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Autore: franceschina94    19/08/2012    1 recensioni
In un mondo di oggi una ragazza e la sua vita che vita più non è. Una storia che parla di droga, dipendenza, eccedenza e violazione.
Sofia è fragile e vorrebbe uscire da tutto questo.
I suoi "amici" a cui non gliene frega niente di lei.
Il suo lavoro e le uniche due persone che la fanno sentire importante. Ma forse ne arriverà una terza che la farà catapultare in un altro mondo. Quel mondo buono da cui Sofia sembrava essersi allontanata per sempre.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 2. Non Ti chiamerò mai, traquillo.

Iniettata endovena l'eroina provoca un particolare flash euforico della durata di trenta secondi.. la vita vale trenta secondi?


- Sofia, vieni con noi in un locale? -.
- Certo Dan. Posso mai mancare? -.
Un'altra settimana di lavoro e follie era passata. Il sabato era arrivato e come sempre Sofia e Dan andavano in quei locali dove non c'erano piedi piatti in giro, dove la musica era assordante e dove la roba poteva girare liberamente.
Erano quelle uscite di gruppo in cui ci si drogava insieme. C'era più adrenalina, più vivacità, divertimento e follia.
La pensavano tutti così. O almeno quasi tutti. 
Per Sofia era una serata come un'altra, all'insegna dello sballo e della sua voglia di Lei. Non importava se era in compagnia o meno, tanto la serata si doveva concludere come le precedenti e il suo unico scopo era quello di estraniarsi dal mondo e non pensare a niente, anche solo per pochi minuti.
In quella settimana era successo davvero di tutto e lei aveva un bisogno profondo di tutto questo, di Lei.
"Che Troia". Continuava a pensare da quattro giorni a quella parte. Di chi? Sua madre.
Già. Poteva mai una figlia odiare così tanto una madre? Beh.. Sofia poteva.
Quella donna, quattro giorni fa, le aveva telefonato. Fin qui tutto ok.
Sofia aveva risposto ed era rimasta sorpresa e stupida dalla voce che aveva udito alla cornetta. Sua madre! La stessa persona che non la calcolava più da cinque mesi, adesso le stava parlando.
Già.. Ma forse Sofia si era solo illusa. Le persone non cambiano.
"Come stai? Sei ancora viva? Te la cavi bene da sola? Hai bisogno di aiuto?"
Sofia non capiva. Era così difficile fare una di queste semplici domande. Non le pretendeva tutte, ma una sola. Almeno per fare finta che le interessasse qualcosa!
Invece no.
- Sofia, ricordati che devi pagare l'affitto. Il Sig. Weite si è lamentato con me! Renditi conto di come sei conciata. Trovati un lavoro più fruttuoso!-.
Sofia era rimasta a bocca aperta. Anzi no. Il suo cuore era morto alla prima frase pronunciata dalla madre. 
Si, non era la prima volta che le parlava così, ma a certe cose non ci si abitua mai.
Rimase immobile per qualche istante. Alcune lacrime sfuggirono al suo controllo. Staccó.
Il giorno dopo provvide subito a pagare l'affitto solamente per non sentire più la voce stridula di quella donna.
- Alice nel paese delle meraviglie!? Siamo arrivati. Porta fuori il tuo bel culo da questa macchina se non vuoi che ti lasci qui! -. 
Dan! Il suo solito amico idiota. Gli tiró uno schiaffo dietro la nuca, sorrise e scese.
Una volta dentro il locale, una musica assordante la travolse.
- Piccola,  vieni in bagno con noi-.
Dan la prese per il polso e la trascinó dietro di se.
Arrivarono in quel bagno isolato e vuoto. Si guardarono.
Uno di loro aprì la giacca e dalle tasche interne prelevó il contenuto.
Una bustina trasparente. Pastiglie. LSD.
Erica, la ragazza più pazza e fuori cervello del gruppo, si avventó su di lui per prendere quelle prelibatezze.
- Bellezza, calmati. Ce n'è per tutti. Tranquilla-.
Parló Billi, il più esperto, quello che vendeva e comprava la droga, ma anche quello che le aveva provate tutte.
Aprì quella bustina e prese la sua pastiglia di acido.
Poi arrivó a lei. Ne prese una e la mise in bocca. Quel rettangolino bianco si sciolse sulla sua lingua. Il gusto rimase li, ancora buono e succulento.
