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Autore: hiccup    01/09/2012    2 recensioni
Nero I: Il risveglio di un panda non sarà mai veloce nè violento.
Bianco I: La memoria di un panda non deve mai essere messa in discussione.
Nero II: I biscotti sono cosa buona e giusta sia per il panda che per il suo gatto.
Bianco II: Panda bagnato, panda fortunato?
Nero III: Chi ha detto che un panda non può correre?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nero III


Nero III.

 - Chi ha detto che un Panda non può correre? -

***




Il corso all'università era finito da quasi quattro giorni quando Sonja Lançomes decise di cambiare la sua vita completamente. Aveva tutta l'estate davanti ed era intenzionata a farlo.


Tutto era iniziato un pomeriggio decisamente afoso e umido. La ragazza aveva deciso di rimanere a casa tutto il giorno, seduta sul divano con il gatto appollaiato contro un fianco e il pc aperto sulle ginocchia. Non era un'appassionata di social network ma le piaceva mantenere i contatti con i vecchi compagni di scuola e gli amici che si erano trasferiti per continuare gli studi.
Stava vagando tra i vari profili delle sue vecchie conoscenze quando incappò nell'album di una certa Camille Mout. Come dimenticarla! Era stata una delle sue migliori amiche quando aveva dieci anni o poco più, prima di trasferirsi a Parigi da Marsiglia.

Stentò a riconoscerla; ricordava Camille Mout come una bambina paffuta con le guance rosee, molto simpatica e solare. Bè, ora di quella bambina paffuta non rimaneva poi più di tanto: era diventata magrissima e le guance piene non c'erano più. Sicuramente era ancora molto simpatica ma Sonja la fissò per alcuni minuti, incredula.

"Però, Camille, complimenti" disse tra sè e sè, spegnendo il computer e posandolo sul tavolino di fronte al divano. Acciuffò Slick e lo accarezzò pensierosa per qualche istante, guardando il vuoto davanti a sè. Le foto di Camille - la paffuta Camille e la magrissima Camille - le tornarono davanti agli occhi

Poi si alzò di scatto - tanto che Slick le graffiò un braccio per lo spavento ed emise un miagolio irritato - e salì di corsa al secondo piano, entrando nella sua camera. Posò il gatto sulla scrivania, andò davanti allo specchio e si guardò con occhio critico. Era alta un metro e uno sputo di cammello e la sua costituzione non aiutava di certo: aveva quei rotolini orribili sui fianchi, una pancietta flaccida, gambe enormi e un fondoschiena altrettanto enorme. Guardò il suo riflesso assottigliando ancora di più lo sguardo. Era davvero così paffuta? Cioè, da bambina non era magra, anzi, ma ora che si guardava meglio era davvero sovrappeso. Colpa del caffè zuccherato la mattina? Dei pranzi della nonna? Del suo essere pigra e geneticamente predisposta per rimanere stravaccata sul divano?

Di lì a qualche anno avrebbe potuto non riuscire più a passare attraverso l'uscio di casa. E non avrebbe mai conquistato Claude Plombiers con quei cuscinetti fin troppo morbidi.

"Slick" esordì serissima, "devo mettermi a dieta. Ho tutta l'estate davanti e devo tornare all'università bellissima e magrissima".

Sonja continuò a parlare al proprio gatto per un'intera mezz'ora, ignara del fatto che il suo amico peloso era balzato giù dalla scrivania e se n'era tornato in salotto.

*

Da quel pomeriggio Sonja eliminò ogni singola fonte di zucchero e tutto il cibo spazzatura dal suo frigo - inutile dire che rimase tristemente vuoto -, prese la borsa accompagnò Monique a fare la spesa e si premurò di prendere quantità industriali di fibre, frutta, verdure, latte di soia e gallette di riso.

Dal canto suo, sua nonna, l'osservò stranita prendere questo e quello dagli scaffali, poggiarli dentro al carrello e continuare così fino a quando non giunsero alla cassa.

Una volta uscite con quattro borse piene, vide sua nipote sospirare sollevata come se avesse dovuto sopportare un peso più grande di lei per tutto il tempo.
"Sonja, tesoro, tutto bene?"
"Hai visto quella torta al cioccolato e menta appena sfornata nel reparto pasticceria? Davvero, è stata una sfida non prenderla!"

