ragazza dovette accorgersi dello sguardo di Hermione, perché cominciò a tirarsi il bordo delle maniche per coprire le cicatrici.
Hermione arrossì, vergognandosi, e fu salvata dall'imbarazzo dal professor Piton: che passò la prima tazza a lei, la seconda alla ragazza Babbana, prima di servirsene una lui stesso e di tornare a sedersi sulla seggiola dall'alto schienale.
“Non abbiamo avuto modo...” disse, la voce lenta e vagamente trascinata, “... di fare le dovute presentazioni. Signorina Granger, lei è Gabrielle Gordon. Signorina Gordon, Hermione Granger.”
Gabrielle Gordon, dopo un brevissimo istante di esitazione, tese una mano verso Hermione. Lei la strinse cercando con tutte le sue forze di non guardarla, malgrado le sue dita sentissero la pelle troppo sottile e troppo liscia e malgrado qualcosa in lei le strillasse nella testa che quelle cicatrici erano fresche, ancora rosate, e come diavolo se le era procurate...? Gli occhi di Hermione guizzarono automaticamente verso Piton.
“La signorina Granger ed io stavamo parlando del signor Potter, Gordon.”
Gabrielle si posò nuovamente le mani in grembo, l'espressione attentamente neutra, e non disse niente.
“La signorina Granger è convinta che il signor Potter sia cambiato dopo la fine della guerra. Tuttavia, non mi ha ancora spiegato per quale ragione ritiene che la cosa debba interessarmi.”
Lo sguardo di Hermione tornò a farsi irritato:
“Le ho detto che ho trovato le ultime volontà del professor Silente, professore. Le ho lette. Il professor Silente ha lasciato scritto il fatto che era... che era stato una spia. Per lui. Per noi. Per tutto questo tempo.”
“Questo non ha niente a che vedere con...”
“C'era scritto del suo voto,” proseguì Hermione, implacabile. Piton si ammutolì; Hermione rabbrividì sotto all'intensità quasi feroce del suo sguardo, ma non gli permise di chiuderle la bocca così: “Del suo voto di proteggere Harry.”
“Il signor Potter sembrerebbe perfettamente in grado di proteggere sé stesso, adesso. Pare invece che siano gli altri ad aver bisogno di essere protetti da lui.”
Sia Hermione che la ragazza Babbana si irrigidirono sulle loro sedie a quelle parole; ma, mentre quest'ultima non fece altro se non prendere un piccolo sorso dalla sua tazza, Hermione serrò i pugni e bisbigliò, furiosa:
“Non è così.”
Piton sembrava vagamente soddisfatto della reazione ottenuta. Guardò Hermione al di sopra della propria tazza, gli occhi carichi di una specie di placida perfidia:
“Se davvero pensa che non sia così, signorina Granger, allora non si spiega perché lei sia venuta qui.”
Era tutto lì, pensò Hermione. Tutto sul piatto. Tutto quello che doveva dire, tutto quello che aveva avuto modo di pensare in quegli anni, tutto quello che la separava... che li separava... da quello che era stato, prima. Quello che aveva cambiato le cose. La tazza le tremò tra le mani e dovette posarla sul tavolo, serrando le mani l'una contro l'altra.
Le erano occorsi due anni per capire. Due anni trascorsi a ripensare ai sogni di Harry, al Serpentese di Harry, alle visioni di Harry. Due anni trascorsi a ripensare a quanto le fossero sembrati vicini, lì in riva al lago con l'ombra di un grosso drago cieco che si stagliava ancora sopra di loro, Harry e Voldemort. Così simili. Così capaci di capirsi.
La cicatrice di Harry. Tutto quel che Harry aveva fatto, dopo. Dopo la guerra. Dopo la scomparsa di Voldemort.
Hermione inspirò ed ebbe l'impressione che quella fosse la sua ultima boccata d'aria prima di un lungo, lungo tuffo in acque buie e fredde che aveva paura di esplorare.
“Harry è un Horcrux,” bisbigliò. E poi lo ripeté, perché la prima volta le era uscito fuori con la voce sbagliata, tutta rotta e crepata: “Anche Harry è un Horcrux.”
Incrociando lo sguardo di Piton, vide che gli occhi dell'uomo avevano perso ogni traccia di malignità e di sarcasmo, ora, ma non parevano sorpresi.
In quella mancanza di sorpresa Hermione trovò il coraggio di andare avanti:
“Dopo che il suo corpo fisico è stato distrutto dall'Avada Kedavra, quel che restava dell'anima di Voldemort si è aggrappata al suo Horcrux più vicino – l'ultimo che gli era rimasto: Harry. E ora sta prendendo il sopravvento,” bisbigliò. “Lentamente, ma lo sta facendo. E nessuno se n'è accorto.”
Di nuovo, Piton non mostrò alcuna reazione. Hermione serrò i pugni.
“Lei lo sapeva?”
Questa volta Piton annuì, dopo una brevissima esitazione.
Hermione sentiva di avere lo stomaco in rivolta e di essere prossima a vomitare – ma non poteva vomitare lì, nel bel mezzo di un laboratorio. Tra le altre cose, probabilmente c'erano ingredienti delicati in giro, pozioni incomplete, tutte cose pronte ad esplodere in presenza del reagente sbagliato.
“Lei lo sapeva,” ripeté Hermione. “Ma non gliel'ha detto.”
“Non potevo,” replicò Piton, pianamente. “Era il segreto di Albus, e io avrei dovuto mantenerlo fino a quando non fosse stato il momento giusto.”
