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Autore: nephylim88    29/08/2012    0 recensioni
La storia che presento è una sorta di "libro-game", introspettivo e soprannaturale al tempo stesso. C'è il capitolo principale, e due finali alternativi, (forse un po' scontati). Finora ho scritto una storia di fantasmi e ne ho in serbo altre 3 o 4. Di solito i fantasmi di cui mi piace leggere e scrivere sono persone che hanno vissuto una loro storia, sono morte e da morte sono entrate nella vita di altre persone, tramite apparizioni e possessioni. Ma comunque sono nettamente separate dagli altri personaggi, sono persone completamente diverse. ma cosa può succedere quando anche questa particolare linea di demarcazione viene a mancare? Quando i fantasmi sono dentro di noi? La situazione di partenza di questa storia è una situazione molto banale, senza negare la sua drammaticità: la fine di una storia importante, che, a distanza di anni, la protagonista sembra non riuscire a superare...
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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“Ragazza di 27 anni trovata impiccata nella sua stanza. È suicidio”
Lorena guardava il titolo del giornale, impietrita. Erano passati già tre giorni, e non riusciva a gettare via quel quotidiano. Com’era possibile? Come poteva quella ragazza così carina essersi uccisa in quel modo? Cosa le era successo?
“M.B., 27 anni, è stata trovata morta, appesa al soffitto con i suoi pantaloni del pigiama. La sorella, che l’ha trovata e tirata giù, per poi chiamare l’ambulanza, è ancora sotto shock. I genitori, addolorati, non hanno rilasciato dichiarazioni.”
Cosa si poteva dire? C’è cura a un dolore simile? La propria figlia maggiore morta, e non per cause abbastanza superabili come incidenti o malattie. Come superi il suicidio di una persona che amavi? Come fai a guardarti ancora allo specchio, sapendo che tua figlia soffriva, e non sei stata in grado di aiutarla?
“I vicini sostenevano che fosse una persona abbastanza equilibrata. - Aveva fatto preoccupare tutti quando ha avuto una storia con un uomo ben più vecchio di lei. La storia è andata avanti per un paio di anni, forse di più. In verità non me lo ricordo bene. Ma ricordo che era completamente cambiata, non salutava più nessuno, parlava a malapena con i suoi. Nella sua vita c’era solo lui. E quando è finita, è rimasta distrutta, per un po’. - commenta L.C., anziano vicino di casa della famiglia della ragazza. - Da quando l’aveva lasciato, aveva perso un po’ di luce nei suoi occhi. Era molto più disillusa nei confronti della vita. Ma è sempre stata combattiva, si vedeva che, nonostante quella batosta, voleva continuare a vivere. Ha trovato un lavoro, un altro ragazzo, molto più a modo. Si vedeva che lo amava. Aveva ritrovato un po’ di equilibrio. Certo, la storia precedente le aveva lasciato un gran brutto segno, glielo si leggeva in faccia. Ma non immaginavamo che arrivasse a gesti tanto estremi, e a distanza di così tanto tempo!”
Lorena cercava di non piangere, quando all’improvviso entrarono un paio di clienti, facendole interrompere la lettura. Meglio così, non poteva continuare a deprimersi in  quel modo.
- Non sei andata al funerale? – le chiese il vecchio Gualtiero, cliente fisso di quel bar già da prima che lei lo prendesse in gestione.
- No,  - rispose Lorena, con voce rotta. – non potevo lasciare il bar, non avevo nessuno che potesse sostituirmi. E neanche ho potuto chiudere.
- Capisco. – Gualtiero la guardo attentamente, con i suoi profondi occhi verdi. Lorena sapeva perfettamente che aveva capito la reale motivazione. In realtà non se l’era per niente sentita di andarci. Stava troppo male all’idea che Meg, così gentile, anche se piuttosto riservata, fosse dentro a quella cassa di legno. E dopo quello che era successo il lunedì prima…
Lorena scosse la testa. – tu ci sei stato, giusto? – l’abito nero di Gualtiero lasciava ben pochi dubbi al riguardo. Infatti lui annuì. – Com’è stato? – domanda scema! Come se un funerale potesse essere qualcosa di più che tristissimo!
Gualtiero sospirò – come vuoi che sia stato? Triste. E stracolmo di gente.
- Come stavano i suoi parenti? E il fidanzato?
- Devastati. Non so se fosse peggio la visione di quel poverino in lacrime e singhiozzi disperati, o l’espressione di sua sorella, completamente impietrita, come se non avesse più lacrime da versare. E sua madre, che non riusciva a stare in piedi… l’unico che ha mantenuto un certo contegno è stato suo padre. Si vede voleva essere forte per sua moglie e per la figlia rimasta. Da ammirare, cazzo! Fossi stato al suo posto, credo che mi sarei suicidato anch’io!