*

"Sei sicura di quello che stai facendo, cara?" le domandò Monique, porgendole una tazza di tè. La nipote declinò l'offerta, decisa.
"Devo dimagrire, nonna, e non posso bere prima dello sport"
"Oh, è per quello che indossi quei pantaloncini sportivi e quella canotta?"
"Già. Andrò a correre. Farò il giro del quartiere"
"Complimenti, avevo iniziato a pensare che ti saresti fusa assieme al divano, cara"
"Grazie per il supporto, nonna, davvero. Se non torno entro un'ora, chiama l'ambulanza o la polizia, sarò morta sul ciglio di una strada"
"Via, non essere così positiva. Buona fortuna e buono sport"

Sonja uscì di casa, attraversò il giardinetto, aprì il cancello, scese sul marciapiede, chiuse il cancelletto dietro di sè, salutò con un cenno sua nonna che l'osservava divertita dalla finestra aperta, guardò la strada diritta davanti a sè, respirò a fondo, estrasse l'Ipod, scelse una canzone, respirò di nuovo e partì.

Dalla sua preparazione mentale sembrava che stesse per partire per una maratona di venti kilometri a passo sostenuto, in realtà sembrava quasi camminare se non fosse stato per le scarpe da corsa nuove che la costringevano a flettere le ginocchia e a saltellare in avanti. Ma erano solo dettagli. Sonja
Lançomes stava correndo. Si era staccata dal suo amato divano ed era uscita. Che vittoria, ragazzi!

Sentendosi invincibile iniziò a guardarsi attorno, saltell- correndo allegramente lungo il marciapiede.

Erano quasi le diciannove di sera e il cielo era ancora completamente azzurro e privo di nuvole. Però era decisamente meno caldo e tirava quasi un filo di vento. O magari era la sua immaginazione, cosa più probabile. Non c'era anima viva in strada eccetto lei e non se ne meravigliò più di tanto, anzi, pensò che fosse meglio così: chissà che vergogna vedere corridori tutto muscoli e super polmoni correre, superarla e guardarla con ilarità. No, lei era felice così. Passo calmo, senza spingere troppo, i Queen nelle orecchie - e la voce di Freddie Mercury che urlava We will rock you - quella presunta brezzolina, la sensazione dei muscoli che si contraevano per poi rilassarsi. Ottimo, poteva quasi sentire le calorie lasciare le sue membra, l'antipatico grasso sciogliersi e-

Una fitta al fianco.

Oh, cavolo!

Sonja portò una mano al fianco. Ecco, quella cosa non le piaceva molto; era già senza fiato. Non avrebbe dovuto stupirsi molto, dopotutto aveva alle spalle vent'anni di vita sedentaria, mettersi a correre e pretendere di avere i polmoni e il fiato di un maratoneta non era possibile. Ma si parlava di Sonja.

Nonostante il dolore al fianco e ai polmoni, la ragazza continuò a correre, ignorando tutto e tutti. Non si sarebbe arresa così facilemente. Mai.  

Attraversò un incrocio fingendosi sportiva e allenata per evitare gli sguardi di alcuni passanti. I quali ovviamente non le credettero, visti i rotolini sui fianchi e la pancetta balzellanti, ma ammirarono il suo spirito avventuriero.
Svoltò a destra, inoltrandosi lungo un viale alberato per poi svoltare nuovamente a destra diretta in uno dei giardini pubblici più belli della capitale.
Entrò nella grande area verde che aveva il fiatone, le orecchie le facevano male a causa del volume troppo alto della musica, i polmoni bruciavano e i polpacci urlavano minacce di dolori perenni se non si fosse fermata a riposare all'istante.

Era sfinita.
Ma non si fermò.
Ormai la sua falcata era diventata un passo da bambino ma non ci fece caso e continuò a "correre" lungo quel sentierino natura che in un'altra occasione l'avrebbe fatta sorridere, ma che in quel momento malediva per la lunghezza e quei sassolini fastidiosi che scricchiolavano sotto le suole delle sue bellissime scarpe.

Sonja pensava davvero che non potesse esserci nulla di peggio ma si morse la lingua poco dopo, vedendo un altro ragazzo correre nella direzione opposta alla sua; aveva una tenuta sportiva blu e bianca, una fascetta di spugna sulla fronte a tenere lontani i riccioli ribelli, una seconda fascetta assicurata all'avambraccio con un lettore mp3, un orecchino all'orecchio destro e un tatuaggio tribale all'avambraccio. Bastien Baudeau.

