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Autore: pescioletta    27/08/2012    1 recensioni
Una nuova minaccia, un nuovo destino...
Questa storia è ambientata subito dopo l'ultima puntata della 5 serie di Angel, ma ha radici che affondano molto prima che i nostri eroi mettessero piede a Sunnydale o, per meglio dire, sulla terra... Riusciranno Buffy, Angel, Spike e gli altri a sconfiggere questa nuova minaccia e a riprendersi finalmente le loro vite?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Angel, Buffy Anne Summers, William Spike
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4



*****







*****



La sabbia era calda e morbida sotto le sue scarpe. Buffy si tolse i sandali neri intrecciati e li abbandonò all’ombra, vicino a una roccia. Appoggiò le piante nude sul suolo tiepido e soffice e si sedette in riva al mare. L’acqua, lenta e regolare, scavava larghi solchi sul bagnasciuga che svanivano nella frazione di un istante. Il rumore delle onde che s'infrangevano contro gli scogli creava una dolce sinfonia, accompagnata dal canto stridente di alcuni gabbiani che correvano a ripararsi dopo la pesca delle ultime ore. La ragazza si chinò, afferrando una manciata di sabbia. La polvere, fine e dorata, scivolò lentamente tra sue dita raggiungendo i mille granelli che giocavano con le conchiglie e le pietre levigate portate dal mare.

“Non è stupefacente?” sussurrò con un filo di voce, voltandosi appena verso il ragazzo seduto dietro di lei. Lui sorrise dolcemente, senza risponderle. I suoi occhi, due zaffiri purissimi, fissavano senza vergogna ogni centimetro della sua pelle abbronzata, imprimendosi nella mente ogni più piccolo particolare di quel corpo tanto fragile quanto perfetto. Buffy si girò verso di lui, ricambiando il sorriso e si appoggiò delicatamente alle sue ginocchia. I capelli biondi le ricadevano sul volto in piccole ciocche scomposte. Anche i capelli di lui, leggermente più scuri, si muovevano lievemente, come in una tacita danza, rendendo il suo sguardo ancora più intenso.

“Potrei anche trascorrere tutto il resto della mia vita guardando il mare…” sospirò.

Il ragazzo non disse niente limitandosi a sorridere, ancora una volta.

La cacciatrice lo guardò lievemente offesa.

Da quando erano arrivati lì non le aveva rivolto nemmeno una parola. Solo quel muto sorriso. Quel tacito bagliore che appariva e scompariva dietro ai suoi occhi dello stesso colore del mare. Forse non aveva semplicemente voglia di parlarle. O forse era arrabbiato per qualcosa che lei gli aveva fatto? O che, senza volerlo, gli aveva detto?

Stava per aprire bocca quando le dita fresche del ragazzo si posarono delicate sulle sue spalle e i suoi pensieri svanirono come neve al sole. Buffy si chinò un poco verso di lui, abbandonandosi tra le sue braccia.



Era magnifico…



Il ragazzo vide Buffy avvicinarsi e appoggiare la schiena nuda contro le sue ginocchia, la scollatura profonda balenò per un secondo di fronte ai suoi occhi azzurri, obbligandolo a deglutire, e istintivamente spostò le mani sui fianchi snelli della sua donna, provocandole un tremito. Il volto della ragazza si avvicinò lentamente al suo, invocando un bacio e lui non si negò. Sentì il suo cuore, fermo da tanto tempo, battere velocemente e poi perdere un colpo nel momento preciso in cui le labbra di Buffy si posarono sulle sue. Chinò appena la testa staccandosi da quella piccola prova d’amore e ponendo un bacio delicato sulla sua spalla per poi risalire, come seguendo una pista invisibile, fino al collo teso e al mento vellutato. Buffy sentiva il suo corpo incendiarsi, centimetro dopo centimetro, mentre il ragazzo aumentava la stretta delle sue mani e la imprigionava per la vita contro il suo torace. Una mano del giovane era scesa pericolosamente vicina alle sue gambe e Buffy la bloccò, stringendola possessivamente. Cercò di divincolarsi per voltarsi verso di lui, ma il ragazzo la precedette. Accompagnò il suo bacino esattamente in mezzo alle sue gambe e continuò a baciarla dolcemente mentre le sue mani tracciavano una ragnatela invisibile su ogni frammento di pelle lasciata scoperta dal vestito di seta bianco e rosa.

Buffy sentì le dita abili di lui sciogliere delicatamente ogni nastro e poi posarsi saldamente sui suoi fianchi e sulle sue gambe. La sabbia, calda e invitante, accolse il corpo della giovane donna mentre, dolcemente, si ritrovava ad affondare in quella distesa di sale e di sogni.

Sbottonò la camicia di lui in poco tempo e chiuse gli occhi non appena il suo corpo si avvicinò di più al suo.

Non appena li riaprì fece un balzo indietro per lo spavento.

Spike la guardava i canini in mostra e il volto mutato in quello della caccia.

Buffy si ritrasse, ma lui l'afferrò forte per la vita, tenendola stretta come in un abbraccio.

"Ti fidi di me?" chiese in un sussurro, aumentando dolorosamente la presa sul suo avambraccio. Buffy scosse il capo cercando di liberarsi "Lasciami…" protestò mentre Spike la fissava con gli occhi gialli del vampiro e la stessa voce che aveva avuto la sera in cui si erano risvegliati sotto il tappeto.



"Ti fidi di me?"



Buffy si svegliò di colpo.

Il sole era ormai alto nel cielo e lei aveva fatto di nuovo quel maledetto sogno.

Si alzò e raggiunse il bagno per lavarsi la faccia.

L'aereo sarebbe partito di lì a poche ore e ancora lei non sapeva cosa avrebbe potuto trovare a L.A.