Gli altri se ne andarono, uscirono da quel bagno per mischiersi al macello e al fracasso che c'era fuori.
Lei no. Aspettava li, seduta per terra, che la droga facesse effetto.
Non voleva assolutamente ricordare quelle sere passate all'insegna della pazzia. L'unico modo per farlo era compiere le sue azioni e i suoi gesti inconsapevolmente, senza accorgersi di niente.
Dopo mezz'ora il suo cervello non riusciva più a distinguere niente. I colori si contrapponevano, i contorni diventavano sfocati e i suoi pensieri si trovavano in un vortice indiscusso e disordinato.
Stava facendo effetto.
Decise di alzarsi. La musica le entró nelle vene. Si sentì ancora meglio. Inizió a muoversi, strusciandosi su chi le capitava a tiro. Palpando chi la attirava. Ma ormai il suo cervello non ragionava più. Vedeva immagini che non esistevano. Un vortice di cose inesistenti che la sconvolgevano.
I suoi occhi vedevano la gente, i ragazzi affamati di lei e il casino del locale. La sua testa? Vedeva suo padre vivo, lui gli lasciava i suoi soliti bacini affettuosi sulla guancia, erano di nuovo insieme.  Suo padre che la stritolava in un abbraccio tutto suo, che sapeva di lui. Il suo potere era quello di saper donare il suo bene agli altri.
Questo vedeva la sua testa. Questo voleva vedere il suo cuore. Questo, purtroppo, era solo l'effetto del LSD.
Camminava tra la gente. Vedeva ancora quel filmato, quell' allucinazione ad occhi aperti.
Adesso si trovava vicino all'uscita, aveva bisogno d'aria. Sentiva la necessitá di assaporare il vento sulla sua pelle.
Appena messo un piede sul gradino peró il suo equilibrio cedette, sbilanciandola e spingendola irrimediabilmente verso il basso.
Lei non capiva niente, non si sarebbe mai accorta di sbattere il viso contro il pavimento ruvido e freddo. Era ancora nel mondo dei sogni.
Ma prima che la sua faccia potesse essere sfregiata da tagli, il suo corpo fu retto da due braccia forti che le impedirono l'impatto al suolo.
Lui la rimise in piedi, ma vide qualcosa di strano nei suoi occhi. Erano assenti, vuoti.
La portó fuori, sulla panchina che si trovava proprio davanti a quella porta.
Sofia si lasció trascinare, ignara di tutto quello che stava succedendo.
- Ei tu. Stai bene? -. 
Non ricevendo alcuna risposta, l'uomo dai capelli corvini e gli occhi azzurro ghiaccio, inizió a tirarle dei piccoli schiaffetti. Voleva farla rinsavire. Niente, non succedeva niente. Era totalmente e completamente assente. Priva di volontà, sotto le dipendenze di quella pastiglia.
- Cazzo, che diavolo hai preso-.
Parlava da solo il ragazzo. 
Decise di provare la tecnica che si adotta nei film. Un bel bicchiere di acqua gelata in faccia. Non l'avrebbe fatta ritornare in sè del tutto, ma magari avrebbe compreso qualcosa. Prese il bicchiere che gli era rimasto in mano, lo riempì fino all'orlo e glielo buttò dritto in faccia.
Sofia si riscosse e guardó dritta davanti a se. 
Vide lui e lo maledì. Maledì il fatto che l'avesse incontrata e maledì il fatto che avesse interrotto le sue bellissimi immagini felici.
La testa le girava vorticosamente.
- Che diavolo vuoi? Perché ti impicci di affari che non ti riguardano? Sparisci-.
Si alzó, lo spinse via e si incamminó di nuovo verso il locale.
Gli effetti non erano spariti del tutto, anzi.. Erano passate soltanto poche ore.
Lei voleva ritornare ancora nel suo mondo immaginario.
Si sentì prendere per un braccio. Si voltò. Di nuovo lui.
- Che diavolo vuoi ancora? -. Disse, sgorbuticamente.
- Senti, hai bisogno di aiuto. Ti sei vista? Lasciati aiutare -. 
"Bisogno di aiuto?" Pensó Sofia. "Me la sono sempre cavata da sola! Non ho affatto bisogno di aiuto. Ma guarda che cervello bacato!".
- Non dire sciocchezze! E lasciami il braccio -.
