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Autore: Audrey Shadows    27/08/2012    4 recensioni
Mel ha quasi 18 anni, è una ragazza alta, con lunghi capelli neri, e occhi verdi che con il cattivo tempo diventano grigi.
Aveva poco più di 17 anni quando le venne diagnosticata la leucemia.
Improvvisamente, a differenza del carattere forte che l’aveva sempre contraddistinta, smette di lottare e si abbandona alla chemio e ai sintomi postumi che essa causa.
Iniziò a dividersi tra l’ospedale di LA e casa sua, nella quale aleggiava una forzata allegria.
Solo una cosa ancora le lascia un briciolo di speranza: la musica.
In particolare 4 ragazzi, che continuano a farle battere il cuore, pompando sangue nelle vene.
I Tokio Hotel.
Quando li vide la prima volta di innamorò immediatamente; sognava di poterli incontrare, andare ai loro concerti, farsi delle foto con loro etc….
Sognava che Bill un giorno potesse ricambiare il suo amore.
Poi era arrivata quella cazzo di malattia.
E la sua vita era finita, ancora prima che potesse cominciare.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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-devi per forza metterti quell'odioso coso? Fa una puzza che non si respira!- Tom, un po' più giovane, venne colpito alla spalla da un pugno sferratogli da una ragazza bionda occhi cielo. Questa era rimasta sorridente.

-il coso in  questione si chiama smalto, e sì, lo devo mettere per forza. Ti ricordo che è il mio portafortuna. E oggi è un giorno alquanto importante- La ragazza, che rispondeva al nome di Liz, tornò a sedersi sul pavimento difronte al ragazzo, continuando l'operazione di stesura di smalto sulla mano destra. Operazione estremamente delicata.
-sei proprio sicura di volerlo fare?- la voce di Tom si era addolcita e la guardava con un mistro di preoccupazione ed ammirazione.
Liz lo guardò e sorrise -sì, lo devo fare per me stessa ...-
Tom annuì distrattamente guardandola.
Era così bella, così ... non c'erano parola per descrivere quanto l'amasse.
Sì, l'amava. L'aveva proprio pensato.
E aveva una paura fottuta di perderla.
Stranamente dalle spettative, Liz non era anche la migliore amica di Bill. Anzi, i due ragazzi parevano starsi sul cazzo reciprocamente, e non meno di 5 o 6 volte Tom era dovuto intervenire prima che venissero alle mani.
-posso accompagnarti?- le chiese timidamente avvicinandosi a lei.
-Tom ... odi la violenza ...- Liz lo guardò dolcemente e gli accarezzò una guancia -sarebbe uno strazio vederti tra il pubblico con la faccia contorta in un espressione di dolore-
-forse hai ragione ... posso almeno portarti fin lì in macchina?- per accompagnarla in macchina intendeva con quella della madre, con sua madre.
-va bene- concesse infine la bionda -a patto che quando tra due settimane esce il singolo, tu nonostante diveterai famoso, continuerai a venirmi a trovare-
-cosa?- aveva chiesto alquanto stupito -ma sei scema? è la prima cosa che faccio non appena torno a casa dai tour!- e l'aveva abbracciata.
L'aveva tenuta stretta a sé, come se non volesse lasciarsela scappare.
-Tom? che hai? sei strano ... vuoi parlarmi di qualcosa?- gli occhi della ragazza si erano puntati in quelli del ragazzo, facendolo andare in tilt.
-sì ... è una cosa stupida, ma io non vorrei che tu andassi a quell'incontro ... ho paura che tu ti faccia male-
-che? Io farmi male? Dovranno stare attente a loro ... non permetterò a nessuno di farmi nemmeno un graffio- gli sorrise, cercando di infondergli la sicurezza che serviva.
Ma continuando a guardarlo, capì che non ci era riuscita per niente.
-Tom ... ascolta, non succederà niente, te lo prometto.- e Tom cercò di trovare della verità in quelle parole, ma sapeva che niente sarebbe andato come programmato.
