Ok, eccomi qui con il primo effettivo capitolo di questa storia :) Questo capitolo è in gran parte descrittivo, per farvi conoscere la protagonista e la vita che sta facendo. Diciamo che la parte "importante" incomincia alla fine del capitolo.. Be', vi auguro buona lettura e spero che vi piaccia! Silvia
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Fra
le zanne della terra
Era
già qualche mese che ero lì dentro, e ancora
avevo difficoltà a
sopportare quell'afa.
Di
notte, poi, l'aria diventava irrespirabile.
Mi
rigirai inquieta su quei pochi stracci che eravamo riusciti ad
accumulare, incapace di chiudere occhio, e per poco non finii addosso
a Lily.
Lei,
girata dall'altra parte, non se ne accorse.
Mi
misi supina, cercando di calmarmi e di respirare regolarmente.
Il
fatto era che l'ambiente era troppo piccolo per tutti quei corpi, e
io ne sentivo la pressione.
Nel
mio gruppo c'erano sei persone. Io, Lily, Robin, Madison, Josh e
Alex. Con gli ultimi tre specialmente la convivenza era
particolarmente difficile, perché di fatto erano impazziti.
Con
Lily e Robin invece mi trovavo bene.
Sei
persone che dormivano in sette metri quadri.
Quella
poteva essere considerata la nostra stanza, anche se non avevamo
propriamente una stanza. Di giorno dovevamo lavorare, e non tornavamo
lì se non la sera per dormire.
Sentii
una fitta al cuore.
A
proposito, chissà quante ore mancavano all'alba! Come avrei
fatto a
resistere lì dentro?
La
notte era sempre così. O mi addormentavo subito, sfinita,
oppure
continuavo a rigirarmi senza trovare pace. Sudavo, mi sentivo
schiacciare..
E
quando la notte non avevo dormito, durante il giorno era terribile. I
lavori mi stancavano di più, ero disattenta e spesso
così stanca da
rischiare di svenire.
Ma
se ce la avevo fatta fino a quel momento, potevo farcela ancora.
Guardai
in alto, in direzione del soffitto di roccia, ma non vidi niente.
L'oscurità era molto densa.
Chiusi
gli occhi, e provai a ricordarmi il vento.
Funzionò.
Mi calmai un poco, mentre sentivo nelle orecchie quel soffio
piacevole, quella carezza che attorcigliava i capelli..
Non
sapevo quanto loro
avessero scavato a fondo per costruire quella sorta di base, e non lo
volevo sapere, altrimenti il senso di schiacciamento sarebbe
aumentato.
Ma
bastava chiudere gli occhi, e lasciare correre la mente a
ciò che
avevo conosciuto prima, per ritrovare un po' di serenità. Di
solito
pensavo al vento, o ai colori del tramonto, o alla luna.
Piano
piano mi calmai, smisi di rigirarmi.
Mi
misi comoda su un fianco e provai a lasciarmi avvolgere
dall'oscurità, ad abbandonarmi ad essa. Mi dissi che non
c'era nulla
da temere, mi dissi di dormire tranquilla, sognando il sole.
Così,
poco alla volta, riuscii a convincermi.
Probabilmente
sognai veramente il sole. Uno di quei sogni
immateriali,
impalpabili.. Più una sorta di immagine del subconscio, che
un vero
e proprio sogno.
In
ogni caso si disgregò subito, non appena udii il tonfo e mi
svegliai
di soprassalto.
La
luce fioca mi disorientò.
Era
il massimo di luce che si poteva sperare, là sotto. Erano i
raggi
del sole che riuscivano a sgusciare fino a lì.
Riuscì
però a confondermi per un attimo, perché mi ero
abituata alla
tenebra della notte.
Sentii
da qualche parte l'immagine del sogno sparire. Lasciare solamente una
sensazione..
-Forza!
In piedi!- Sbraitò una voce.
Mi
irrigidii. Non mi piaceva quella voce da vecchia megera.
Mi
alzai subito in piedi, perché detestavo stare inerme di
fronte a
lei. Osservai con riluttanza la donna che era entrata sbattendo la
porta, e che ci guardava con sprezzo.
Aveva
una quarantina d'anni, tozza, dai brutti capelli grassi e
disordinati.
Odiavo
lei più di quanto odiassi loro.
Non
sapevamo quale fosse il suo nome, voleva farsi chiamare solo Capo.
Ecco..
Capo. Questo soprannome riflette bene la sua
personalità. È
da lei che ho imparato quanto anche degli umani possano fare..
schifo.
Il
principio era quello dei kapo ebrei. Loro non
comunicavano
direttamente con noi, anche perché non sapevano la nostra
lingua. I
loro ordini venivano trasmessi attraverso questi capi, che ogni
gruppo aveva.