Del resto, i sogni per la cacciatrice non erano mai stati semplici illusioni…



******



Los Angeles, California, 16 maggio 2004



Spike si sporse un poco fuori dalla porta.

Il sole splendeva ancora alto nel cielo e malgrado l’ora tarda il tramonto non voleva sapere di arrivare.



“Non hai bisogno di guardare fuori, sappiamo d'istinto quando cala il sole, non lo ricordi?”



“Sai Angel, ti preferivo quando stavi morendo!” ribatté seccato, continuando a guardare intensamente la strada.



"Comunque cerca di stare attento: la luce del sole mi ha quasi raggiunto prima"



Spike si voltò con noncuranza verso il vampiro disteso per terra.



“Certo” disse, scandendo le sillabe di quell’unica parola come se stesse facendo uno sforzo enorme per trattenersi “Sai nonnino, può anche darsi che tu ti diverta come un matto a star rinchiuso qui dentro e non fare un bel niente. Io, al contrario, mi sono già rotto le scatole! E non c’è bisogno che ti ricordi di chi è la colpa!”



“Allora perché non esci?”



“Va a quel paese Angel!”



“Dico davvero…”



Spike si sedette in terra sospirando.



“Ok, mettiamo subito in chiaro una cosa allora" sbuffò "io, non sono un idiota, e non ardo dalla voglia di andare a fuoco. Di nuovo. É giorno. Quindi, non vedo il maledetto motivo per cui dovrei uscire da quella maledetta porta quando il sole è ancora alto nel cielo!”



Angel lo osservò alzarsi e rimettersi in piedi vicino allo spiraglio di luce.



Chiuse gli occhi.



“Nemmeno io sono uno stupido William” disse tranquillamente, con una tale serietà da costringere Spike a voltarsi “E non credere che non mi sia accorto della situazione… Potresti usare le fogne, ma preferisci stare qui… Non serve a nulla continuare a preoccuparsi…"



"Avevi detto che ti eri accorto della situazione…" lo rimbeccò subito Spike.



“Dovresti andare da Buffy…”



Spike si girò di scatto verso il volto del vampiro, con gli occhi sgranati.



“Te lo chiedo di nuovo: avevi detto che capivi la situazione…”



Angel sorrise “Credi davvero che abbiamo risolto il problema?” chiese.



Spike lo guardò un lungo istante, poi alzò le spalle con noncuranza.



“Non potevamo pretendere di redimere il mondo da soli. Siamo vampiri con l’anima, non dei….”



“Già…"



"Ad ogni modo, questa guerra non è la sua" affermò Spike abbassando la testa "Quello che non capisco è come abbiamo fatto a sopravvivere…"



"Cosa ricordi di stanotte?”



In quel momento Spike si rese conto che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non dover rispondere.



“Non molto…” ammise “solo che avevamo un’orda di demoni inferociti davanti, un drago alato sopra la testa e un centinaio di zombie a coprirci la fuga alle spalle”

“Dimentichi i troll…"

"E i licantropi…"

"E i vampiri che hanno incominciato ad uscire da tutti gli angoli non appena si è scatenato l’inferno…”

Angel sorrise “Un bel casino…”

"Già…"

“Le prime fasi della battaglia me le ricordo abbastanza bene.” disse il moro risoluto “Abbiamo combattuto alla grande! Gunn era un vero diavolo con le pistole e Connor…”



Angel si bloccò. Guardò il biondo negli occhi come a cercare conferma di ciò che pensava.



“Era ferito… è stato un combattente valoroso… mi dispiace…” disse infatti Spike.



“E' sempre stato un combattente” sospirò Angel stanco “e sapevamo tutti i rischi a cui stavamo andando incontro… a cui siamo sempre andati incontro.”



“E Illyria?” lo interruppe Spike fermandolo sull’orlo del baratro da cui stava per precipitare. Nessuno conosceva il rimorso di un’anima meglio di Angel, e i ricordi e i rimpianti potevano essere pericolosi, Spike lo sapeva meglio di chiunque altro.



Il vampiro tentò di rialzarsi, lasciandosi sfuggire una smorfia di dolore. Mancò poco che Spike non dovesse raccoglierlo con un cucchiaino.

“Maledizione, ti avevo detto di stare attento, idiota!” lo rimproverò, acchiappandolo al volo e salvandolo da un pericoloso impatto contro le schegge della cassa di legno sulla quale lo aveva appoggiato, dato che in quel magazzino non sembrava esserci nient'altro.

Il pacchetto di sigarette che di solito teneva dentro una tasca dei pantaloni non voleva proprio saperne di uscire e, come se non bastasse, quando finalmente riuscì ad estrarlo e lo aprì, se lo ritrovò brillantemente vuoto davanti agli occhi.

Angel intanto lo fissava, indecifrabile.

Gli sembrava quasi impossibile che fosse davvero Spike a prendersi cura di lui. Lo stesso Spike che aveva per poco rischiato di ucciderlo solo qualche giorno prima e che, da quando era entrato nel suo ufficio, lo trattava sempre come se fosse stato lui l’ultimo arrivato. Il poeta senza speranza che Angelus aveva salvato dalla vita. Il childe irriverente che non aveva mai smesso di sfotterlo. Il vampiro con un’anima che, con quel paio di iridi azzurre, sembrava smontare il mondo pezzo dopo pezzo per poi ricostruirlo daccapo una volta capito il segreto che nascondeva. Quale potere si nascondeva in quel paio di occhi di un colore indefinibile. Quanta energia. Quanta sofferenza. Quanto dolore celato. Quanta umanità… Dru doveva averla notata per forza nel momento in cui il giovane William le era passato a fianco, sfiorandola, dimentico dei pericoli della nebbiosa, vecchia Londra e di quelle creature sinistre che vagavano nella notte e delle quali tante volte avevano parlato ubriachi e scrittori. E molto probabilmente, era stato quello il motivo che l’aveva indotta a seguirlo e a farne il suo childe. Dru era pazza, Ma aveva uno strano dono. Qualcosa nello sguardo. Qualcosa che la rendeva unica e irripetibile. Qualcosa che aveva notato anche Spike. Qualcosa nello sguardo… come Spike.



