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Autore: margherIce46    28/08/2012    1 recensioni
Dal terzo capitolo:
“[...]Senza sapere esattamente cosa dire, si limitò a osservare con dispiacere il livello del pregiato Cabernet-Sauvignon calare molto più velocemente di quanto avrebbe voluto, poi il suo calice ancora vuoto e infine l’espressione stravolta di El.
“Ho bisogno del tuo aiuto!” esclamò infine la donna, dopo avere vuotato anche il secondo bicchiere di vino.
L’uomo si sporse verso di lei e si preparò ad ascoltare [...]”
Terza classificata al contest "You and I: di coppie, intrighi, vendette e tradimenti", indetto da LunaGinnyJackson su efp.
Genere: Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Bene, ragazze, ci siamo quasi: il prossimo sarà l’ultimo capitolo.
Vi aspettavate che la cosa si mettesse davvero così?
Grazie infinite a chi continua a leggere e a commentare e in particolare a Meiousetsuna, che con le sue recensioni così carine ci consola e ci motiva.
 
Capitolo dodicesimo
 
Say Hello to Heaven
 
La porta di casa Burke si aprì; era già sera inoltrata, nelle strade newyorkesi i lampioni erano accesi da un pezzo e Peter e Neal stavano tornando a casa insieme dall’ufficio. Oramai non era più necessario che fingessero di andarsene ognuno per la propria strada dato che tutti sapevano quale fosse in realtà il loro rapporto anche al di fuori del lavoro.
“Ma io davvero non ce la faccio più, Peter!” esclamò il truffatore.
“Ti ho già detto di non lamentarti, Neal. Siamo entrambi nella stessa situazione. Cosa pretendi che faccia?” ribatté il federale.
“Difendermi, magari?” incalzò Neal.
“Santo Cielo, tu proprio non vuoi capire! Non posso fare nulla perché anche io sento commenti e battutine maligne su di me, alle mie spalle! Da parte dei superiori e persino dei sottoposti… persino le reclute e gli stagisti mi snobbano quando chiedo loro di fare qualcosa! Siamo entrambi in questo pasticcio, dopo il filmato. Ma forse tu credi che per me sia facile, dovere ancora richiamare all’ordine i miei uomini dopo che mi hanno visto completamente nudo a letto insieme a te?” sbottò l’altro.
“Ma Peter…” azzardò il ragazzo.
“Niente “ma”, Neal” lo interruppe l’agente “Farei di tutto per te e lo sai, farei qualsiasi cosa pur di vederti felice, qualsiasi cosa pur di non sentire nulla che possa farti stare male… ma ora ho le mani legate, non posseggo una macchina del tempo per far tornare tutto com’era prima di quel maledetto filmato. Tu aspetta e sopporta; non reagire, fa come se nulla fosse. Le cose si sistemeranno da sole, ne sono certo…” aggiunse Peter, abbracciando Neal per confortarlo.
Entrando, erano stati così impegnati a battibeccare che nessuno dei due aveva fatto caso alle candele profumate accese sul tavolo del salotto a creare un gioco di luci ed ombre delicate che avvolgevano tutta la stanza danzando sulle pareti e neppure alla figura sdraiata sul divano in una posa molto sexy che li osservava deliziata; questo, almeno, fino a quando non rivolse loro la parola.
“Peter, Neal…” .
Persino Elizabeth si sorprese dal tono malizioso e lascivo che uscì in modo del tutto naturale dalle sue labbra. Aveva temuto per tutto il pomeriggio che qualcosa andasse storto, di non riuscire a mantenere una facciata che presto si sarebbe finalmente potuta togliere di dosso, ma che in quel preciso momento era necessaria; l’ansia le aveva attanagliato lo stomaco senza darle scampo, tanto che ad un certo punto aveva dovuto ricorrere a un buon bicchiere di vino per riuscire a calmarsi e darsi il coraggio e la forza necessaria.
