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Autore: JulietAndRomeo    27/08/2012    1 recensioni
Io rimasi un attimo interdetta: Nick? Quel Nick? Il figlio di Jeremy? Il tipo che avevo odiato a prescindere?
Come se ci fossimo letti nel pensieroci girammo l'uno verso l'altra: «Cosa?»
«Sta zitto!», «Sta zitta!» urlammo all'unisono e continuammo: «Io?»
«Tu!»
«No!»
«No?»
«Si!»
«Smettila!» concludemmo.
questa è la prima storia che scrivo e l'ho fatto per un concorso letterario a scuola quindi non so neanche come è venuta: la pubblico perché mi piacerebbe avere un vostro parere, non so ancora quanto sarà lunga perché il concorso sarà a settembre quindi devo ancora finirla. E' un giallo/commedia perché non piacciono neanche a me le cose troppo pesanti da leggere quindi l'ho 'alleggerita'. Non vi chiederò un commento, quello deve essere a vostro buon cuore. Adesso vi lascio, buona lettura
Genere: Commedia, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 16: Film patetici che non andrebbero guardati.

Quando mi ripresi, era come se il mio cervello non volesse collaborare per trovare una via d'uscita da quella situazione... spinosa, ecco.

Aprii gli occhi lentamente, proprio come la prima volta, solo che questa volta, la luce mi investì subito.

Quello che vidi, risultò ancora più confuso di come mi sarei aspettata: ero confusa, e anche parecchio, considerando che mi avevano presa a pugni come un sacco da boxe, ma ero abbastanza lucida da capire che qualcosa non andava.

Tutto era capovolto e un innaturale silenzio avvolgeva tutto. Mi chiesi come prima cosa come mai il mondo si fosse rovesciato e poi compresi che non era il mondo ad essersi rovesciato, bensì io.

Ero appesa a testa in giù sopra una vasca, dalla quale usciva un odore di... bruciato e di sostanze chimiche. E poi mi ricordai che cosa conteneva la vasca e cominciai a tentare di trattenere il fiato più a lungo possibile.

«Finalmente uno dei nostri due ospiti si è svegliato!» esclamò una voce sotto di me.

Era di Derek, lo scimmione di prima.

«Ho aspettato che vi svegliaste per cominciare, mi diverte sentire le urla di terrore ogni tanto» continuò sorridendo malvagio.

«Cosa?» domandai io più confusa che persuasa.

«Ho aspettato. Ho aspettato per farvi assistere alla vostra prematura fine. La signorina Wollaby aveva espressamente richiesto di lasciarvi dormire e di uccidervi lo stesso, senza aspettare, ma lei non è qui e io provo un assoluto piacere ad ascoltare le persone che implorano di essere risparmiate. È... fantastico» disse.

«Beh, da me non sentirà un fiato, quindi è prettamente inutile sperare che io la supplichi».

«Combattiva, la ragazza. Vorrà dire che non le dispiacerà allora se aziono la macchina... sa, stasera avrei altre cose ben più interessanti di farvi da baby-sitter da fare... non so se mi spiego».

Il suo sguardo malizioso e allo stesso tempo cattivo, lo aveva aiutato a spiegarsi sin troppo bene, quindi gli risposi.

«Non si preoccupi, azioni pure tutto, la mia è stata una vita fantastica, non ho alcun tipo di rimpianto» dissi con un sorriso ironico sul viso.

«Bene, allora adios!» disse spingendo un pulsante su un piccolo telecomando.

La macchina a cui ero legata, cominciò ad abbassarsi pericolosamente verso la vasca, mentre Derek usciva dalla porta di metallo, da cui ero entrata, ridendo di gusto.

'Si va in scena' pensai.

Cominciai a valutare la situazione, mentre tentavo di svegliare Nick, ancora svenuto, appeso accanto a me.

«NICK, ACCIDENTI, VUOI SVEGLIARTI?» urlai fuori di me all'ennesimo tentativo.

«Oh, cos... cosa?» disse lui, appena si riprese.

«Alleluja! Volevi ti mandassi un telegramma, prima di degnarmi della tua attenzione?!».

«Dov'è Tiffany... e tua madre?» chiese senza darmi ascolto.

«Lascia perdere, a loro ci penseremo quando saremo sicuri di non esserci sciolti nella soda caustica. Adesso dimmi: hai anche tu le mani legate?».

«Si, perché?».

«Smettila con le domande inutili, rispondi solo alle mie domande».

«Ok».

«Cosa vedi davanti a te?» chiesi.

Essendo legati schiena contro schiena e non potendomi girare, dovevo fidarmi delle parole di Nick.

«Oh, beh... c'è... c'è un'enorme macchina... somiglia ad una gru, ma non è una gru... non so come spiegarlo».