Nelle arti marziali miste non potevi mai sapere, mai.
E lui aveva paura proprio di questo, che si facesse male, gravemente.
-posso ... posso fare una cosa?- sentiva un brutto presentimento, come quando Bill era lontano da lui e stava male. Il brutto presentimento si fondeva in una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
-che cosa?- Liz lo guardava, sorridendo timidamente.
Tom prese il suo viso tra le mani, poggiò la fronte alla sua e la guardò dritta negli occhi.
-Liz, non l'ho mai detto nessuno prima ... nemmeno a mio fratello, ma credo che tu sia la persona giusta. Lo penso davvero-
Liz poggiò le mani sopra quelle di Tom e lo guardò curiosa, incitandolo a continuare il discorso.
Tom sospirò: sapeva di fumo e teh alla pesca.
-io ti amo Liz ... e ho una paura fottuta che io ti possa perdere.- Liz rimase esterrefatta a quella confessione, e ancora prima che potesse dire niente, Tom poggiò le labbra sulle sue.
Il caldo, quasi ustionante delle sue labbra, misto al freddo del metallo del piercing la fecero andare in tilt. Quante volte aveva fantasticato su quel momento, che sembrava non dovesse mai arrivare. E forse non sarebbe mai arrivato.
Ma ora erano lì, Tom le aveva detto di amarla e lei ... e lei? Ovviamente lo amava, ma sapeva che l'avrebbe perso, inevitabilmente.
-Tom ...- Liz si staccò e lo guardò negli occhi. A quel punto il ragazzo si allontanò da lei prendendosi il viso tra le mani.
-sono un idiota ...- Liz sorrise e gli si riavvicinò, sussurrandogli in un orecchio -anche io ti amo, per la cronaca- e così, passarono il resto del pomeriggio chiusi in quella camera, baciandosi, accarezzandosi e donandosi l'affetto di cui tutti e due avevano bisogno.
Lo smalto rimase aperto sul pavimento, e alla mano destra c'erano due dita non colorate, ma nessuno ci diede peso.
Verso le sei del pomeriggio Liz fu portata al luogo dell'incontro, salutò Tom e la madre del ragazzo ed entrò.
Tom si memorizzò per bene la strada; sarebbe tornato lì più tardi. Quell'orrenda sensazione non voleva andarsene.

-e ora la semifinale!! attenzione: la campionessa imbattuta Taylor Steffens contro una ragazza che non scherza, un grande applauso di incoraggiamento per Liz Ebel!!- un boato pervase il capannone adibito a palestra.
Tom era schiacciato da varii ragazzi, che puntualmente lo guardavano male. Che si andassero a far fottere, per quanto gli riguardava.
Finalmente trovò un posto abbastanza vicino ai tappetoni dove si svolgeva l'incontro.
Vedeva chiaramente Liz, in un angolo, sudata. Indossava un top sportivo nero, con pantaloncini in tinta. I capelli legati e una fascia.
I bellissimi guanti che le invidiava.
Stava saltellando da un piede all'altro sbuffando e caricandosi.
Tom la guardava in silenzio; sapeva che non doveva essere lì, ma a casa sua, nel suo letto.
La campanella di inizio dell'incontro suonò e Liz cominciò a girare intorno all'avversaria che subitò sganciò un destro seguito da un sinistro.
Liz li schivò entrambi, ma non riuscì a schivare il calcio laterale che li seguì. Una smorfia di dolore la fece accovacciare. Tom digrignò i denti.
Ma la bionda si riprese, una o due boccate d'aria e tornò a guardare con aria di sfida l'avversaria.
Iniziò a sferrare pugni a raffica, colpendola una o due volte in viso, e Tom si chiese come una ragazza potesse soportare quel dolore; poi Liz la caricò e la sbatté a terra.
Salì a cavalcioni sopra l'altra ragazza, e iniziò a tempestarle di pugni il viso, ma poi quella sotto, quella Taylor, capovolse la situazione e cominciò a menarle di santa ragione.
