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Autore: Astrea_    29/08/2012    6 recensioni
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata. [...]
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata. [...]
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap 1

Every piece of your heart

With just one look.

Guardai l’orologio per la quindicesima volta in soli sette minuti, ma le lancette sul quadrante mi parvero nella stessa ed identica condizione di poco prima. I secondi scorrevano lenti, quasi interminabili, per non parlare poi dei minuti che mi parevano lunghi almeno quanto secoli, se non millenni.
Inevitabilmente sbuffai, incrociando le braccia al petto e tamburellando a ritmo costante il piede sulle mattonelle del lungo, lunghissimo, infinito corridoio che precedeva la sala. Sì, odiavo l’attesa ed odiavo il fatto che non ci sarebbe stato alcun premio di consolazione al termine di quel supplizio.
La fila continuava a procedere davvero troppo lentamente per i miei gusti e le urla sempre più acute ed eccitate delle migliaia di ragazzine cominciavano a darmi sui nervi.
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata.
I classici ragazzini viziati, mi ritrovai a pensare facendo un piccolo passo in avanti, alla conquista di appena altri venti centimetri.
Iniziai a dubitare davvero delle mie capacità di resistenza, ero sicura che da un momento all’altro avrei mandato tutto all’aria e me ne sarei tornata a casa. Mi maledissi ancora per quella malsana idea che la settimana prima mi era balenata per la testa in un momento di pura pazzia generato da una miriade di sensi di colpa che mi stritolavano il cuore e la testa, riducendo il cervello in brandelli, cosicché non potessi pensare razionalmente. Sì, quella non era affatto stata una scelta razionale.
Perché mi trovavo nel posto sbagliato nel momento sbagliato?
Ritornai frettolosamente con la mente al lunedì della settimana precedente, come per volermi ricordare del motivo che mi spingeva a rimanere ancora lì, irritata e spazientita come non mai, ma con i piedi ben saldi sul pavimento.
“Come cazzo hai potuto farmi una cosa del genere?”, aveva urlato la mia migliore amica con il tono di voce più alto di almeno un’ottava rispetto al suo solito.
Non che me ne intendessi di musica, sia chiaro, ma davvero per poco non ci era mancato che il suo vicino di casa non accorresse da noi per vedere cosa fosse successo di tanto grave.
“Tutto bene ragazze?”, aveva chiesto sua mamma dal piano di sotto.
Io, Ludovica e Rossella eravamo in camera di quest’ultima, chiuse dentro a discutere ormai da oltre mezz’ora.
“Si, mamma. Tranquilla!”, aveva borbottato Ross all’indirizzo della madre, che probabilmente si era fermata alla prima rampa di scale, ormai abituata ai nostri toni di voce particolarmente alti.
Rossella tornò con lo sguardo su di me e per un attimo ne ebbi davvero paura, sembrava davvero volesse uccidermi.
“Andiamo Rosy, alla fine non l’ha mica fatto di proposito!”, cercò di tranquillizzarla Ludo che se ne stava docilmente seduta sul tappeto ai piedi della lettiera.
Rossella si fece più vicina a me che ero seduta sul suo letto a gambe incrociate, puntandomi l’indice contro.
“Tu!”, sibilò a denti stretti con gli occhi serrati in due piccole fessure.
“Io.”, replicai quasi in tono ironico, non riuscendo in alcun modo a prendere seriamente quell’assurda situazione.
“Lo sai vero che era il mio regalo di compleanno quello che hai buttato nella spazzatura?”, mi chiese in tono retorico, conoscendo ormai sin troppo bene la risposta.
Sospirai ed abbassai il capo, colpevole.
Sì, il giorno prima i genitori le avevano regalato tre biglietti per uno stupidissimo concerto di una stupidissima band che tanto adorava. Logicamente lei aveva pensato anche a Ludovica, perché discreta fan, e me, più che altro per tenerle compagnia.
Quando poi erano venute a casa mia per vedere un film, Ross aveva avuto la pessima idea di portare i biglietti appena ricevuti con sé ed io, convinta che si trattasse di carta straccia inserita tra le mille riviste che avevamo da poco finito di leggere, li avevo buttati nel cestino.
Bel casino, no?
“Te l’ho detto un milione di volte che mi dispiace!”, provai ancora a dirle, nel tentativo di giustificarmi.
“E poi comunque festeggeremo i tuoi diciotto anni! Cosa te ne fai di un concerto quando possiamo andare a divertirci in discoteca?”, proposi, accompagnando le parole con il migliore dei miei sorrisi.
Lei mi fissò come se fossi una specie unica sulla terra, uno di quegli strani animali che tengono rinchiusi in gabbia per studiare perché di simili non ce ne sono, e per un istante pensai che forse lei non era poi del tutto d’accordo con me.
“Non era un concerto qualsiasi! Era IL concerto! L’ultimo del tour, l’unica tappa in Italia!”, aveva sbraitato enfatizzando sul primo articolo determinativo.
“E va bene.”, mi arresi. “Ne comprerò altri a spese mie.”, dichiarai scrollando le spalle.
Ludo si lasciò andare ad una leggera risata, ma io non ne compresi il motivo, non da subito perlomeno.
Il viso di Rossella si fece ancora più rosso e furioso, per quanto ovviamente fosse possibile. Sembrava che da un momento all’altro sarebbe scoppiata, o che avrebbe cacciato il fumo dalle orecchie un po’ come le vecchie locomotive a vapore, provocando quel fastidioso e assordante rumore.
Mi ritrassi leggermente.
“Ti pare che non ci abbia provato? Mi hai preso per una stupida?”, mi accusò piegandosi con la schiena per portarsi a qualche spanna dal mio viso.
“Secondo te cosa ho fatto fino ad un’ora fa?”, ringhiò.
Lei era ancora in piedi, con le mani sui fianchi e un’espressione palesemente adirata sul volto.
“Sono finiti, geniaccio della lampada!”, annunciò poi con un sorrisetto forzato e piuttosto incazzato.
Non sapevo cosa altro dire o poter fare.
“Forse te lo devo dire in inglese? Sold out!”, aveva ripreso lei con tono sarcastico.
“Dai Ross, ora basta! Che ne poteva sapere lei?”, cercò di difendermi Ludovica, spostandosi accanto a me sul letto.
“Ma se non parlavo di altro da mesi!”, replicò lei, sbuffando.
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata.