«Siamo spacciati. Ascolta, la soda caustica è corrosiva anche se viene inalata, quindi tenta di trattenere il fiato il più a lungo possibile e parla solo quando te lo dico io o per dirmi qualcosa di estramamente importante. Chiaro?».

«Si».

'Bene'.

Cominciai a tastare il nodo che mi legava le mani, in modo da poterlo sciogliere, e in breve tempo riuscii a far cadere le corde che mi segavano i polsi nella vasca sotto di noi.

Ancora qualche minuto ed io e Nick saremmo diventati scheletri.

Sempre tentando di trattenere il fiato e facendo leva sugli addominali, riusci a piegarmi fino a riuscire a vedere i miei piedi, legati tra di loro, appesi ad una corda, più robusta di quelle che ci legavano le mani, collegata ad una specie di carrucola.

Considerai ed esaminai velocemente i nodi, ma il respiro trattenuto, il poco ossigeno al cervello e ai tessuti, cominciò a farmi bruciare i muscoli dell'addome e i polmoni, e la fatica si fece sentire, tanto che dovetti tornare a testa in giù per riprendere fiato.

Dopo che questa operazione fu completa, tornai a fare leva sugli addominali e tornai alla posizione precedente.

Per mia sfortuna, quel giorno non ero uscita armata di casa e non vedevo come avrei potuto sciogliere i nodi, quindi tentai di pensare a qualcosa che potesse aiutarmi.

«Nick» dissi dopo qualche secondo: «Adesso ti sciolgo i nodi delle mani, dopodiché farai tutto quello che dico io senza fiatare, chiaro?».

«Si, hai qualcosa in mente?».

«A dopo le domande, continua a trattenere il respiro» dissi tornando a testa in giù.

Con non poca fatica, data la nostra posizione, sciolsi i nodi che legavano le mani di Nick e buttai la corda nella vasca, guardandola sparire in pochi secondi.

«Adesso devi starmi bene a sentire, alzati per come sto facendo io» dissi rimettendomi a testa in su e aggrappandomi alla corda che teneva i nostri piedi legati: «Dopodiché, senza domande, aspetta fin quando non ti dirò di lanciarti fuori dalla vasca. Chiaro?».

«Ma abbiamo i piedi legati!».

«Avevo detto di rimandare a dopo le affermazioni e le domande stupide, no? Ascoltami per una buona volta!».

Lui annuì e si mise in piedi, aggrappandosi alla corda come avevo fatto io, mentre la macchina continuava a farci scendere di quota.

'Se non funziona, siamo spacciati' pensai.

Guardai Nick che ancora tratteneva il fiato e lui ricambiò lo sguardo.

«Adesso ascoltami bene: dobbiamo avvicinarci alla soda caustica per far sciogliere le corde che ci legano; abbiamo le scarpe perciò i nostri piedi saranno protetti per qualche secondo, forse due o tre, quindi dovremmo buttarci fuori il più velocemente possibile, se hai capito tutto annuisci».

Lui annuì velocemente, con uno sguardo spaventato, ma risoluto, sul volto.

«Bene».

Aspettammo un'altra decina di secondi e poi le corde cominciarono a fumare.

'Funziona'.

Altri due secondi e si furono sciolte completamente.

«Adesso!» urlai.

Entrambi, contemporaneamente, saltammo fuori dalla vasca, ma io, data la stanchezza e i fumi dell'acido che mi annebbiavano la mente, riuscii ad arrivare per un soffio oltre il bordo della vasca.

Mi sentivo la gola secca e irritata, faticavo a parlare e anche a respirare, ma avevo altro di più importante di cui occuparmi.

«Stai bene?» chiesi a Nick con voce rauca.

«Si, tu?» la sua di voce era normale, anche se si vedeva che era scosso.

«Bene. Adesso dobbiamo andare, non c'è tempo» dissi alzandomi barcollante.

«Sei sicura di stare bene? La tua voce è...».

«Si, sto bene. Andiamo» tagliai corto.

Lui annuì, anche se non sembrava convinto, ma si alzò comunque in fretta, o almeno, più in fretta di me, e uscimmo insieme all'aria aperta.

«Di qua» dissi appena fummo fuori.

Per fortuna avevo parcheggiato la moto lontana, perché evidentemente nessuno ci aveva fatto caso e adesso era l'unico veicolo nel raggio di chilometri, forse.

«Hey, voi due, dove credete di andare?».

Derek la bestia, era appostato poco lontano da noi, lungo la strada e adesso incombeva come una montagna persino su Nick.

«Ad avvertire qualcuno» dissi avvicinandomi a lui.

«Oh, davvero, ragazzina?».

«Pessima mossa, amico» sentii Nick mormorare, alle mie spalle.