 Ed ora, eccola lì, sdraiata sul divano, un semplice corpetto nero con lacci rossi e slip sottili come carta velina addosso al suo bel corpo formoso e invitante; rossetto scarlatto, un sottile velo di trucco attorno agli occhi, i lunghi capelli sciolti sulle spalle. Ammiccante, sexy, era bastato pronunciare i loro nomi e farli voltare verso di lei per vederli restare a bocca spalancata per lo stupore.
Peter non riuscì a fare altro che pronunciare il suo nome, deliziato e allo stesso tempo sorpreso da ciò che vedeva. Neal invece aveva un sorrisetto che tutto lasciava intendere già stampato sulla faccia; per quanto sospettasse davvero che Elizabeth fosse la responsabile di quanto accaduto qualche tempo prima con l’oramai celeberrimo filmato, non poteva né voleva resisterle quando la vedeva agghindata in quel modo, solo per il loro piacere.
“Che splendore…” disse Neal in modo molto accattivante.
Elizabeth per tutta risposta si limitò a mettersi seduta, accavallando le gambe con un gesto molto sensuale, oramai certa di averli entrambi ai suoi piedi.
“A cosa dobbiamo questo onore?” chiese il truffatore, avvicinandosi mentre Peter stava ancora impietrito.
“Oh andiamo Neal, non credermi insensibile; sai bene che non lo sono. Vedo quanto voi due siate stressati da tutta questa situazione in ufficio e sapete che non c’è migliore rimedio allo stress di un po’ di buona attività fisica, come ho sempre suggerito a Peter. Dico bene caro?” chiese al marito, passandosi sensualmente la punta della lingua sulle labbra.
Peter, riscossosi finalmente dal suo coma, assentì vigorosamente avvicinandosi a sua volta. Elizabeth allora proseguì con tono fintamente innocente, da scolaretta alle prime armi quasi, sapendo di farli impazzire in quel modo: “Ho pensato di organizzare una piacevole serata fra noi, per farvi stare un po’ meglio. Ho forse fatto male?”.
I due si lanciarono un’occhiata fra loro, annuirono complici e oramai evidentemente eccitati, poi ammiccarono a Elizabeth che semplicemente si alzò e, camminando con tutta calma, salì le scale fino in camera da letto, invitandoli a seguirla con nulla più di uno sguardo.
I due, senza nemmeno preoccuparsi di togliersi le rispettive giacche e scarpe, le andarono dietro, frementi e vogliosi.
Mentre Peter e Neal erano occupati a svestirsi per raggiungerla, Elizabeth si era già sdraiata sul largo letto matrimoniale, le gambe leggermente allargate, e giocava in modo molto sensuale e seducente con i laccetti del corpetto e con l’elastico degli slip. Neal non ci mise molto a raggiungerla, iniziando ad accarezzarla e baciarla; un mano a scendere lungo la sua schiena cercando di togliere quel meraviglioso indumento dal suo corpo, l’altra che incessantemente le accarezzava le cosce. Poi alle sue si aggiunse anche quella di Peter che la sfiorò da sopra le mutandine, facendola tremare di eccitazione e attesa, mentre l’altra andava ad accarezzare la schiena di Neal e la sua bocca baciava il collo del giovane.
Quel gioco fatto di baci e carezze, fruscii di lenzuola e sfioramenti di gambe durò abbastanza a lungo da spingere Peter e Neal al culmine dell’eccitazione. Allora, come spesso accadeva ultimamente fra loro, si staccarono da Elizabeth e iniziarono a concentrarsi l’uno sull’altro, a darsi piacere a vicenda, strusciando i bacini fra loro con piccoli colpi delle anche, ancora fasciati dai boxer, dandosi sollievo e tormento allo stesso tempo.
 
