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Autore: Lavi Bookman    31/08/2012    1 recensioni
- Mel? -
- Che c'è? -
[...]
- Riconosceresti me o Andrè? -
- Sei geloso? -
- Semplice curiosità... -
[...]
- Ok M... - Andrè si bloccò in cima alle scale e si riparò dietro al muro per non farsi vedere. Gli faceva male tutto ciò. Vedere la ragazza che amava abbracciata a suo fratello. Si chiese se non avesse magari ingigantito tutto e per un attimo volle crederlo con tutto se stesso. Eppure poteva vedere il dolore di Mel e Teo, poteva palparlo e lui si sentiva il coltello pronto a recidere ogni cosa.
La stretta di lei era così salda, e il suo pianto così silenzioso e così straziante. Si chiese come facesse Teo a non girarsi verso di lei per abbracciarla. Come facesse a resistere senza muoversi. Come potesse non piangere anche lui.
E poi se ne accorse.
Vide le lacrime di lui scendergli lungo le guance. Senza alcuna espressione dilaniante sul volto, senza nessun rumore. E rivide il vuoto nei suoi occhi. [Cap. 11]
La storia tratta l'incesto tra Mel e Teo, fratello e sorella. Tra problemi -ovvi- come le incertezze di lui, terze persone decise a rendere il tutto più complicato, incidenti e decisioni sofferte.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
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Aspettò circa cinque secondi prima di deglutire e rispondere fingendo una voce disinteressata chiedendo “in che senso?”. Si sentì pronto a chiudere la conversazione non appena avesse ricevuto una qualche domanda imbarazzante, ma quando capitò si limitò a chinare il capo.
- Ti amavo? -
- Tutti i fratelli si amano, alla fin fine, no? -

- Ti amavo, Teo? -
Si costrinse ad allontanare il cellulare dall'orecchio e premere “fine conversazione” l'attimo dopo aver detto “no” e si prese il capo tra le mani. Mel continuava a chiamarlo anche al telefono di casa e si decise a staccare la spina.
Non credeva possibile che stesse ricapitando, ancora e così velocemente.

 

  •  - Mel, non mi hai ancora detto chi riconosceresti... -
    - Perchè è ovvio, no? -
    - Lo fosse, non lo chiederei! -
    - Te, riconoscerei sempre te... -

 

Indossò velocemente le scarpe da ginnastica e prese dal tavolo in cucina le chiavi della macchina. Uscito di casa venne colpito da un'afa soffocante e dovette ricordarsi il motivo per cui stava partendo di notte, per convincersi a non tornare indietro dove lo aspttava l'aria condizionata.
Non vedeva Anna da molto tempo. Era sempre stata la tipica ragazza perfetta, senza alcun difetto e se non fosse stato per Mel, probabilmente la storia con lei sarebbe andata avanti per molto. Aveva un corpo slanciato, ben tornito e tonico. I lunghi capelli biondi -naturali- incorniciavano il suo viso da bambina e gli occhi color miele erano in grado di farla sembrare seducente solo con uno sguardo. Ed il seno, la sua quarta abbondante, era solo un altro dono che ne valorizzava maggiormente la figura. Assaporò il momento in cui quella notte l'avrebbe avuta ancora e accellerò di poco. Avrebbe potuto ricominciare con lei. Mel non c'era più nella sua vita. Non sarebbe più piombata a casa sua all'improvviso costringendolo a rimandare gli appuntamenti che organizzava con Anna. Quei tre mesi in cui era stato fidanzato con lei erano da dimenticare per non sbagliare ancora.
Guardò il cellulare appoggiato sul sedile accanto a se e notò di aver appena ricevuto un messaggio. Già sapeva il mittente.

<< Sto venendo da te >>
<< Non sono a casa, sono appena uscito >>
<< Ho le chiavi, ti aspetterò lì... >>
Ripartì con la macchina e prima di rispondere aspettò di arrivare ad un altro semaforo rosso. Usava quella come scusa per ragionare. Avrebbe potuto dirle che passava la notte fuori? Sì, dannazione, sì!
<< Passo la notte da una, fai prima a lasciar perdere... >>
Il messaggio di Mel arrivò dopo più di dieci minuti in cui si stava convincendo di aver fatto bene ad essere sincero.
<< Non farlo, torna a casa Teo >>
<< Stai male? >>
<< Credo mi dia fastidio... >>
Non rispose più. Maledicendo ed imprecando contro cellulare, sua sorella, Andrè, se stesso.

