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Autore: SweetLady98    01/09/2012    1 recensioni
E se il destino di Rose fosse stato diverso?
 
 
Ha finalmente avuto la vita che sognava... Ma, ripensandoci, è davvero quella che sognava?
Quando il sogno diventa la realtà può assomigliare a un incubo....
 
Riuscirà Rose, affiancata da 3 strani tipi, un’amica e il Capitano Jack Harkness, a tornare alla realtà dal Dottore o rimarrà per sempre intrappolata nel suo sogno?
 
- Dottore? -
- Si? -
- Quando la smetterai di chiedere se nell’hamburger ti possono mettere anche il tonno? -
- Quando le mie converse saranno divorate da un Pwccm, mia cara Rose -
(Dedicata a KillerQueen86)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10, Jack Harkness, Rose Tyler
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5° CAPITOLO:               SAY  IT’S  NOT  TRUE

                                                                  Dì  che non è vero…
 
<< Dottore…? >>
 
Prima che potessi saltargli al collo e dire “ Grazie a Dio, Dottore, ci hai salvati! Portaci via di qui, per favore, non sai cosa sta succedendo!” lui mi cinse il fianco e mi baciò. Un bacio veloce, da abitudine, ma non per questo meno dolce.
All’inizio rimasi immobile, sconcertata per il suo gesto. Se mi avesse voluto baciare, l’avrebbe potuto fare in qualsiasi altro momento, magari al ballo, non lì.
Poi lo abbracciai. La prima cosa che mi stupii era che non aveva il solito profumo di gelsomino.
<<  Ci hai trovati! Come hai fatto, sei venuto con il Tardis? >> gli chiesi, guardandolo nei suoi bei occhi castani.
<< Tardis? Cosa sarebbe? >> alzò un sopracciglio << Sai, non è difficile arrivare a casa di tuo padre! >>
Ora ero io quella stupita. Mi stava prendendo in giro?
<< Dai, Dottore, lo sai benissimo cos’è! >>
<< Dottore? >> il sorriso che prima illuminava il suo volto si spense. Poi si girò verso mia madre, che lo stava salutando.
<< Oh, John caro! Entra pure, è quasi tutto pronto! >>
John caro? John?
Aspettò che lo seguissi, prendendomi per mano, e alla luce mi guardò da capo a piedi.
<< Ti messa elegante per me? >> ridacchiò << Sei bellissima con questo vestito… Si, lo sei sempre, però… così! >>
Mi sentii le guance infuocate, non ero abituata a sentirmi dire certe cose, soprattutto da uno che sarebbe dovuto essere il Dottore.
<< Ciao, John! Come sta il mio quasi-cognato? >> mia sorella Julie si avvicinò a noi tutta pimpante.
Il Dottore ( o dovrei chiamarlo John? ) sorrise, e mi accarezzò la guancia, sembrava soddisfatto.
Io no. Cognato? Il cognato non era il marito della sorella?
Ecco chi devo sposare tra una settimana e mezzo. Dio, fa che non svenga ora.
Julie mi guardò preoccupata.
<< Rose, ti senti male?>>
 << Sto benissimo >> squittii.
<< Oh! Eri diventata più bianca di un foglio di carta per stampante. >>
Speravo che non se ne fossero accorti… Invece sì!
Eilidh arrivò al mio fianco, con un sorriso. Strabuzzò gli occhi quando il suo sguardo si posò sul Dottore. Io mi misi un dito sulle labbra, per farle capire che non doveva dire nulla.
<< Lei è Eilidh, te la ricordi? La figlia di Terry >> dissi a John. Lui scosse la testa. << Terry? Ti stai confondendo. No, mi dispiace, non la ricordo. Comunque, piacere >>
Ma ormai avevo capito che non era il Dottore, non rimasi meravigliata. Eppure… Era uguale: stessi capelli, stesso viso, voce identica… E stessi occhi, anche se un altro sguardo quando si posava su di me, mi faceva arrossire.
Una copia, ma solo fisicamente. Non conosceva Ellie, il che sarebbe stato impossibile se fosse stato il vero Dottore.
Strinsi di più la mano di John, come per reggermi. Non mi sentivo più le gambe.
<< Stai bene, tesoro? >> John mi scostò i capelli dal viso per guardarmi bene. E per la prima volta non ebbi conforto specchiandomi nei suoi occhi profondi. Mi fecero sedere su una sedia… Chissà quanto sembravo sconvolta, allora.
Eilidh si accucciò vicino a me,
<< Devo parlare un attimo con Rose, posso? >> la sua espressione diceva chiaramente “in privato”.
Julie e John si allontanarono un po’, ma sempre tenendomi d’occhio.
<< Rose, ma quello non è il Dottore? >>
<< No >> chinai la testa.
<< Come no, è uguale! >> lo riguardò.
<< Non in quel senso, Ellie! E’ uguale da fuori, ma il suo nome è John, è quasi mio marito. Comincio a credere che questo sia un mondo parallelo. Anzi, ne sono sicura. Devo parlare con Gess ed Eldegor >> feci per alzarmi, ma la mia amica mi fermò con la mano.
<< Tu resti qui seduta, hai un colorito cadaverico. Non so cosa sia questo mondo parallelo ma credo che tu abbia ragione >> mi sorrise, per calmarmi.
<< Non vedi il problema… Negli universi paralleli si entra ma non si esce! E il Tardis, se ci arriva, si spegne >> mi ricordavo quello che mi aveva detto il Dottore a proposito dei mondi paralleli. << Siamo bloccati qui >>
Mi terrorizzava solo dirlo.
<< Ne usciremo…>> Ellie mi strinse la mano, come per farmi sapere che lei c’era sempre, a sostenermi. << Stai calma >> continuò con voce bassa e dolce. Mi fece stare meglio.
 
