Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: franceschina94    28/08/2012    2 recensioni
In un mondo di oggi una ragazza e la sua vita che vita più non è. Una storia che parla di droga, dipendenza, eccedenza e violazione.
Sofia è fragile e vorrebbe uscire da tutto questo.
I suoi "amici" a cui non gliene frega niente di lei.
Il suo lavoro e le uniche due persone che la fanno sentire importante. Ma forse ne arriverà una terza che la farà catapultare in un altro mondo. Quel mondo buono da cui Sofia sembrava essersi allontanata per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
AaU 3.
  3. Nessuna speranza

Sofia era svenuta dal dolore, provava così tanto male che dopo i vari lamenti svenne, il suo corpo si stava rifiutanto di sentire ancora quel dolore atroce. Stefano era davvero preoccupato, lei si era ridotta male e domattina avrebbe dovuto fare i conti con i post droga.
- Lasciami, ti prego. Non mi toccare -.
Era da tre minuti che parlava nel sonno, agitandosi e urlando qualcosa ogni trenta secondi, come se il suo incubo fosse così atroce da non poterlo controlare.
Arrivato davanti al portone del suo appartamento, la prese in braccio, facendo attenzione a non farel male. Era caldissima e sudata, i suoi lunghi capelli le si appiccicavano alla fronte, Prese l'ascensore e la portò in casa, adagiandola sul divano.
" Cazzo, perchè l'hai fatto".
Era nervoso e avrebbe voluto tanto dare un pugno al muro per scaricare un po' la sua rabbia, ma quello non era il momento. Non era la prima volta che aiutava persone in quelle condizioni, ma gli era sempre costato tanto, era sempre stato difficile per lui.
Le prese il braccio e le vide il buco della siringa, come immaginava, non aveva avuto dubbi fin dal'inizio. Eroina.

La sua mano andò a finire sulla sua fronte che era davvero bollente, aveva la febbre. Prese il termometro e le misurò la temperatura, constatandone la gravità. Era a quaranta.
Lei intanto si era un po' quietata, non parlava più e non urlava, aveva preso un po' coscienza e si lamentava ancora per il dolore che sentiva allo stomaco.
Stefano prese del ghiaccio che le mise sulla fronte e poi cercò di farle bere lo sciroppo, alzandole la testa. Infine le mise tre strati di coperte per non farle sentire freddo in quanto iniziò a battere i denti. Era rossissima, la febbre aveva reso le sue guance rosso ciliegia.
Stefano rimase lì a fissarla e non potè fare a meno di ripensarlo. Era proprio bellissima.
Stette sveglio fino a quando non vide che Sofia stava meglio e poi si addormentò lì, sul tappeto, con la schiena appoggiata al divano.

Sofia si sveglio indolenzita, i muscoli delle braccia e delle gambe erano a pezzi e sentiva la testa pesante. Aprì gli occhi e si accorse di non trovarsi a casa sua.
Cercò di ricordare gli eventi della sera prima, qualche particolare, ma niente. Ricordava solamente Erica e l'ago conficcato nella sua pelle, poi il vuoto assoluto fino al dolore. La pancia, la testa, stava malissimo.
Girò lo sguardo per la stanza, finchè vide lui e ricordò. Aveva chiamato quel ragazzo, quello incontrato nel locale che le aveva lasciato il numero sul bigliettino. Quindi si era conciata così male da dover chiamare qualcuno che non conosceva, lei, la stessa ragazza che se l'era sempre cavata da sola.
Il ghiaccio messo  la sera prima da Stefano era diventato acqua. Si tolse il panno dalla testa e, facendo più piano possibile, si alzò. Voleva andarsene senza nemmeno svegliarlo, era stato un grande errore chiamarlo.
Adesso? Cosa avrebbe pensato di lei? Insomma.. non ci voleva una scienza a capire cosa aveva fatto per conciarsi nello stato della sera precedente. Si, lei si vergognava. Si vergognava per come viveva e di cosa faceva per vivere e adesso si vergognava che lui, quel ragazzo dai capelli corvini, avesse scoperto il suo piccolo segreto.
Si mise le scarpe, prese la borsa e si diresse verso l'uscita, verso l'ascensore interno di quell'appartamento.
Ecco. Lei che cosa centrava con quel mondo? Lui aveva un acensore. Un ascensore i-n-t-e-r-n-o. La sua vita doveva essere felice, bella e senza problemi, insomma.. che ci faceva lei li? Era tutto l'opposto di lui.
Appena aprì la pora, però, sentì una voce dietro di sè.
- Ei, dove vai? -.
Si era svegliato, quel ragazzo affascinante l'aveva beccata. Lo fissò negli occhi e si sentì morire, quegli occhi azzurro ghiaccio la mettevano in soggezione e la imbarazzavano maggiormente, ma prese coraggio e parlò.
- Si, grazie per tutto quello che hai fatto, davvero. Ma tutto questo è un errore-.
Non alzando più il suo sguardo verso di lui e non dandogli tempo di replica, si chiuse la porta dietro le spalle e scappò lontano.

