Without
blaming each other.
Volevo
solo capire chi ero, volevo
capire quale era la mia strada.
Ma mi stavo perdendo, negli angoli più bui di questo mondo.
Sola, con le mie
incertezze.
Il buio, il
buio era l’unica cosa che vedevo.
Camminavo, avvolta dalle tenebre. Mi dirigevo chissà dove. Ero diventata buio
anche io. Non avevo più una faccia, non avevo
più un corpo, non avevo più
nemmeno un nome.
Ero sola.
I miei pensieri vagavano in quella stanza senza muri, senza trovare via
di
fuga.
Quel poco che rimaneva di me stessa lottava contro la paura, la paura
di
essersi smarrita. Per sempre.
Avevo paura di me stessa, proprio come una bambina di 5 anni ha paura
dell’uomo
nero.
Un groppo in quella che doveva essere la mia gola, un macigno su quello
che
doveva essere il mio cuore.
Una luce, sempre
più chiara. Due occhi, in fondo alla galleria. Blu come il
mare, troppo lontani ma allo stesso tempo così vicini.
Mi svegliai ansimando, le mura non erano quelle di casa mia e con mia
meraviglia mi ritrovai in ospedale.
Erano
le 5 di mattina e già mi
avevano dimesso. Non era niente di grave, ci ero abituata.
Anche se era da tanto che non mi capitava.
Avevo passato gli ultimi 5 anni a spostarmi da casa-ospedale,
ospedale-casa
almeno una volta alla settimana. Questo, ovviamente, prima di conoscere
i
ragazzi. Era cambiato tutto da quel giorno. Davvero.
Stavo ripensando al sogno, cosa poteva mai significare?
Io ero buio, Niall luce.
Questa era la mia unica certezza.
Alle
8 ero fuori scuola, non volevo
rimandare ancora a ‘domani’ il mio ritorno alla
vita quotidiana.
Il giardino era avvolto da una leggera foschia e i volti dei miei colleghi
sembravano tutte uguali. Quelle voci, quelle mura…
Erano sempre le stesse. Le solite persone che incontri in metro, in
autobus. Le
solite persone che incontri in spiaggia. I soliti occhi che sprizzano
felicità
ovunque.
Sembrava di essere tornata alla normalità.
Quando arrivai al mio armadietto Helen e Jude erano lì ad
aspettarmi.
Mi accolsero con un caloroso abbraccio.
«Ragazze che
fine avete fatto? Jude, troppo impegnata con Louis?»
Lei arrossì e
io risi, quella ragazza era di una dolcezza infinita.
Poi alzò il viso, sorrise «E lei invece, signorina Payne?»
Adesso quella che
arrossiva ero io.
«Tu Helen?
Cosa ci racconti?» gli chiesi per cambiare
discorso.
«Ma niente,
nessuna novità.» Rispose lei,
evidentemente nervosa.
«Sta uscendo
con un ragazzo.» Disse Jude salterellando.
«Oh, oh, e chi
è?»
«Non vuole
dirlo nemmeno a me.» La guardammo male e
tutt’e tre scoppiammo a
ridere.
Mi erano mancate un sacco.
La
giornata passò abbastanza
velocemente, tra i «ben
tornata!» dei professori e i «come stai?»
dei compagni
di classe.
Era l’ultima ora e Liam tra non molto sarebbe venuto a
prendermi.
Helen invece era scomparsa.
«Ciao splendore»
Lizzie si avvicinò al mio banco. «Come stanno quei quattro
frocetti dei tuoi amici?»
«Stai parlando
del tuo ragazzo e dei suoi cani? No, non sono miei amici.»
Dissi
io prima che la professoressa entrasse.
All’uscita trovai Helen agli armadietti, aveva saltato la
lezione. Non era da
lei.
Liam era fuori ad aspettarmi, lo abbracciai. Posò le sue
labbra sulle mie e per
un attimo mi sembrò che avessero qualcosa di
diverso. Per un attimo mi sembrò
che lui appartenesse a qualcun altro.
Partimmo
da casa mia che erano già
le quattro e mezza, quindi quando arrivammo in clinica le visite erano
già
iniziate.
In stanza con Niall c’era il resto della squadra. Zayn era
affacciato alla
finestra, Harry era seduto sul letto con Niall e Louis andava avanti e
indietro
per la stanza.
Il mio sguardo si fermò poi su una mora, seduta sulla
sedia che parlava con
Niall.
«Lei
è?» Chiesi a Liam prima di entrare.
«Una nostra
vecchia amica. Ha una cotta per Niall da.. Ormai ho perso il conto
degli anni. Forse finalmente si è convito a dargli una
possibilità.»
Feci spallucce, ed entrai. «Buonasera!»
urlai e vidi le loro mani intrecciate.
Alzai gli occhi ed incontrai il suo sguardo. Liam scomparse. Scomparse
la mora.
E anche gli altri tre. E i letti, le mura, le macchine, gli alberi, il
cielo.
Finchè c’eravami solo noi, io e Niall, che ci
fissavamo con un senso di vuoto
nel mezzo. Non mi sorrideva. Anzi. Ma io non riuscivo a
smettere di fissarlo,
né lui me. Il tempo si era fermato e mi
chiedevo se quando avremmo smesso di
guardarci, saremmo diventati ormai vecchi e la nostra vita conlusa.
Mi emozionava così tanto vederlo, mi turbava così
tanto essere a soli pochi
centimetri da lui che ebbi un capogiro. Avrei voluto tanto fare qualche
altro
passo e buttarmi tra le sue braccia, spinta dallo slancio del cuore, ma
Niall
scosse la testa e tornò a fissare la mora.
Le loro labbra si avvicinarono, finché non si incontrarono. Dolore cocente allo
stomaco.
Mi sembrava che il mio cuore si fosse inabissato in un angolo buio,
senz’aria. «Ho
capito, è così che si sente.»
volevo urlare. «Ho
imparato la lezione.»
«Te
l’avevo detto.» mi stava dicendo una
voce che aveva qualcosa di familiare.
Doveva essere Liam. Liam non era scomparso, esisteva ancora e mi stava
parlando, il che significava che dovevo esistere anche io. Abbassai la
testa,
vidi le mie gambe e capii che avevo ancora i piedi appoggiati a terra.
Faci un
paio di passi e mi buttai tra le braccia di Zayn. Il quale mi strinse
forte, mi
sollevò a due centimetri da terra. «Niall non prova niente. La
ragazza che sta
baciando non si chiama Alice.» mi
sussurrò.
CAGATEMI.
Si, sono ancora viva. Per vostra sfortuna.Mi scuso per averci messo una vita a pubblicare questo capitolo, l'avevo scritto ma sono partita e quando sono tornata ero troppo depressa AHAHAHAHAHAH
Lo so, fa schifo. ç_ç
Ma capitemi, sono una schifezza, così sono nata. Non c'è niente da fare.
Spero che almeno un'anima pia lo leggerà e recensirà.
Vi prego, vi chiedo solo questo.
Comunque vi prometto di continuare presto. Ho già iniziato a scriverlo (FUCK YEAHH!)
Ok, vi abbandono.
Cagatemi.