Quando tornai dai miei, John mi guardava stranito e preoccupato insieme. Anche mio padre, che parlava animatamente con lui.
Sembrava che i miei genitori andassero molto d’accordo con il mio quasi marito. Vidi come mia madre poggiò la mano sul braccio di John, ero sicura che lo adorassero.
Cercai di allentare la tensione con un sorriso, che lui ricambiò. Era al 100% il sorriso del Dottore. Ma quella volta non mi fece battere il cuore, come al solito. Forse ero troppo scombussolata.
<< Ci siamo tutti? >> chiese Mary a mia madre. Cercai con lo sguardo i miei 3 amici alieni, intenti a chiacchierare con Julie.
<< Manca solo… Oh, eccolo! >> la voce di Jackie fu coperta da un citofono. Mi chiesi cosa avrei scoperto anche quella volta.
Mary andò ad aprire. Era una figura alta, il volto era in ombra, camminò verso di noi.
<< Salve, gente! >>
Come non riconoscere la sua voce??
<< Jack! Per fortuna sei venuto tu! Ti ha avvisato il Dottore e sei arrivato col vortex? >>
Jack, la mia salvezza! Era proprio lui, i capelli bruni stranamente in ordine, il sorriso luminoso e un giubbotto al posto del cappotto. Lo abbracciai stretto, poi mi scostai e gli presi il volto tra le mani << E’ un universo parallelo… Il Dottore si chiama John, ho una sorella in più, e abito  qui… >>
Lui mi guardò con gli occhi sbarrati, forse non capì nulla per come parlavo veloce…
<< Rose, che ti prende? Che stai blaterando? >>
No… Non potevo dubitare anche di Jack.
<< Jack… Qual è la cosa che odi di più al mondo? >>
Gli chiesi una cosa che solo il vero Jack poteva sapere. Se era una copia, l’avrei capito con la sua risposta.
<< Uhm… non saprei… il pollo fritto?! >> piegò la testa  con la fronte aggrottata, non stava capendo perché gli stessi facendo quelle domande.
Io abbassai la testa. La cosa che più odiava al mondo era non essere chiamato Capitano quando veniva presentato agli estranei.
Pensava che quella parola mettesse in soggezione la gente e per questo venisse ancor più rispettato, quasi adulato.
Invece, quello che si guadagnava non era un inchino o simili, ma una risatina in faccia.
 