“Stavamo parlando di Illyria…” riprese spiccio, prima che al suo sire venisse un’altra brillante idea e si ammazzasse, sul serio questa volta.



“Sì…” ammise Angel sistemandosi meglio contro le casse. “era proprio accanto a me…”



"Già…" annuì Spike “L’ho vista combattere. Ne ha uccisi parecchi, non so altro” rispose Angel “Pensa che ha resistito addirittura più tempo di me, ma se tu non l’hai vista…”



“Può darsi che si sia nascosta, o che sia ancora là fuori da qualche parte. Quando mi sono svegliato eravamo rimasti solo tu ed io sul campo di battaglia, a parte l’innumerevole cumulo di demoni appartenenti alle linee nemiche è ovvio, ma a dire il vero non mi sono soffermato più di tanto a controllare. Potrebbe essere ancora là fuori… Potrei andare a cercarla…”



Il vampiro scosse la testa convinto. “No." rispose “se fosse sopravvissuta, sarebbe già scappata lontano e sarebbe un errore imporle di tornare indietro.



"Già…"



“Angel?”



"Sì?" rispose il vampiro soprappensiero.



"Vedo che ci ricordiamo molte cose ma… cosa è successo alla fine dello scontro? Come abbiamo fatto a salvarci?" chiese.



Improvvisamente la mente di entrambi ritornò indietro nel tempo, a quei fatidici momenti.

La morte. Le grida. Il sangue. La sconfitta.

E, poi, inspiegabilmente, la vittoria…

O per lo meno la ritirata dell'orda di demoni che aveva invaso Los Angeles, il che comunque non era cosa da poco…

Angel non se lo spiegava.

E Spike nemmeno.

Il silenzio sembrava l'unica risposta che entrambi riuscivano a dare.



"Qualsiasi cosa sia successa, ci ha salvato la vita…” commentò infine Angel, quando fu certo che non sarebbero arrivati ad una conclusione. “Certo" rispose spiccio Spike "Manderemo un bel mazzo di fiori a chiunque abbia fatto tutto questo… ma se quei demoni sono ancora là fuori non tarderanno molto a riattaccare… abbiamo bisogno di aiuto.” Il vampiro lo squadrò annuendo "dobbiamo chiamare Buffy" "Ti ho già detto di tenere Buffy fuori da questa storia!" Il tono di Spike non ammetteva repliche. Angel lo guardò. “Non sto scherzando Angel!” “La situazione è più seria di quanto pensi. La cacciatrice è l'unica che-” "Lei non è più l'unica." esclamò Spike "e resterà fuori da tutta questa faccenda finchè non saremo assolutamente sicuri che sia l'unico modo per salvare il pianeta e lei con esso!"

"E come faremo ad essere assolutamente sicuri che sia l'unico modo per salvare il pianeta?" chiese Angel allargando le braccia.



“Me ne occuperò io.”



Angel richiuse gli occhi con un sorriso ironico sulle labbra.



“Non avevo dubbi…”



“Su cosa?”



“Sul fatto che non volessi venire a Roma.”



“Ah-ah… che spiritoso!” lo prese in giro Spike. Avvicinandosi per riprendere la sua giacca. Sfilandola da sotto la schiena del suo sire con un movimento fluido e lento. Leggermente più lento del necessario. Quel tanto che gli bastò per scorgere, in una frazione di secondo, lo sguardo tumultuoso di Angel e capire che, se aveva sorvolato l’argomento, era solo perché aveva cose molto più urgenti a cui pensare…



“Piuttosto, tu come ti senti?”



Angel alzò le spalle con falsa noncuranza



“Oh, beh, a parte qualche livido, un paio di costole rotte, una spalla sfasciata e la terribile emorragia interna… direi che sto benone!”



Spike lo squadrò da capo a piedi per un lungo istante.



“Che c’è?”



“C’è che sembri un vecchio rottame.”



“Ehi!”



“Ce la fai a tornare a casa da solo?” chiese senza ascoltarlo.



Angel lo fissò sbalordito



“Quale casa?”



“Beh, una qualunque delle tante che sono rimaste disabitate nei dintorni. Direi che i proprietari non se la prenderanno se la userai per qualche tempo come base operativa, per non dire come rifugio segreto e riparo dai raggi del sole. Io intanto vedrò di procurarti del sangue, meglio se umano, e poi…”

“Spike…”

“Mmh?”

“Non pensavo che avessi una tale predisposizione per farmi da balia.” esclamò il vampiro sorridendo.

“Da quando conosci l’ironia Angel?” sbuffò il biondo stringendo gli occhi in due fessure piccolissime, per fargli capire quanto lo stesse odiando.



Per tutta risposta il moro spostò lo sguardo verso la porta del capanno.



Il sole stava calando ormai…



“Spike…” lo richiamò Angel indicandogli la porta con un cenno del capo. Il vampiro strinse involontariamente i pugni nelle tasche della giacca. Sapeva cosa significasse.

“Io me la caverò. Corri da Giles o da qualcuno che ci possa aiutare appena puoi: se quei demoni sono ancora là fuori, non tarderanno molto ad attaccare di nuovo…”



"E tu dove andrai?"