«Tu hai dato a me della ragazzina? Comincia a scavarti la fossa» soffiai minacciosa con gli occhi assottigliati.

«Perché, che vorresti fa...».

Non terminò mai la frase, perché la ragazzina, gli diede un calcio nelle parti basse, ben piazzato, che lo fece inginocchiare, lacrimando.

«Uh... quello deve avergli fatto male» disse Nick.

«E non ho ancora finito! Questo è per prima, stronzo» dissi mollandogli un destro sul naso: «Dimenticavo, me ne hai dati tre!».

Lo presi per la maglia e gliene assestai un altro sullo zigomo, vicino al naso, che probabilmente adesso era rotto.

A quel punto, dato il peso che aveva, gli lasciai andare la maglietta e quando si stese, gli diedi una pedata nello stomaco: «Non ho la forza di mollarti un altro pugno, ma tu me ne hai dato uno nello stesso punto poco fa, quindi compenso in questo modo» dissi acida.

Poi, dopo averlo messo a nanna, mi voltai verso Nick: «Mi sono sfogata, andiamo» gli dissi.

«Ricordami di non farti arrabbiare mai» disse deglutendo.

«Troppo tardi e adesso monta» dissi indicandogli con un cenno del capo la moto.

Lui salì e, passando sopra la mano di Derek, feci inversione di marcia e sgommando, volammo sulla strada non asfaltata, fin quando non arrivammo sulla Pacific Coast Highway.

Mentre mi immettevo velocemente sulla corsia di marcia giusta, circa una decina di auto, minacciarono di arrivarci addosso... fortunatamente, oggi qualcuno lassù o laggiù era dalla mia parte e nessuno ci investì.

«Nick, chiama Lewis, Miller o Anderson e digli quello che sta per succedere, dobbiamo impedire che il distretto salti per aria e se loro sono informati, la C.I.A. e l'F.B.I. saranno dalla nostra».

«Non posso».

«Che significa che non puoi?!».

«Significa che la strega dai capelli rossi, mi ha tolto il telefono».

«Cazzo!» urlai.

Lo feci così forte, che una vecchietta che passava per strada cominciò ad urlarmi dietro, nonostante stessi andando a 180 km/h.

«Ok, dobbiamo avvertire Lewis e non abbiamo un telefono, come facciamo?» chiesi rivolgendomi sia a me stessa che a Nick.

«Ci fermiamo e chiediamo un telefono».

«Ottima idea» accostai vicino ad un uomo e Nick scese velocemente dalla moto per chiedere il telefono.

«Ricorda che devi dire a Lewis: le due pazze, tentano di far saltare il distretto. Digli che ci vediamo lì e che Anderson e Miller devono contattare le rispettive agenzie».

Nick annuì e chiese al tizio con il cappello che avevamo avvicinato di prestargli il telefono.

Tornò da me con il telefono e il suo proprietario dappresso e mi disse: «Ecco sta squillando».

«Bene, allora ci vediamo dopo» risposi accendendo il motore.

«Co-cosa?» disse lui colto di sorpresa.

«Non posso permettere che tu corra ulteriori rischi» ribattei filando via.

'E ancora una volta sei sola. Puoi farcela... devi farcela. Speriamo che Miller o Anderson capiscano tutto' pensai mentre volavo praticamente sull'asfalto.

Arrivata in prossimità del distretto, cominciai a rallentare, non potevo permettere che qualcuno di loro, appostato fuori, mi notasse. Dovevo agire di soppiatto, sfruttando il cosidetto 'effetto sorpresa'.

'Mi sento come in un film patetico e di scarsa qualità, uno di quelli che tutti guardano e nessuno apprezza' pensai mentre scendevo velocemente dalla moto e cominciavo a strisciare lungo un muro laterale alla stazione di polizia.

Mi fermai solo quando, incontrata una parte di muro leggermente più basso, potei alzarmi sulle punte dei piedi e vedere quello che stava succedendo nel cortile del distretto.

'Sembra tutto tranquillo' pensai mentre cercavo le telecamere di sicurezza.

In fondo si erano inseriti nel sistema di casa mia e potevano farlo anche con quello della centrale di polizia.

Accertatami che non ci fosse niente di sospetto in giro, mi issai sulle braccia e scavalcai agilmente il muretto.

Mi dovetti nascondere subito dopo in un cespuglio lì vicino, per evitare che un agente mi vedesse e mi scambiasse per un'intrusa. Appena l'uomo passò, mi alzai velocemente e sgattaiolai vicino l'ingresso posteriore, seguendo l'agente.

Lui entrò velocemente e io mi affrettai a seguirlo: solo una volta ero entrata dall'ingresso posteriore e quella volta, Lewis ci aveva pilotati velocemente attraverso corridoi, porte e stanze, senza darmi il tempo di poter capire dove fossimo con precisione.

