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Autore: clatomeanslove    30/08/2012    7 recensioni
cari fan di thg, questa ff parlerà della 'ipotizzabile' storia d'amore tra clove e cato, i due tributi del 74esimi del distretto due.
non ho idea di cosa far succedere, scriverò un capito alla volta.
spero vi piaccia, ricensite.uu
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove, Katniss Everdeen, Peeta Mellark
Note: Missing Moments, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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E' una notte piuttosto buia, anche quelle poche stelle che si vedevano nel distretto due sembrano scomparse.
Io odio dormire in camera mia, è così opprimente, e non sento il vento sul viso, non riesco a percepire la luce della luna sulla pelle, e per me è la cosa peggiore del mondo.
Mi sento come un animale in gabbia, non riesco a muovermi, a respirare, sento le pareti che si avvicinano sempre di più, si fanno più vicine, la mia gabbia toracica si schiaccia e ho paura che mi scoppi la testa.
Per questo dormo sul balcone, o direttamente in giardino se posso.
Amo il mio giardino.
Il mio luogo preferito, sin da quando sono piccola, è il grande ulivo che si trova nell'angolo sinistro. È un albero abbastanza grande, che fa ombra su una buona parte di prato e d'estate è un ottimo posto in cui rifugiarsi, perché tra le chiome non si riesce a scorgere niente.
Ora, sono lì.
Non fa molto freddo, ma uscendo mi porto dietro una coperta, una di quelle vecchie e brutte, perché se i miei genitori dovessero scoprire che dormo in giardino, e in più che rovino delle coperte, mi ridurrebbero alla sorveglianza vigilata, o agli arresti domiciliari.
Vado sull'albero, e una sensazione strana mi percorre. Paura? No, io non provo 'paura'. Non so neanche cos'è la paura, e non voglio saperlo. Nel distretto due ce la caviamo bene, direi.
Siamo i favoriti di Capitol City, gli produciamo ogni bene, e loro ci ricambiano con il denaro.
So che siamo quelli che se la passano meglio perché vedo le mietiture degli altri distretti, tutti affamati, smorti, pallidi, alcuni faticano a stare in piedi. A volte mi fanno anche pena.
Ma che dico? Noi siamo stati allenati per uccidere, siamo allenati da quando siamo piccoli per gli Hunger Games. Infatti siamo quasi sempre noi a vincere, ci proponiamo come tributi, scattiamo sul palco, salutiamo la folla, che ci accoglie con grida e gioia.
Negli altri distretti non sono così. Non ci sono mai volontari.
Quelli che vengono scelti strisciano sul palco, lentamente, quasi stessero andando a morire.
Che poi è quasi sempre vero, ma poco importa.
Insomma, non capisco. Lottate dico io, fatevi valere! Date un senso alla vostra vita.
Ma nulla. Quelli strisciano sul palco, zoppicano per arrivarci, piangono, piangono e urlano.
Ma perchè cazzo piangete? Tanto nessuno verrà al vostro posto. E se vi fregasse veramente qualcosa della vostra vita smettereste di piangere e comincereste ad uccidere per sopravvivere.
Ma quando i favoriti vi si parano davanti fate ancora, sempre la stessa lagna.
Piangete, urlate, chiedete pietà, quando sapete benissimo che vi sarà negata. Sarete animali da macello come tutti gli altri 23 tributi, morirete tutti, uno dopo l'altro, finché non rimarrà il vero e unico campione, quello che è riuscito a tagliare la gola anche al suo ultimo alleato, l'ultimo che era rimasto.
Insomma, quello è un vero Uomo, o donna comunque, uno di quelli che hanno il diritto di vivere qui. Dei deboli che piangono non ce ne facciamo nulla, sono solo scarti della società.
Invece, uno che ha avuto la forza di uccidere anche il suo migliore amico.. beh, allora è forte.
Tutti quelli degli altri tributi disprezzano gli Hunger Games, li criticano, li odiano, ci manifestano contro, ma non sanno che semplicemente gli stiamo facendo un favore.
È una semplicissima selezione naturale che fa vincere il forte e morire il debole.
Semplice e pulito.
Tra qualche millennio non ci saranno più poppanti frignoni, ma solo veri uomini e vere donne, che riformeranno la società umana.

Guardo il cielo.
ci sono poche stelle sta notte.
sorrido.
è questa la notte.

ho pensato varie volte di propormi volontaria, di andare lì dentro. Ma poi una cosa o l'altra mi facevano cambiare idea. Non lo so, non so se andare o no.

I miei amici e i miei genitori ovviamente non sanno che ci sto pensando seriamente, ma a loro non importa. Insomma a nessuno importa veramente.

E a me non importa di nessuno di loro, di nessuno.

Mi giro di scatto, perchè ho appena sentito un ramo spezzarsi.

Prendo in mano il pugnale che tengo sempre nella cintura e scatto in piedi.

Una figura possente compare dal buio, e il suo candido sorriso riesce a illuminare persino la notte.

«Cato.»

«Ciao Clove.» mi sorride.

«Che ci fai qui?»

«Nulla direi, come te. Ti va di parlare?»

sento le farfalle nello stomaco, e un sorriso ebete mi compare sul viso.