"A cercare delle risposte" affermò il biondo deciso, per poi uscire nell'aria gelida della notte "mi farò vivo non appena le avrò trovate…".



******



Roma, Italia, 16 maggio



“Tutto bene?”



La cacciatrice si sedette sul letto della sorella, prendendo in mano una maglietta e aiutandola a piegarla.



“Staremo via per molto tempo?” Buffy sorrise. Non c’era astio nella voce di Down. Per la prima volta da parecchi giorni le sembrava che sua sorella fosse in qualche modo tornata a essere quella dei vecchi tempi, sensibile e impaurita. Esattamente come lo era lei…



“Non lo so Down. Io… credo che non staremo via più di qualche giorno”



“E come fai a saperlo?” Down chinò la testa, seria. Buffy la guardò cercando di intuire a cosa stesse pensando. Le sembrava piccola e indifesa in quel momento. Una chiave. Una semplice ragazzina a cui il mondo era stato svelato troppo presto.

Afferrò con delicatezza una boccetta di vetro contenente un’essenza profumata e la spostò nella valigia. Rimase stupita dall’incredibile quantitativo di candele e profumi che Down si era portata dietro. Quasi quasi poteva fare concorrenza a Willow. Alla Willow dei bei vecchi tempi dell’università perlomeno. In un angolo, una stoffa ricamata in argento custodiva gelosamente alcuni libri che la sorellina evidentemente non voleva andassero persi o rovinati durante il viaggio. Libri magici, riconobbe senza alcun dubbio Buffy non appena ne toccò la copertina e sentì sotto le dita i rilievi del cuoio conciato a mano con cui venivano ricoperti tutti i volumi che avevano una certa importanza e che lei, grazie al lavoro che faceva, si era spesso ritrovata tra le mani in tutti quegli anni gomito a gomito con il signor Giles.

Chissà se aveva ancora una libreria ben fornita come quella della biblioteca del liceo…

“Non credere che non apprezzi tutto quello che stai facendo per me Buffy” disse d’un tratto Down, sottraendola ai suoi pensieri. Abbassò la testa, fissando attentamente il bordino viola della camicetta bianca che aveva comprato con Janice e allacciando meccanicamente ogni singolo bottone che si trovava sottomano. Sentiva lo sguardo di sua sorella bruciarle la fronte ma continuò lo stesso, incurante di quello che sarebbe potuto accadere…

“Lo capisco Buffy. Il trasferimento, la nuova scuola, la lontananza da tutto ciò che ci possa ricordare la nostra vita precedente, la nostra nuova vita… So che lo fai per me. Per farmi dimenticare tutto quello che abbiamo sopportato fino all’anno scorso e ti comprendo, però…” “Però, cosa?” la incoraggiò Buffy, cercando di scorgere i suoi occhi azzurri e rabbrividendo involontariamente quando Down sollevò su di lei due iridi scure e opache, prive di qualunque emozione. “Io non sono come te Buffy…. io non voglio dimenticare...” sussurrò infine la ragazzina, facendo una pausa ogni due o tre parole. Guardando negli occhi la sorella più grande che la osservava stupita.



“Down, io… io penso che una vita normale sia la cosa migliore per-”



“Lo so che lo hai fatto credendo di agire per il meglio. Dico davvero, Buffy… e solo che…” “Non finire la frase, ti prego…” “Tu sei ancora la cacciatrice, Buffy” finì la frase lei senza ascoltarla. Lasciandola senza parole.

“Puoi anche dirmi che non è vero, ma io la vedo. È ciò che sei sempre stata e sarà sempre una parte di te che non potrai mai cancellare.” “Down, io…” cercò di calmarla Buffy. “Non sei fatta per avere una vita normale Buffy." esclamò Down posando la maglietta nella valigia "Semplicemente non lo sei.”. Buffy sgranò gli occhi e deglutì a fatica, mentre le parole che aveva detto sua sorella si facevano strada dolorosamente nella sua testa. Ma dove aveva accumulato tutto quella perspicacia? Quella sicurezza. Quello… spirito di osservazione, si trovò ad ammettere suo malgrado. Strinse le mani forte a pugno e si morse la lingua, decisa a non dire una sola sillaba. A non risponderle in nessun modo. Ma le parole erano scivolate fuori dalle sue labbra ancor prima che riuscisse a pensarle “E non ti viene in mente solo per un attimo, che magari io sto meglio senza la mia parte di caccaitarice?” esclamò. Down la guardò stupita. Buffy si morse le labbra, desiderosa di non aver mai aperto la bocca. Ma ormai il danno era fatto. Il silenzio era calato tra di loro come una fitta coltre di nebbia. Buffy sospirò nervosamente e poi abbassò gli occhi verso il copriletto fiorato. Down non capiva! Essere una cacciatrice significava mettere in pericolo le persone che amava, prendere delle decisioni che riguardavano la vita degli altri, vedere la gente a cui voleva bene che se ne andava, sapendo di essere lei la causa. Sapere che il mondo sta per finire ed essere l’unica in grado di salvarlo… e sapere che però era molto facile non riuscirci… vivere nella costante incertezza di dover scegliere da un momento all’altro tra la sua vita, quella della persona che più amava e quella di centinaia di innocenti… Down… lei non aveva la minima idea di che cosa significasse essere una cacciatrice… Eppure continuava imperterrita, dando voce anche a quello che Buffy, non avrebbe nemmeno mai voluto ammettere con sé stessa.



“Abbiamo fatto tutti degli errori, ma non è scappando che possiamo rimediare ai nostri sbagli… ho visto la paura sul tuo viso quando hai rimesso a posto quel telefono. Non so cosa il signor Giles ti abbia detto, ma qualunque cosa sia, anche se dovesse dirti di ritornare sui tuoi passi, allora fallo.”