- State parlando del funerale della pazza? – intervenne Gianni, un altro cliente abituale che Lorena odiava.
- Come puoi definirla pazza in questo modo? – Lorena era indignata al massimo. “mi sa che è arrivato il momento in cui ti bandisco dal mio locale, maledetto bastardo!”
- Beh, si è suicidata, no? Inutile dire “poveretta, guarda cosa le è capitato!”. Io dico le cose come stanno: una che si suicida è pazza. Punto!
- Malgrado tutto, una parte di me ti dà ragione. – ammise Gualtiero, con aria un po’ vergognosa. – Non guardarmi così, Lorena. Non voglio dire che fosse cattiva, ma probabilmente qualcosa dentro la sua mente si era spezzato, se ha commesso un simile atto. – Gianni, quel vecchio ubriacone, gongolava – quello che mi chiedo – continuò Gualtiero, lo sguardo improvvisamente freddo – è perché sei venuto al funerale, allora, visto che la ritenevi pazza.
- Perché mi andava. Punto e basta. E guardate un po’ che foto ho fatto!
Lorena e Gualtiero sapevano perfettamente che quel vecchio pazzo era appassionato di fotografia e tecnologia. Si portava la sua macchinetta fotografica ovunque e fotografava qualsiasi cosa lo colpisse. A volte erano delle autentiche puttanate, ma per lui avevano chissà che significato profondo. La cosa veramente seccante era che ogni volta pretendeva di mostrarle a chiunque! Cercando di mascherare la sua nausea, Lorena si mise a sistemare il bancone. Gualtiero, invece, fingendo un interesse che certamente non aveva, guardò lo schermo.
- E questo chi è? – domandò perplesso.
- Era al funerale. Che tipo! Completamente vestito di giallo canarino, con su le cuffie di quei cosi, come si chiamano… ah, sì, lettori mp3! E per di più continuava a mandare sms! Ma di continuo! Almeno si fosse vestito di nero! Insomma, persino io l’ho fatto! Anche se la ragazza era pazza, porto sempre rispetto per i morti!
- Sì, ma chi è?
- E avrà avuto quarant’anni! Caspita, a quell’età ancora non…
- SENTI UN PO’, STUPIDO VECCHIO! – urlò Lorena a quel punto – DICCI DI CHI DIAVOLO STAI PARLANDO, O TI BUTTO FUORI DA QUA!
Gianni e Gualtiero la guardarono, allibiti. Non era un comportamento tipico di Lorena perdere la calma in quel modo.
- Beh… - borbottò Gianni – ho parlato con Lorenzo, il vicino della ragazza. Pare che quel tipo tutto strano fosse il suo ex.
Lorena tacque. Si vergognava un bel po’ della sua reazione di poco prima, ma quella storia del suicidio di Meg l’aveva scossa parecchio. E quel dannatissimo episodio della sera in cui Meg si era suicidata non le facilitava certo le cose!!!
- Mi fai vedere la foto? – domandò, più che altro per distogliere l’attenzione dalla figuraccia di poco prima. Gianni le allungò la macchinetta.
Lorena lanciò un’occhiata allo schermo. Il suo cuore cominciò ad accelerare i battiti, il suo respiro si fece affannoso.
Senza una parola restituì la macchinetta a Gianni. – Lorena, tutto bene? – Gualtiero la guardava preoccupato. Lorena scosse la testa, come a schiarirsi le idee.
- Qua sono tutti pazzi! Io vado a casa! – Sbottò Gianni.
Gualtiero fece una cosa che non faceva mai: andò dietro al bancone, versò un po’ d’acqua in un bicchiere e la offrì a Lorena. Poi attese che si calmasse. Lentamente, la donna smise di ansimare. Si rese conto di avere il viso zuppo di lacrime.
- Va meglio? – le chiese il vecchio. Lei annuì.
- Hai voglia di parlarne?
- Diresti che sono pazza. – rispose lei, scuotendo la testa. – Altro che Meg!
- Figliola, ti ho appena visto urlare contro a un cliente. Per carità, doveva capitare con un idiota come Gianni, prima o poi, ma che mi dici del tuo successivo attacco isterico? Tuttavia non ritengo che tu sia pazza. Scossa, sì, ma pazza no. Se hai avuto quelle reazioni, dovevi avere un motivo più che valido! E, tanto per la cronaca, non credo che neanche Meg fosse pazza. Doveva essere disperata. Ma la disperazione non coincide per forza con la pazzia.
Lorena sospirò. Poi si avviò verso un tavolo e si sedette. Gualtiero la seguì, continuando a fissarla. Lei ricambiò lo sguardo, pensando che, se quell’uomo fosse stato un po’ più giovane, non avrebbe avuto problemi a innamorarsene. Sua moglie era davvero fortunata.