Erano passate dieci ore e Sofia era sdraiata sul suo letto, nel suo appartamento. Osservava il soffitto, le nervature, le chiazze di umidità, i pezzetti di intonaco che venivano via.
Le dieci lunghissime ore erano passate dal momento in cui era scappata da quel ragazzo. Diciotto dall'ultima assunzione.
Vicino al suo corpicino c'era una vaschetta enorme di gelato al cioccolato. Non voleva cedere di nuovo, così si abbuffava una giornata intera per combattere la crisi di astinenza e per non pensarci. Questa tattica l'aveva già sperimentata, non aveva mai funzionato, ma lei era testarda.
In realtà non lo faceva per lo scopo di farecela -sapeva già in partenza che sarebbe caduta in ginocchio- ma per il semplice gusto di dire "Wow, ho resistito l'ennesimo giorno", evitando di ricordare anche "senza concludere nente".
La vaschetta al cioccolato era finita, ma per terra c'era il resto delle schifezze che aveva ingurgitato precedentemente: patatine, pop-corn e soprattutto torta con panna e fragole, la sua preferita.
Come uno zombie, si alzò per andare in cucina, aprì ogni singolo stipetto del mobile, ma non c'era più niente di commestibile, infatti non aveva fatto la spesa.
E adesso? Come avrebbe fatto?
Andò verso il divano e accese la tv. Doveva far passare il tempo, non avrebbe ceduto così facilmente.
Si sedette e fece passare ancora quindici minuti, facendo zapping con il telecomando e muovendosi in continuazione su quell'arredamento divenuto improvvisamente scomodo.
Le venne un gran mal di pancia, la nausea incominciava a farsi sentire.
In effetti come poteva un corpo non abituato a mangiare così tanto, resistere a uno sbalzo così brusco di abitudine?
Non poteva, Sofia lo sapeva. Quando aveva agito così la prima volta era successa la stessa cosa.
La nausea era arrivata ai punti estremi della sua forza di volontà.
Corse in bagno e rimise tutto ciò che aveva messo in bocca nelle ultime due ore. Ritornò in cucina, buttandosi sul divano con gli occhi chiusi. Era spossata, sia fisicamente che mentalmente e a causa di ciò si era notevolmente ridotta anche la sua resistenza psicologica.
Inizò a sudare e a tremare. La voglia era ritornata alla carica più forte che mai. Così non stava affatto bene, doveva assumere qualcosa prima di peggiorare la situazione.
Barcollante, si alzò e andò verso la sua borsa, dove erano rimaste alcune scorte dipolvere. La trovò e la prese, posizionandola sul tavolo. Vogliosa, con i suoi occhi arrossai, inalò.
Quella volta non cedette solamente per venti schifosissime ore. La sua media, invece di salire, scendeva radicalmete, il suo record di ventiquattro ore era un ricordo lontano e,ora come ora, imbattibile. Non sarebbe mai più riuscita a battere quel tempo. Più andava avanti con le assunzioni e più resistere era difficile e impossibile. Ora, quella spiacevole consapevolezza si faceva largo nella sua testa. Per uscirne, se voleva uscirne, le serviva aiuto. Ma questo non lo avrebbe mai accettato.
Saltò subito alla conclusione che non sarebbe mai più riuscita a smettere. Non aveva più speranze.
Quella sera, dopo essere tornata in sè, pianse lacrime amare.