“Down, tu non sai nemmeno di cosa stai parlando!” “Lo so invece." Insistette la ragazza "So che avresti sempre voluto essere una persona normale. E so che hai cercato in tutti i modi di riuscirci. Ma forse non era la cosa migliore per te Buffy. Forse non era questo, quello che tu volevi veramente…”

“Prepara la tua roba Down! Il volo per Los Angeles parte fra meno di un’ora.” esclamò Buffy, infilando la porta e sbattendola alle sue spalle per non sentire più la voce di sua sorella dirle tutte quelle… verità…

Essere un persona normale… il sogno di sempre, l’utopia da raggiungere, a qualunque prezzo. Ma, in fondo, c’era ancora una persona su tutto il pianeta che potesse definirsi davvero ‘normale’?

Scese le scale di corsa, infilando la porta di casa e correndo nel prato sotto il sole cocente per scacciare tutti quei pensieri che non le davano tregua.

Nella sua stanza, Down abbassava tristemente il capo, ricordandosi quante volte avesse sentito gli stessi discorsi uscire dalla bocca di un vampiro ossigenato che non taceva mai. Anche a costo di rimetterci di tasca propria. E ancora Willow, Giles, Xander… ricordava sé stessa…. ricordava Angel… quando ancora tutto era bello e Buffy permetteva all’amore di riempirle la mente, oltre che il cuore. E ricordava anche di come era stato semplice, per lei, scappare dalla sua casa alla ricerca di quello che non aveva dopo una breve litigata e un minuscolo bigliettino con due righe per dire a tutti di non cercarla. Che era partita alla ricerca di una nuova vita… Salvo poi ritornare indietro, una volta accortasi che la vita che così tanto ardentemente cercava non era poi così indispensabile come quella, seppure imperfetta, che si era lasciata alle spalle.



“Ti ho visto combattere Buffy. Anche se non lo vuoi ammettere, sei ancora la cacciatrice.” sussurrò.



******



Los Angeles, 16 maggio



“Ti ho detto che l’ho sentito con le mie orecchie!”



“Allora è la verità…”



“Puoi scommetterci! Anche la veggente lo dice: sarà una cosa in grande!”



Spike si sporse un po’ di più verso il tavolo rotondo del locale, mettendosi in ascolto. L’odore di alcol e di putrefazione riempivano in modo orribile e nauseante quel piccolo locale dall’aria densa per il fumo delle sigarette. In un angolo, gridando e sbraitando, un paio di demoni dalla pelle rugosa stavano giocando al Poker dei non-morti, puntando come d’abitudine un cestino di gattini malnutriti. Alla cassa, un barman incompetente serviva sangue e cibo di origini molto dubbie ai clienti che dimostravano di avere in mano denaro sonante e vicino alla rastrelliera delle stecche da biliardo, una vampira molto simile ad un’acciuga vestita di nero cercava di abbindolare ogni cliente disponibile nel tentativo di godersi, oltre ad un pasto gratis, anche un po’ di divertimento extra. Spike scosse la testa infastidito. Non gli piacevano per niente certi posti. Non più perlomeno. Era finita da tempo la fase dei giochi. Eppure, inspiegabilmente, aveva varcato la porta del locale dichiarando di cercare qualcosa da bere e magari anche qualche simpatica compagnia per passare la serata. Per quale motivo, non lo sapeva nemmeno lui. Non era stato qualcosa di razionale. Lo aveva fatto e basta. Anche se era strano.

Chi si recava al Setten di solito lo faceva per sbronzarsi, o dimenticarsi qualche sgualdrinella da quattro soldi rifacendosi con qualcun’altra. E lui non voleva fare proprio nessuna delle due cose, non per il memento almeno. Ma quella notte, non sapeva bene perché, sentiva nel petto la strana sensazione che lì dentro avrebbe trovato le informazioni che cercava. E infatti, non appena entrato, aveva visto quella coppia di demoni sullo sfondo che borbottavano tra di loro. Troppo ubriachi, sicuramente, per ragionare, ma abbastanza lucidi per lasciarsi sfuggire cose interessanti tra i fiumi dell’alcol.

Beh, di qualsiasi cosa stessero discutendo, aveva tutta l’aria di avere a che fare con quello per cui era venuto fino a lì…



“Ti dico che avverrà presto” continuava intanto a ripetere un massiccio demone, somigliante ad una enorme tartaruga gigante, leccandosi le dita dal grasso di maiale del suo ultimo pasto.

“La veggente dice che sarà la nuova apocalisse. Nessuna bocca dell’inferno a suo parere ha mai ospitato qualcosa di tanto grande, nemmeno Sunnydale. C’è chi dice che l’intera razza umana scomparirà dalla faccia del pianeta in meno di tre minuti!”



“Allora è tutto pronto!” esultò un demone grigiastro alzando il boccale di birra verso i suoi compagni ubriachi “Fra poco meno di sette lune, diventeremo i padroni incontrastati dell’universo!”

La risata scrosciante e le urla di gioia dei demoni riempirono per alcuni minuti il locale, insinuandosi nella mente del vampiro. Rimase fermo dove si trovava. Immobile. Socchiudendo semplicemente gli occhi. Accompagnando nella memoria le ultime parole che aveva sentito con quelle pronunciate da Angel prima di lasciare la baracca e partire senza una meta, deciso a rivoltare e setacciare il pianeta alla ricerca delle risposte che bramavano.



Improvvisamente non era più tanto sicuro di volerle sapere davvero quelle risposte…



“Per favore! Non funzionerà mai…” borbottò improvvisamente un vampiro lì vicino, spostando il suo bicchiere ancora colmo di sangue al lato del bancone. Spike si voltò stupito nella sua direzione e lo stesso fecero i numerosi demoni presenti all’interno del locale.