Mi avventurai, sempre nascondendomi, attraverso i primi corridoi, fin quando non decisi di essermi persa. In quel momento, un agente anziano, stava venendomi incontro e l'unico posto in cui potevo rifugiarmi era una porta alla mia destra. La aprii velocemente e altrettanto velocemente la richiusi alle mie spalle.

Sentii l'agente fermarsi davanti alla porta e poi allontanarsi a passo svelto.

Tirai un sospiro di sollievo e cominciai a guardarmi intorno. In meno di un secondo realizzai la mia fortuna. Prima non lo avevo notato, essendo troppo occupata ad evitare di farmi beccare, ma adesso che il mio cervello aveva riconnesso i fili, stabuzzai gli occhi, guardando quello che avevo di fronte.

Ero finita nello spogliatoio del distretto: le pareti erano tappezzate di armadietti e su ognuno di esso erano riportati nome e cognome degli agenti.

Mi ricordai velocemente di Barbara, 'l'agente super sexy del distretto', come l'aveva definita Nick la prima volta che l'aveva vista e, nonostante non conoscessi il suo nome, cominciai a cercare il suo nome. L'avevo vista anchio di sfuggita e portava più o meno la mia taglia, forse era leggermente più alta, ma con qualche svolta qui e li sarei dovuta entrare nei suoi vestiti alla perfezione.

Cominciai così a scorrere tutti gli armadietti e quando alla fine avevo perso le speranze, trovai il suo armadietto: era il terzo in alto partendo da destra e, senza perdere tempo lo forzai e rubai l'uniforme.

Mi andava leggermente larga, ma almeno adesso avevo una copertura... dovevo solo rimuovere la targhetta con il nome, appuntata alla giacca.

Appena riuscii a strappare il cartellino in ottone, mi precipitai alla porta e percorsi il corridoio nella stessa direzione che aveva seguito l'agente di poco prima.

Svoltai qualche angolo, attraversai qualche stanza e percorsi qualche corridoio, ma alla fine riuscii ad arrivare alla sala centrale del distretto.

Camminando a testa bassa e nascondendomi sotto il cappello, evitai le telecamere e mi diressi velocemente alla scrivania dell'agente Morris (era il cognome di Barbara).

Presi il telefono e digitai il numero di Anderson. Per qualche secondo, temetti che non avrebbe risposto, infatti appena Anderson rispose tirai un sospiro di sollievo.

«Anderson».

«Sono io, Macy Cullen» dissi parlando sottovoce: «Sono al dipartimento, credo che tengano d'occhio le telecamere di sicurezza, faccia portare le chiappe qui a quanti più agenti possibili, perché se mi beccano, una volta superata l'incredulita per la mia non-morte, mi faranno fuori per davvero e io sono sin troppo giovane per morire, devo ancora sposarmi, divorziare e spennare il mio ex-marito come un pollo» continuai bisbigliando.

«Che bella prospettiva di vita! Comunque, abbiamo recuperato il suo amico, Cullen, entrambe le agenzie stanno arrivando e anche noi, quindi si calmi».

«Senta: io non sono un tipo aggressivo, ma se portate Nick qui, pretenderò la vostra testa, in modo da poterla appenderla in salotto. Inoltre, ho appena rubato la divisa di un agente di polizia e sono praticamente in incognito, quindi non so quanto posso resistere. Le due pazze hanno intenzione di far saltare il distretto, quindi se vedranno arrivare qui enormi macchinoni della C.I.A. o dell'F.B.I., si insospettiranno e faranno una caneficina e ripeto che nel mezzo ci sono anche io, quindi cercate di non combinare casini».

«Bene, allora riesce a vedere quello che succede all'interno?».

«Ma dico, ha sentito solo questo di tutto quello che le ho detto? E comunque, io non so orientarmi bene qui dentro, quindi non saprei dirle, ma si, posso vedere l'intera sala principale».

«Non ho sentito solo quello e in ogni caso dovrà essere i nostri occhi lì dentro: in ogni uniforme di polizia, dovrebbe esserci un auricolare che esce dal colletto, riesce a metterlo?».

«Ma certo che riesco a metterlo, per chi mi ha presa?» dissi indignata.

«Lo metta e poi, nel taschino dell'uniforme, dovrebbe esserci anche una specie di pinza, la attacchi sul petto, è un microfono. Una volta che ci saremmo collegati con le frequenze radio esatte potremmo comunicare».

«Bene, adesso devo chiudere il telefono, sbrigatevi a trovare la frequenza esatta, perché devo esplorare il resto del distretto, non so come orientarmi e mi serve Lewis».

«Bene» disse chidendo il telefono.

«Bene...» mormorai flebile io.

Solo Gesù Cristo sapeva come avrei fatto a venire fuori da quel casino.

   
 
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