Desidero fare questa ultima nota,
cercando di evitare le accuse di plagio che mi verranno probabilmente rivolte.
Questa storia è stata ideata e scritta nel 2002, finita precisamente ad
ottobre. Quella che potete leggere è una specie di riedizione visto che,
rileggendola, mi sono accorta della forma scorretta e poco scorrevole. Ci sono
alcune parti che potrebbero far riferimento al telefilm "Dak Angel"
ma, credetemi, io l'ho scritta prima che si potesse vedere in Italia.
Dopotutto, è stato mandato in onda solamente nel 2003. Se non mi credete, sarò
ben felice di rispondere alle vostre critiche via e-mail attraverso il servizio
dei contatti. Spero, in ogni caso, che crederete alla mia buona fede. Grazie.
LA MUSHROOM TOWER.
Un lampo squarciò il cielo, rapido e
veloce come solo la luce sa fare. Per un attimo illuminò il cupo manto
notturno, rendendolo incredibilmente bello e surreale. Poi, sempre più piano,
si avvicinò un rumore forte, un boato. Il suono di quell'evento così lontano
era infine giunto alle orecchie, irretite da quel suono così particolare,
tipico dei temporali. Se si restava in vibrante ascolto, si poteva persino
sentire l'odore acre di qualcosa che bruciava, in lontananza, colpito dal
fulmine.
Erian chiuse gli occhi ed aguzzò i
sensi, cercando di percepire quelle informazioni che solo l'aria sa darti. Si
era isolata da ciò che le stava intorno, chiudendosi in un mondo fatto
solamente di cielo e terra, senza palazzi, senza gente. Le cadde una goccia
sulla punta del naso, poi in una spalla, infine tra i lucenti capelli corvini.
Stava cominciando a piovere.
Ritornando in sè, si voltò indietro,
alla ricerca del ragazzo. Aprì gli occhi e, per effetto del tempo, diventarono
dello stesso colore delle onde che si infrangono sugli scogli. Trovò il suo accompagnatore
al suo fianco, che la guardava. Aveva uno strano modo di osservarla, con i suoi
luminosi occhi verdi. C'era una vena di divertimento, di cinismo. Poi le
sorrise. Lei non fece altrettanto e, voltandosi verso la gigantesca struttura
che le si stagliava di fronte, cominciò ad avanzare.
La Mushroom Tower era anche chiamata
'il fungo maledetto', a causa della sua strana forma ma, soprattutto della sua
funzione. Sotto il grigio cielo di Michelangelo City, quello che poteva
sembrare un grattacielo, si ergeva imponente, come se controllasse l'intera
città. In quanto a grandezza, non è che fosse molto grande però, se si parlava
di altezza, il discorso cambiava radicalmente.
La sua struttura era fatta
interamente di acciaio, senza l'ombra di qualche colore; semplice. Non vi erano
finestre se non nella parte finale che, a vederla, sembrava proprio il cappello
di un fungo: ampio e grande, rispetto la parte sottostante. Tutto era grigio,
un colore freddo come la stessa torre. Molti sapevano qual'era la funzione,
pochi in realtà vi erano mai entrati.
Essa, infatti, era la sede di Nova.
Tutti sapevano chi fosse Nova; il supercomputer, dotato di un'intelligenza
artificiale, che controllava l'intera città, se non l'intera prefettura. Dalle
fattezze quasi umane, era un essere privo di qualsiasi sentimento, incapace di
provare amore od odio. Lei sapeva solo distruggere, distruggere ciò di cui
aveva paura. Era stata programmata, molti anni fa, da alcuni scienziati che
avevano riposto in lei molta fiducia, nella speranza di creare qualcosa che
avrebbe combattuto contro le guerre e la fame nel mondo.
Ma, si sa, che molti sogni dell'uomo
sono destinati a rimanere utopia. In un primo momento, Nova apprendeva con
piacere tutto quello che c'era da sapere sul pianeta in cui viveva...finchè non
le avevano parlato di Dio. Le avevano detto che era un'essere onnipotente, che
aveva creato tutte le persone, di cui tutti avevano timore.
Così aveva cominciato a creare i
Galerians, per essere come Dio stesso. Degli esseri, o per meglio dire degli
automi, che agiscono con il suo potere e per il suo interesse. Li controllava
come se fossero burattini, li trasformava in macchine di morte. Non si
distinguevano tra la gente, si confondevano con gli umani. Poi colpivano,
veloci e letali come mantidi religiose. Chiunque ne abbia riconosciuto uno, non
è vissuto abbastanza per poterlo raccontare in giro. Anche il precedente
sindaco. Aveva provato a fare qualcosa e, per tutta risposta, era stato ucciso
e appeso al mausoleo, come segno di ammonimento per tutti gli altri che
volevano distruggere Nova.
Erian era arrivata all'entrata
della Mushroom Tower, dove c'erano a guardia alcuni soldati. Si guardò intorno,
ne riconobbe qualcuno, altri non li aveva mai visti. Di solito erano dei
semplici cittadini, che non sapevano riconoscere la sottilissima differenza che
esisteva tra un galerians e un umano. Erano buon pagati, ciò bastava; non
desideravano conoscere altro. Proseguì, mostrando un lasciapassare al custode,
che la fece entrare senza troppi convenevoli. Si trovò subito nell'atrio,
grande e spoglio. Il ragazzo la seguiva a ruota, senza mai toglierle gli occhi
di dosso.
