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Autore: Shion Magarin    30/08/2012    3 recensioni
{ raccolta di one-shot ~ status: 4/7 }
{ IN PAUSA fino a data da destinarsi }
La prima volta che Mana vide Atem, fu da bambina. Sul subito non gli stette particolarmente simpatico; Atem era serio, silenzioso, introverso. Lei, l’esatto opposto. Erano gli unici bambini a palazzo, e purtroppo non c’era nessun altro della sua età con cui stringere amicizia.
{ Vaseshipping ~ Atem/Mana }
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atemu, Mana
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Titolo: Vase
Fandom: Yu-Gi-Oh!
Disclaimer: Yu-Gi-Oh! e i suoi personaggi appartengono a Kazuki Takahashi.
Nota: La Vaseshipping è la mia OTP di YGO. E’ un amore d’infanzia: da quando comparve la Maga Nera, la shippai da subito con l’altro Yugi; quando mi spoilerai l’esistenza di una sua controparte egizia, beh…fu amore. Mi sentivo in dovere di scrivere - finalmente - qualcosa su di loro. Questa è una raccolta che comprenderà cinque storie. L’idea è quella di partire, come vedrete, da un flash sulla loro infanzia fino ad arrivare…dove so io. Spero sia di vostro gradimento!
Edit: Dopo tre maledetti anni ho finalmente corretto e modificato alcune cosucce di questo capitolo, riprendendo in mano la storia. No, non l'ho abbandonata. Sono solo scema e mi sono decisa a continuarla solo ora! Prometto che la porterò a termine a breve, ho molti progetti in cantiene e non vedo l'ora di terminarla. Perdonatemi e sentitevi liberi di insultarmi per il clamoroso ritardo di tre anni!

1. Cocci

La prima volta che Mana vide Atem, fu quando era solo una bambina. Sul subito non gli stette particolarmente simpatico: Atem era serio, silenzioso, introverso. Lei invece era l’esatto opposto. Ma erano gli unici bambini a palazzo, e purtroppo non c’era nessun altro della sua età con cui stringere amicizia.
Il loro primo vero incontro fu quando Mana, nel tentativo di sfuggire a Mahado, si nascose in un grosso vaso nel cortile del palazzo. All’epoca, Atem non le piaceva ancora. Non riusciva a sopportare tutta quella serietà da un ragazzino così giovane, nonostante sapesse quali pesi gravassero sulle sue spalle. O meglio, non sapeva proprio come relazionarsi ad un bambino così difficile. Mana, a differenza sua, era estroversa e amava divertirsi, anche se questo la portava sempre a combinare pasticci. Era molto imbranata, e in fondo detestava questo suo lato goffo; essere continuamente sgridata non le piaceva - come a tutti i bambini, dopotutto - ma proprio non riusciva a combinarne una giusta. Per questo preferiva sfuggire alle lezioni del suo maestro, e nascondersi ovunque pur di non farsi trovare da Mahado.
Tuttavia, il risultato della sua fuga non fu dei migliori: quando la bambina saltò fuori dal vaso, quest’ultimo si rovesciò insieme a lei, finendo per distruggersi in mille pezzi, su cui lei finì per rotolare, graffiandosi ovunque e sbucciandosi le ginocchia. Non appena notò il disastro combinato, immaginandosi la faccia di Mahado alla vista del vaso rotto, scoppiò a piangere a dirotto. Detestava essere così imbranata, ma più di tutto non le piacevano le ramanzine continue a cui veniva sottoposta. Non ne combinava mai una giusta; se Mahado l’avesse scoperta, sarebbe partita l’ennesima strigliata da parte sua e del loro maestro e chissà quale punizione le sarebbe toccata per aver distrutto uno dei vasi del palazzo.
La bambina, singhiozzando, scorse tra le lacrime una figura che si avvicinava a lei.
Ecco”, pensò, “sono arrivati a sgridarmi!” e i singhiozzi si fecero più forti.
«Ti sei fatta male?», era una voce maschile, giovane, e stranamente pacata. Mana aprì gli occhi: non c’era nessuno ad urlarle contro. Per un attimo la cosa la confuse, di solito qualcuno veniva immediatamente a farle la predica, ad ogni suo errore. La voce in questione apparteneva ad Atem, il giovane principino che, vedendola in difficoltà, si era avvicinato per aiutarla. Mana non aveva nemmeno fatto caso alla sua presenza, ma evidentemente lui aveva notato quella stramba e goffa bambina infilarsi in un grosso vaso di terracotta.
«Sei piena di graffi…vado a chiamar-»
«Non chiamare nessuno! Ho distrutto il vaso, ma non voglio che mi vengano a sgridare!», esclamò lei, tra un singhiozzo e l’altro.
«Allora ti aiuto io.»
Mana si asciugò le lacrime, seguendo con lo sguardo il bambino che si piegava a terra per raccogliere i cocci del vaso distrutto.
«Cosa vuoi fare..?» domandò, tirando su col naso.
«Se non vuoi che scoprano cos‘hai fatto, bisogna nasconderlo!»
La bambina lo guardò corrugando le sopracciglia. Che strano comportamento, per un erede al trono d'Egitto. Un silenzioso, antipatico e troppo serio erede al trono. Eppure la stava aiutando, nonostante la bambina non gli avesse mai fatto favori né altro.
«Va bene» disse lei, abbassandosi per aiutarlo a raccogliere tutti i pezzi del vaso, interrompendosi di tanto in tanto per lanciare un‘occhiata all‘altro e per tirare su col naso. Dopotutto quel ragazzino non era così male come pensava. Forse.
Nascosero i cocci sotto terra, non potendo allontanarsi dal palazzo, facendo un grande buco e buttandoceli dentro. Ma due piccoli frammenti rimasero nella mano sporca di sabbia di Mana; la bambina ne porse uno ad Atem.
«Adesso devi giurare che non lo dirai a nessuno!» il bambino guardò il frammento confuso «E questo è per ricordarti che sei stato mio complice, quindi è anche colpa tua!» affermò lei.
Atem non riuscì a trattenere una risata, prendendo dalla manina dell’altra il pezzo del vaso. Mana lo fissò. Aveva un bel sorriso. Non l’aveva mai visto sorridere, tanto meno ridere. Non era poi così serio e antipatico come l’aveva etichettato. Dopotutto era un bambino come un altro, che però l’aveva aiutata a non beccarsi l’ennesima sgridata da tutti. Dopotutto, poteva anche provarci a stringere amicizia col suo futuro sovrano. Sarebbe sicuramente stato un buon alleato e complice per i suoi futuri guai. Ricambiò il suo sorriso, asciugandosi gli occhi ancora umidi per le lacrime.

