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Autore: kejti    27/08/2012    1 recensioni
-Correte sorelle! Correte! Dobbiamo difendere la città!-
Tutto bruciava, ogni centimetro di quella terra stava andando a fuoco. Le persone stavano andando a fuoco. Alcuni correvano per allontanarsi dalle loro case in fiamme, altri cercavano di aiutare i loro cari che stavano bruciando.
Si racconta che tanto tempo fa esistesse una città di nome Seymour protetta dal male da un gruppo di donne coraggiose, le fenici. Le fenici abilisssime in battaglia traevano il loro potere dai quattro elementi: acqua,aria,fuoco e terra. Nulla poteva fermarle, loro erano le più forti.
Ora quattroscento anni dopo, Seymour è un segreto che solo a pochi eletti è permesso conoscere. Ashley Halliwell è tra quei pochi e tra omicidi, amori e giochi di potere avrà il compito di scoprire chi ha fatto soccombere la città delle Fenici.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Correte sorelle! Correte! Dobbiamo difendere la città!-

Tutto bruciava, ogni centimetro di quella terra stava andando a fuoco. Le persone stavano andando a fuoco. Alcuni correvano per allontanarsi dalle loro case in fiamme, altri cercavano di aiutare i loro cari che stavano bruciando.

I vecchi stanchi di correre si sdraiavano per terra, il fumo era entrato nei loro polmoni da troppo tempo e ormai la loro sorte era certa: il fuoco maledetto gli avrebbe portati all'inferno. Ma in quello scenario di morte, la cosa peggiore era il pianto dei bambini. Alcuni di loro piangevano trascinati dai genitori che correvano fuori dalla città, altri vicino al corpo della propria madre o del proprio padre. Erano di quest'ultimi anche le grida: tra un singhiozzo e l'altro invocavano il nome dei loro parenti. Poco dopo anche le loro urla cessavano : erano morti, bruciati vivi.

-Non ce la faremo mai madre! L'incendio è troppo esteso!- gridava una ragazza bionda di circa vent'anni. Vestiva una lunga tunica bianca identica a quella della donna con cui stava parlando, ma diversa da qualsiasi degli abiti delle altre persone.

-Non voglio sentire queste parole! Il nostro compito è proteggere questa città e queste persone e lo faremo a costo stesso della nostra vita! Chiama le tue sorelle e i loro signori, che si mettano intorno al Wuldren... se fermeranno il fuoco lì, anche il resto della città sarà salva...

 

Trenta giorni. Erano trenta giorni che non faceva altro che sognare quella città in fiamme, non ne poteva più. Certo i visi di quelle due signore si erano presentati nella sua mente anche altre volte, ma mai così di frequente. Ashley non riusciva proprio a capire cosa stesse succedendo alla sua testa in quel periodo. Si svegliava in mezzo la notte con l'affanno e aveva sempre in mente quel sogno. Costantemente . Non riusciva a pensare ad altro. Quelle donne erano ormai diventate il suo chiodo fisso, le sembrava addirittura di conoscerle, ma lei quelle due era certa di non averle mai viste.

Si alzò dal letto ancora un po' turbata,si avvicinò alla finestra e la aprì lentamente. Aveva bisogno di aria per riprendersi. Rimase qualche minuto lì e poi sempre più stanca si sdraiò e si addormentò nuovamente.

Ashley Halliwell era una ragazzina di sedici anni, non troppo alta e neanche troppo bella. Era la tipica adolescente che per strada passava inosservata. Aveva lunghi capelli castani che le incorniciavano il viso ovale. La sua pelle bianca metteva in evidenza ancora di più gli occhi azzurri.

Proveniva da una famiglia benestante e aveva trascorso i primi dodici anni della sua vita in una villa con troppe stanze per una famiglia di tre persone. Amava quella casa, lì aveva trascorso tante avventure da piccola, ma poi un giorno era stata costretta ad andarsene: i suoi genitori, Micol e Steven Halliwell, morirono in un terribile incidente d'auto, lasciando Ashley sola. Fu un trauma per lei. Il suo perfetto mondo crollò completamente e non le rimase più niente. Fu costretta a trasferirsi da sua zia Mel, sorella minore della madre, una donna giovane e molto bella, ma inadatta a prendersi cura di una bambina. Qualche anno dopo l'arrivo di Ashley nella sua casa, Mel si sposò con un uomo d'affari sempre in viaggio e la nipote stanca di vedere la zia sempre triste per la lontananza si trasferì dall'altra sorella della madre, Autume.