Tom represse la voglia di andare sul "ring" e ammazzarla di botte.
Poi Taylor le si tolse di dosso, o almeno è quello che vide Tom.
Liz si rialzò in piedi e cominciò a scartare e a parare i colpi dell'avversaria.
Sembrò sul punto di vincere.
-Vai Liz!!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola. Non poteva averlo sentito, ma nemmenoera riuscito a reprimerlo. Ma Liz si voltò nella sua direzione.
Bastò quella frazione di secondo per mandare tutto a rotoli.
Taylor smollò un gancio destro, un sinistro, di nuovo un destro e poi un circolare che prese Liz in pieno viso.
Tom assistette alla scena inorridito: la testa di Liz si piegò in maniera innaturale, poi il suo corpo cadde a terra come un sacco di patate.
Tom sgomitò per raggiungere la ragazza, ma tutti si stavano ammucchiando per vedere in che condizioni versava.
Tom aveva gli occhi pieni di terrore quando sentì gridare da qualcuno "è grave, chiamate un ambulanza. Credo che il collo sia spezzato".
Non riuscì ad avvicinarsi nemmeno per un secondo, rimase stretto in mezzo alla folla, che come impazzita cercava di uscire.
Chiamò sua madre, e quado arrivò riuscì solamente a correre e trovare rifugio tra le sue braccia.
Simone lo portò a casa, non sentendosela di chiedergli spiegazioni. Attese fino al giorno seguente, quando Tom si alzò e riversò il suo fiume di parole, non censurando nemmeno il pomeriggio che avevano passato insieme.
La madre non era stata capace di dire nulla, solamente nel poemeriggio riuscì a dirgli di prepararsi che l'avrebbe portato all'ospedale.
Bill in quei giorni era a casa di Andreas, ma quando lesse il messaggio di Tom "ho bisogno di te" corse immediatamente.
Dopo un'attesa che sembrò non finire mai, nella sala d'aspetto dell'ospedale, Tom vide la madre di Liz uscire da una stanza e le andò incontro.
Aveva il volto rigato dalle lacrime.
-oh Tom ... è in coma, non sanno se si risveglierà ...- e poi lo strinse a sé. A Tom non erano mai piaciute certe effusioni, ma in quel momento proprio non si sentiva di respingerle come un bambino viziato.
Poté entrare solamente 5 minuti, 5 minuti in cui rivide con orrore ogni secondo della sera prima. Era colpa sua se quella ragazza era in quel letto.
Era tutta colpa sua.
Le lacrime gli riempirono gli occhi, facendogli vedere tutto sfocato. Li strinse e i lacrimoni percorsero le guance. Strinse la mano inerme della ragazza.
Aveva la testa fasciata, ma riusciva ad intravedere il naso tumefatto e un occhio nero e portava un collare.
-che cosa ho fatto ...- riuscì a sussurrare tra i singhiozzi.
Poi venne solo stretto nell'abbraccio di suo fratello -mi dispiace tanto Tomi ...-
Ma lui non si meritava la compassione degli altri. Era tutta colpa sua.
Le visite nel corso dei mesi andarono affievolendosi. L'ultima volta che andò a trovarla era il 2007; Liz era in come da ormai due anni.
Chiese ai genitori se potevano fargli avere qualche notizia della ragazza, qualunque notizia. I due avevano acconsentito di buon grado e si era concentrato sulla carriera.
Nei primi tempi si portava a letto le ragazze per sfogare il suo dolore, la sua rabbia. Ma poi il sentimento che aveva verso Liz andò affievolendosi, fino a rimanere sepolto sotto strati e strati di polvere del suo cuore.
E quella sera era stato ridestato.

Tom sospirò. Si era calmato, ma sapeva che doveva fare una cosa, l'unica cosa che lo avrebbe fatto stare meglio.