Lo sconosciuto deglutì.

“Cosa vorresti dire?” chiese minaccioso il demone-tartaruga, appoggiandosi torvamente sul tavolo.

Il vampiro arretrò un poco, impaurito. Sapeva benissimo che quei demoni non prediligevano la compagnia di quelli come lui. E non ci teneva minimamente a scoprire quanto fosse lunga la pazienza del loro capo, soprattutto in un momento come quello…



“Stavo solo pensando che le cacciatrici non sono mai state molto amichevoli e, anche quando ce n’era una sola… beh… noi vampiri abbiamo sempre avuto seri problemi a portare a termine i nostri piani… e ora che ce ne sono tante…”



Il demone si alzò ringhiando ed afferrò il vampiro per il bavero della camicia.



“…Su questo hai ragione…” disse, dopo una lunga pausa in cui il mezzo demone ebbe tutto il tempo di pentirsi sia di quello che aveva detto, sia di quello che non gli era nemmeno passato per la testa



“Ma per loro sfortuna c’è già chi ha pensato anche a questo!” esclamò lasciandolo andare. Il vampiro si rialzò tossendo e lasciò il locale di corsa. La risatina del demone richiamò l’attenzione di Spike, puntata fino ad un attimo prima sulle spalle del vampiro in fuga.



“Stasera, dobbiamo festeggiare!” esultò intanto il demone, ridendo sguaiatamente “Tra poco meno di sette giorni… la gloriosa stirpe delle cacciatrici diventerà solo un lontano ricordo!”



*****



“Fermati! Devo parlarti!”



Il vampiro si voltò. Sembrava ancora più pallido del solito alla debole luce dei lampioni.

Spike avanzò verso di lui con calma, misurando i passi. Non era sicuro che non lo conoscesse, o che non avesse partecipato di persona al massacro della notte precedente… bisognava stare all’erta…

Contro ogni previsione però il vampiro si voltò di nuovo di spalle e cominciò a correre più veloce che poteva, lungo la strada asfaltata.

Spike rimase un attimo interdetto. Poi, con un’imprecazione, si lanciò all’inseguimento del suo simile.



******



Angel uscì dalla baracca poco dopo che Spike se n’era andato, camminando lentamente.

Nelle sue orecchie, ancora le parole senza senso di Spike.

Cercare una nuova casa…

Certo! E magari anche mettere un cartello fuori dalla porta con sopra scritto: “Qui sede temporanea della Algel's Investigation. Entrate pure se volete farmela pagare per… tutto quello che vi ho combinato negli ultimi sei mesi!’

L’idea di Spike di farsi vedere di nuovo in giro dopo tutto quello che era successo equivaleva ad un tentato suicidio!

Senza contare che non sapevano nemmeno contro chi esattamente si erano andati a scontrare…

O contro cosa…

Tanto valeva gettarsi tra le fiamme sperando di uscirne vivi!

O non-morti, com’era effettivamente successo…

Angel sospirò. Nella sua follia distruttiva aveva pensato fino all’ultimo secondo di scontrarsi contro i Senior Partners, ma era ovvio che aveva clamorosamente mancato il bersaglio, lasciando la propria vita in mano ad un vampiro irriverente che fino al giorno prima gli avrebbe volentieri piantato un paletto nel cuore e che ora sembrava persino preoccupato per lui…

Spostò una lattina a terra con un piede e pensò a Buffy. Quella ragazzina che per lui era più indispensabile del sangue. Che si era innamorata di un vampiro che non aveva voluto tornare da lei e di un altro che era morto nel tentativo di restare per sempre al suo fianco. Spike. Gliel’aveva affidata. Affidata. Certo! Vai da Giles, cerca qualcuno. Vai e avvertila. Avvertila della minaccia incombente. Facile a dirsi. Elementare. Immediato. Certo. Ma poi? Spike non poteva di certo ignorare quanto fosse difficile per Angel ritornare nella sua vita senza appartenervi completamente. Guardarla, senza vedere nei suoi occhi il ricordo dei giorni che erano. Combattere al suo fianco, sapendosi null’altro che colleghi di lavoro. Era un bel problema. Un problema da cui Spike si era magistralmente sottratto. Da vigliacco. Lasciando ad Angel la sua bella gatta da pelare.

O forse era solo lui che stava scappando da un contatto che faceva troppo male anche solo a pensarci.

Angel sospirò, passandosi una mano tra i capelli scomposti. Abbassando gli occhi involontariamente verso il pavimento.

Spike aveva da sempre avuto il dono innato di confonderlo.

Era arrivato da lui una mattina e non se n’era più andato.

Aveva sofferto e combattuto dalla sua parte, ma lo aveva sempre deriso e sbeffeggiato ad ogni occasione.

Lo aveva battuto più di una volta e lui si era sempre rialzato sogghignando, ribadendo che non sarebbe bastato così poco per atterrarlo.

Angel lo provocava, e Spike gli rispondeva. Angel gli diceva di andarsene, e Spike trovava all’improvviso un motivo per rimanere. Lui lo estraniava dalle sue decisioni, e l’altro si trovava inaspettatamente sulla sua strada, con un sorriso smagliante e le mani infilate nelle tasche per sbattergli in faccia la verità, anche se in teoria non avrebbe nemmeno dovuto sapere di cosa stava parlando.



Ma la maggior parte delle volte aveva ragione…



Ed era per questo che Angel lo detestava.

Ricordava benissimo il giorno in cui se l’era ritrovato davanti, alla W&H.

Spike era… a dir poco terrorizzato. Tremava, si voltava frenetico in tutte le direzioni… a un certo punto Angel avrebbe giurato che stesse persino per scappare.