Ero riuscita ad infilarmi nella fila grazie all’amica di mia cugina quella mattina dei primi di dicembre, ovviamente Rossella non ne sapeva assolutamente nulla.
Le avevo comprato un cd, identico a quello che già aveva. Non avevo potuto prendere il suo perché sicuramente se ne sarebbe accorta dieci secondi dopo la sparizione e avrebbe finito per minacciare mezza casa, per poi prendersela con me ed il mio mancato interesse per quel gruppo che, a quanto sembrava, pareva essere la causa di tutti i problemi.
Mi ero svegliata di buon ora quel giorno e avevo deciso che avrei fatto di tutto per far autografare la copertina dagli autori, con tanto di dedica personalizzata, per poi regalarlo alla mia amica.
Almeno questo glielo dovevo.
I sensi di colpa mi stavano divorando.
Avanzai ancora lungo la fila, ormai doveva mancare davvero poco. Intravedevo già una serie continua di flash che ad intermittenza illuminavano ancora di più la sala che ormai si apriva davanti ai miei occhi.
Non era particolarmente grande, anzi, ma nonostante ciò più della metà era lasciata libera.
Tutte le ragazze, infatti, erano accalcate sul fondo, dove dedussi si dovessero trovare questi benedetti ragazzi. Per quel che ne sapevo, dovevano essere seduti dietro un lungo tavolo a mettere la loro firma un po’ ovunque.
Mi lasciai andare ad un altro sospiro e finalmente entrai.
La ragazza rossa dietro di me si fece scappare un urlo di gioia mista ad eccitazione. La squadrai torva, prima di tornare a guardare davanti a me, facendo altri lenti passi.
Era quella la reazione che avrei dovuto avere anche io?
Pensai che probabilmente se anche Ludovica e Rossella fossero state con me, di certo non sarebbero state da meno, soprattutto l’ultima. Così, pensai bene di non badare ai commenti sempre più elettrizzati delle ragazze che mi circondavano e alle voci stridule che si levarono non appena raggiungemmo l’agognato tavolo. Alcune invocavano dei nomi, giungendo le mani quasi come se stessero pregando, altre erano in preda al panico, paralizzate alla vista di quelli che dovevano essere i loro idoli. Poi, le più audaci, si lasciavano andare a commenti e sguardi maliziosi nel vano tentativo di ottenere qualcosa in più di una semplice firma, ed in fine c’erano quelle che urlavano e basta, senza motivo, senza smettere.
Scossi la testa, come rassegnata.
“Hi!”, mi salutò un ragazzo biondo che più o meno aveva potuto avere la mia stessa età.
Riconobbi subito il suo viso, associandolo ad uno dei cinque ragazzi dei poster che Rossella teneva sulla parete accanto al letto in camera sua.
“Hi.”, ricambiai il saluto con poca enfasi.
Lui mi fece un sorriso, ma quella volta non mi impegnai neppure a sembrare educata o contenta, quindi passai subito alla mia richiesta.
Gli porsi il cd che tenevo in mano, sperando che capisse un minimo di italiano, perché a me di parlare inglese non andava proprio.
Al primo tentativo lui corrucciò la fronte, nella chiara espressione di chi non avesse capito una sola lettera delle mie parole.
Sbuffai e cercando di rimanere calma gli chiesi in un perfetto inglese di autografare quel fottutissimo cd e di fare una dedica ad una tizia di nome Rossella. Gli feci anche lo spelling, per essere sicura che, tonto come mi era sembrato, non sbagliasse a scrivere il nome della mia amica.
Il ragazzo mi accontentò, così passai a quello successivo.
Questa volta non ci provai neppure a parlare italiano, convinta che in inglese avrei sicuramente fatto prima.
Mi sorrise anche questo ed io ricambiai.
Aveva dei lineamenti dolci e degli occhi marroni, i capelli castani, ma non mi soffermai ad analizzarlo con più attenzione.
“Sure!”, acconsentì poi, una volta che gli ebbi chiesto di scrivere nome e cognome su quel pezzo di carta che tanto stavo odiando in quel momento.