Si alzò e si pulì i pantaloni dalla sabbia, raggiunse la macchina camminando lentamente.
Sarebbe partito e sarebbe andato da lei.
Probabilmente non si era mai risvegliata e ancora molto più probabilmente non sarebbe mai successo, ma doveva andare da lei. Sentiva come se qualcosa lo trascinasse.
Salì in macchina e scrisse un messaggio a Kate, che rispose con un semplice "ok, ci vediamo quando torni" e uno a Bill, che invece lo chiamò, trattenendolo al telefono per più di 10 minuti.
Poi finalmente andò a casa e si concesse qualche ora di sonno, dopo aver preparato un borsone con lo stretto indispensabile.

Il volo sarebbe dovuto partire alle 8 di mattina. Cosa che fece, ma le parecchie turbolenze lo turbarono parecchio.
-merda ...- si rigirò nel suo sedile di classe economy; voleva rimanere nell'anonimato il più possibile.
La ragazza accanto a lui gli sorrise e lui rispose distrattamente, cercando di non guardare fuori dal finestrino.
-hey ... magari non sono affari miei, ma vuoi spostarti al mio posto? ti vedo parecchio costernato ...-
Tom questa volta le sorrise grato -grazie. Gli aerei proprio li odio ...- e si spostarono, attenti a sfiorarsi il meno possibile.
-non c'è di che- Tom riuscì a chiuedere gli occhi per qualche ora, e fu svegliato solamente dalla voce che indicava l'atterraggio.
Una volta sceso sul suolo tedesco si sentì colpire dall'aria fredda della sera.
Si mise in spalla il suo borsone e uscì dall'aeroporto, chiamando un taxi.

L'ospedale era proprio come se lo ricordava: grande, triste e dalle pareti esterne bianche.
Entrò con estrema lentezza, cosa che il suo cuore si era dimenticato di avere. Infatti batteva all'impazzata, minacciando di sfondargli la cassa toracica.
Si ricordava ancora il piano (3) e il numero della stanza (stanza 314, corridoio blu).
Arrivò all'inizio del reparto, dove vi erano 5 postazioni lavorative a formare un pentagono. Si avvicinò ad una delle infermiere, quella che gli sembrò più affabile.
-mi scusi ... non ho idea di quando ci sia l'orario delle visite, ma sono appena atterrato dagli stati uniti ... vorrei avere un informazione...-
L'infermiera, tale Kristina Backenbauer, gli sorrise affabile. Avrà avuto massimo una 50ina d'anni -mi dica-
-nel 2005 ... ad agosto, è stata ricoverata qui una ragazza, Liz Ebel, per uno spostamento di due vertebre all'altezza del collo ... volevo, volevo sapere se è ancora qui oppure ...- Tom preferì non continuare. Non voleva nemmeno prendere in considerazione l'opzione.
L'infermiera lo scrutò illuminandosi dopo pochi secondi -tu sei quel suo amico! Thomas, vero?- Tom apprezzò il fatto che l'infermiera sussurrasse.
-Tom ... sì, ero quel ragazzino, strano a dirsi eh?- scherzò per smorzare la tensione che si stava creando dentro di lui.
-non direi ... sei solamente cresciuto- gli sorrise dolcemente -perchè sei tornato qui? la tua amica non c'è più ... non lo sapevi?-
Il cuore di Tom perse un battito. Non c'era più. "Certo che l'infermiera poteva essere stata anche molto meno diretta per darmi una notizia del genere" riuscì solamente a pensare il ragazzo "non c'è più ...".
Tom deglutì rumorosamente, guardandosi attorno -io ... allora credo che dovrei andare ...- deglutì nuovamente -lei sa dove ... insomma ... dove è stata sepolta?- faceva schifo quella domanda, si lamentava del tatto dell'infermiera, quando anche lui ... ma a cosa serviva il tatto in quel momento?