Il weekend era finito e un'altra settimana di lavoro era incominciata. Sofia si svegliò presto, come ogni mattina. Dop aver preso la metro, percorse un pezzo di strada a piedi ed entrò nel piccolo ristorantino tenuto da una coppia di cinquantenni. Giacomo ed Eleonora.
- Ciao Giò. Ciao Ele-.
-Ciao piccola-.
Li conosceva da una vita. Sofia andò a lavorare li nel momento in cui aveva deciso di diventare una ragazza indipendente, di allontanarsi dalle grinfie della madre.
Loro, per lei, erano diventati come una seconda famiglia. Da loro si sentiva davvero protetta, sentiva che loro erano gli unici sulla faccia della terra a cui importasse davvero cosa facesse e che cosa le accadesse, sapevano tutto di lei e avevano cercato in tutti i modi di aiutarla. Ma Sofia è sempre stata testarda. Non si smuoveva mai dalle sue idee, non voleva aiuto.
- Sofia, d'ora in poi ci sarà una nuova aiutante. Ti presento Federica -.
Fu Giò a parlare. Vicino a lui c'era una ragazza che solo allora vide. Aveva i capelli ricci biondi e degli occhi verde acqua. Le due si fissarono per un lungo tempo e infine Sofia le porse la mano.
- Piacere -. Dissero all'unisono.
La giornata iniziò così. Quel giorno i clienti abbondarono. Sofia e Federica non ebbero il tempo di parlare, di conoscersi.
- Sofia -. Si sentì chiamare proprio da lei. - Che ne dici se dopo andassimo al Mc a prenderci patatine e hamburger e a cenare insieme?-.
Lei era rimasta sbalordita da quella proposta. Mai nessuna l'aveva considerata a tal punto, tutte  le sue amiche l'avevano sempre trattata con diffidenza e distacco. E poi ultimamente, da un po' di tempo a questa parte, le sue uniche uscite erano quelle che faceva il sabato sera con i ragazzi della clinica! Così, con un sorriso sincero sulle labbra, fu molto felice di accettare.
Finito il loro turno, alle quattro del pomeriggio, passarono le restanti ore in centro tra i negozi e assaporarono un gelato fresco.
- Perchè ti sei trasferita qui? L'italia non era più adatta alle tue esigenze? -.
Federica abitava in Italia, questo si poteva capire anche dal suo accento. Aveva studiato lì fino alla quarta liceo. Poi, con i suoi genitori, aveva deciso di trasferirsi a new York. Suo padre non trovava lavoro e così erano in cerca di fortuna. Adesso, per pagarsi le spese del college, lavorava in  quel ristorante.
- Così vivo tra lavoro e università -.
L'aveva incontrata da poco ma a Sofia sembrava di conoscerla già da tanto e l'ammirava. Ammirava la sua forza di volontà davanti alle situazioni difficili e ammirava la sua famiglia, il modo di stare sempre uniti, insieme.
Alle sette e mezza in punto, dopo aver finito il loro giro, andarono a cenare al Mc.
Parlarono del più e del meno, come delle amiche di vecchia data. Sofia non si sbilanciò mai, non parlò mai affondo della sua vita privata, sviava sempre le domande che chiedevano cosa facesse abitualmente la sera.
Stettero molto tempo insieme. Si divertirono. Prima di ritornare a casa, decisero pure di andare a prendere un caffè al bar davanti a Central Park.
- E' stata davvero una bellissima giornata-.
- Già, dovremmo replicare. Grazie di tutto -.
- Grazie a te-. Disse Sofia, davvero felice. Era contenta di aver trovato una persona come Federica. Era da tanto tempo che non trovava un'amica che rispecchiasse il significato di questo vocabolo. Era da tanto che non si fidava così di qualcuno e che non si divertiva ad uscire normalmente con una sua coetanea.
Con il sorriso stampato in viso, si incamminò verso il suo appartamento. Arrivata, si tolse le scarpe e si sdraiò sul divano, tutta dolorante.
Chiuse gli occhi e ripensò alla giornata trascorsa. Non poteva fare a meno di sorridere. Ormai era nel mondo dei sogni e, sognante, si addormentò su quel divano, con la testa libera da ogni preoccupazione e le labbra curvate in un vero sorriso. Per una sera l'avevA davvero dimenticatA.