Lui, poco convinto, la lasció andare. 
Ma, prima che potesse sfuggirgli definitivamente, gli mise il suo numero nella tasca dei Jeans.
- Se ti serve aiuto chiamami -.
- Non ti chiameró mai, tranquillo. Buona notte-.
Lui la guardó tornare sui suoi passi.
Osservando, dovette ammettere che era davvero bella. Un fisico perfetto, forse un po' magro. C'era qualcosa di inquietante in lei. Le labbra carnose ma screpolate; i suoi occhi verde smeraldo, spenti; i suoi capelli di un castano d'orato.
Era sicuro che l'avrebbe chiamato.
Sofia, tutta barcollante e impuntata nelle sue decisioni, tornó lì dentro a sognare ad occhi aperti e a finire in bellezza la serata.

Il mattino seguente si sentì scombussolata e assonnata. La testa che pulsava non l'aiutava di certo.
Si alzó con calma e andó a farsi una doccia ghiacciata, per riprendersi.
Per la prima volta dopo tanto tempo le venne voglia di latte. Aprì il frigo e se ne versó una tazza piena. Bevve con avidità quella bevanda per tanto tempo inesplorata, assaporando tutti i suoi gusti nascosti.
Stava già meglio.
Decise di non uscire. Quel giorno non avrebbe messo piede fuori di casa. Non sarebbe andata alla ricerca di Lei.
Avrebbe resistito un giorno intero. Lo sapeva. L'aveva già fatto. 
Era solamente un giorno, ma Sofia aveva deciso così.
Quello che aveva ingurgitato la sera precedente le sarebbe bastato per tutto il giorno. Ne era sicura.
Si sedette sul divano. Passó sul suo canale preferito dove, in quel momento, andavano in onda i mitici " The Simpson". Passó un'ora così, tra sorrisi e risate. 
A un certo punto, ecco un  flashback. Lei. Suo padre. L'abbraccio. Il senso di calore e affetto. Sentirsi amata.
Era rimasta immobile per il breve istante in cui successe il tutto.
Lo sapeva. Gli effetti del LSD stavano durando ancora. 
Era questo che più la spaventava fin dal principio. Era questo che voleva evitare.
I suoi occhi si riempirono inevitabilmente di goccioline di acqua salata. 
Suo padre, l'unico uomo che l'abbia amata davvero l'unico genitore che abbia mai avuto. La vita glielo aveva portato via. Cancro. Quella parola che molti non vogliono pronunciare, Sofia non aveva mai capito il motivo. Perchè chiamarlo "il brutto male"? È un dato di fatto, le persone muoiono di Cancro. Il Cancro esiste e non nominarlo non porta a niente.
Ricorda ancora quell'ospedale, suo padre su quel letto e sua madre con una faccia disperata a piangere. O faceva finta?
Sofia era li, immobile, a guardare il corpo senza vita di una persona che per lei era il tutto. Quella volta non pianse, semplicemente scappò e si rifugiò nel suo appartamento per evadere dalla realtà.
Le allucinazioni durarono per tutto il giorno, rattristandola e distruggendola.
Passarono le ore e il suo appetito svanì. Alle nove precise ricevette una chiamata. Dan.
- Eii piccola, come stai? -.
- Ciao Dan! Sinceramente non tanto bene. Quei dannati effetti post-pazzia mi stanno uccidendo. Tu? Come te la passi?-.
- Tutto bene. Che ne dici di venire da me a farti una bella dose? Almeno non ti deprimi lì, tutta sola. Ci sono già Erica, Billi e tutti gli altri-.
- No grazie, penso che me ne starò buona a casa, a dormire-.
" Strano che Sofia dica di no". Pensó Dan.
Staccarono.
Sofia si distese sul divano e chiuse gli occhi, sfinita. Ma suonarono il campanello. A quell'ora?
- Ciao Erica. Che ci fai qui? Non eri da Dan? -
- Si, ma visto che il tuo protettore era preoccupato per te, ho deciso di venire a recuperarti -. Sofia era sconvolta. Non si aspettava di trovarsi lei davanti alla porta. In fondo non si sono mai calcolate, mai prese in considerazione più di tanto. Ma sapeva quanto Erica ci tenesse a Dan. Sapeva quanto la felicità del suo migliore amico le stesse a cuore. 