Autume era divorziata e aveva due figlie: Betsy e Laila. A differenza di Mel, lei riuscì a instaurare subito un ottimo rapporto con Ashley. Riusciva a comprendere la ragazza meglio di qualsiasi altro, era divertente, allegra, amorevole. Aveva ciò che serviva a una persona a cui la vita ha tolto tutto in giovane età. Autume aveva circa trentotto anni, in bellezza non poteva competere con Mel, il suo aspetto era sempre un po' trascurato, ma aveva una grande capacità di piacere alla gente a primo impatto. Era una di quelle persone che a primo impatto piacciono: ironica e intelligente a diciannove anni era riuscito a far perdutamente innamorare di lei il giovane più ricco e affascinante della città, John DuGray. Il matrimonio dei due però non si era rivelato semplice: John, dopo la morte del padre era diventato il presidente della sua azienda, ma ancora troppo giovane e inesperto aveva fatto investimenti sbagliati, portando tutta la sua famiglia sull' astrico. Autume si era fatta coraggio e grazie anche all'aiuto dei suoi genitori era riuscita in qualche maniera a risollevare economicamente la famiglia. Nel periodo in cui la moglie cercava di riparare ai suoi errori, però John aveva conosciuto una giovane ragazza e dopo aver prosciugato nuovamente il conto in banca della famiglia, era scappato con lei. Autume si era ritrovata costretta a risollevare una seconda volta le finanze, ma anche a dover risollevare ciò che rimaneva della sua famiglia: Betsy e Laila, a quei tempi di 13 e 11 anni. Betsy tra le due era quella che aveva sofferto di più la separazione dei suoi genitori. Era molto affezionato al padre e quando lui lasciò le passò un periodo di depressione. Nessuno in sua presenza apriva il discorso “papà”, era tabù. Dopo l'abbandono aveva passato circa un anno a cercare di dimenticare il padre, ma era stato tutto inutile, perchè a lei bastava il suo riflesso allo specchio per ricordarlo. Erano uguali quei due: i capelli, gli occhi, le labbra, il modo in cui metteva il broncio. Tutto di lei gridava “ John DuGray” e non poteva farci nulla. Crescendo però aveva imparato ad accettare la situazione e a cercare di continuare la sua vita nella maniera più normale possibile. A scuola era una delle più popolari, era impossibile per un uomo non notarla : se pur non avesse una bellezza sconvolgente, il suo modo di fare la rendeva estremamente attraente agli occhi dell'altro sesso. Al contrario di lei, Laila, la sorella, era la ribelle della famiglia: non c'era una protesta che non fosse stata organizzata da lei o a cui lei non avesse partecipato. Le sue battaglie le aveva iniziate alle elementari: una settimana rimase a digiuno tre giorni e alla fine pur di farla smettere,il preside fu costretto a stabilire i venerdì senza carne. Non accettava facilmente un no, aveva un carattere deciso ed era terribilmente testarda e questa la portava qualche volta in

Quando Ashley arrivò da loro si accorse che alla sofferenza e alla disperazione in cui era caduta lei, c'era un 'altra scelta. Era così sorpresa dalla forza d'animo di sua zia, che lentamente anche lei cominciò a ricominciare ad avere una vita. Dopo tre anni passati nella più totale solitudine, si ritrovò improvvisamente ad avere voglia di conoscere nuove persone, di fare nuove esperienze e di cercare di realizzare i sogni che aveva fin da quando era bambina. Ricominciò a leggere: tolse dagli scatoloni i vecchi libri di suo padre e li sistemò sugli scaffali della sua piccola biblioteca. Ricominciò ad ascoltare i vecchi dischi della madre e come poté cercò di allargare la collezione. Ritrovò se stessa e anche una nuova famiglia.