“Il momento giusto per cosa?”
Nella voce di Piton l'amarezza si fece tanto densa e palpabile che anche il sarcasmo parve impallidire di fronte ad essa:
“Per informare il signor Potter che cosa ci si aspettava che lui facesse: che marciasse incontro a Voldemort e che da Voldemort si lasciasse uccidere, perché nessuno dei due poteva vivere, se l'altro sopravviveva. Erano destinati a morire l'uno per mano dell'altro: Voldemort privato dei suoi Horcrux e della sua immortalità, pronto ad essere ucciso, questa volta per sempre, e Potter come un agnello al macello.”
Hermione inghiottì a vuoto:
“E il professor Silente era d'accordo...?”
Piton scrollò le spalle:
“Non c'era molto altro che si potesse fare, signorina Granger... a meno che, certo, lei non conosca un modo per infrangere l'ospite vivente di un Horcrux senza distruggerlo. Se ce l'ha, sarei curioso di...”
“La spada di Grifondoro.”
Piton inarcò un sopracciglio.
“Come ha detto?”
“La spada di Grifondoro,” ripeté Hermione, la sua voce che si faceva via via più sicura. “La spada di Grifondoro taglia attraverso gli Horcrux e li distrugge, ma potrebbe lasciare intero... l'ospite. Neville ha decapitato Nagini, e... ed era un danno troppo grande per poter guarire, certo, ma il lucchetto di Serpeverde è rimasto intatto, a parte il taglio e qualche bruciacchiatura. Usare il veleno di Basilisco ucciderebbe l... l'ospite. L'Ardemonio lo distruggerebbe. La spada di Grifondoro potrebbe essere la soluzione.”
Piton rimase in silenzio per un lungo istante, gli occhi fissi su di lei. La ragazza Babbana non si era mossa dalla sua posizione: si era limitata, finora, a prendere piccoli sorsi di tè e ad apparire grandemente a disagio, ed Hermione non era in grado di valutare quanta parte della loro conversazione fosse stata in grado di seguire e comprendere.
Alla fine, il professor Piton affermò lentamente:
“Se anche quel che dice fosse vero, signorina Granger, la spada di Grifondoro dev'essere rimasta ad Hogwarts. Il signor Potter si sarà occupato di farla sparire, e non ci sarà modo, adesso, per...”
Ma Hermione stava scuotendo la testa, e Piton si interruppe.
“Non è ad Hogwarts?”
Hermione abbassò gli occhi.
“E' ad Hogwarts,” replicò, la voce tesa e stanca e piena di tristezza. “Ma non ce l'ha Harry.”
“Chi, allora?”
Hermione alzò la testa e guardò in viso l'uomo. Si morse il labbro – l'aveva tormentato tanto, oggi, che adesso lo sentiva gonfio e dolorante – e rispose:
“L'ha presa Luna Lovegood dopo i Sette Giorni di Londra.”
La Babbana parve agitarsi per un brevissimo attimo sulla sua sedia, ma, quando Hermione si girò a guardarla, era già tornata ferma e quieta, gli occhi tanto fissi sul suo tè che pareva intenta a sezionarlo con lo sguardo.
“Quando sono finiti i processi...” proseguì Hermione, “... e dopo che io avevo lasciato il mio lavoro al Ministero. Ha preso la spada di Grifondoro dall'ufficio della Preside e senza dir niente a nessuno ha cercato di lasciare Hogwarts con essa: Harry l'ha raggiunta prima che riuscisse a superare i confini delle barriere anti-Smaterializzazione, ma lei doveva averlo previsto. Si è sigillata in un blocco di ghiaccio insieme alla spada. Siamo riusciti a ritrovare le fonti dell'incantesimo che ha usato in un vecchio tomo della biblioteca di Hogwarts, dopo, e la Dama Grigia ha ammesso di averle spiegato come eseguirlo, ma... ma non siamo riusciti a liberarla. Suo marito ha provato di tutto, ma neanche lui ci è riuscito.”
“Suo marito...?” domandò Piton, distrattamente: la sua mente sembrava occupata altrove. Hermione batté le palpebre, perplessa:
“Sì, suo marito. Harry.” E poi, quando il professor Piton alzò la testa, molto, molto lentamente, e la fissò con un'espressione che metteva perfettamente in chiaro la sua convinzione che lei si fosse bevuta il cervello: “Si erano sposati alla fine della guerra. Perché, non lo sapeva?”





Note della storia: Eeeeeeeeee questo sospetto sarà l'ultimo capitolo per un po'. x°D Cioè, fino a settembre, credo, perché il capitolo 10 è ancora tutto un work-in-progress. Tuttavia, appena l'avrò terminato aggiornerò la storia, e continuerò a fare così mano a mano che si andrà avanti: perciò, spero di non dovervi far aspettare troppo per un seguito.

Detto questo, vorrei festeggiare con voi un piccolo traguardo: la mia 50° storia pubblicata su EFP è online, adesso, e si è anche classificata prima al concorso Possa la fortuna essere sempre dalla vostra parte indetto da Ray08 e Feel Good Inc. Ne approfitto anche per ringraziare la centocinquantesima persona - chiunque egli od ella sia x°°°D - che mi ha inserita tra gli autori preferiti.

Sperando che questi capitoli di spiegazione non siano davvero troppo, troppo noiosi e che il seguito possa arrivare presto e non deludere nessuno. Un grazie a tutti quelli che si fermano a lasciarmi qualche parola, come sempre. Grazie.
  
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