*riassunto
capitolo 1*
Kate,
Lanie e Jenny escono per festeggiare l'addio al nubilato di Jenny. Dopo
una prima cena tranquilla, decidono, sotto pressione di Lanie, di
uscire a bere qualcosa e vanno in un locale. Jenny le saluta presto ma
Lanie e Kate restano e iniziano a ballare e a bere. A fine serata Lanie
viene chiamata di corsa perchè c'è stato un omicidio ma Kate, piuttosto
brilla, resta ancora al locale. Spaventata Lanie chiama Castle.
Kate aveva continuato a ballare anche dopo
che
Lanie fu andata via. Non avrebbe voluto lasciarla sola ma aveva già
ricevuto
altre due chiamate, doveva assolutamente andare dalla sua vittima.
Kate era di nuovo sopra un tavolo ma dovette
ammettere che non era così divertente ballare da sola, con Lanie
affianco era
stato completamente diverso.
Scese e ballò un po’ ma improvvisamente
iniziò
a sentirsi stanca. I suoi muscoli si fecero pesanti e anche gli occhi
le si
chiudevano.
Ora aveva proprio sonno.
Doveva guidare quindi pensò di chiedere se le
potessero fare un caffè.
Il cameriere che ci aveva provato
spudoratamente con Lanie le si avvicinò con il suo caffè.
-“La tua amica è già andata via?”- chiese
alzando lo sguardo.
-“Già.”- rispose Kate.
-“Peccato. Mi sarebbe piaciuto conoscerla
meglio.”-
-“E’ fidanzata!”- sputò lì la detective.
-“Oh!”- rispose subito il cameriere. –“E tu invece?”- chiese ammiccante verso
Beckett.
Kate rise sarcasticamente.
-“Io?! Io sono una ragazza a cui 13 anni fa
hanno ucciso la madre, e che ancora non ha risolto l’omicidio. Sono
diventata
pazza , sono in cura da uno psicologo e prendo antidepressivi.”- Kate
sorrise
malignamente vedendo come il barista aveva sbarrato gli occhi.
-Oh e ti ho detto che mi hanno sparato prima
di quest’estate?!”- chiese facendo finta che tutto fosse normale.
Ok, forse aveva calcato un po’ troppo la
mano,
non prendeva antidepressivi e non era completamente pazza, ma odiava
quando un
ragazzo ci provava prima con la sua amica e poi con lei. Era il
classico ragazzetto
a cui bastava vedere un paio di gambe e cadeva per terra.
Il barista andò via, così Kate poté bere il
suo
caffè. O almeno così pensava. Quando un bel ragazzo si sedette affianco
a lei.
-“Ciao!”- disse.
Kate lo squadrò e per un attimo gli ricordò
Josh:
alto, moro, labbra carnose, un bel fisico.
-“Ciao anche a te.”- rispose con indifferenza
Kate.
-“Come ti chiami?”- chiese ancora con voce
profonda.
Kate pensò che forse era da maleducati non
rispondere.
-“Trixie!”- rispose la detective ridendosela.
–“E
tu?”-
-“Alec! Sei sola?”- chiese.
Kate non rispose. Sospirò soltanto a quel
maldestro tentativo di abbordaggio.
Finì il suo caffè, recuperò borsa e giacca e
fece per andare via.
Ora si era davvero stancata.
Ma Alec l’afferrò per un braccio e l’attirò a
se.
-“Perché vai già via ciliegina?”- le domandò
alitandole sul collo, tanto che Kate sentì la puzza di alcol.
–“Ho visto che tutte le volte che hai bevuto
hai preso la vodka alla ciliegia!”- continuò a sussurrarle, secondo lui
con
voce sensuale.
Kate cercava di liberarsi ma la sua presa era
molto forte.
-“Lasciami!”- ringhiò la detective.
Ma in sua risposta lui le palpò il sedere con
un sorriso soddisfatto stampato sulla faccia.
Kate non capì più nulla.
Solo Castle poteva permettersi di palparle il
sedere, seppure accidentalmente con la sua ‘manina curiosa’.
Riuscì a liberarsi di lui e afferrandogli il
braccio glielo girò indietro verso la schiena e con l’altra mano gli
schiacciò
la testa sul bancone e con voce dura gli disse:
-“Toccami un’altra volta, e ti spezzo il
braccio.”-
-“Ehi, ehi, ehi! Non vogliamo risse qui!”-
esclamò un altro barista, ma quando si accorse che era una donna che
aveva
immobilizzato un uomo, rimase un attimo sorpreso.
Kate scosse la testa. Se solo avesse voluto
avrebbe fatto una chiamata al suo amico dell’ufficio igiene e li
avrebbe fatti
chiudere.
Lasciò la presa dal braccio dell’uomo e
visibilmente irritata se ne andò.
-“Eh… quella donna è innamorata di me!”-
concluse Alec al bancone.
Uscita fuori dal locale, l’aria fredda delle
3
del mattino la colpì in pieno viso.
Alcuni clienti del locale erano fuori a
fumare
o a flirtare alla grande.
No, per Kate non era l’ambiente giusto.
Per una volta voleva essere se stessa e
divertirsi, ma non era lei. Lei era la classica persona che sta bene a
casa,
con un buon libro, un bicchiere di vino rosso in mano e un bel bagno
caldo.
Già Castle ci aveva visto giusto quando aveva
descritto Nikki Heat.