Quella mattina, quando suonò la sveglia, Ashley era già in piedi da circa un quarto d'ora, era andata in bagno e si stava vestendo per andare a scuola. Una volta pronta aprì la porta e scese le scale, giù in cucina c'era già Betsy che finiva di ricontrollare lo zaino.

-Buongiorno!Dormito male un'altra volta?- chiese Betsy.

-Già... non ne posso più...-

-perchè non provi a cambiare letto? Magari il tuo è scomodo... possiamo chiedere alla mamma di andare a comprarne uno nuovo questo fine settimana? Che ne dici?-

-Non è il letto... insomma dormo lì da quando mi sono trasferita qui e non ho mai avuto problemi, deve essere qualcos'altro... comunque stanotte prendo un sonnifero, domani ho un compito importante e non posso arrivarci ridotta in questa maniera...-

-'giorno gente!-

il discorso fu interrotto da Autume, che era appena scesa.

-uh Ashley,tesoro, che brutte occhiaie... ancora quei sogni, eh?-

-esatto ... cosa ho fatto di male per meritarmeli? non vedo l'ora che finiscano...-

-oh vedrai cara tra qualche giorno ritornerai a dormire tranquilla, non possono mica durare in eterno,no?-

-Si, ma io non ho qualche giorno... il professor Smith, quello di letteratura hai presente? Mi ha già richiamato quattro volte questa settimana e ha detto che se non mi do una regolata la prossima volta che mi becca disattenta mi esonera dalla sua classe...-

-che idiota questo Smith! Da adolescente ho sempre odiato gli insegnati come lui, infatti non ne sopportavo nemmeno uno del corpo docente della mia scuola... Tremendi! A proposito dov'è Laila?-

-Dovrebbe essere qui a momenti... dai rumori proveniente dalla sua stanza, oggi si è svegliata su di giri... non oso immaginare cosa le sia venuto in mente stavolta- rispose Betsy mentre prendeva il suo cappotto.

-Buongiorno!!- salutò Laila entusiasta. Scese le scale rumorosamente e prese il suo capotto. Era un uragano quella mattina.

-senti senti che allegria! Che succede oggi di bello?-

-Dimentichi che oggi è il mio primo giorno come presidentessa degli studenti, Ashley. Oggi ho la mia prima riunione dopo scuola-

-E' vero!! ora che diventerai importante ti ricorderai di noi nullità?- disse Ashley scherzando

-Cercherò di fare il più possibile per poter dedicare del tempo anche a voi!-

Dopo qualche altro scambio di battute si diressero tutte e quattro ad un ristorantino vicino a casa che faceva delle ottime frittelle. Autume non era mai stata una buona cuoca e così fin da quando si era trasferita in quella piccola cittadina dopo il divorzio si era preoccupata di trovare un buon locale. Ben presto era diventata assieme alle sue figlie una cliente abitudinaria del posto ed aveva anche stretto amicizia col proprietario

 

A scuola, Ashley passò le prime due ore a cercare di rimanere concentrata, ma poi alla fine della terza non ce la fece più e la sua testa incominciò a vagare nel vuoto. La giornata passò velocemente e non ebbe nemmeno grossi problemi con Smith, che quel giorno era troppo occupato a farsi gli affari suoi per preoccuparsi di Ashley. Quando arrivò a casa trovo Autume in cucina esultante.

-ma che succede?- chiese sorpresa.

-leggi tu stessa-

Autume le diede una lettera: veniva dalla Seymour.

La Seymour era un liceo privato tra i più prestigiosi dello stato, se volevi frequentare un college importante la Seymour era una tappa indispensabile. Ashley aveva fatto domanda qualche mese prima per poter entrare, ma poi non ricevendo una risposta aveva perso le speranze di poter entrare in quella scuola.

-Sei stata ammessa! Da lunedì prossimo inizierai a frequentare e guarda! Sono così fiera di te! -Cavoli! Non pensavo di riuscirci... insomma loro non avevano risposto...- l'entusiasmo iniziale si spense subito, quando pensò subito al periodo dell'anno in cui avrebbe iniziato a frequentare il nuovo liceo. Entrare al''incirca a metà anno significa doversi impegnare il triplo degli altri.