Si avvicinarono ad un piccolo
ascensore, entrando. Non digitarono alcun piano, la telecamera posizionata
sopra di loro li aveva già riconosciuti. Cominciarono a salire, mentre
Michelangelo City dormiva sotto di loro. Erian odiava quello spazio angusto, le
sembrava di ritrovarsi chiusa dentro ad una bara. Non che soffrisse di
claustrofobia o cose del genere, ma dividere quel poco di posto che c'era con
un altro, così vicino, le faceva venire il voltastomaco.
Cercò di non pensarci, mentre i
numeri sopra le porte dell'ascensore continuavano ad
aumentare...50...51...52...
Arrivati al 77° piano, si
fermarono di colpo. Uscirono e si ritrovarono in una stanza abbastanza piccola,
tutta dipinta di rosso bordeaux; c'era solamente una porta. Rispetto all'intero
ambiente, era incredibilmente maestosa. Interamente fatta di metallo e di legno
bianco, guardava tutti dall'alto dei suoi 3 metri d'altezza. Con passo felino,
Erian si avvicinò, bussando.
"Avanti" Disse una voce
metallica, al di là della porta. Era roca e dalle parvenze femminili.
Così come le era stato chiesto,
entrò. Subito le sue narici furono inondate di quel tipico odore che solo
alcuni ospedali riescono a darti. Un'aria umida, asettica, senza alcun tipo di
profumo. Erano entrati in una stanza enorme dove, al centro, troneggiava una
gigantesca macchina e, al suo interno, si trovava una figura dalle fattezze
umane. Era alta e snella, a vederla da lontano poteva sembrare una donna. Non
aveva capelli, non aveva vestiti, il suo corpo grigio risplendeva, il che
faceva capire immediatamente che era fatta di metallo. Gli occhi erano rossi
come il sangue.
Dopo alcuni secondi, che parvero
quasi interminabili, i due ragazzi si inginocchiarono, abbassando la testa.
"Madre, la vostra umile
figlia Erian è appena ritornata dalla missione da voi affidatagli" Disse
la ragazza, con tono solenne e austero. Portava rispetto per la sua creatrice,
tanto da non voler parlare con lei in piedi ma inchinandosi. Nova si avvicinò,
lentamente, scrutando i suoi fidi Galerians.
"Allora, hai fatto quello che
ti avevo chiesto?" Disse in seguito, fissandola.
"Sì." Una risposta
secca, tanto da non ammettere repliche. La madre cominciò a ridere di gusto,
mentre la sua strana voce riecheggiava dappertutto.
"Molto bene. Il signor Colin
si è comportato bene?" Domandò, con scherno.
"Non ha regito bene così l'ho
ucciso, come voi mi avete ordinato. Non posso permettere che uno stolto vi
uccida, madre." Poi si voltò verso il ragazzo. "Rion ed io non
abbiamo fatto in tempo a pulire tutto quel disastro, abbiamo abbandonato la
metropolitana."
Il volto di Nova si accigliò un
po', ma tornò subito rilassato. Cominciò a guardare con curiosità il ragazzo
vicino a lei, come se le fosse venuta un'idea stuzzicante in mente. Si
allontanò un poco dai due, per poterli vedere meglio.
"Dimmi Erian, tu vuoi bene a
Rion?" Domandò, con voce autoritaria. A quella domanda, lo vide sussultare.
"Con tutto il rispetto che ho
per voi, madre, l'addestramento non prevedeva niente del genere. Non so cosa
può significare voler bene ad una persona." La sua voce era gelida,
incolore. Nel dire quelle cose, non provò un benchè minimo sentimento.
"Certo, ogni tanto non
rammendo che tu sei il Dark Angel." Si guardò intorno, prendendo poi un
bastone colorato interamente nero. "Alzati Erian, prego, vieni qui vicino
a me." Lei, un po' sorpresa, lo fece come se le avesse dato un ordine. Si
avvicinò, mettendosi di fronte a lei, a testa bassa. "Ti piacerebbe avere
quest'arma?"
Nel dire questo, premette un
bottone nascosto sul bastone. Velocemente, due lame spuntarono fuori dalle due
estremità. Erano lucenti, levigate, pulite, quasi trasparenti. Persino all'interno
di quel salone così tetro, brillavano di luce propria. Erano molto lunghe ed
affusolate, avrebbero tagliato una testa in pochi secondi.
"Mi perdoni, madre, ma di
che..." Non fece in tempo a finire la frase che Nova, con un gesto
fulmineo, appoggiò una delle lame sulla mano di Erian. Al solo contatto, un
rivolo di sangue cominciò a sgorgare da un piccolo taglio.
"Di che materiale sono fatte?
Di diamante, duro ed infrangibile. E' la riproduzione di una vecchia arma usata
nel medievo per le torture, interessante, non è vero? Prendila, è tua. Sarà la
tua nuova arma."
La prese, incredula. Era stato un
dono veramente ottimo, un'arma unica ed invincibile.
"Vi ringrazio." Si
inginocchiò di nuovo, facendo ritornare le lame al suo posto.
"Ora andatevene immediatamente.
Ho dei compiti da assolvere." Detto questo, si girò e cominciò ad
esaminare alcuni file in un computer.
I due, senza proferir parola,
aprirono la porta ed uscirono. Tra quelle stanze vigeva la regola del silenzio
assoluto, in ogni momento. Presero una boccata d'aria e poi, ritornando
all'ascensore, si prepararono a ritornare a casa.
CONTINUA...