- Sei puntuale – disse la voce al citofono – sai già il piano -.
Salì le scale e si fermò davanti la porta di casa di Anna. Sentì il cellulare vibrargli nella tasca ma non ci fece caso, dicendosi che avrebbe controllato poi. Bussò e venne accolto da lei in slip rosa e maglia dei Gun's and Roses nera con il logo delle due pistole. Le aveva sempre riconosciuto un ottimo gusto in quanto a gruppi musicali.
- Mi lasci entrare? -
- Sì, certo, fa pure – disse lei annuendo con il capo e stroppicciandosi le mani. Era nervosa.
- Scusa per non essermi più fatto sentire... -
- Io... Ti faccio un caffè, ok? - e vide la ragazza dirigersi verso la cucina senza neanche aspettare una sua risposta. Disse di sì, ma avrebbe anche potuto stare in silenzio. Sorrise lievemente nel vederla più impacciata di quanto ricordasse e la prese per una spalla. La sentì sussultare e bloccarsi di colpo.
“Faccio a lei l'effetto che Mel fa a me...”. Cercò di cancellare il pensiero appena formulato.
- Sei agitata... E' tutto ok, Anna -
Sentì il respiro della ragazza aumentare di poco e i suoi occhi diventare languidi. La bocca socchiusa e leggermente arrossata per la pressione del sangue che veniva pompato dal cuore gli fece capire che era completamente in balia a quello che lui avrebbe deciso di fare.
Si avvicinò alle sue labbra e poco prima di entrarvi a contatto si spostò verso il suo collo, dove passò dolcemente la lingua. Le mordicchiò il lobo dell'orecchio e la sentì contrarsi e ansimare. Strinse il suo corpo contro di se facendole sentire la sua eccitazione e la attirò verso la camera da letto.
Quandò la vide stesa sul letto si rese conto di quanto Anna somigliasse a Mel. Nonostante i capelli e gli occhi di colore diverso, e il metro e settanta della prima confronto al metro e sessanta della seconda, erano davvero simili. Non lasciò tempo al cervello di elaborare un modo per evitare simili considerazioni che salì sopra alla ragazza baciandola con foga e passandole lievemente una mano tra le coscie. Sentendola umida premette un dito contro la stoffa degli slip e la vide inarcare di poco la schiena. Continuò a strofinare due dita sino a farla pregare “spogliami”.
Le tolse quel poco che aveva addosso e fece lo stesso con i suoi vestiti, presentandole davanti una forte erezione. Vide le mani di lei avvicinarsi all'asta e cominciare a muoversi
su e giù, su e giù. Le mise una mano dietro la nuca invitandola ad avvicinarsi con la bocca e questa non fece altro che aprirla eseguendo il tacito ordine impartito dal ragazzo. Come ricordava, era dannatamente brava. Succhiava e leccava con velocità ma, come se sapesse i punti più delicati, rallentava appena ne vedeva l'occasione per farlo impazzire. Ruotava con la lingua sulla punta e con le mani massaggiava i testicoli abbassandosi a volte per insalivarli.

La spinse indietro facendola ancora stendere sul letto e si posizionò tra le sue gambe divaricate, scendendo prima a mordicchiarle i capezzoli.
 

<< Credo mi dia fastidio... >>

 

Con una spinta troppo forte la penetrò e la sentì urlare, riconoscendo un grido di dolore e non di piacere. Si bloccò immediatamente guardandola in volto e continuò a spingere non appena vide che i muscoli del corpo di lei si stavano rilassando. Le poggiò un dito sul clitoride e lo massaggiò, venendo poco dopo avvinghiato dalle sue braccia.
 

<< Ti amavo, Teo? >>

 

Baciò Anna con tutta la forza che aveva in corpo, facendola girare poi a pancia in giù e riprendendo a penetrarla con ancora più vigore. Lei, da canto suo, dava leggere spinte all'indietro continuando a gemere e dare piccoli urletti di godimento. Cercò più volte di prendere la mano di Andrè, ma ogni volta lui trovava il modo per evitare qualsiasi contatto simile.

 

<< Torna a casa... >>

 

- Usi ancora la pillola? - chiese con voce roca mentre un rivolo di sudore gli scendeva dalla tempia. La vide annuire.
Non ci volle molto tempo perchè le venisse dentro inarcandosi e stringendola ancora di più a se.
Andarono avanti così altre quattro ore, tra una pausa e l'altra. Tra mani che non si intrecciavano, ricordi, gemiti sottomessi, baci dolorosi e graffi sulla schiena.
- Puoi restare qui ancora un po', se vuoi... -
- Devo andare, scusa -
- Ancora lei? -
- Mel non c'entra, no -
- Quella ragazza prova per te un qualcosa di malato Teo, forse dovresti allontantarla... Te lo dissi anche tempo fa... -
Si infilò entrambe le scarpe,sistemandosi con le mani i vestiti e lanciandole un'occhiata cattiva. Rendendosene conto si girò dalla parte opposta e rispose freddamente: - ho detto che Mel non c'entra. Ora vado. -
Si ricordò del messaggio ricevuto ore prima e che non aveva neanche aperto.
<< Ho
bisogno di te... >>

Si precipitò fuori di casa dicendo “ti chiamo io”. Lei sapeva che lo avrebbe fatto. Ne era certa. Il problema era solo il quando.
Entrò in macchina dicendosi da solo di calmarsi e partì andando a tutta velocità. Le strade vuote gli consentivano di passare agli incroci con il rosso, e di fregarsene dei segnali stradali. Fu a casa in mezz'ora e concluse da se che sicuramente i giorni a seguire avrebbe visto recapitarsi a casa una qualche multa.
Scese dalla macchina e ad ogni passo che lo avvicinava alla porta dell'abitazione sentiva l'agitazione aumentare. L'avrebbe realmente trovata lì? Tornò a leggere i messaggi per assicurarsi che non fosse stato tutto frutto della propria immaginazione.

Mise la chiave nella toppa e girò piano cercando di non fare rumore.
Mandorle e vaniglia.
Andò vicino al divano e la trovò lì, raggomitolata come una bambina, con ancora la t-shirt che usava per dormire, dei jeans così corti da sembrare culotte e i capelli trattenuti da una treccia morbida. Si mise in ginocchio davanti a lei.
- Scema... -
Vide gli occhi di sua sorella aprirsi e la bocca muoversi come se volesse dire qualcosa. Sentì l'abbraccio di lei, le sue braccia intorno al collo e il suo corpo schiacciato contro di se.
- La risposta è sì, Mel... -
- Anche tu? -
- . -

 

 

Spazio autrice:

Volevo solo togliere ogni dubbio e fare Capitan Ovvio. La parte finale dove lui allude ad una “risposta” si tratta della domanda fatta da Mel (“ti amavo, Teo?”). Ne viene da se il significato di quel “anche tu?” - “si”. Ok, ora ho l'anima in pace.

  
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