Erica era legata a Dan, forse era pure innamorata. Anche il ragazzo lo era, ma non voleva complicazioni sentimentali, così diceva. Come se si potessero tenere a freno i sentimenti!
- Muoviti, vestiti! Togliti questo pigiama puzzolente.
Sofia decise di andare. Aveva bisogno di svagarsi, di dimenticare. Non poteva farne a meno.
Si infiló le prime cose che trovó, prese la borsa e uscì di casa.
Si diressero verso quell'ex clinica.
- Questa sera ti sballerai per bene-. Le disse Erica.
Salutarono tutti quanti.
A un certo punto Erica prese un elastico emostatico
In quel momento Sofia sbiancó. Non voleva assolutamente provare l'eroina.
Non voleva essere dipendente anche a quella roba. Voleva evitarla, ha sempre cercato di farlo. Da qualche parte aveva letto che, in una classifica, era la droga più potente tra quelle conosciute. 
Certo, aveva voglia del brivido, della follia. Ma non così. 
Erica aveva visto la paura nei suoi occhi.
- Oh, non ti preoccupare. È solo per una volta! Tranquilla!-.
Sofia vedeva le altre persone iniettarsi quel liquido. Vedeva il loro benessere e il loro non pensare a niente. Estraniarsi.
" Perchè no?! Al diavolo tutto!" si disse.
Con un sorrisetto le sporse il braccio. Sentì il ghiacciato elastico stetto sul suo braccio. Erica estrasse una siringa dalla tasca.
- Rilassati Sofia-.
Lei cercó di farlo. Aveva il cuore che batteva all'impazzata.
Sentì l'ago freddo appoggiarsi sulla sua pelle e lo sentì entrare dentro.
Un flash euforico le crebbe dentro. Si sentì leggera e felice. Era una sensazione strana, la testa le scoppiava e non capiva più niente. Aveva un forte senso di calore e sudorazione sparso per tutto il corpo.
- Adesso Sofia, puoi andartene in giro a divertirti come non mai-.
Sentì la voce lontana e ovattata di Erica. Lei stava in un'altro mondo, in uno stato di benessere.
Dopo circa venti minuti, i suoi pensieri iniziarono ad avere un senso logico, ma l'euforia e lo stato di benessere persistevano. 
Sofia non aveva mai provato una cosa tanto forte. I suoi standard erano leggermente più bassi. Si sentiva davvero euforica, al centro di un mondo tutto suo. Non sentiva niente, non provava tristezza e i ricordi spiacevoli erano lontani.
Barcollante, uscì dall'ex clinica verso una meta ignota. Vagava per le vie con quel suo sguardo assente.
Era passata circa un'ora dall'assunzione ma lei non percepiva questo lasso di tempo. Per lei più la situazione durava e meglio si sentiva, sia psicologicamente ma anche fisicamente. Questo sarebbe stato sicuramente un dato di fatto.
L'effetto di benessere ed euforia, con il passare del tempo, si era raddoppiato. Adesso i suoi problemi reali erano caduti per sempre nel dimenticatoio, il suo mondo magico senza sofferenze nè problemi l'aspettava a porte spalancate.
Si appoggiò a un muro e si lasció cadere, strisciando fino al suolo. Si sentiva spossata, gli effetti stavano per cedere. Le girava vorticosamente la testa e il senso di nausea stava salendo. Appoggiò la testa, retta dalla sua mano. Si rannicchiò con le ginocchia contro il petto, non riusciva ad alzarsi e i suoi muscoli erano troppo spossati, troppo stanchi per fare un qualsiasi movimento. Il suo respiro era diventato affannato. Si sentiva male in un modo strano, non capiva cosa le stava accadendo.
Aveva bisogno di aiuto. Peccato che in quelle strade non passava un anima viva. Sua madre? Quella menefreghista del cavolo? Non si sarebbe mai abbassata a quei livelli. Avrebbe preferito di gra lunga morire. Almeno quella donna avrebbe avuto un problema in meno!
Tiró fuori il cellulare dalla tasca dei Jeans, ma un pezzettino di carta uscì con esso. 
Sofia lo raccolse e lesse. Era un numero.
Adesso che si ricordava bene!
"Se ti serve aiuto chiama". Quel ragazzo fuori dal locale, ieri sera. Poteva chiamare lui.
"Ma chi lo conosce". 