«Io mi chiamo Mana.»

***

La giovane maga ripensava spesso a quell’episodio che l’aveva avvicinata a quello che per lei era il suo migliore amico, un confidente, ed il suo re. Gli anni erano passati in fretta, troppo, ed Atem era cambiato molto - ormai era la figura più importante d’Egitto, il faraone. Mana lo vedeva raramente vestire i panni del suo amico d‘infanzia; essendo ormai a capo dell’Egitto, non aveva più molto tempo da dedicare solo a lei o da passare in tranquillità a chiacchierare. In un certo senso era gelosa delle attenzioni che lui dava al suo Regno, si sentiva un po’ ignorata. Ma dopotutto, lui era cambiato, tutto era cambiato. Atem era diventato un uomo, non era più un bambino in attesa di diventare sovrano: il buonsenso aveva preso il posto della spensieratezza; nonostante conservasse il suo essere introverso e serio, ad Atem poteva attribuire solo caratteristiche nuove e non riconducibili a quelle che, nell‘infanzia, erano tratti della sua personalità. Il suo cambiamento era stato necessario, siccome l’intero paese era nelle sue mani, ora. Era ritornato l'introverso e corrucciato Atem di anni e anni fa. Mana invece non era cambiata per niente, era ancora la solita pasticciona. Tuttavia non aveva più pianto per i suoi errori, dopo l’episodio del vaso, e doveva ringraziare il ragazzo che l’aveva aiutata ad essere più forte e sicura di sé, insegnandole quanto fosse inutile versare lacrime per danni irreparabili.
Già, Atem era proprio un’altra persona. Ma non era cambiato solo interiormente, anche il suo corpo era quello di un uomo - e Mana doveva ammettere che era diventato alquanto affascinante. Ogni volta che questo pensiero faceva capolino nella sua testa, però, faceva di tutto per farlo scomparire. Non poteva innamorarsi del faraone, e del suo migliore amico, né provare alcun tipo di attrazione per lui. Sarebbe stato scorretto, non era il giusto comportamento da tenere nei confronti del suo re. Ma nonostante tutto, non poteva non ammettere di non essere affascinata dal ragazzo.