S
onja si fermò all'istante guardandolo avanzare verso di lei e imprecò tra i denti. Tra tutte le persone del mondo, proprio lui doveva incontrare? Il suo vicino nerd e insopportabile? Sul serio?

Troppo presa dal chiedersi se, veramente, avesse fatto qualcosa di male nella sua vita per meritarsi tutta quella sfortuna, non si preoccupò di spostarsi dal sentierino.
Così il ragazzo si fermò davanti a lei e si guardarono. Anzi si scrutavano. L'una seccata e l'altro stranito.

Oh, senza occhiali e con le lenti a contatto sembra meno nerd, pensò lei ironicamente, spegnendo l'Ipod.
Bastien si tolse gli auricolari con un sorriso sornione.
"Panda scemunita, non dirmi che stavi correndo?" fece. E non aveva il fiato corto, notò la ragazza con una punta d'invidia: lei sembrava stesse per morire di asfissia, aveva un fianco che lanciava stillate di dolore ogni tre passi per due e le gambe che tremavano minacciosamente.
Nonostante tutto quel dolore si disse che poteva benissimo riuscire a colpire il vicino di casa con un pugno. Scemunita a chi, poi?

"Anf... Problemi?" sbottò.
"Certo che no. Almeno io non ne ho, tu a quanto pare stai per lasciare questo bel mondo stroncata da un'asfissia"
"Dirai... anf... così anche ai tuoi... anf... pazienti?" chiese lei sarcastica. O al meno ci provò.
"Può darsi. Siediti" indicò con un cenno la panchina accanto al sentierino-ghiaioso-odioso e, anche se Sonja lo odiasse e non volesse dargliela vinta, la visione di quella panchina vuota fu paradisiaca e si lasciò cadere sopra a peso morto, riprendendo fiato. Le parve di sentire i suoi muscoli ringraziarla e si accorse di essere in un bagno di sudore.
Che schifo, pensò storcendo appena il naso.

"Come mai ti sei scollata dal tuo amato salotto?" le domandò sedendosi accanto a lei.
"Secondo te perchè?" chiese lei stizzita.
"Un panda se dimagrisce muore, lo sapevi?" Sonja lo guardò male, molto male.
"Se vuoi un consiglio" iniziò lui asciugandosi la fronte appena imperlata di sudore.
"Posso farne a meno, grazie" lo interruppe lei.
"Inizia con piccoli tratti, corri cinque minuti e fai tre minuti di camminata sostenuta così da recuperare, ripetilo per tre volte. Almeno tre giorni la settimana" disse ignorandola completamente.
"Ho corso dieci minuti" borbottò lei guardando l'orologio.
"Dieci? Sei davvero messa male allora, scemunita"
"Ti diverti tanto, eh? Perchè non te ne vai a correre lontano da qui? Magari scivoli in questo sentierino ghiaioso e ti scarnifichi qualche arto"
"Ora vado, tranquilla. Ho una tabella di marcia, io, e se proprio non ti va di correre, vieni il palestra"
"Ah-ah, certo. E' il mio luogo preferito, guarda"
"Ci sono io che faccio da personal trainer alle couch-people come te"
"Non mi vedrai mai" decretò lei, acidamente.

Sonja si alzò - le gambe lanciarono una leggera fitta di dolore - e lo guardò dall'alto in basso.
"Buona giornata, babbano", girò i tacchi e si allontanò dalla panchina.

"Non torni di corsa, panda?" le urlò lui, divertito "attenta a non estinguerti, però!"

Sonja lo ignorò, infilandosi gli auricolari.





***





Un altro capitolo demenziale, I know, ma credo sia il mio difetto. ^^''
Spero almeno di avervi fatto sorridere un po' con le (dis)avventure di Sonja che, tra le altre cose, ci prova sul serio a perdere peso. E prima o poi ci riuscirà, forse...
Ringrazio comunque tutte quelle bellissime e stupendissime persone che hanno lasciato una recensione, che seguono e che leggono questa raccolta di storielle senza pretese, vi voglio bene. Giuro!
Grazie ancora,
alla prossima

hiccup
















 
  
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