E poi, invece, era bastato pronunciare ad alta voce il nome di Buffy per farlo ritornare il vampiro che era una volta. Preoccupato per la sua donna ancor prima che per sé stesso; egoista, in un certo qual modo, nel parlare di lei e di tutto quello che erano stati davanti allo sguardo possessivo di Angel; arrabbiatissimo con tutti per il fatto di non poter lasciare la periferia di Los Angeles a causa di chissà quale incantesimo fatto sul medaglione che lui stesso aveva consegnato a Buffy il giorno della battaglia contro il Primo…

Furioso e rabbioso, offeso e offensivo.

Così se l’era ritrovato davanti.

Angel sospirò.

Eppure era rimasto.

Probabilmente se Spike non si fosse messo addosso quell’amuleto stregato, le cose sarebbero andate diversamente ed il mondo, ma soprattutto Buffy, sarebbero morti al posto suo, lasciando campo libero al Primo e alla sua schiera di eletti.

Spike era un eroe... si ritrovò ad ammettere Angel quasi con rimpianto.

Né più né meno di lui.

Il problema stava nel modo in cui aveva scelto di esserlo…

Troppo… impulsivo.



*****



Los Angeles, California, 23 aprile 2004



“Ma perché non vai ad annoiare qualcun altro con le tue assurde pretese si può sapere?!”



Angel stava scendendo le scale di corsa, inseguito a ruota da un agguerritissimo Spike, deciso come non mai ad accompagnarlo nei suoi pattugliamenti notturni.



“Dimmi almeno perché non vuoi che cacci con te. Nessuno si è mai lamentato del mio modo di fare e sinceramente sono stufo marcio di subirmi le chiacchierate senza senso di Harmony o gli sguardi languidi fra Wesley e Fred. Sono un uomo d’azione io!”



“Non sei un uomo, sei un vampiro. E mi stai davvero facendo saltare i nervi!” lo rimproverò Angel mentre usciva sbattendo la porta e Spike lo seguiva senza fare una piega.



“Non capisco perché ti lamenti tanto” continuava intanto imperterrito “Io ti do una mano ad eliminare quelli come noi dalla faccia del pianeta, tu salvi più innocenti, il rimorso della tua anima si fa sentire di meno, i conti tornano no?” Il vampiro fece finta di non averlo sentito, continuando ad avanzare nella notte.



“Quindi la domanda è una sola: di che cosa hai paura Angel?” lo stuzzicò Spike “Temi che qualcuno possa farsi del male se io ti seguo? Guarda che sono bravo quanto te a salvare il mondo e posso provartelo” e detto questo il vampiro afferrò un tizio che passava per la strada e gli affondò velocemente il paletto appuntito in fondo al torace. Il ragazzo si tramutò in cenere ancor prima che Spike mollasse la presa del giubbotto.



“Allora, hai visto? Non è così difficile per uno come me fare il tuo stesso mestiere…”



Angel si voltò verso il biondo esasperato. Lo squadrò da capo a piedi. Quando infine parlò la sua voce era strana, come se stesse dicendo una cosa, trattenendone mille altre sulla punta della lingua.



“Sai uccidere bene William, e allora?” sibilò “lo sapevi fare bene anche prima, non sei cambiato affatto." Spike rimase in silenzio, incassando il colpo "E poi, il Male non si ferma annientando solo i pedoni: è alla regina che bisogna puntare, con ogni mezzo necessario. Caduta lei, il re poi è cosa facile”



Spike rimase ancora un momento in silenzio, fissandolo.



“Wow…” sospirò infine, passandosi teatralmente una mano tra i capelli biondi e alzando leggermente un sopracciglio “Sai, visti così gli scacchi sembrano persino un gioco interessante. Il problema è che difficilmente un pedone può sperare di mangiare una regina…”



“Lo so.”



“E allora che si fa? Ci si nasconde dentro di lei come nel cavallo di troia sperando che non ci digerisca prima di arrivare a destinazione?”



“Esattamente”



Il biondo annuì serio, aggrottando le sopracciglia come se stesse riflettendo intensamente sulla questione. Angel si voltò soddisfatto. Cominciò a camminare con passo sicuro verso il prossimo vicolo. Adesso voleva proprio vedere se Spike avrebbe ancora osato dirgli qualcosa riguardo al suo piano…



“Ah, Angel!” lo richiamò naturalmente lui, con un'espressione indecifrabile sul volto.



“Nel tuo bel ragionamento, ti sei beatamente scordato degli altri pezzi della scacchiera!”





*****



Los Angeles, 16 maggio



Andiamo… rispondi…



All'ennesimo messaggio dell'operatore telefonico Angel sbattè il telefono sul divano.



Era da un'ora ormai che cercava di ricontattare Giles per sapere come stava Buffy.

Si alzò e scostò una delle tende.

Il sole era ancora alto nel cielo e quella casa abbandonata non offriva grandi distrazioni visto che la corrente era staccata e l'acqua pure, ma almeno aveva un riparo.



Tornò a sedersi sul divano e afferrò una sacca di sangue.



Appena Spike era partito aveva passato una buona parte del pomeriggio a gironzolare per le strade e i vicoli dietro la statale ovest di L.A., cercando di capire cosa fosse meglio fare.

Finalmente, i vigili del fuoco e la polizia se ne erano andati e lui aveva potuto ritornare sul luogo dello scontro. In alcuni punti erano ferme ancora alcune ambulanze che medicavano i feriti.

Angel si era aggirato tra le case distrutte e i corpi massacrati, approfittando della pioggia insistente che aveva coperto il cielo e gli permetteva di girare anche di giorno.