-Che c'è non sei felice? Desideravi così tanto entrare alla Seymour... non capisco questa faccia...-

-No niente... E' solo un po' di sorpresa...-

-Sembra che ti abbiano appena rifiutato... sicura che vada tutto bene?-

-E' solo un po' di paura, ma vedrai che ora passa... oggi è venerdì dobbiamo andare a comprare la divisa!-

-Tua zia, nonché la donna migliore di questo mondo, ha già provvisto a questo... Tadà- disse facendo uscire da una grossa busta grigia una gonnella modello scozzese a quadrati blu e grigi e un giacchetto blu scuro.

-E' la mia divisa?! Wow, non ho mai avuto una divisa!-

-Fidati allora, in questi ultimi anni non ti è andata male, nelle scuole in cui mi mandava tua nonna dovevamo sempre portarne una. Mi ricordo che alle medie, la mia era orrenda, rossa e verde... sembravamo tutti dei piccoli mostri... ma tu hai avuto fortuna! Si intona anche ai tuoi occhi! Certo dobbiamo accorciare un po' la gonna, perchè secondo me è troppo lunga, ma ti starà benissimo-

Per festeggiare la notizia quella sera, ritornate a casa anche Betsy e Laila, andarono a cenare in un ristorantino fuori città di cui Ashley si era innamorata.

Ashley non aveva mai avuto particolari talenti,ma si era sempre applicata molto negli studi ed aveva raggiunto sempre degli ottimi risultati. Un giorno all'età di circa otto anni, aveva letto degli opuscoli su dei college prestigiosi e aveva finito per innamorarsi di Yale. Quel giorno aveva deciso che quando sarebbe diventata grande avrebbe sicuramente frequentato quel college e così con un visino tutta serie e con un tono di voce da adulto aveva informato i suoi genitori che aveva scelto la sua università, dopo degli attenti studi. Micol e Steven vedendo la loro figlia così seria e presa avevano a stento trattenuto la risata, ma alla fine l'avevano incoraggiata a realizzare il suo sogno.

Essere stata accettata alla Seymour significava aver fatto già metà della strada

 

Il lunedì successivo Ashley si svegliò una mezz'ora prima del solito dall'agitazione. Lentamente andò in bagno, si vestì, facendo attenzione affinché la divisa non avesse nemmeno una piccola ruga e poi sempre con quella calma ricca di tensione andò fuori, in giardino. Rimase lì un quarto d'ora ad osservare il nulla. Quella sera fortunatamente non aveva fatto strani sogni, era stata una notte tranquilla e per questo era molto grata alla sua testa. Dopo un po' sentì la porta d'ingresso aprirsi, era Autume.

-Ehi Agitazione, vuoi che ti accompagni io con la macchina o vai da sola con la tua?-

-Mi piacerebbe andarci da sola...-

-Vedrai andrà bene, i tuoi compagni saranno degli snob con un pessimo senso dell'umorismo e i tuoi insegnanti saranno delle iene, ma vedrai che la Seymour ti piacerà-

-sei realista mi piace-

-dai lo sai che stavo scherzando... e ora vieni dentro che sennò ti ammali-

-arrivo...-

una decina di minuti dopo scesero anche Betsy e Laila e come da rituale tutte e quattro andarono a fare colazione. A forza di vedere Ashley agitata, anche Autume e le ragazze cominciarono a diventare ansiose. Era una scenetta vista da fuori: quattro persone sedute allo stesso tavolo, con quattro piatti pieni di cibo, continuavano a guardarsi i piedi nervosamente e nessuna di loro cercava di fare conversazione. Laila aveva provato a parlare un paio di volte, ma entrambe le volte era stata zitta scoraggiata dalla faccia delle altre tre. Alla fine, qualche minuto prima di dover andare via, Autume stanca della situazione iniziò a raccontare di uno strano uomo che qualche giorno era venuto al suo negozio di antiquariato, non finì il suo discorso perchè capì che nessuna la stava ascoltando e si mise ad osservarle.

-ok, io vado... fatemi l' in bocca al lupo- se ne uscì qualche minuto dopo ,Ashley.

-In bocca al lupo- dissero le tre in coro e videro la moretta uscire dal locale e andare verso l'auto.