Le lacrime cominciarono a scorrere silenziose sul mio viso, tenute dentro per troppo tempo.
Se anche Jack era… strano come gli altri, non sapevo davvero più che fare. Nessuno ad aiutarmi. Ero sola
Non era il vero Jack. Jack Harkness, si, non il Capitano Jack, il mio miglior amico, il mio confidente, il mio protettore, a cui potevo dire qualunque cosa…
<< Rose? Stai bene? >> si tolse il giubbotto, e si scoprì una divisa di poliziotto.
Un poliziotto? Jack, che odiava tutti quelli in divisa, che avrebbe preso quasi a parolacce?
Fece per abbracciarmi, ma io mi allontanai, andando a finire nelle braccia del Dottore, dietro di me. Mi strinse al suo petto, e questo mi fece piangere ancora di più. Era morbido, caldo, umano: un uomo che si chiama John, non un Signore del Tempo con una cabina blu. Lo capii davvero quando sentii un solo cuore battere nel suo petto.
<< Vieni, Rose >> mi sussurrò nel mio orecchio. Eilidh e gli altre 3 arrivarono al mio fianco, preoccupati.
John si girò verso la tavola, dove tutti ci guardavano sbalorditi.
<< Scusateci, noi andiamo, Rose non sta molto bene >>
Jack continuava a guardarmi perplesso. << Si, è meglio che vai, John >>
Il “Dottore” mi portò verso l’uscita, quando Gess lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.
<< Ehi, noi veniamo con lei >>
<< Si, vengono anche loro… Ellie >> la chiamai al mio fianco, e lei mi strinse la mano. John li guardò un po’ pensieroso, era incuriosito da quei 3 strani tipi.
<< Va bene >>
Mi girai, dando un’ultima occhiata ai miei. Mi dispiaceva soprattutto per mia madre, che non aveva detto nulla visibilmente scioccata, a cui avevo rovinato la bella cena a Logan Place.
Entrammo in un’auto. Fu strano vederlo fare una cosa così banale come guidare una macchina, lui che riusciva a pilotare una macchina del tempo!
<< Dove andiamo? >> chiesi con voce piccola, passandomi una mano sotto gli occhi per asciugarmi le lacrime.
Ellie, dietro di me, sembrava che si stesse chiedendo la stessa cosa.
John mi guardò come se non ce la facesse più e sospirò.
<< A casa nostra, no? >>
Casa nostra? Per nascondere la mia espressione sbalordita girai il viso per vedere fuori dal finestrino.
Avevamo una casa? E ci vivevamo solo noi due?
 
Nella mia vita avevo sempre aspettato di avere 20 anni per andarmene via di casa, come mia sorella, andare ad abitare con il mio ragazzo…
Cosa che poi non è successo, dato che conobbi il Dottore.
Bè, in un certo senso potevo dire di vivere con il Dottore, nel Tardis… In un certo senso, eh!
 
In una decina di minuti arrivammo, ci fermammo davanti a un palazzo color mattone con deliziose finestre al 15 di Savile Row, a MayFair.
Non avevo mai abitato in un quartiere così “in”, io, abituata alla periferia. Gli appartamenti qui erano enormi e piuttosto costosi, avevo soltanto lontanamente sognato di vederne uno, figuriamoci abitarci!
 
Quando entrammo in casa,  mi chiesi se l’avessi arredata io. Mi riconoscevo nei colori, i mobili li avrei messi esattamente dov’erano.
<< Vai a letto, ti porterò qualcosa da mangiare. >>
Non capì la mia meraviglia di vedere quel grande salone dipinto di rosa pallido. Non sentivo quella davvero casa mia, nonostante mi piacesse tanto.
E poi, dividere un letto con una persona che sarebbe dovuto essere l’uomo che amavo, ma che era solo una sua copia e che io sentivo del tutto estraneo.
<< Voi potete andare nella camera degli ospiti, ci sono due letti, un divano letto e un divano semplice >> sentii dire al John, non mancava di essere gentile anche se non era contentissimo di avere quelle persone in casa. Poi si diresse in cucina, e io mi avvicinai a Gess ed Eldegor, in piedi in mezzo al salone, un po’ spaesati.
<< Di questa casa so quanto voi… Se avete fame ci sarà sicuramente qualcosa, o chiedete al Dottore, chiamandolo John. Eilidh? >> riportai alla realtà la mia amica, assorta a guardare un quadro che raffigurava Venezia appeso al muro. Lei si girò, sorridendomi. << Dobbiamo parlare, tutti. Tra un po’ vengo, fatemi spiegare tutto al Dottore. >>
I 3 alieni annuirono, sedendosi sul divano, in silenzio.
 