***
 
Elizabeth quellasera avevapreteso Peter con più forza di quanta ne sarebbe stata forse necessaria: aveva fatto l’amore con lui follemente, selvaggiamente, come mai prima.
Lo baciava, lo accarezzava, s’impregnava dell’odore familiare della sua pelle, mentre con la testa era già lontana mille miglia da quella camera da letto e da lui; la consapevolezza che la sua vita stava per cambiare per sempre, la vertiginosa libertà che le si apriva davanti la eccitavano e insieme la sconvolgevano.
Si era stretta al corpo di suo marito sussultante sopra di lei, l’aveva attirato a sé con tutte le sue forze senza smettere di guardarlo in viso, fissando i suoi occhi serrati nel momento culminante del piacere, ascoltando i suoi gemiti come se volesse imprimerseli per sempre nella memoria.
Sapeva che Peter avrebbe creduto che lei col suo comportamento stesse cercando di dimostrare a lui - e anche a Neal - il suo amore, la sua passione, il desiderio di vivere insieme a loro per sempre. Di lenire così la sofferenza e l’umiliazione che stavano provando in quel momento. Chissà - pensò confusamente Elizabeth -  se avrebbero avuto il tempo di rendersi conto che l’aveva fatto, invece, perché sapeva che quella sarebbe stata l’ultima volta?
***
 