Quella sera decise di incontrarlo, poiché era parecchio tempo che non scambiava due parole in privato con lui. Lo trovò nella sua stanza, intento a guardare dalla finestra il cielo stellato d’Egitto.
«Posso entrare, Principe?» domandò.
«Avanti Mana, chiamami Atem…non sei il tipo di persona adatto a queste formalità» le sorrise, facendole cenno di entrare. Mana era l’unica che, in privato, lo chiamava sempre col suo vero nome, nonostante fosse segno di rispetto riferirsi a lui come “faraone”. Lei aveva sempre preferito il suo vero nome, o "Principe", beccandosi quasi sempre occhiatacce da Mahado. Non poteva farne a meno: era il suo modo affettuoso di rivolgersi al suo più caro amico.
«Sei pensieroso?» chiese al ragazzo, sedendosi sul suo letto, dietro di lui «Quando guardi le stelle c‘è sempre qualcosa che non va. Vuoi parlare?»
Il faraone sospirò, raggiungendo la ragazza e sedendosi al suo fianco. Aveva l'aria stanca e la fronte aggrottata, carico di pensieri a cui avrebbe volentieri rinunciato.
«Temo di non essere adatto a questo compito. Temo per il futuro dell‘Egitto.»
«Smettila di fare il modesto, sappiamo tutti che sei un grande faraone!» scherzò lei, battendogli un pugno sulla spalla.
Atem le sorrise, stanco. Il suo compito gli toglieva molte energie, e per un ragazzo così giovane era difficile restare dietro ai ritmi dell’intero Egitto. Mana lo sapeva, e sapeva ancor meglio quanto lui si sforzasse di dare il meglio, riuscendo ogni volta nel suo intento. Lo ammirava per la sua forza e determinazione, e tutto l'Egitto lo amava. Eppure lui sembrava non rendersene conto, convinto di non essere abbastanza per portare avanti il regno che suo padre gli aveva lasciato.
Passarono ore intere a parlare, e lei non riuscì a smettere di pensare a quanto fosse cambiato. Tra una parola e l’altra, Atem finì per assopirsi al suo fianco, proprio come un bambino. Proprio come faceva da bambino.
«Deve essere proprio a pezzi» sussurrò, alzandosi con cautela dal letto, cercando di non svegliarlo.
Si fermò a fissarlo per qualche istante. Era un’altra persona, non il bambino che lei amava rievocare nelle sue memorie. Era il bambino che non voleva conoscere e che aveva imparato ad amare solo dopo l'episodio del vaso. Ed era il suo faraone e migliore amico. Ma soprattutto, era un uomo. Ed era bello. Arrossì, continuando a studiare i lineamenti del ragazzo, i suoi capelli, il suo respiro tranquillo e quell’aria pacifica che accompagnava i suoi sogni. Non l’aveva mai guardato così a lungo, così da vicino. O almeno non con quegli occhi; per lei era rimasto sempre il suo amico, quel bambino che l’aveva aiutata a mascherare i suoi pasticci e che aveva promesso di non dire a nessuno dov'era finito il vaso scomparso dai giardini. Ma già da mesi la sua ottica era mutata; ora lo vedeva per l’uomo che era diventato. Mana lo sapeva, ma non voleva ammetterlo: era innamorata. Si era trattato di un processo graduale, ed infine era sbocciato in lei qualcosa, ma aveva paura. Confessandogli tutto, avrebbe potuto rovinare il loro - bellissimo - rapporto. Avrebbe mandato in frantumi la loro amicizia, proprio come aveva fatto con quel vaso. Cadendo nella trappola dell'amore, avrebbe distrutto tutto questo.
Per loro non ci sarebbe mai stato un futuro. Lui era il faraone, lei una semplice apprendista incantatrice. Il massimo a cui poteva aspirare era rimanere al suo fianco come amica e confidente, e accompagnarlo durante il suo regno. E forse consigliarlo nel momento in cui avrebbe dovuto prendere moglie.
Sapeva benissimo che non ci sarebbero stati momenti di dolcezza o sentimenti ricambiati, ma solo quelle sere in cui si incontravano e parlavano del più e del meno. Doveva accontentarsi di quel poco che le era concesso, non doveva puntare troppo in alto. Non le era concesso.
Si chinò lentamente su di lui, stampandogli un bacio sulla morbida guancia ambrata.
Avrebbe continuato ad essere sua amica, niente di più.
Non l’avrebbe mai tradito.
Come lui non aveva mai tradito lei, dopo aver nascosto i cocci di quel vaso ed aver riposto con cura il frammento donatogli da Mana sotto il suo cuscino, tutte le notti, prima di addormentarsi.

  
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