Arrivai nella camera di letto. Era molto carina, si affacciava sul cortiletto.
Mi buttai sul letto senza neanche aprirlo, e per la prima volta riuscii a pensare.
Mio Dio… In che situazione ci eravamo cacciati! Guardai il rossetto sul mio comodino che prima era stato il cacciavite sonico, e sospirai.
Quella trasformazione degli oggetti non era mai successo, né il Dottore me ne aveva mai parlato.
 
Vidi la porta aprirsi e John con un vassoio in mano. Mi aveva portato un bicchiere di latte e dei biscotti. Com’era caro!
<< *Biscottini all’albicocca, lo so che ti piacciono! >>
Vero, li adoravo, ma come faceva a saperlo? Non lo avevo mai detto neanche al Dottore, dubitavo che a lui importasse qualcosa dei biscotti.
<< Grazie >> dissi solo, sedendomi a gambe incrociate sul letto. Non toccai nulla, nonostante tutto fosse di mio gradimento. Non avevo fame. Ero troppo confusa.
<< Non hai fame? >> chiese stupito, accendendo la sua luce sul comodino e stendendosi accanto a me.
<< Non molta. Puoi approfittarne >> gli tesi un biscotto, che lui accettò e cominciò a sgranocchiare.
Feci un bel sospiro. << Ti devo parlare >>
<< Si, credo che tu mi debba delle spiegazioni, Rose >> disse John un po’ acido.
Gli raccontai tutto dall’inizio, dell’uomo con il cappotto lungo e una nave spaziale travestita da cabina blu, che amavo con tutta me stessa. Di tutti i fantastici viaggi che avevamo fatto insieme.
Della mia vita, insomma. Perché la mia vita iniziò davvero quando conobbi il Dottore.
John cominciò a ridere. Come, avevo disperato bisogno di supporto, e lui rideva ? Smise quando lo guardai infuriata.
<< Scusami se rido >> mi accarezzò la guancia << Ma è tutto così assurdo, tesoro >>
Mi trattenni dal fare una faccia disgustata al suo “tesoro”.
<< Non è assurdo, Dott… Oh dio >> cominciai a sbriciolare un povero biscotto, improvvisamente aggressiva.
Il suo volto si oscurò e io sospirai, sconfitta.
Non credevo che sarei mai stata capace di chiamarlo con un nome. Anche se un giorno mi svelasse il suo vero nome io lo chiamerei sempre e comunque Dottore. Ero abituata.
<< Tu mi chiami come lui. Posso essere uguale di aspetto, a quanto mi dici, ma io non sono il Dottore, Rose! Il mio nome è John e tu l’hai sempre usato. Oggi sei…strana >>
Guardò il soffitto bianco con le dita incrociate sul petto.
<< Certo, dato che ad un tratto sono stata catapultata in questo universo parallelo! Vorrei vedere te!>> dissi risentita.
<< Tu vedi troppi film. Ok, devo vietarti di vedere *The Time Traveller’s Wife ( “Un amore all’improvviso” in italiano ) d’ora in poi. Niente fantascienza, se hai queste reazioni >> alzò un sopracciglio, forse in fondo divertito.
<< Pensi che stia scherzando, vero? >> gli gridai. Odiavo che le persone non mi prendessero sul serio. << Che cosa ci guadagnerei a raccontarti cose inventate, eh? >> gli lanciai uno sguardo di fuoco.
Lui si pentì subito di aver preso tutto come scherzo. Mi tolse il vassoio dalle gambe per abbracciarmi.
<< No, no, Rose >> cominciò ad accarezzarmi i capelli, cosa che il Dottore faceva sempre quando ero nervosa, ma John aveva un altro tocco e il suo abbraccio era soffocante per me, abituata al corpo freddo dell’alieno.