Da dove viveva, il piccolo paesino di Howard, si impiegavano circa trenta minuti per arrivare alla Seymour e quel giorno fu indispensabile per non pensare a niente ascoltare a tutto volume un vecchio cd, che non le era mai piaciuto, ma che in quel momento faceva al caso suo.

Quando arrivò a destinazione mancava venti alle otto. Aveva ancora molto tempo.

La Seymour era un grosso edificio imponente bianco, fornito di un gran giardino. Poco lontano dal portone di entrata, c'era una fontana con al centro la statua di una donna con dei lunghi capelli, sul bordo del lungo vestito che le ricopriva il corpo c'era stata scolpita una grossa lettera L e accanto a questa la scritta Fenice. Dopo aver ammirato per qualche altro minuto l'edificio da fuori, Ashley entrò. Se da fuori l'edifico sembrava infinito, dentro era infinito. Resasi conto che da sola non avrebbe mai trovato la segreteria, chiese aiuto a qualche ragazzo che camminava per i corridoi. Le dissero che doveva arrivare fino in fondo e girare a sinistra, poi avrebbe trovato una stanza con una grossa porta celeste : quella era la segreteria. Senza grosse difficoltà riuscì a raggiungerla. In quella stanza era tutto perfettamente in ordine: le pareti erano state da poco ridipinte e sui banconi non c'era nemmeno un foglio fuori posto. Una signora di circa sessant'anni (doveva chiamarsi Mary)la salutò gentile. Aveva due grandi occhi verdi e dei capelli biondi, da ragazza doveva essere stata molto carina : nonostante le rughe, nel tempo aveva mantenuto quello sguardo da bambina, che le dava l'aria di essere una persona simpatica e disponibile. Vestiva un golf rosso molto semplice e una gonna nera lunga fino in fondo ai piedi.

-Buongiorno, come posso aiutarti?-

-Buongiorno... ecco... oggi è il mio primo giorno qui e quando mia zia aveva chiamato per informarsi le avevano detto che dovevo venire qui per avere l'orario delle lezioni.-

-Oh si cara, di che anno sei?-

-Secondo-

-Perfetto, ecco a te-

-La ringrazio-

Ashley prese velocemente il foglietto: le prime due ore aveva francese, poi un ora di matematica, letteratura, spagnolo, ginnastica e scienze. Mentre stava per uscire dalla segreteria, sentì Mary che la stava chiamando. Dai suoi occhi sembrava chiaro che si era appena ricordata di qualcosa di importante

-Non mi hai detto il tuo nome, cara-

-Oh, ehm scusi è che sono un po' agitata... mi chiamo Ashley Halliwell-

-Halliwell?!- chiese quella sorpresa.

-Si... oh beh in tal caso prima devi andare dal preside... lui vuole sempre parlare con i nuovi studenti- disse un po' agitata. Chissà perchè aveva reagito in quella maniera? Nessuno l'aveva informata che doveva parlare con il preside, si chiese Ashley.-Proseguendo per questo corridoio, troverai delle scale, giunta al primo piano la seconda, a sinistra è il suo ufficio- aggiunse subito dopo Mary.

-Grazie-

Mentre raggiungeva l'ufficio del preside, Ashley si accorse che il numero degli studenti era assai aumentato: tutti camminavano velocemente, alcuni in gruppo, altri da soli. Non c'era uno che non sembrasse di fretta ed era strano perchè mancavano ancora dieci minuti all'inizio delle lezioni.

Giunta alla sua metà, bussò due volte e una voce un po' rauca le disse che poteva entrare. Da quel che aveva letto il preside della Seymour si chiamava Edward Hayden e aveva una settantina d'anni. Da ragazzo era stato il migliore del suo corso al liceo e poi si era laureato come primo della classe ad Harvard, ora era il dirigente di una delle scuole private più prestigiose del paese.

