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Autore: Lavi Bookman    28/08/2012    1 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Aveva sempre temuto un po' i diciotto anni di sua sorella. In generale, aveva sempre temuto tutti i suoi compleanni. Non per un qualche motivo in particolare, forse piuttosto perché non era un tipo da regali e feste. E il raggiungimento della maggiore età lo considerava come un evento sacro, qualcosa per cui valesse la pena donare il proprio portafoglio al negoziante prescelto.
Aveva fatto il giro di almeno una decina di posti, alternandosi tra negozi di vestiti, gioiellerie, articoli strani come fate e gnomi, e pasticcerie. Doveva essere perfetto, almeno in quel poco che poteva fare.
Alla fine era riuscito a comprarle un ciondolo d'oro bianco, con catenina annessa, a forma di infinito. Si era chiesto se non fosse stato troppo smielato da parte sua, ma infondo, per come poteva interpretarlo lei, poteva essere “infinito” anche l'affetto che provavano l'uno per l'altra, e non necessariamente l'amore. Avvampò al solo pensiero di una reazione da parte di sua sorella e scosse violentemente la testa attirando gli sguardi sorpresi dei passanti. Si tastò il pacchetto all'interno della tasca e fece un sospiro di rassegnazione.
Guardò l'orologio che faceva le 18:00 e si affrettò verso la fermata della metropolitana.

<< Arrivo un po' tardi, scusami! >> rispose al messaggio in automatico chiedendo se fosse tutto apposto, quasi come se sospettasse un qualche problema. Non fece tempo a rimettersi il cellulare nella tasca esterna del giaccone che questo gli vibrò in mano.
<< Andrè aveva voglia di litigare, così sono partita un po' più tardi. Ora è tutto ok. >>
Lasciò scorrere le dita sui tasti per scrivere un misero “ok” e si appoggiò con la schiena contro la parete della carrozza, fissando la propria immagine riflessa sul finestrino davanti a se. “Cosa stai facendo Teo, cosa cazzo stai facendo?!” e sbuffò.
Odiava Andrè dal primo istante in cui sua sorella gli aveva detto “mi vedo da un po' di tempo con un ragazzo”. No, anzi. Non lo odiava, lo trovava irritante e stupido e arrogante. E non lo aveva mai visto, non ci aveva mai parlato e non sapeva nulla di lui. Sorrise al pensiero di essere così di parte da perdere istintivamente la ragione. Non era da lui, non lo era affatto. Eppure sapeva che se l'avesse visto anche solo una volta abbracciare di sfuggita sua sorella, l'avrebbe ucciso.
Strinse le dita intorno alla scatola regalo e si decise a non pensarci troppo.
 

<< Ti amo >>
 

Lei arrivò con oltre due ore di ritardo. La cena ormai fredda non fu neanche degnata di uno sguardo. Gli si buttò tra le braccia e stette in quella posizione così a lungo da fargli credere che fosse morta.
- Mi dispiace... -
- Di cosa? Non c'è problema per il ritardo, su -
La sentì stringersi maggiormente a lui e tentare di nascondere il proprio volto contro il suo petto. Era così piccola, innocente e fragile. All'apparenza.
Le poggiò una mano sul capo scompigliandole gentilmente i capelli e la spostò quel tanto che bastava per estrarre il regalo dalla tasca dei pantaloni.
- Smettila di piagnucolare e apri! - disse con un ghigno sul volto.
- Se fai quella faccia mi fai pensare ad un vibratore molto piccolo, sai? -
Cancellò mentalmente “innocente” dalla lista di aggettivi da propinarle.

 

<< Grazie per il regalo, non lo tolgo mai! >>
 

Era rimasta a casa sua per tre giorni e due notti. E le era mancata così tanto che non gli sembrava naturale il suo “non so quando ci vedremo... Sono pur sempre quattro ore di viaggio. Ah, e sì... Poi ogni volta è una litigata con Andrè, e no, non posso dirgli che vengo qui...”.
Dormirono separati solo la prima notte, poi lei
decise di aver paura del buio e di dover passare le successive nel suo letto. Lui lasciò fare. Sapeva che era sbagliato, ma non aveva importanza.

 

<< … “sbagliati”? Tu dici? >>

 

Ed ora era di nuovo come quel giorno. Era come tutte le volte. Non avrebbe dovuto cedere, sarebbe dovuto rimanere fermo o al massimo allontanarla. Lei non avrebbe compreso, non avrebbe pensato “non mi ama”, perché neanche si ricordava lei di averlo amato.
- Va tutto bene Mel. Davvero, è tutto ok... -
Si sentì accarezzare la guancia e appoggiò il volto contro la mano. Lasciò che i propri occhi riprendessero un po' più di vita ora che erano incatenati a quelli di lei. L'ultima cosa che avrebbe voluto sarebbe stata spaventarla.

- Smettila di fingere sempre, smettila... Non va tutto bene -

- Mel, aiutami a mettere tutte le tue cose in macchina! - esclamò all'improvviso Andrè scendendo dalle scale e dando la possibilità a Teo di riacquistare abbastanza lucidità per sottrarsi all'abbraccio di sua sorella.
- Aspetta, passami lo scatolone che stai portando, così lo carico io direttamente – disse avvicinandosi all'altro, il quale si spostò brutalmente, fissandolo.
Da quel momento lui e Mel non ebbero più un solo minuto da rimanere soli.

Erano passate più di quattro ore da quando gli altri due se ne erano andati. Rimaneva solo lui a fissare il soffitto del salotto, sdraiato sul divano. C'era voluto così poco per cambiare tutto ciò che lui aveva cercato di cambiare per anni e si diede dello stupido. Tutto ciò che aveva sempre voluto era a portata di mano, ora era libero davvero.
Prese il proprio cellulare e scorse la rubrica sino al nome “Anna” e premette istintivamente “chiama”.
- Teo? Oh beh, chi non muore si rivede! -
- Sei libera? -
- E' l'una di notte e tu abiti ad un'ora da casa mia -
- Sarò lì tra meno di tre quarti d'ora -
- Non ti fai sentire da due anni, cazzo! -
- E' un “non venire”? -
- E' un “muoviti, idiota” -
- Arrivo -
Chiuse la chiamata e si accorse di aver ricevuto nel frattempo un messaggio. Entrò nella sezione “
Ricevuti” e gli si gelò il sangue.
Mel: << Chiamami, ora >>
Fece un sospiro profondo e lanciò il cellulare nella poltrona davanti a se. Non aveva intenzione di sentirla, di parlarle, di sentirne la voce. Poi vide lo schermo illuminarsi nuovamente con la scritta lampeggiante “
Chiamata in entrata: Mel”.
- Scusa, stavo dormendo, dimmi Mel -
- Eri sveglio -
- Dormivo
- Cosa c'era tra noi, prima dell'incidente, Teo? -
Ed ecco, Eva piano piano tornava ad uccidere.

 

 

<< Teo, tu credi nella reincarnazione? >>

  
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