«Ovvio.»

i muscoli del mio corpo si rilassano quando abbasso il coltello, e mi siedo con la schiena contro l'albero facendo un po' di spazio per Cato sotto la coperta.

Mi si rannicchia affianco e mi sorride.

«Allora, domani.»

«Già, domani..»

Ora lo so perchè ogni volta che penso di farmi volontaria ci ripenso. Perchè c'è lui.

Non potrei mai pensare di perdere Cato.

Toglietemi tutto, posso fare a meno di tutto, ma non del suo sorriso.

Non della sua stretta calda intorno alle mie spalle.

Non delle sue battute che cadono sempre nel momento giusto.

Ecco cosa mi fermava, ogni volta.

«Non permetterò che ti facciano del male Clove. E poi hai poche nomine. Non accadrà.»

«Cato.. tu non hai intenzione di andare, vero?»

Volta la testa dall'altra parte per non incrociare il mio sguardo.

In quel momento impazzisco.

«CATO TU NON PUOI, NON PUOI ANDARE VOLONTARIO!» mi alzo in piedi «CATO LO SAI VERO? SE FORTE, HAI TUTTE LE CAPACITÀ DI VINCERE, MA GLI STRATEGHI SONO SPIETATI, POTREBBERO UCCIDERTI CON UNA FRANA, CON UN INCENDIO, IN QUALUNQUE MODO!»

Cato mi guarda con dolcezza e prende le mie mani che in questo momento si stanno muovendo convulsamente.

«Hei, Clove. Hei. Guardami. Guardami negli occhi.»

Alzo la testa.

«Mi vedi? ok. Io so quello che faccio. È la mia vita, e per una volta ho deciso così.»

Lo guardo con gli occhi spalancati. Spero stia scherzando. Ma non è così.

«Clove, siamo amici vero?»

Mi si stringe lo stomaco. Faccio 'si' con la testa.

«Bene. Però devo dirti una cosa.»

non lo sto guardando negli occhi, e preferisco così. Non so cosa mi dirà, non lo voglio sapere. Voglio solo che lui non vada, voglio che resti con me per sempre.

«Clove, io ti amo.»

il vuoto. Il mio cervello si svuota. Non so chi sono, non so come mi chiamo, ma non mi interessa. Alzo la testa. Lo guardo negli occhi. È così bello. Continuo a guardarlo con occhi vuoti e lui resta immobile. Lui tiene le mie mani, io lo fisso.

Stiamo così per qualche minuto, poi mi risveglio.

«Cato?»

«Dimmi.»

«Stavi scherzando?»

«Non mi permetterei mai.» in quel momento le sue mani si staccando dalle mie e vanno sul mio viso, poi avvicina le sue labbra alle mie e mi bacia.

È il mio primo bacio, e devo dire che è strano.

Sa di sale. Si, di sale.

Inizialmente credo che prima di venire qui se ne sia messo un po' in bocca, ma poi capisco. Sta piangendo.

Il grande, il forte e grande Cato, l'assassino, sta piangendo tra le mie braccia.

Lo stringo più forte. Fosse per me non lo lascerei mai andare. Stare così per tutta la vita, abbracciata a lui, per sempre.

Ma ad un certo punto lui si sfila dall'abbraccio. Mi sorride, anche se ha ancora le lacrime che gli rigano il volto.

«Scusa se ho perso tutto questo tempo con te.»

«Non scusarti mai, hai capito?»

«Clove.. io andrò. Lo sai vero?»

«Non andare, ti prego... se non vuoi farlo per te, fallo per me.»

«Clove, qualunque cosa accada ricorda solo una cosa.»

mi prende il viso tra le mani.

«Io ti avrei sposata.»

per la prima volta, dentro di me sento ammontare una sensazione strana. Comincio a stremare. Mi guardo le mani. Stanno tremando, come d'inverno quando esco senza giacca. Guardo Cato. Mi sorride incoraggiante, ma improvvisamente lo vedo lontano, lontanissimo. Chiudo gli occhi, e lo vedo lì, a terra, in una pozza di sangue, morto sgozzato.

Apro gli occhi di colpo e mi butto tra le sue braccia, tremante. Per la prima volta sento di avere paura. La sento, proprio sulla bocca dello stomaco. Ho paura.

«Ho paura, Cato.»

«Piccola, non devi.»

«Cato ho paura. Paura di perderti. E so che se entrerai lì dentro non ti rivedrò mai più. E io non voglio. Non andare, resta qui con me, per sempre.. saremo felici. Insieme.»

smette di respirare per qualche istante. Sta trattenendo il respiro.

«Clove.»

«Dimmi.»

«Ok.»

Mi stacco dall'abbraccio e lo guardo negli occhi. Non so leggere cosa dicano di preciso, perchè sembra un misto di gioia, dolore, indecisione, felicità e tristezza. Con gli occhi ancora pieni di lacrime mi bacia di nuovo. Sono sicura, che se resterà qui con me sarò felice, veramente felice. E non vorrò mai più farmi volontaria, perchè ho lui.

«Ti prego, giurami che resterai.»

«Te lo giuro Clove, te lo giuro.»

e restiamo così, tutta la notte abbracciati sotto l'albero del mio giardino.

  
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