Quando Ashley entrò, le sembrò di trovarsi dentro lo studio di un vecchio nobile inglese: la stanza grande e spaziosa era provvista di una biblioteca che doveva contenere a occhio e croce almeno 150 libri e due enciclopedie. C'erano diverse quadri: in alcuni erano rappresentati uomini e donne, che dovevano essere stati importanti per la Seymour, in altri erano raffigurati dei paesaggi. Al centro della stanza c'era la sua scrivania di un legno pregiato; per terra un raffinato tappeto. Non c'era una sola cosa in quella stanza che potesse costare meno di trecento dollari, se si escludevano le penne.

-Buongiorno signor preside. Mi chiamo Ashley Halliwell, sono una delle nuove studentesse-

-Ashley accomodati pure qui- disse gentilmente Edward indicando una sedia di fronte a lui.

Il sign. Hayden era un uomo alto e distinto. Non era molto grasso e aveva dei lineamenti distinti, a primo impatto sembrava una persona rigida, ma se si osservava bene i suoi occhi erano molto vispi e sempre alla ricerca di qualcosa di divertente da fare o da scoprire.

Lentamente Ashley si avvicinò e si sedette alla sedia. Si osservò un paio di volte i piedi, aspettando che lui dicesse qualcosa. Hayden la osservò per un paio di minuti e poi prese la parola.

-Ashley Halliwell, eh? Figlia di Micol VandeCamp in Halliwell e di Steven Halliwell e nipote di Amelia e Christopher VandeCamp. Hai sedici anni e vivi con tua zia Autume DuGray. Mi sono dimenticato qualcosa?-

-Solo il mio codice fiscale-

-Oh, scusa hai ragione- disse ridendo- vedi conosco i tuoi nonni da quando avevo vent'anni, sono stato il loro testimone di nozze e ero presente a tutti i battesimi delle loro figlie... in pratica ho visto crescere quelle ragazze... sai qual è la cosa più buffa di questa storia? Che tuo padre era uno dei miei migliori studenti quando insegnavo alla Richardson... che ragazzo brillante... mi è dispiaciuto così tanto quando ho saputo dell'incidente.... Amelia mi aveva detto che avevano avuto una bambina, ma non pensavo che sarebbe stata anche lei una mia allieva...-

-A questo punto mi sarebbe sembrato strano il contrario...-

-eh già... bene ti voglio trattenere altro, quello che volevo sapere l'ho capito... ti do il benvenuto alla Seymour!-

-Grazie... senta... scusi la domanda un po' strana, ma qui non si occupa lei delle ammissioni?- chiese a bassa voce, un po' intimidita da quell'uomo

-Non sei stata ammessa per la tua famiglia Ashley, ma per la tua media scolastica e spero che tu in questi anni ci mostrerai il tuo potenziale...-

-Lo spero, signore...Arrivederci-

-Buona lezione, signorina Halliwell-

Ashley uscì dalla stanza, ancora un po' sorpresa dall'incontro con il preside della scuola. Che uomo singolare... non se lo aspettava così, a dir la verità non s'aspettava nemmeno che lui conoscesse la sua famiglia... l'andamento di quell'incontro era stato inaspettato.

Scese al primo piano e con sua grande sorpresa riuscì a trovare facilmente l'aula di francese. Dopo un appello veloce, la signorina Person, l'insegnante di quell'ora la presentò brevemente ai suoi compagni di classe, che non prestarono per nulla attenzione alla nuova arrivata, tranne una ragazza bionda che la guardò in cagnesco. La giornata in generale continuò così: qualche professore che la presentava, i compagni che la ignoravano e una montagna di compiti assegnati per il giorno successivo. Il momento più brutto e imbarazzante fu la pausa pranzo. Quando Ashley arrivo alla mensa, vide tutti i tavoli occupati e quelli in cui c'era un posto libero e in cui cercava di sedersi, la gente la guardava male. Alla fine si arrese: prese la sua coca cola e il suo panino e andò a mangiare in macchina. Non si era mai sentita così male come in quella situazione. Quei ragazzi o la ignoravano o la guardavano male, nessuno aveva cercato di fare un po' di amicizia con lei e qualche studentessa a cui si era avvicinata per parlare un po' le aveva risposto in modo freddo. Era tutto così assurdo. Ashley passò tutta la pausa pranzo in macchina ad ascoltare nuovamente quel vecchio cd orrendo, era tentata a chiamare Autume, ma sapeva che una sua telefonata avrebbe potuto allarmare la zia e allora preferì starsene sola soletta per i fatti suoi.