Si diresse verso la macchina ancora con
questi pensieri
in testa, quando alzando lo sguardo vide che nel parcheggio c’era il
vuoto più
assoluto.
La sua macchina era sparita.
-“Cosa…?”- si chiese ma alzando lo sguardo
vide
un cartello di sosta vietata con rimozione forzata.
Non poteva crederci. Le avevano portato via
la
macchina.
Infuriata con se stessa per non aver visto il
cartello, si diresse a passo veloce verso i taxi ma arrivata di fronte
al
locale, dove Jenny le aveva detto che erano parcheggiati, non c’era
neppure un
taxi.
La situazione volgeva di bene in meglio.
Non poteva chiamare Lanie e non avrebbe di
certo telefonato ad Esposito. Di Jenny e Ryan poi non se ne parlava
proprio.
Afferrò il cellulare e scrisse:
-“Ho
bisogno di te.”-
Intanto Castle era sul taxi.
La chiamata di Lanie l’aveva svegliato, e non
solo dal sonno. Era stato un pessimo risveglio.
Non gli aveva dato troppe informazioni al
telefono, era di fretta e poteva capirlo, ma aveva fatto in modo di
avvertire
qualcuno che la aiutasse.
Si ma perché? Che aveva fatto?
Non era da Kate andare a ballare. Lui la
conosceva bene, sapeva che preferiva stare a casa a leggere.
E non era neppure da Kate bere tanto da
ubriacarsi. Che cosa le era successo?
Che cosa aveva voluto dimostrare?
Castle fremeva nel taxi.
Erano le 3 del mattino, come poteva esserci
così tanto traffico? Ma poi si ricordò che viveva a New York, la città
che non
dorme mai.
-“Può andare più veloce?”- chiese con una
lieve
irritazione nella voce.
-“Ehi amico, non controllo il traffico ok?!”-
rispose stizzito il tassista pakistano.
Sbuffando Castle fece per rispondere quando
il
suo cellulare squillò, segnalandogli il messaggio di Kate.
-“Senta…ehm.. Jamal giusto?!”- disse
rivolgendosi al tassista, ma quest’ultimo annuì distrattamente, come se
neppure
lo stesse ascoltando.
-“Ecco, Jamal, c’è una mia cara amica che ha
bisogno di me. È urgente. Quindi la prego, faccia più in fretta che
può.”-
disse quasi supplicando, ma lui stesso, non appena pronunciò la parola
amica si
sentì quasi morire dentro.
Avrebbe voluto dire che la sua ragazza aveva
bisogno di lui, ma lei era stata chiara: c’era il muro da abbattere e
con
quella muraglia cinese dentro di lei, non avrebbe potuto avere la
relazione che
voleva.
Il tassista lo guardò dallo specchietto e
vide
tutta la sua ansia e frustrazione.
Sbuffando in modo piuttosto scocciato, perché
qualcuno gli stava dicendo come fare il suo lavoro, cercò di fare il
più in
fretta possibile, non tanto perché quella sua amica aveva bisogno di
aiuto, no,
New York era famosa per il menefreghismo dei New Yorkesi, ma perché
così si
sarebbe levato dai piedi quel cliente.
Erano le tre del mattino anche per lui,
infondo.
Battendo il piede sul tappetino della
macchina
Castle rispose al messaggio di Kate:
-“Sto
arrivando.”-
Kate era fuori dal locale e pochi minuti dopo
aver mandato il suo sms, il suo cellulare squillò in risposta.
Wow! Castle era stato davvero rapido.
Solitamente neppure le cannonate lo svegliavano di mattina, figuriamoci
in
piena notte.
Si appoggiò all’albero vicino, e si strinse
di
più nella sua giacca, maledicendosi per non essersi portata appresso un
cappotto.
Sfregandosi le mani sulle braccia cercò di
riscaldarsi, con scarso successo.
-“Hai freddo, ciliegina?!”- domandò malizioso
sempre quel tipo del bar.
-“Si chiama stalking questo lo sai?!”-
Beckett
roteò gli occhi, ma sapeva che era ubriaco, mentre lei durante tutta la
serata
aveva solo finto.
Sapeva reggere bene l’alcol soprattutto a
stomaco pieno. Voleva solo che l’alcol fosse una scusa per lasciarsi
andare.
Si ritrovò ingabbiata fra le braccia di
quello
sconosciuto, che respirava nuovamente il suo profumo.
-“Sai davvero di buono.”-
-“Conosco il sapone! Cosa che tu invece non
conosci!”- rispose uscendo dalla sue braccia, ma lui fu più veloce e le
afferrò
un braccio, attirandola a se e cercando di baciarla.
-“Lasciami subito!”- ordinò Beckett cercando
di
allontanarlo con le braccia.
-“Altrimenti?! Mi prendi a calci nel culo?!”-
rispose con una risata baciandole il collo.
Le gambe di Kate si mossero autonomamente
senza
che lei avesse il tempo di ragionare. La detective addestrata prese il
sopravvento su di lei.
Gli diede un calcio sullo stomaco e una
gomitata sul naso, che però gli beccò lo zigomo. Anche se non era
completamente
ubriaca i suoi riflessi erano meno pronti.
Alec si afferrò lo zigomo ed esclamò:
-“Puttana! Vieni qui!”- disse afferrandola
ferocemente alle spalle e spingendola di nuovo verso l’albero,
facendole
sbattere la testa.
-“Ehi!! Lasciala stare!!”- urlò Castle
scendendo dal taxi, avendo appena assistito alla scena.