- Sulla sua salute mentale – disse, con voce tremula – non ne sarei così sicura. E neanche sulla mia, temo.
- Perché?
Lorena tacque per qualche secondo, torcendosi nervosamente le mani. – Non so neanche come dirti una cosa simile. Come diavolo posso parlarne così, come niente? Nemmeno sono così sicura di quello che ho visto!
- Di che cosa parli?
- Dell’altra sera. Probabilmente poco prima che Meg si suicidasse.
- Cos’è successo? – Gualtiero sgranò gli occhi – Tu l’hai vista?
Lorena annuì. – Era venuta qui per bere qualcosa. Ultimamente era la norma. Finito il lavoro, veniva al bar per un aperitivo, faceva quattro chiacchiere e poi tornava a casa. L’altra sera era qui, come al solito. Ma si vedeva che aveva la faccia della brutta giornata, così l’ho lasciata stare. Mentre rigovernavo, l’ho sentita parlare con qualcuno. Non riuscivo a sentire con chi stesse parlando, ma sembrava molto arrabbiata. Non sono uscita per un po’, non volevo interrompere. E c’era anche un qualcosa di strano. I suoni mi giungevano attutiti, perché ero in una stanza diversa. Ma la voce che rispondeva a Meg aveva un’eco strana. Non distinguevo le parole, perché c’era un rimbombo tremendo. Ma Meg aveva un tono di voce normale. Infuriato, ma normale! – emise un sospiro tremulo – te lo giuro, non ho mai avuto così tanta paura! E sono una persona molto paurosa! – si interruppe, deglutendo rumorosamente. Gualtiero continuava a guardarla, molto serio. – comunque, dopo un po’ sono uscita. Dovevo pur uscire dalla cucina, no? E… e…
- E? – la incalzò Gualtiero.
- E… - continuò Lorena, dopo un po’ – lei stava parlando con l’uomo della foto di Gianni. Ma c’era qualcosa che non andava. Quello non era una persona!
- Come?
- Non lo vedevo come vedo te adesso. Era come se fosse fatto di garza. Evanescente. Quando lei si è girata verso di me, lui è sparito. Come… come…
- Un fantasma? – Lorena annuì – Ma quell’uomo non è morto. E’ vivo e vegeto!
- Te l’avevo detto che mi avresti presa per pazza!
- Non sei pazza. – il tono di Gualtiero era assolutamente sincero.
- E allora come spieghi quello che ho visto?
- Non lo so. Potrebbe essere un’allucinazione, ma lo escludo. Come diavolo può essere un’allucinazione, se l’uomo che hai visto era lo stesso deficiente del funerale?
- Quindi?
Rimasero in silenzio per un po’. Lorena conosceva Gualtiero da tre anni, e sapeva che quando stava fermo immobile con aria imbronciata, come in quel momento, stava attentamente riflettendo su qualcosa. Beato lui che ci riusciva!
- Forse – il vecchio ruppe il silenzio – c’è qualcosa che potrebbe essere successo. Hai letto l’articolo del giornale, no?
- Quello che parlava del suo suicidio?
- Sì. Se ben ricordi c’era scritto che aveva avuto un ragazzo, prima di quello attuale. Un ragazzo che l’aveva fatta stare male da morire. Non conosco i dettagli, ma pare che chi li conoscesse fosse sinceramente convinto che quell’uomo fosse un pazzo furioso e che lei ne fosse completamente succube. E una volta finita la storia, lei ha faticato parecchio a riprendersi.
- Quindi? Cos’ha a che fare questo con quell’episodio?
- Credo che non abbia mai saputo gestire la fine di quella storia. E credo che la sua psiche abbia tentato in qualche modo di scappare da quell’inferno personale, che la costringeva a confrontarsi perennemente con quello che aveva passato. E così è nato quel fantasma, con cui confrontarsi definitivamente. Anche se non l’ha superato, a quanto sembra.
- Un modo molto estremo, inquietante e terrorizzante di confrontarsi definitivamente con il proprio passato.
- Beh, non si parla di “fantasmi del proprio passato”?
- Pensavo fosse un racconto di Dickens! – dopo questa battutina, Lorena azzardò una risata tremula. Ma non si sentiva affatto meglio. E difatti cominciò a piangere, singhiozzando senza ritegno. Gualtiero l’abbracciò
Fuori cominciava ad alzarsi la nebbia.
 
Ed ecco il primo finale! Ho voluto fare un piccolo omaggio a Stephen King. Spero vi piaccia! A giorni (quando l’università mi darà tregua!)pubblicherò il finale alternativo! Così potrete dirmi quale preferite!
Buona lettura!
  
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