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Autore: AmorePsiche97    27/08/2012    3 recensioni
Che emozione, la mia prima storia! Allora, le nazioni decidono di passare una settimana al mare in una delle splendide spiagge italiane, per rinfrescarsi e rilassarsi, ma non sanno ancora cosa li aspetta! XD E' una fanfiction comica, e a volte "leggermente" demenziale. Che dire, se vi ho incuriosito, leggete!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 4: UNA CENA “TRANQUILLA”

-Ti decidi ad uscire dal bagno?-
-Solo 5 minuti e ho finito-
-E’ più di un’ora che dici cosi!- Prussia era stufo, appena tornati all’albergo, Ungheria si era chiusa nel bagno privato della loro camera e dopo più di un’ora ancora non accennava ad uscire.
-Insomma, una ragazza avrà il diritto di farsi una doccia in pace!-
-E per una doccia ti ci vuole tutto questo tempo? Anche la mia Magnifica Persona vorrebbe lavarsi!-
-Da quando gli animali si fanno la doccia? Tanto ho quasi finito, devo solo pettinarmi i capelli-
-Non puoi pettinarteli in camera? Con quegli orribili capelli crespi che ti ritrovi ci metterai un’altra ora!-
All’improvviso la porta del bagno si aprì.
-Finalmente ti sei decisa a… Ungheria?- fece Prussia, guardando sconvolto la porta del bagno, dove c’era Elizavetha (occhi rossi e fumo dalle narici), che lo guardava con sguardo omicida.
-Che cosa hai detto dei miei capelli?!- gridò furibonda, iniziando a inseguire Gilbert, che aveva tentato la fuga appena l’aveva vista, brandendo la sua fedele padella (sì, se la porta anche in bagno NDMe).
-Dai scherzavo, anche se sono crespi non sono poi così orribili- tentò di calmarla Prussia.
-Io ti ammazzo!- disse Ungheria, raggiungendolo e dandogli una fenomenale padellata.
 
Intanto, nella stanza a fianco.
-Hai sentito questo rumore?- chiese Toris, smettendo per un attimo di vestirsi.
-Si, è come se tipo qualcuno avesse tipo colpito qualcosa con tipo qualcos’altro di ferro- gli rispose Feliks, continuando a pettinarsi i capelli.
-Bha- fece Toris, continuando a vestirsi.
 
