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Autore: Sarah Collins    30/08/2012    1 recensioni
Un infermiere ed'una psicologa. Due persone, due sposi.
Nessuno dei due è stata la figura ferma, decisa, di chi sapeva esattamente cosa fare.
Quando lei ritornerà da lui, non avrà il tempo di spiegare. Di non farlo ricadere come gli ultimi anni.
Non c'è più tempo perché lei.. ha perso parzialmente la memoria.
Ha rimosso completamente il loro matrimonio e il suo abbandono.
Infine Diana, la donna sostituta. Potrà mai farsi spazio nel mondo di Declan?
Genere: Malinconico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Voltati, se vuoi.
____________


Verso le sei del mattino, Angie era ancora sveglia; non era riuscita a prender sonno, in parte perchè stava attenta a sentire Declan fare qualsiasi cosa. Era pronta a scattare non appena avesse sentito la porta della sua camera aprirsi.
Appunto, successe alle sei.
Angie aveva dei pantacollant blu con una lunga tunica bianca, la stessa che si incastrò nel comodino mentre si alzava.
Quando aprì la porta, Declan si girò a guardarla; era vestito e indossava ancora il lungo cappotto della sera precedente. Aveva la valigetta ed era intento a prendere le chiavi.
Si guardarono un attimo, poi l'uomo aprì la porta di casa e prima di uscire, disse:
"Vai a casa di tua madre."
"No."
Declan quindi si volse a guardarla con fare sorpreso.
"Cosa?!"
"No, non ci vado. Questa è casa mia." puntò Angie, avvicinandosi di qualche metro a lui.
La valigetta cadde e gli occhi di Declan pulsavano di rabbia e shock.
"La tua cosa..?!" cominciò a ridere di gusto, continuando a sfogarsi "Tu hai abbandonato questa casa anni fa, hai tralasciato il lavoro, la tua famiglia e la NOSTRA famiglia! Non hai nessun diritto do essere qui, vattene subito!"
Angie era intimorita ma non poteva spiegare il perchè della sua scomparsa, nemmeno a lui.
"Mi.. mi dispiace tanto."
"Oh.. ooh nono! Non dispiacertene, ad esempio a me non frega proprio un cazzo. Stai tranquilla."
Angie era inerme di fronte quella sua frase, non tanto per le parole, quanto per il modo in cui vennero dette.
Era distante, freddo e piatto. L'aveva perso da troppo tempo. E le persone guariscono, non dimenticano ma la vita la continuano con o senza di te.
"Ti prego.."
Declan non le rispose nemmeno, aprì la porta e uscì senza chiuderla. Angie continuava a chiamarlo continuando a chiedere se per l'amor di Dio l'avrebbe mai perdonata.
Lei era scalza e lo rincorreva sul marciapiede.
"VAI A CASA!" urlò lui voltandosi furiosamente.
Lei non rispose e rimase a guardarlo con quei grandi occhi blu.
Declan ci si poteva spiecchiare, per quanto erano lucidi.
Ma due anni è tanto tempo, di solito non si aspetta nessuno per così tanto, ma questo caso è diverso.

Quando una persona lascia l'altra in maniera brusca, bisogna stare certi che uno dei due soffrirà per mesi, e ricorderà per anni. E' una condanna. Perchè lo sai, che certi amori non terminano mai se strappati con violenza. Il carnefice ritornerà indietro per chiedere scusa.
Vuole lavarsi la coscienza per poi riandarsene. Succede sempre, e sono situazione che uccidono le persone. Le annienta dal punto di vista emotivo.
Ma quando Angie se ne andò, per i mesi successivi, chi era il carnefice e chi la vittima?
A primo impatto Declan è la vittima, ma appunto perchè tale, cominciò a diffondersi nella sua testa l'idea di essere il carnefice.
Era colpa sua, Angie era andata via perchè non fu un bravo marito.
Non la amava, non l'ascoltava ed era assente.
Come le donne, gli uomini uguale, si addossano la colpa, addossandosi cose assurde e spesso non veritiere..
Soprattutto quando essi sono le vittime. Mentalità contorte.
Spesso mi chiedo come faccia una persona ad'amarne un'altra.
Siamo troppo difficili e sbagliamo sempre, abbiamo così tante imperfezioni da non riuscire ad amarci, ma vorremmo che qualcun altro invece lo faccia.
Siamo un branco di contraddizioni con le gambe.