L'infermiera fece una faccia confusa -sepolta? no ragazzo ... che hai capito? è viva, si è risvegliata circa tre anni fa ... se ne è andata con le proprie gambe. Pensavo lo sapessi ...-
Tom rimase completamente di sasso. Liz era viva e vegeta, e lui lo aveva sempre ignorato. Liz era viva e non l'aveva mai chiamato.
-no ... non lo sapevo. Grazie per la sua gentilezza ...- sussurrò prima di uscire dal reparto e successivamente dall'ospedale.
Non poteva crederci. Lei si era risvegliata ... magari aveva perso la memoria, ma i suio genitori avrebbero dovuto avvertirlo.
Chiamò un taxi e si fece portare a casa degli Ebel.
Ritornare a casa sua dopo così tanto tempo faceva bene e male. Male per tutti i ricordi, bene perchè le ferite rinsavivano.
In casa Ebel brillava solo la luce del soggiorno. Le tende erano tirate, e quelle semitrasparenti di un tempo era state sostituite da alcune in tessuto pesante.
Tom pagò, scese dal taxi e si avvicinò al portone. Quella famiglia non aveva mai avuto un cancello.
Si avvicinò tremante, aveva paura di cosa avrebbe trovato all'interno.
Suonò e attese.
si dondolò da un piede all'altro, ci passo circa 10 minuti a divertirsi in quel modo.
Poi la porta si aprì.
-Salve io ... sono Tom- disse poi tutto d'un fiato. Inizialmente non riconobbe la figura che gli aveva aperto, poi la identificò come il padre di Liz.
-Tom? Tom Kaulitz? Il figlio di Simone?-
Tom annuì. Era cambiato. Una volta era un uomo grande, forte e vigoroso. Ora sembrava solamente un ammasso di pelle, muscoli e ossa. Gli occhi arrossati e l'alito che puzzava di alcool.
-qual buon vento ti porta qua, ragazzo?-
-ero andato all'ospedale per salutare Liz e ... lei non c'era come ben sa ...-
Lo sguardo del signor Ebel cambiò drasticamente -certo che lo so ... quella ... quella poco di buono, una volta svegliata è voluta partire. Se ne è andata ragazzo e ha lasciato morire sua madre di crepacuore. E non è nemmeno tornata per il funerale ... -
Tom rimase stupito dalla freddezza con cui Dirk trattava l'argomento. La cara signora Isabel era morta, e fu di per sé una notizia abbastanza schokkante. e poi il padre che disprezzava la figlia. Lui che quando vedeva la figlia la prendeva in braccio e le faceva fare le giravolte.
Lui che siilluminava solamente guardandola.
-ma ... perchè non mi avete avvertito quando si è svegliata? ve lo avevo chiesto ...-
-lo so ragazzo ... lo so. Avrei tanto voluto farlo, credimi, vedevo quanto tenevi a mia figlia ... ma lei non ce lo ha permesso- Dirk alzò le spalle -comunque qui non c'è, non ho idea di dove sia ... per me mia figlia è morta quella sera di agosto. Addio figliolo- e senza dargli il tempo di replicare gli chiuse la porta in faccia.
Rimase fermo qualche secondo a fissare quella porta chiusa; solo l'ennesima di una lunga serie iniziata quando era ancora un bambino.
Era scappata. Era scappata dalla sua vita, dalla sua famiglia ... per cosa? Perchè ce l'aveva con lui? Perché quella sera era andato all'incontro?
Di certo non la biasimava se non l'avesse più voluto vedere, insomma, l'aveva fatta finire in coma, ma non doveva abbandonare la sua famiglia.
Riprese il suo borsone e a passo lento, percorse i due isolati che lo dividevano da casa sua.
Una volta arrivato cercò tra le pietre del giardino quella che conteneva la chiave, ma i suoi l'avevano tolta.
Così andò sul retro, entrò nel capanno di Gordon e cercò nei vari cassetti e alla fine la trovò.
Entrò in casa, e l'odore del dopobarba del padre, misto all'acqua di colonia della madre e il lieve sentore di pesca che aleggiava perennemente in quella casa lo sollevò un poco.