Apparte il “piccolo incidente” in camera di Prussia e Ungheria, agli altri tutto filò liscio, e puliti e profumati si reincontrarono di nuovo all’ingresso.
-Nii-san ho fame, andiamo a mangiare!- disse Feliciano, con lo stomaco brontolante.
-Anch’io ho fame, che credi? Ma dobbiamo aspettare che arrivino il fratello del mangiapatate e Ungheria- gli disse Lovino. Come dice un proverbio: ‘parli del diavolo e spuntano le corna’, ed ecco appunto arrivare Gilbert e Elizavetha.
-Perché hai una benda intorno alla testa?- chiese Ludwigh, vedendo suo fratello che si massaggiava una parte del cranio fasciata.
-Lunga storia- gli rispose Gilbert, guardando in tralice Ungheria.
-Veeh! Ora andiamo a mangiare!- fece Feli, che stava morendo dalla voglia di mettere sotto i denti un po’ di pasta.
-Ok, seguitemi- disse Lovino, incamminandosi verso una grande porta di legno, decorata con pannelli di vetro istoriato. Lovino aprì la porta, che dava su una grande stanza, con un soffitto alto, da cui pendevano due lampadari di cristallo; lo spazio era occupato da tavoli, alcuni già occupati dagli altri ospiti, di diverse grandezze: c’erano da quelli che potevano accogliere fino a venti persone, a quelli per due. Ogni tavolo era coperto da tovaglie bianco panna, e già apparecchiato; in fondo alla sala, una specie di piccolo palco era occupato da un uomo che suonava il pianoforte. L’ambiente dava un senso di calma e tranquillità, infatti gli unici che andavano in giro erano i camerieri, che si muovevano fra i vari tavoli, e gli ospiti parlavano a voce bassa e pacata. Inutile dire che questa tranquillità non potrà durare a lungo ora che le nostre care nazioni sono qui.
-Un pianoforte!- disse Austria con gli occhi sbrillucciosi, mandando al diavolo la sua dignità da nobile.
-Te l’avevo detto che c’era, damerino.- gli disse Lovino.
-Fermo qui, suonerai dopo- fece Vash, afferrando Roderich per il retro della camicia, visto che quest’ultimo stava andando verso il palco, con uno sguardo maniacale.
-Veeh, io ho fame!- disse Feliciano, con la pancia che brontolava così forte che sembrava avesse un trattore nello stomaco.
-Sediamoci e ordiniamo qualcosa- fece Lovino, dirigendosi verso uno dei tavoli.
-Io voglio un hamburger!- disse America sedendosi.
-Questo è un ristorante, non un fast-food, non ci sono gli Hamburger!- esclamò Lovino.
-Che tipo di piatti avete?- chiese Germania.
-Mi hai preso per un cameriere? Leggili nel menù, oppure non sai nemmeno leggere, idiota?- gli rispose Lovi.
-Volete ordinare, signori?- chiese un cameriere, arrivato per prendere le loro ordinazioni.
Ognuno richiese un piatto diverso, e appena arrivati cominciarono a mangiare.
-Questi piatti sono buoni, ma potevano essere preparati meglio, se avessi cucinato io…- iniziò Inghilterra.
-Saremmo morti avvelenati- lo interruppe Francia.
-Stai insinuando che non so cucinare, stupid frog?-
-Insinuando? No, te lo dico apertamente, brutto bruco-
-Rimangiatelo!- gridò Inghilterra, tirandogli il suo piatto, con ancora il cibo all’interno, addosso.
-Mai e poi mai!- disse Francis, svuotandogli un bicchiere d’acqua sulla testa.
-Allora vuoi la guerra!- fece Arthur, cominciando a gettare oggetti a raffica a Francis.
-Cazzo, smettetela!- esclamò lovino, prima di essere colpito da un piatto di pasta in piena faccia.
-Lovinito!- disse Antonio –come avete osato colpirlo?- fece arrabbiato, cominciando anche lui a gettare tutto quello che gli capitava sotto mano ai due.
-Veeh, la mia pasta!- si lamentò Feli, infatti il piatto che aveva colpito il fratello era il suo –Vendetta!- gridò, iniziando anche lui a gettare i vari piatti e le posate. Mai e ripeto MAI toccare la pasta ad Italia.
-Perché non ti comportavi così anche in battaglia?- disse Germania, tentando di fermarlo, e domandandosi da dove avesse tirato fuori quella grinta.
All’improvviso uno dei piatti colpì Ungheria.
-Ah! I miei capelli!- urlò.
-Che urli, magari il sugo li ammorbidisce- la prese in giro Prussia, che si era seduto il più lontano possibile da lei.
-La lezione di prima non ti è bastata?!- disse Elizavetha, iniziando a lanciare piatti in aria e colpendoli con la sua padella, stile racchetta da tennis, mirando a Gilbert.
-Insomma Ivan, fa qualcosa-aru!- gridò Yao, scansando per un pelo un coltello che stava per colpirlo.
-Perché? E’ così divertente!- gli rispose Russia, prima di essere inzuppato da capo a piedi da una bottiglia lanciata da qualcuno.
-Kolkolkol- fece, brandendo il suo rubinetto e menando colpi a destra e a manca, abbattendo anche qualche cameriere, accorso per cercare di fermare quella battaglia.
Nel frattempo, Roderich era sgattaiolato via in direzione del pianoforte.
-Scusi- disse al pianista, che si era fermato per guardare quei pazzi che tentavano di ammazzarsi con piatti e bicchieri.
-Cosa c’è?- chiese l’uomo.
-Mi lascerebbe suonare il suo pianoforte?-
-Il piano non è mio, appartiene ai gestori dell’albergo, non posso farlo suonare al primo che passa-
-Aspetti, le rifaccio la domanda- disse Austria, iniziando ad accumulare energia negativa per creare un’aura malvagia che, anche se non era neanche lontanamente paragonabile a quella di Russia, faceva comunque il suo effetto – Lei mi lascerà suonare il piano, vero?-
-E’ tutto suo!- disse l’uomo, scappando via.
Austria allora si sedette al piano, iniziando a suonare un brano di Chopin, che sembrava fare da sottofondo alla lotta ancora in corso.
-Alla tua destra!- gridò Lituania, afferrando Polonia prima che fosse colpito da delle forchette, lanciate stile Sebastian di Kuroshitsuji.
-Tipo, abbassati Liet!- disse Polonia, vedendo arrivare un bicchiere.
-Nascondiamoci sotto il tavolo- fece Toris, afferrando Feliks e gettandosi a terra.
-Salve, anche voi qui?- li accolse Giappone, che come loro aveva trovato rifugio li sotto.
Intanto al di sopra infuriava la battaglia. Il povero Canada cercava di non farsi colpire, aiutato dal suo orsetto che gli diceva da dove arrivavano i colpi.
-Canada, vieni qui, nasconditi dietro di me!- disse Cuba, che con la sua stazza avrebbe potuto fargli da scudo.
-Che bello, qualcuno si è ricordato di me!- fece Canada felice. In fondo era la prima volta.
-Attento!- gridò Kumajiro. Troppo tardi, Mattiewh fu colpito in pieno da qualcosa di non ben identificato.
-Mattiewh!- esclamò Cuba avvicinandosi –Non preoccuparti, ti vendicherò!- fece Cuba. Che eroe, peccato che Canada fosse solo svenuto, e che quella fosse solo una battaglia di cibo (e piatti, e forchette, e bicchieri, e bottiglie, e forchette e coltelli sempre lanciati stile Sebastian), ma faceva comunque la sua figura, lì tutto fiero, anche lui intento a lanciare oggetti.
-Insomma, datevi una calmata!- gridò Germania senza risultati.
-Non preoccuparti, l’eroe risolverà tutto!- esclamò America, prima di essere colpito in piena faccia da un piatto lanciato come un freesbie.
All’improvviso tutti si fermarono, sentendo dei colpi d’arma da fuoco.
-La volete finire si no?- urlò Svizzera arrabbiato, guardandoli uno per uno.
-Aaah! Che avete combinato!- gridò Lovino, che si era appena ripreso, vedendo i bicchieri e i piatti rotti, le forchette e i coltelli conficcati nei muri e i cibi sparsi ovunque e perfino alcuni tavoli ribaltati.
-Ehm…- fecero un po’ tutti, rendendosi conto del disastro che avevano combinato.
-Voi brutti *@#@@* ( parole irripetibili) ! Mi dovrete risarcire tutti i danni! E domattina ve ne tornate tutti a casa!- disse Lovino irato.
-Ma, mi querido, cerca di ragionare!- tentò di fermarlo Spagna.
-Niente ma, domani ve ne tornate tutti a casa, non voglio sentire altro!- fece Lovino, uscendo dalla sala senza voltarsi, diretto alla sua camera.
Le nazioni si guardarono colpevoli, stavolta l’avevano fatta grossa!

*Angolo autrice*
Ecco il nuovo capitolo scritto in fretta e furia :D Come al solito mi farete felice se leggerete e lascerete un commentino.
Ciao a tutti ! C: *si dissolve*
  
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