Dopo il tempo di mangiare un panino, bersi una coca cola e anche un succo di frutto, la sua attenzione fu catturata da un ragazzo che stava andando alla sua macchina. Doveva essere il tipico ragazzo ricco, viziato e ribelle. La camicia per metà fuori dai pantaloni, la cravatta slacciata,lo sguardo sicuro, di chi aveva conosciuto il mondo (o probabilmente, pensò Ashley, di chi pensava di aver conosciuto il mondo) lo rendevano probabilmente lo stereotipo del “ragazzo cattivo della Seymour”. Lo vide girarsi dalla sua parte e capì che l'aveva beccata mentre lo spiava dal finestrino della sua auto. Ashley per un attimo pensò che avesse cambiato idea e che stesse venendo verso di lei, ma lui con lo sguardo di chi aveva intuito tutti i pensieri dell'altra persona, sorrise arrogante e si fermò alla sua macchina, parcheggiata a qualche metro di distanza da quella di Ashley. Salì nell'auto e dopo averla accesa uscì ad alta velocità dal cancello della scuola. Guidava una porsche ultimo modello, grigio metallizzata. Che esibizionista quel figlio di papà.

Quando la campanella che segnava la fine della pausa pranzo suonò, Ashley scese lentamente dall'auto e poi dopo un grosso respirone per farsi forza, si diresse verso l'interno della Seymour. Durante l'ora di scienze ebbe la possibilità di interagire durante la lezione. Il professor Byron, l'insegnante di quell'ora, cercava di far partecipare i suoi studenti durante l'ora: faceva qualche battuta... era piacevole stare con lui. Ashley rispose a due o tre domande dell'insegnate e come anche durante la lezione di letteratura fu incenerita con lo sguardo dalla stessa ragazza.

Quando la scuola per quel giorno finì, decise di rimanere un quarto d'ora in più per poter cercare il su armadietto e poter metterci qualcuno dei suoi libri. Alla fine dopo un lungo peregrinare per la scuola, riuscì a trovarlo: il numero 12 . Era sorprendente come in quella scuola non mancassero mai il blu e il grigio, c'era quasi un attaccamento morboso a quei due colori. Nel suo liceo precedente e anche in qualche altro che era andata a visitare prima di fare domanda alla Seymour, le pareti,gli armadietti e i vari ambienti della scuola erano colorati, in quella scuola invece no. Gli armadietti erano tutti grigi o blu. Con qualche difficoltà riuscì ad aprire il suo e ci ripose dentro i libri che non le sarebbero serviti per studiare a casa, mentre stava per richiuderlo però sentì una voce femminile dietro che la fece sobbalzare. La” ragazza dallo sguardo torvo “ era a qualche centimetro di lei in modalità guerra.

-Che ti salta in mente?- le domandò arrogante. Ashley rimase qualche minuto in silenzio non sapendo bene cosa rispondere, poi vedendo sempre di più il suo sguardo impaziente su di lei cerco di dire qualcosa.

-Volevo mettere qualche libro dentro il mio armadietto- che frase idiota pensò subito dopo aver parlato.

-Non mi riferivo a quello. Voglio mettere subito le cose in chiaro con te, santarellina. Io sono sempre stata la migliore del mio anno e tu non hai nessuna possibilità di potermi battere,chiara?-

-oh, ehm...ok- non sapeva che rispondere, non si era mai ritrovata in una situazione del genere.

-Io sono Michelle Gellar. Ciao – disse alzando un sopraciglio.

-ciao-

Michelle Gellar aveva corti capelli rossi e due occhi scuri imperscrutabili , era di qualche centimetro più bassa di Ashley ed era molto magra. All'apparenza poteva sembrare anche un po' fragile, ma quando la si conosceva si capiva immediatamente che aveva un carattere molto deciso ed arrogante.

Ashley di persone e di conversazioni strane ne aveva avute diverse, ma di gran lunga quella con Michelle le batteva tutte. Fatto sta che proprio in quel momento, mentre sentiva il rumore dei passi della ragazza allontanarsi, decise che avrebbe dimostrato a quei ragazzi di che pasta era fatta e che nessuno le avrebbe messo in piedi di testa.