Aveva rubato alcune sacche di sangue e aveva 'preso in prestito' il cellulare di Gunn che giaceva nel fango.

E poi, finalmente, aveva trovato ciò che cercava…

Approfittando della pioggia, aveva raccolto in fretta quel corpo e l'aveva portato al riparo.

La fronte di Connor era madida di sudore e il suo volto era mortalmente pallido.

Angel si voltò.

Suo figlio giaceva ancora inerte sul letto matrimoniale, al di là della porta semiaperta.

Provato, ferito, sporco… ma vivo.

Infilò la mano nella tasca e sfiorò il pendente che brillò per un secondo di un vivido colore rossastro.

Un pendente di Giava…

Lo stesso che gli aveva chiesto di recuperare Giles.

La chiave di volta di tutto il suo piano.



*****



"Io non so niente, non so niente, non so niente, puoi credermi, non so niente!”

Spike scrollò le spalle del vampiro che teneva attaccato al muro, esasperato.

“Vuoi smetterla di dirmi che non sai niente e cominciare a calmarti invece?”

Il vampiro tremava come una foglia “Allora…” sospirò Spike al limite della sopportazione “Cominciamo dalle domande semplici ok? Come ti chiami?”

“M-Mark…” balbettò il vampiro. Spike sospirò.

“Ecco, vedi che se stai calmo a qualcosa servi? Adesso, Mark, rilassati… e ripetimi con calma quello che stavano dicendo al tavolo della locanda!”

Improvvisamente il vampiro lo guardò negli occhi e la sua espressione cambiò totalmente.

“I-io, io… io ti conosco!” esclamò sottovoce “t-tu… tu sei quello che lavorava insieme alla cacciatrice. Con Angel. Alla Wolfram & Hart!”

Spike irrigidì la mascella e strinse i pugni.

“Senti, se mi ripeti quello che hai detto ai demoni della taverna non ti succederà nulla!” azzardò, decidendo di sfruttare la situazione come meglio poteva: in fondo Mark adesso era da solo e se si fosse reso conto di non avere altra via d’uscita, avrebbe sempre potuto eliminarlo in fretta per poi andarsene di corsa...

“Certamente, mi credi tanto idiota!” esclamò invece Mark, spingendo con una mano sul petto del vampiro “Cosa credi che mi spingerà a dirti che le informazioni che cerchi le puoi trovare soltanto in Francia, da una ragazzina di nome Marta, orfana di entrambi i genitori da più di quindici anni?”

Spike lo guardò stupito. Lasciò andare il vampiro, stupito come non mai da quella fuga di notizie tanto rapida e ficcò le mani nella cintura dei jeans.

Mark si sistemò meglio la giacca e sorrise, per poi allontanarsi con tutta calma verso il fondo del vicolo.

“Se fossi in te lascerei perdere L.A., il nord, e andrei di filato verso il confine con l’Italia, in una località chiamata Nyons…” suggerì di nuovo il vampiro, cominciando ad allontanarsi “ e, fammi un piacere” esclamò voltandosi, prima di riprendere a camminare lentamente “se ti dovesse capitare di vedere Angel, digli che siamo pari… e che è stato un vero piacere lavorare per lui alla W&H!”



Spike lo guardò stupito allontanarsi tra la gente.

Mark… Angel che teneva alle sue dipendenze dei vampiri…un favore da ricambiare…

Era semplicemente pazzesco!



Ma in fondo cosa poteva aspettarsi da un vampiro che viveva con una licantropa e un'ex-dea, in uno studio con i vetri anti-sole, dormendo di notte e bevendo sangue aromatizzato di giorno, mentre esaminava pratiche alla sua scrivania come il più noioso dei burocrati?

Scosse la testa sorridendo.

Almeno, adesso, aveva una pista da seguire…



******



1996, Londra



“Abbiamo una pista da seguire!” Il sevo ridacchiò soddisfatto agitando le catene che teneva strette in una mano. Alla sua sinistra, un piccolo uomo basso e tarchiato si guardava intorno respirando affannosamente.

“Portatelo da lui!” ordinò il demone. E subito il vampiro diede un forte strattone alle catene del prigioniero, indicandogli la via da seguire.

Vincent lo guardò avvicinarsi, tremante.

Come un automa, si abbassò di fronte a lui, cercando il suo sguardo. L’uomo si sentì improvvisamente attratto da quegli occhi, di un viola così intenso, quasi magnetico…



Il tutto non durò che pochi istanti.



Un brevissimo cenno di assenso da parte di Vincent. La risata sgangherata del demone. Il rumore del corpo dell’uomo che veniva gettato lontano. Il collo piegato in un'angolazione innaturale… tutto faceva parte di un rito macabro che durava da troppo, troppo tempo.

Il ragazzo rialzò gli occhi sul volto del suo padrone. Rassegnato.



“L’hanno portata a Sunnydale” rivelò con tono neutro, rimanendo impassibile.

Alle sue spalle, il demone seduto sopra un massiccio trono d’argento si lasciò andare a un’inquietante risata.



“Perfetto” disse



“Hai fatto un ottimo lavoro. Partiamo nel pomeriggio.”





*****



N.d.a. - Chiedo immensamente scusa a tutti per il ritardo con cui arriva questo capitolo. Purtroppo causa ladri la mia connessione internet era temporaneamente fuori servizio.

Per ringraziarvi della pazienza, vi anticipo che posterò il prossimo capitolo mercoledì.

Ringrazio di cuore NightLady e Kasumi che trovano sempre il tempo per lasciarmi un commento e La Lady che ha addirittura messo la storia tra i preferiti, oltre a tutte le persone che l'hanno letta e seguita fin'ora, anche senza lasciare commenti.

Un grazie infinito a tutti e a presto!!



  
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