<< Semplicemente, dico che hai fatto un sogno. Si, ieri notte, molto molto vivido che sembrava reale. Solo in un sogno possono esistere alieni, macchine del tempo a forma di cabine blu più grandi all’interno e amici immortali. Come puoi pensare Jack un affascinante Capitano DiNonSoChe del 51° secolo, quando invece è un semplice poliziotto che non fa altro che girare in città per farsi ammirare in divisa? >> mi parlò con voce dolce e sicura, come si parla ad un bambino che ha avuto un incubo per convincerlo che era solo un incubo.
Forse temeva che mi rimettessi a piangere, per questo quel tono di voce.
Ma il peggio era passato… O doveva ancora venire.
<< Ma lo era! E io lo adoravo perché era così >> pensai con nostalgia al suo profumo, ai suoi occhi e al suo sguardo, così diversi in quell’altro Jack.
<< E’ un sogno… >> cantilenò John. << Hai sognato tutto. Rose, tu da qui non te ne sei mai andata! Ci sei sempre stata. Tu sei la mia ragazza, ci conosciamo da più o meno un anno e mezzo… Ti ho vista ad una festa, sei la migliore amica di una mia collega >> lui notò la mia espressione confusa e ne fu davvero << Non ti ricordi.. niente? >>
Sarebbe stato orribile rispondere con un “no” secco, quindi stetti zitta e quel silenzio pesò molto.
<< Almeno ti ricordi quando ti ho chiesto di sposarmi? >>
“Chissà come sarà stato” mi rattristai al pensiero che non sapevo neppure com’era stato.
La risposta che quell’altra Rose aveva dato era ovvia ma avrei voluto vedere come e dove l’aveva fatto…
Scossi la testa.
<< Dio, Rose! Qui la situazione è grave. Domani andiamo da qualcuno >> sciolse l’abbraccio, si vedeva che era preoccupato o almeno confuso quanto me.
<< Scusami, ma se è stato tutto un sogno che mi dici di Eldegor, Siemma, Gess e Eilidh? Eh? Sono spuntati come funghi? >>
Questa me la doveva spiegare. Certo, sarebbe stato più facile fargli capire che esistevano gli alieni se i miei amici avessero avuto i caschi, ma sfortuna aveva voluto che si trasformassero in umani. << E non posso avere solo sognato il Dottore >>
Il pensiero che quell’uomo potesse non essere reale mi terrorizzava.
<< Questo non lo so. Stasera sei tornata a casa con quei tuoi amici, eri solo andata a fare una passeggiata >>
Sembrava che non mi fossi mai mossa da quel mondo.
<< Ho sentito che ci sposiamo… Tra poco più di una settimana >> ma perché, perchè ero finita in quella situazione? Dannazione.
Lui sorrise, con una luce che non gli avevo mai visto negli occhi.
<< Non posso >> gli sussurrai. Mi dispiaceva deluderlo in quel modo, ma come potevo sposarmi se non sapevo neanche come ci eravamo conosciuti?
John mi posò una mano sulla guancia, poi mi si avvicinò e cominciò a baciarmi.
Avevo sempre desiderato baciare il Dottore, anche se non avevo mai avuto il coraggio. Non avrei mai immaginato che il primo non l’avrei dato a lui, ma a una sua copia in un universo parallelo.
Certo che le cose che mi capitano sono incredibili.
Passai una mano nei suoi capelli e finalmente scoprii che erano morbidi proprio come avevo sempre pensato. Il suo corpo non profumava di gelsomino: sapeva di bagnoschiuma, ma mi andava bene comunque, volevo solo averlo vicino, con le sue labbra bollenti sulle mie.
 