Declan la prese per il braccio, stringendola quanto basta per farle capire che era davvero serio.
"Vai-a-casa. Basta così, sei un'estranea e tutto questo è frutto del bel viaggietto che ti sei fatta, ho smesso di darmi le colpe. Mi fai schifo."
Erano vicini un respiro, faceva freddo e Angelica stava tremando. Non sicura di chi fosse la colpa dei suoi tremolii.
"Lasciami."
Le lasciò il braccio voltandosi continuando a camminare verso il St. Susan.
Due, quattro, sei metri di passi secchi e decisi. Stava per attraversare la strada e sentiva uno sguardo bucargli le spalle.
L'uomo sentiva una strana sensazione calda, come se i suoi muscoli si stessero tendendo nervosamente. Subito dopo sentì la voce di Angelica:
"ATTENTO DE'!!!"
Fece in tempo a voltarsi verso di lei che con le mani distese indicava di correre. Con la coda dell'occhio poteva vedere un'auto rallentare in un senso, e accorgersi di un'altra auto in panne a tutta velocità dall'altro.
Gli caddero gli occhiali a terra e fece un metro e mezzo di corsa cadendo oltre la staccionata bassa di una casa. I capelli si scompigliarono mentre l'auto che veniva dal lato opposto, e sbagliato, prese di fianco l'auto bianca che andava piano nel senso giusto di marcia.
Un triplo cappottamento e mezzo. Pezzi ovunque e l'odore del fumo copriva ogni cosa.
L'auto bianca si chiuse di fianco come un telefono startac facendo sbalzare fuori dal finestrino passeggero il guidatore.
L'auto rossa, invece, non aveva più la parte anteriore della carrozzeria.
Molto probabilmente le gambe dell'uomo che guidava, non sarebbero più esistite.

Declan era fortunatamente caduto oltre quel legno e chiodi che aveva sempre odiato sentir montare dal vicino. Alcuni pezzi lo raggiunsero ma delle grandi pianti attutirono la caduta dei pezzi più imponenti. Aveva le mani sulla testa e attraverso la fessura tra una stecca e l'altra, aveva visto tutto.
Angelica, che scalza, era sul ciglio della strada, non aveva nessun tipo di protezione nei suoi dintorni. Fece in tempo a fare un passo indietro ma rimase in piedi, coperta dalle sole mani sul viso. Il paraurti anteriore della berlina bianca, volò di piatto in direzione di Angie, ruotò seguito da altri migliaia di pezzi di vetro.
Declan aveva gli occhi aperti, e quando scorse lo sguardo di lei, rivolto verso di lui, non ebbe tempo di avvisarla.
Il paraurti prima, vetri e pezzi di carrozzeria poi, la presero piena in tutta la sua altezza.
Sembrava un film horror di serie B, dove tutte le morti sono assurde e inspiegabile.
Invece la situazione era possibile, perchè lo schianto avvenne a pochi metri da lei.
Angie venne sbalzata a sette metri di distanza facendola colpire il mattonato del garage di una casa.
Alcuni allarmi cominciarono a scattare e parecche persone si precipitarono fuori assordati dal frastuono.
Certi urlavano, altri soccorevano Declan e altri ancora chiamavano la polizia, i vigili del fuoco e l'ambulanza.
Tutto insieme, tutto in una volta sola.
E sembrava che nessuno si fosse accorto di Angie a dieci metri da loro.
Forse perchè era rannicchiata, o forse perchè piena di sangue, si confondeva con il muro color mattone di quel garage.
Ed erano ancora le sei e diciotto del mattino.
 

Spero che un giorno capirai quanto rancore hai lasciato in me.
Potresti forse assaporare briciole della delusione che mi hai regalato.
Spero, invece, che tu possa non capire mai fino in fondo, dai miei occhi, quanto ti ho amata:
quello che hai perso, potresti non perdonartelo mai. 
-Guido Paolo De Felice-


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