" DinDon"
Sofia sentì questo rumore fastidiosissimo. Era il campanello.
Si alzò svogliatamente e andò ad aprire la porta.
- Buongiorno-.
Era Federica. Dopo la loro uscita, replicarono due volte quella settimana. Adesso era mercoledì e avevano il turno di pomeriggio.
- Dai Sofia, muoviti! Dobbiamo andare a fare un puro e sano shopping-.
- Cosa? Ma se mi sono appena svegliata! E poi ho un sonno folle -.
Con gli occhi stravolti, si rimise sotto le coperte.
- Eh no amica mia. Non ho fatto tutto questo tragitto per niente. Quindi, ALZATI-.
Disse l'ultima parola urlandola nell'orecchio e togliendole le lenzuola di dosso.
Sofia, senza forze, obbedì e si andò a lavare e si vestì con un paio di jeans stretti, una maglietta e delle tennis, pronta per uscire.
La sera precedente aveva preso una piccola dose di cocaina, non ce la faceva più. Era in astinenza da troppo tempo. Beh.. comunque lo sapeva. Non sarebbe mai riuscita a smettere. Ormai quella frase era diventata quasi una preghiera per quante volte al giorno se la ripeteva. Forse l'unica consolazione era quella di sapere e constatare che da quando Sofia conosceva Federica, non esagerava con le dosi.. era più spensierata.
- Bene, adesso dobbiamo trovare un vestito per te perchè domani verrai con me al compleanno del mio amico. Li ho già avvertiti-. Disse Federica, tutta sorridente.
Sofia si fece prendere dal panico. Era da tantissimo tempo che non faceva una vera cena tra amici. La sua vita non era un esempio di normalità e adesso, andare li con la sua amica, non le sembrava una gran cosa. Sarebbe andato sicuramente tutto male, avrebbe fatto una brutta figura e avrebbe rovinato la serata a tutti.
- No, non è il caso. Non verrò-.
Federica la guardò con sguardo di rimprovero e la trascinò fuori casa. Non aveva speranze.
Girarono per tutto il centro, alla ricerca si qualcosa che agradasse il piacere di Sofia e il giudizio dell'amica.
" Quello troppo lungo, quello troppo corto, quell'altro è troppo elegante e questo è, poco adatto alla serata".
Insomma, continuarono così per circa un'ora, finchè tutte e due furono d'accordo su un vestito nero.
Sofia lo provò. - Wow, ti sta benissimo-.
Così lo acquistò. Ma era ancora inquieta. Cosa avrebbe fatto l'indomani? L'avrebbero giudicata? Derisa? Erano queste le sue preoccupazioni maggiori.
Alle due e mezza iniziarono il loro turno al ristorante. Quel giorno c'era più gente del solito. Sofia stava davvero sudando. Non sapeva più da che tavolo iniziare. andavano a destra e la chiamavano a sinistra. Non facevano in tempo a portare un piatto ad un tavolo che le chiedevano subito altre portate.
Alle sette, finalmente, l'afflusso finì e lei potè sedersi un momento sulla sedia.
- Oddio Fede, sono stanchissima-.
- Già, oggi è stata una cosa pazzesca. C'era un bordello di gente. Se fosse durata ancora quella situazione, sarei crollata in mezzo alla strada-.
Si miserò a ridere finchè Giò non le richiamò dicendo che al tavolo tre c'era un cliente.
Sofia prese il suo taccuino e si avvicinò al ragazzo girato di spalle con i capelli corvini.  A Sofia ricordava qualcuno.
- Cosa posso portarle?-.
Ma quando lo guardò negli occhi si bloccò all'istante. Quegli occhi. Quel ragazzo.
- Ei, chi si rivede!-.
Si fissarono, occhi negli occhi.
- Stefano!-. Sentì urlare Federica che venne incontro al ragazzo seduto al tavolo. Lui si voltò e un sorriso sorpreso gli spuntò sulle labbra.
- Ciao Fede-. Si salutarono, abbracciandosi. -Allora è qui che lavori!-.
- Si. Ti presento la mia amica Sofia-. Loro ricominciarono a fissarsi.
- Stefano-. Il ragazzo le porse la mano, in segno di piacere. La ragazza aspettò un po', indecisa se rispondere al saluto o meno. Più che altro per timidezza. Lei timida? Bah!
- Sofia-.
Gli strinse la mano e una scossa di brividi l'assalì. La sua pelle contro la sua e l'incanto di quegli occhi azzurro ghiaccio la misero in soggezione. Abbassò lo sguardo, imbarazzata.
- Lui è il mio amico, quello di domani sera e della festa di compleanno. Almeno così vi conoscete già-.
" Come se non ci conoscessimo già". Pensò Sofia.
Quindi domani sarà il suo compleanno!? Oh.. bene!


  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: franceschina94