La strada del ritornò sembrò più lunga di quella dell'andata e quando giunse a casa trovò Autume, Betsy e Laila, sedute sul divano ad aspettarla. Fu subito immersa da un sacco domande: come era la scuola, se erano simpatici i ragazzi, se aveva conosciuto qualcuno di carino ecc..ecc. Cercò di rispondere a tutte con sincerità, ma cercando di rendere i cuoi compagni di scuola più simpatici di quel che erano. Sapeva bene che Autume si preoccupava molto quando lei aveva da incontrare persone nuova, aveva sempre paura che la ferissero e faceva sempre del suo meglio per proteggerla da incontri indesiderati.

Il giorno dopo se possibile andò anche peggio, la sera prima per finire tutta la lezione era andata a letto verso l'una e la mattina nessuno, né Autume, né Betsy e né Laila la andarono a svegliare, poiché credevano che andando a scuola con la macchina preferiva svegliarsi un po' più tardi. Dopo aver guidato più veloce del consentito e essersi persa un paio di volte all'interno della scuola, alla fine riuscì ad entrare in classe con il suono della campanella. L'unica sua fortuna era stata che l'insegnante quel giorno era più in ritardo di lei. La vera tragedia comunque fu a pranzo: quel giorno infatti mentre la maggior parte dei ragazzi continuava a non degnarla di uno sguardo, quelli del suo anno quando lei passava sogghignavano. Inizialmente pensava di essere sporca in faccia o di avere qualche macchia sui vestiti, ma dopo un controllo veloce vide che andava tutto bene. La gente quando la vedeva continuava a ridacchiare e lei non capì il motivo fino a quando un ragazzo non la chiamò Heidi, al che fu tutto più chiaro. L'avevano soprannominata Heidi come la protagonista del cartone animato: anche lei veniva da un paesino fuori città e non aveva più i genitori, no? Evidentemente qualcuno (sicuramente Michelle) aveva rubato la sua scheda personale. Facendosi forza, si sedette a un tavolo che miracolosamente trovò libero e lì cercò incurante di leggere un libro che si era portata da casa. Dopo una prima iniziale difficoltà a concentrarsi alla fine riuscì a farsi prendere completamente dal libro. A fine giornata arrivò a casa distrutta in tutti i sensi e pur di non pensare a quella orrenda giornata si mise subito a studiare. Verso le sette Laila la venne a chiamare per dirle che stavano andando a mangiare una pizza. Ashley si cambiò velocemente i vestiti e raggiunse la zia e le cugine. La cena fu l'unico momento rilassante di quel secondo giorno alla Seymour. Alla pizzeria venne a sapere che quel venerdì Betsy era stata invitata ad uscire da un ragazzo molto carino di nome Bryan. Era così eccitata all'idea dell'appuntamento.

-Sapete credo di piacergli già da qualche tempo, a scuola avevo notato che mi guardava sempre, ma non pensavo che si sarebbe mai fatto coraggio a parlarmi e invece!- raccontava entusiasta.

Alla fine Autume,Laila e Ashley quella sera non parlarono molto, lasciarono fare tutto a Betsy. Tutte e tre avevano avuto una giornata molto stancante e nessuna aveva voglia di dire qualcosa.

Il terzo giorno non ci furono grandi cambiamenti, se non per il fatto che i suoi compagni non ridevano, ma si riferivano a lei chiamandola esclusivamente Heidi. Era frustante, ma alla fine ci fece l'abitudine,in fondo però se tolti gli studenti di quel liceo, la Seymour a Ashley piaceva.

Passò circa un mese così, poi alla fine quei ragazzini viziati si stancarono di prenderla in giro e anche se non erano diventati più gentili, almeno ora la chiamavano con il suo nome. Per quanto riguardava Michelle, Ashley era convinta di essere odiata da lei sempre di più e in questo caso il sentimento era ricambiato. Di relativa importanza, oltre all'ammissione alla Seymour, quel mese avvennero altre due cose:Ashley aveva smesso di avere incubi e sua nonna, dopo mesi che non la sentiva, le telefonò.

   
 
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