Sofia pensava e ripensava. Cosa fare? Chi chiamare? Non lo sapeva. Intanto la nausea crebbe e lei dovette vomitare l'anima su quel marciapiede.
Ma non concluse niente. Il male che provava non diminuì.
Inizió a schiacciare i numeri sul suo Blackberry. Quei numeri impressi su quel foglietto bianco.
Tu tu tu tu. 
Aspettò per alcuni secondi, con la mano schiacciata sul suo basso ventre. 
- Pronto-
Lui rispose. La sua voce era assonnata. Sicuramente stava dormendo.
- Vienimi a prendere, ti prego-.
Lui, sbalordito, si riscosse, alzandosi dal letto e vestendosi.
- Ok, respira. Dimmi solamente dove ti trovi-.
Sofia parló a sussurri. La pancia le faceva troppo male e le parole le uscivano deboli e a scatti.
- Non lo so. Non capisco niente. Sono in una via e davanti a me c'è un grande giardino con tanti alberi-.
- Grande giardino.. Tanti alberi..-.
Restò in silenzio per alcuni secondi.
Poi si illuminò.
- Ok ci sono. Ferma lì. Non ti muovere. Io arrivo tra un attimo-.
- Ok-. Sussurrò lei, sfinita.
Staccarono. Lui scese le scale e sfrecciò per le strade. Doveva raggiungerla.
Si ricordava di lei, della sua voce. Era la ragazza a cui aveva dato il suo numero la sera prima. La stessa che aveva bagnato con dell'acqua ghiacciata per farla tornare in sè.
" Non ti chiameró mai, tranquillo". Era così che gli aveva risposto. Invece, inaspettatamente gli era arrivata quella famosa chiamata.
Giró e vide il grande giardino. 
"Secondo le sue informazioni deve trovarsi in questa via".
La vide li, accasciata al suolo.
Una mano sempre a sostenere la testa che le pulsava più che mai.
L'altra era stretta al ventre che gli bruciava. La stringeva con un' energia immane, con la speranza di trovare un po' di conforto a quel dolore.
Si fermó davanti, scese e le andó incontro.
- Ei tutto ok. Tranquilla-.
Gli mise un braccio intorno al collo e uno nell'incavo delle ginocchia e la sollevò tra le sue braccia.
Un vagito uscì dalla bocca della ragazza.
- Mi fa male la pancia -.
Con delicatezza l'appoggio sui sedili anteriori della sua X5 e tornò sul sedile del guidatore.
Lei stava ad occhi chiusi, cercando di lenire e controllare il suo dolore.
Stefano sfrecciava per le vie di New York. Si era accorto che la ragazza stava davvero male. E sapeva che si era fatta, come lo aveva capito la sera precedente. Ed era stato per questo motivo che aveva deciso di aiutarla. Voleva farla uscire dal giro. Anche lui ne era dentro circa cinque anni fa. Certo, non a quei livelli. Lui prendeva ogni tanto qualche pastiglia con gli amici. Ma in quei pochi mesi aveva capito che la cosa non portava a nulla di buono. L'episodio per lui più scioccante? La morte di suo fratello per overdose.
Così decise di smettere. Per la sua situazione non grave e per la sua non grave dipendenza, riuscì a farcela da solo con l'aiuto dei suoi VERI amici.
In venticinque anni quella era stata la scelta più sbagliata che potesse mai intraprendere.
Adesso invece voleva ricambiare il favore, come i suoi amici avevano fatto con lui.
Ma Stefano non sapeva com'era esattamente la situazione di Sofia. Credeva fosse facile? Lei non era come lui. Lei ci cascava, ci provava ma poi crollava sempre. Lui non sapeva tutto questo.
Stefano non sapeva di essere entrato in un giro di guai da dove o sarebbero usciti in due o sarebbero morti in due.




**
Buongiorno.
Questo capitolo è piuttosto importante per la continuazione della storia in quanto Sofia incontra per la prima volta Stefano. Lui è un ragazzo che vorrebbe "cambiare un po' il mondo", non riuscendoci. Vorrebbe aiutarla, per fare questo. Con piccoli gesti lui, in realtà, fa tanto e non se ne accorge.
Qui Sofia cade davvero in basso, anche per il fatto della madre e dei ricordi che le trasmettono il padre a cui ha voluto bene e da cui si sentiva amata.

Alla prossima. Fra


  
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