Fui costretta ad attendere qualche secondo prima di poter passare al terzo, colpa della ragazzina davanti a me che si era bloccata a contemplare il tipo che le stava seduto di fronte.
“Ciao!”, mi disse questo in uno stentato italiano, fissandomi con quegli occhi azzurri.
Lo guardai corrugando la fronte e lui parve non capire le mia reazione.
Che si aspettava qualche urletto eccitato?
Dedussi, dunque, che almeno un po’ della mia lingua la capisse.
“Puoi autografare questa copertina e scrivere qualcosa tipo a Rossella?”, gli chiesi mimando le virgolette sulle ultime due parole.
Questa volta fu lui a corrugare la fronte, facendomi capire che, in realtà, lui l’italiano lo capiva ben poco.
Mi sorrise, come per scusarsi del fatto che non avesse compreso un’acca.
Bene, ci mancava pure il coglione di turno!
“Testone che non sei altro! Ti ha chiesto di autografare il suo cd! Dai, sbrigati ad accontentare questa bella ragazza!”, aveva tradotto il suo amico lì accanto sporgendosi nella nostra direzione.
Voltai il mio sguardo stizzito verso di lui e solo allora mi accorsi di quelle profonde pozze verdi tanto chiare da ricordarmi vagamente il colore dell’oceano in una di quella cartoline di posti tropicali.
Aveva i capelli scuri, quasi neri, che gli cadevano in ricci scombinati sulla fronte. La sua pelle era chiara e le sue labbra rosse erano piegate in un sorriso tanto invadente quanto presuntuoso ed arrogante. Sulle guance si scavarono due piccole fossette.
“Capisco l’inglese, quindi evita certi tipi di commenti e firma anche tu quella cazzo di copertina.”, gli intimai con gli occhi ridotte a due fessure.
Lui, se possibile, sorrise ancora di più e quel suo sorriso mi rese ancora più nervosa di quanto già non lo fossi.
Il tipo dagli occhi blu annuì all’amico e fece come gli aveva detto, poi mi sorrise e passai al riccio.
Mi squadrò per un millesimo di secondo, mentre si passava veloce la lingua sulle labbra per inumidirle, poi mi sorrise.
“Come hai detto che ti chiami?”, mi chiese quello in un perfetto italiano, ammiccando in mia direzione.
Ma era pazzo o cosa?
“Non l’ho detto, a dir il vero. Scrivi che è per Rossella e basta.”, ordinai per liquidarlo il prima possibile.
Lui abbassò lo sguardo sulla copertina, per poter fare ciò che gli avevo detto, ma non smise di parlare.
“La scusa dell’amica è piuttosto vecchia, non credi?”, replicò alzando lo sguardo sull’ultima parola, avendo appena finito di scrivere.
I nostri sguardi si incrociarono, ma fu soltanto un attimo, prima che io li feci roteare spazientita.
“Non ti ho detto che Rossella è una mia amica, ti ho detto solo di scrivere quel nome.”, gli feci notare con aria saccente.
Lui rimase spiazzato per neppure un decimo di secondo, tanto che mi trovai a pensare che si era trattato soltanto di una mia impressione, poi accentuò ancora il suo sorriso, alzando l’angolo sinistro della bocca.
Ma sorrideva sempre?
“Forza, dovete scorrere!”, ordinò poi il tipo con giacca e cravatta che controllava il regolare svolgimento dell’attività.
Non me lo feci ripetere due volte e passai all’ultimo componete del gruppo, ma a lui prestai ancora meno attenzione che agli altri, troppo presa com’ero dal fatto che di lì a pochi istanti sarei uscita finalmente fuori.
Firmò anche lui, così guardai la copertina soddisfatta.
Vicino alla testa di ognuno di quei tipi c’era un nome, che dedussi fosse quello delle rispettive facce. Due mandavano un bacio a Rossella, un altro un abbraccio, poi c’era una strana parola che decifrai come carota, pur non afferrandone il senso, ed una dedica che sembrava essere uscita da un bacio perugina: “Che la tua vita sia dolce come una torta!”, diceva.
Sgranai gli occhi, poi presi un lungo respiro liberatorio.
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Poi, come scossa, mi voltai di scatto e con passo veloce oltrepassai la porta che dava sul vialetto, pronta a tornare soddisfatta a casa.