John mi amava davvero, e tanto. Questo l’avevo sempre voluto e ora che l’avevo, invece di sentirmi soddisfatta, non ero felice…
Forse perché non era il vero Dottore?
Una domanda mi venne spontanea. Perché amavo il Dottore? Perché aveva una macchina del tempo, mi aveva portata via dalla mia vita piatta, era avventuroso, inafferrabile? Mi attraeva solo la sua diversità, perché non rientrava nelle leggi della normalità?
E se fosse stato umano ( così umano ) io l’avrei amato comunque?
John era… troppo normale per me? No, era solo tutto quello che avevo sempre voluto, l’uomo che avevo sempre sognato di incontrare quando ero una ragazzina. Sogno spazzato via quando avevo conosciuto quel folle del Dottore, e da allora non avevo mai voluto nessun altro se non lui.
<< Dottore… >>  all’improvviso la voce del Signore del Tempo mi riempì le orecchie. La sentivo lontana, come appartenuta a un passato molto molto remoto. Come in un sogno, quando ci si sveglia. Lo dissi senza volerlo, d’istinto.
John si staccò da me immediatamente, rabbuiato.
<< Non posso baciarti sapendo che tu stai pensando di farlo con un’altra persona >> era più scuro di una sera di temporale, mi stava guardando malissimo. Dopo di che si alzò e scomparì in bagno.
L’avevo davvero ferito nel profondo. Non se lo meritava, mi amava… E tutto quello che otteneva era il sapere che pensavo di baciare un altro. Un altro uguale a lui, ma non dentro.
 
Con questi pensieri mi alzai anch’io e andai in salone. Trovai i miei amici seduti comodamente sul divano, stavano guardando la TV con molto interesse.
Gess fu il primo ad accorgersi di me, e vedendo la mia faccia afflitta, mi fece spazio accanto a sé, posandomi una mano sulla spalla come per consolarmi.
<< John ha detto che è stato tutto un sogno. Ma io non ci credo, i ricordi sono molto vividi. Sono sicura. >>
Eldegor chinò il capo, annuendo. Mi scrutò attentamente con quei suoi occhioni cioccolato.
<< Non è stato un sogno >>
<< Ma questo è il mondo parallelo,vero? >>
<< Credo proprio di sì >> intervenne Siemma, scuotendo i lunghi capelli rossicci << L’energia indicava proprio l’esistenza di un tunnel >>
<< Vuoi dire che in quella stanza c’era un tunnel spazio-temporale? >> era proprio quello che pensavo, ma mi sembrava molto strano che ci fosse in un castello su un pianeta per feste e divertimenti.
<< Esatto >>
<< E come torniamo indietro, dunque? >>
<< Se ti dicessi che non ne ho idea, Rose, credo ti arrabbieresti >> Gess fece un sorrisino triste.
<< Certo che mi arrabbierei! Non avete nessuna colpa, anzi… Però, pensate, sono bloccata in un mondo parallelo, tra poco mi devo sposare con una copia del Dottore che si chiama John Smith… E non possiamo tornare indietro, perché la porta è scomparsa! >>
Tutto il mio nervosismo e la mia rabbia vennero fuori in quelle frasi.
<< Ci inventeremo qualcosa… Facciamo così, Rose, tu ci dormi su e anche noi, e domani con calma vediamo che fare. >>
Sbadigliai, non vedevo l’ora che finisse quella terribile giornata.
Li salutai tutto, raccomandando di dormire bene per avere la mente fresca il giorno dopo, e tornai a letto.
La luce in camera era spenta, era in effetti tardi. Non sapevo se John era sveglio o meno, ma non mi rivolse una parola. Indossai una camicia da notte molto simile a quella che avevo a casa.
Mi stesi sul letto. Gli diedi la schiena e mi portai le gambe al petto, mi addormentavo sempre bene facendo così, come una bambina piccola.
E in quel momento mi sentii sola e sperduta, come una bambina dimenticata a scuola. Che aspetta che qualcuno la venga a prendere.





* Biscottini all'albiccocca: li adoro, sono l'ottava meraviglia del mondo!

Questo è l'altro capitolo, spero che non vi abbia deluso o annoiato ( se no fatemi un commentino! ).

"Say it's not true " è un' altra canzone dei Queen... Con un altro cantante, però!

Bè, saluti e tanti baci dalla vostra SweetLady98!!!






 
 
  
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