Salì le scale entrò nella camera che era stata sua e di Bill. Tutto era come l'avevano lasciato: nella parte destra della stanza, quella di Bill, c'erano i poster di NENA, i Green Day, gli Aerosmith attaccati alla parete. Vi era anche un calendario che Tom si ricordò di avergli regalato per la promozione.
Un calendario con Angelina Jolie. Sorrise.
Il letto era fatto, le lenzuola nere e il copriletto arancione. In fondo al letto era piegata una copertina. Sulla scrivania c'era un blocco di fogli, e su alcuni spiccavano delle scritte con la calligrafica tondeggiande del gemello.
Abbozzi di canzoni, compiti.
Passò alla sua parte di camera.
La parete coperta di poster di Pamela Anderson, conigliette di Playboy, Angelina Jolie, Samy Deluxe, gli Aerosmith. Per un momento si ricordò di alcune riviste di Plyboy che aveva comprato, si accovacciò e guardò sotto il letto.
La scatola rossa era ancora lì.
Il suo letto aveva lenzuola celesti e un copriletto bianco, e in fondo vi era una coperta.
Sulla scrivania campeggiavano la sua radio e il suo computer fisso. "Il suo" perchè se li era comprati con i primi guadagni. Poi aveva scoperto l'utilità dei computer portatili e gli I-pod nel suo lavoro e quei due oggetti simbolici erano finiti nel dimenticatoio.
Si lasciò cadere sul suo letto sbuffando.
Come poteva essere accaduto? Sembrava di far parte di un brutto show televisivo. Era la sua migliore amica, lo avrebbe chiamato anche solo per insultarlo e dirgli che lo odiava.
Ma non l'aveva fatto.
Si stese e si passò una mano sul viso; aveva bisogono di riposo, tanto riposo.


La notizia lo aveva alquanto sconvolto.
Per quanto non avesse mai sopportato quella ragazza così ... così dura? Quasi più mascolina di lui stesso.
Non poteva credere che non avesse cercato di contattare il fratello. Non poteva non averlo fatto, insomma, per quanto ne sapeva lui, erano cotti l'uno dell'altra.
E in più erano migliori amici.
Ma le parole esatte di Tom al telefono erano state "Si è risvegliata tre anni fa. Non mi ha mai chiamato." Sentiva il dolore, la delusione e il rammarico nella voce del fratello.
Ovviamente anche a lui sembrava plausibile che non volesse più avere niente a che fare con Tom, ma nemmeno cercarlo per infamarlo? Per dirgli che lo odiava?
Suonava strano. Troppo strano.
Bill aveva così passato una notte insonne. Stingeva Mel tra le braccia, quando avrebbe preferito abbracciare il fratello. Ben inteso: amava alla follia Mel, ma aveva bisogno, sentiva che suo fratello aveva bisogno di lui.
Il giorno seguente sarebbero tornati a LA, avevano un volo tra ... Bill si voltò verso il comodino e constatare con estremo disgusto che in meno di tre ore si sarebbe dovuto alzare e andare a prendere un aereo.
Non poteva essere successo seriamente.
Si alzò, cercando di non svegliare la ragazza. Recuperò il suo cellulare e andò nel salotto, attendendo che qulcuno rispondesse dall'altro capo.
-David ... sono io. Sì tutto bene, ho bisogno di un favore ... Te la ricordi Liz? Liz Ebel ... dai l'amica di Tom che mi stava sul cazzo ... sì, quella- Bill sospirò -avrei bisogno che la trovassi Dave ... è importante. No, se ti sto chiedendo di trovarla evidentemente non è all'ospedale, che dici? Tom rientra domani a LA ... fai il possibile, ti prego ... Grazie Dave, sei il migliore ... e quando l'hai trovata ... beh fai in modo di chiamare me- Bill sorrise soddisfatto.
Tornò a letto e si addormentò come un bambino. 
   
 
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