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Angolo Autrice

Allora, chiarisco un paio di punti che credo necessitino speigazioni.

Per prima cosa devo dire che io non sono una Directioner, non nel vero senso della parola almeno, 

anche se questi ragazzi mi paicciono veramente tanto, sia come cantanti che come personaggi!!!

In realtà ho da poco scoperto questo gruppo ed ovviamente, credo che in molte potranno capirmi, mi sono follemnete innamorata di Hazza!*-*

Insomma, tutto questo per dire che se ci sono eventuali errori riguardo alle descrizioni o ai gusti di Louis, Naill, Zayn, Liam o Harry... chiedo venia, insomma!xD

Altra cosa imoportante: non uccidetemi, vi prego!! Davvero, io non penso mica quello che scrivo!

Il primo capitolo è poittosto lunghetto, ma mi serviva per presentare bene la situazione.

Dunque, lei odia i One Direction, ma il destino ha in serbo per questa ragazza davvero tante, troppe, sorprese!

Spero che alemno questa prima parte vi sembri interessante... a voi la parola!!!

Se avete consigli o altro, fatevi avanti perchè, ripeto, non so tutto a riguardo!

I titoli dei vari capitoli, come vedrete, sono presi dai testi delle canzoni dei One Direction, 

ovviamente si tratta dei pezzi cantati dal caro Harry!;)

Ultima cosa, ovviamente so che non sono stati in concerto a Roma, ma mi serviva da presupposto per farli incontrare!xD

Mi pare di aver detto tutto, anche perché ho scritto un angolo autrice spropositatamente lungo!

Al prossimo capitolo!:*

                                                                                                                                                                                                                   Astrea_

  
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