Nel buio della stanza, si lasciò sfuggire un lieve sospiro e si levò dal letto cercando di fare meno rumore possibile; aveva atteso con pazienza che si addormentassero entrambi, ma erano così agitati che c’era voluto un tempo che a lei era parso interminabile…
Ora finalmente sentiva i loro respiri regolari.
Li fissò un’ultima volta, prima l’uno e poi l’altro: Neal dormiva profondamente, il viso premuto contro il cuscino, un braccio piegato sotto di esso e l’altro mollemente allungato sul torace di Peter, che giaceva accanto a lui. Suo marito, coperto solo in parte del lenzuolo, le mostrava invece il volto disteso in un sonno apparentemente del tutto sereno.
La pallida luce che filtrava attraverso le tende ne rivelava i lineamenti: Elizabeth si sentì stringere il cuore - e fu l’unica volta quella notte -  al pensiero di tutto ciò che lui era stato per lei, di quello che avevano condiviso e che tra poco sarebbe finito per sempre. Ricacciò indietro il groppo che le si era formato in gola e, senza voltarsi indietro, uscì dalla stanza lasciando la porta socchiusa.
Si vestì in fretta e silenziosamente; la piccola valigia - aveva preso solo l’indispensabile  - l’aveva già preparata e nascosta sotto il divano, in modo che Peter e Neal non la notassero. In pochi minuti finì di prepararsi e come d’accordo accese e spense la luce del bagno tre volte: era il segnale convenuto, quello che avrebbe dato il via libera a Cheryl che attendeva in un’auto parcheggiata di fronte casa.
Scese le scale col cuore in gola, tremando a ogni cigolio dei gradini di legno e riservò un’occhiata fugace a Satchmo che se la dormiva della grossa steso sul tappeto davanti al caminetto.  Poi, lentamente, cercando di non far stridere i cardini, schiuse la porta d’ingresso; il viso di Cheryl che fece capolino immediatamente la rassicurò e al tempo stesso le diede la consapevolezza che ora non sarebbe più potuta tornare indietro. L’espressione della donna, infatti, mostrava piena risolutezza, lucidità e una decisione così netta che lei non sarebbe mai riuscita a trovare nella sua anima.  Confusamente pensò che no, non era giusto attribuire a lei tutta la colpa di ciò che stava per accadere; era stata una sua libera scelta, l’aveva voluto e avrebbe dovuto conviverci per tutto il resto della sua vita.
“È tutto a posto?” sibilò Cheryl con voce appena udibile.
Elizabeth annuì e richiuse piano la porta. La killer era vestita completamente di nero, con una felpa col cappuccio che, una volta sgattaiolata dentro, abbassò; con un gesto fluido e deciso estrasse dalla tasca una pistola di grosso calibro e avvitò il silenziatore sulla canna. Elizabeth non riuscì a guardare né l’arma né le movenze precise dell’altra che rivelavano come quella non fosse certo la prima volta che maneggiava arnesi di quel genere. Satchmo, avvertendo la presenza di un estraneo in casa, aprì pigramente un occhio e sollevò il muso emettendo un guaito assonnato, ma la presenza della padrona e la sua carezza gentile che gli arruffò la pelliccia sul collo furono sufficienti a rassicurarlo, così che il cane abbassò nuovamente la testa sulle zampe davanti, ripiombando subito nel suo sonno innocente.
“È meglio che tu vada adesso…” mormorò Cheryl fissando Elizabeth negli occhi: era pallida e tremante e, per quanto cercasse di contenersi, il suo turbamento era evidente. La fredda, cinica ex galeotta fu attraversata da un moto di compassione per quella donna normale, così diversa da lei, la cui sorte sarebbe stata d’ora in avanti legata indissolubilmente alla propria.
La reazione della signora Burke la sorprese però favorevolmente. Infatti, scosse il capo con decisione e bisbigliò: “No, voglio rimanere fino alla fine…”.
E così, la fragile ragazza borghese si rivelava invece una donna con gli attributi! Cheryl annuì con un sorriso lieve e sui avviò su per le scale precedendola.
Giunte fuori la stanza da letto, sostarono ancora qualche secondo in silenzio, immobili, per assicurarsi che tutto fosse tranquillo;  poi Cheryl aprì silenziosamente la porta e scivolò dentro, richiudendo subito l’uscio dietro di sé.
Elizabeth ebbe a un tratto la sensazione che in tutta la casa non ci fosse più aria a sufficienza per respirare normalmente, mentre il suo cuore martellava così furioso da darle l’impressione che da un istante all’altro avrebbe potuto schizzarle fuori dal petto. Strinse convulsamente i pugni fino a che le nocche non divennero livide per lo sforzo, le labbra pallide premute in una linea esangue. Rimase immobile nel buio, in attesa.
I suoi sensi eccitati, tesi fino allo spasimo, e il perfetto silenzio della notte le consentirono di udire i primi due colpi esplosi in rapida successione; sebbene se lo aspettasse, non riuscì a impedirsi di sussultare e fu costretta a sorreggersi alla parete perché all’improvviso le ginocchia minacciarono di cedere.
Il silenzio che seguì fu anche peggio.
Cosa stava succedendo là dentro? Perché non aveva sentito né un grido né un gemito? Forse Cheryl aveva mancato il suo bersaglio…
Come in risposta ai suoi interrogativi angosciosi, udì un rumore  sordo, seguito subito da quella che riconobbe essere la voce di Peter; non riuscì a distinguere le parole, ma il tono era chiaramente terrorizzato. Poi, il “clic” metallico di un’arma che s’inceppa risuonò, amplificato e distorto, attraverso la porta chiusa: manomettere l’arma di suo marito era stata un’idea di Cheryl, che le aveva anche spiegato come fare dato che da sola non ci sarebbe mai riuscita. Non era stato facile, le mani le tremavano, eppure si rendeva conto che si trattava di una precauzione necessaria …
A Elizabeth pareva d’impazzire, lì fuori impalata. Ma, del resto, sapeva che non avrebbe mai trovato il coraggio di entrare.
Un nuovo sparo, un gemito e un tonfo seguiti da un ultimo colpo le fecero capire che era finita.
Una lacrima solitaria le rigò il viso, ma lei l’asciugò rabbiosa col dorso della mano. Levando lo sguardo verso la porta, i suoi occhi incontrarono quelli di Cheryl che usciva, la pistola fumante ancora in pugno. 
Muta fu la domanda.
Muta la risposta che ne seguì.
Era finita davvero: per Elizabeth Burke la vita come l’aveva fino ad allora conosciuta era finita per sempre. La porta dell’avvenire stava per aprirsi di fronte a lei, c’era solo quella porta e ciò che vi era dietro. Elizabeth era sulla soglia. Elizabeth non aveva paura.

 

 
  
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