In
realtà, loro non li trattavano meglio di
quanto trattassero
noi.. Ma si sa: ci sono persone che in qualche modo devono dimostrare
la propria superiorità. Anche se dovessero strisciare a
terra come
vermi, anche se dovessero tradire la propria razza.. loro hanno
bisogno di ottenere un qualche privilegio.
-Stavate
ancora dormendo, eh?- Ghignò. -Ma è ora di
mettersi al lavoro,
piccoli bastardi.-
Tendeva
sempre a rimarcare il fatto che lei fosse più grande
d'età.
Strinsi
gli occhi involontariamente.
Si,
eh? Arriverà
il giorno –
pensai – che pagherà per tutto quello che sta
facendo!
-Seguitemi.-
Ordinò la megera. -Oggi vi dovrete spaccare la schiena di
lavoro. È
il turno di questo gruppo di pulire i loro alloggi.-
Poi
si voltò e iniziammo a seguirla.
Lily
mi lanciò uno sguardo spaventato. Già, lei era
molto delicata, e
tendeva a stancarsi subito.
Cercai
di risponderle con uno sguardo determinato.. ma sapevo che ci
aspettava una giornata dura.
Sarebbe
stato difficile, e molto umiliante.
Attraversammo
quella base, che loro avevano
costruito.
Era
come una grotta, né più né meno. Solo
un po' più asciutta.
I
corridoi erano lunghi, stretti, e di pietra. Pietra tagliente,
compreso il pavimento.
Visto
che da tempo non avevamo più delle scarpe, ma solo stracci
avvolti
ai piedi, sul palmo mi si aprivano spesso lunghi e profondi tagli. Ma
stavo iniziando ad essere impermeabile a queste cose.
Le
salite erano imprevedibili e faticose, così come le ripide
discese.
La
luce era poca, e l'aria ancora meno.
Il
luogo era immenso.
Percorrevamo
più di un chilometro prima di giungere al luogo dove loro
avevano gli
alloggi. Si aprivano
sui muri tramite buchi piccoli e rotondi.
L'interno
era sferico, a loro piaceva così.
In
quegli alloggi non c'era assolutamente nulla. Né brande,
né
oggetti..
Dormivano
sulla nuda pietra, la loro corazza glielo permetteva.
Ovviamente,
quando arrivavamo noi, loro non
c'erano già più. Erano già usciti per
controllare la situazione
all'esterno, per vedere se c'era qualcosa di nuovo.
Come
li invidiavo..
Comunque,
durante la loro assenza, cinque gruppi ogni giorno pulivano i loro
alloggi. Era difficile perché erano tanti, e
perché la loro razza
espelleva le sostanze di rifiuto dell'organismo attraverso la pelle.
Dopo
un'intera notte, quindi, quegli ambienti erano logori.
Noi
dovevamo, come diceva Robin, “inginocchiarci a terra e
scorticarci
le mani per pulire la loro merda”.
Non
era l'odore il problema, e nemmeno lo schifo – che, dopo un
po',
imparavi a controllare – il problema era il dolore. Dopo
nemmeno
un'ora la schiena iniziava a dolere.
Le
braccia ardevano come due tizzoni, e le mani erano così
irritate da
essere rosse.
Ma
non potevamo fermarci, perché il Capo ci sorvegliava
attentamente.
Con
un sospiro silenzioso, accettai di farlo anche quel giorno.
Come
sempre ci diede due secchielli – con l'avvertimento di non
sprecare
acqua, che era importantissima – e delle spugne ruvide.
Ci
inginocchiammo sulla pietra sporca e iniziammo a raschiare
meccanicamente.
Io
cercavo sempre di non concentrarmi sul mio corpo, altrimenti il
dolore veniva accentuato, ma di lasciare correre la mente dove
voleva.
A
volte però mi capitava, come quella volta, mentre sfregavo
forte per
pulire l'ambiente.. mi capitava di pensare a una cosa.
..
Se solo avessi potuto dare un nome, a quella tortura! Un volto, a chi
ce la infliggeva!
Gli
Ebrei avevano Hitler. Perché io non potevo avere un volto da
maledire, da odiare?
Mi
fermai un attimo per prendere un po' di fiato, e lanciai uno sguardo
a Lily. Aveva già il fiatone.
A
malincuore, abbassai lo sguardo e ripresi il lavoro.
Non
si sapeva niente. Non si sapeva cosa volessero questi alieni,
non si sapeva perché avessero attaccato il nostro pianeta,
perché
avessero distrutto la nostra città.
Cosa
volevano?
Cosa
cercavano?
..
E chi li comandava?
Sussurravano
con reverenza la parola Ikreed.
Con un po' di tempo avevo capito che nella loro lingua significava
“re”.
Ma
non sapevo chi fosse, questo individuo! Non si era mai visto.
Probabilmente
era rimasto sul loro pianeta.. Non era venuto ad attaccare la nostra
bella Terra.
Un
altro nome che sussurravano, anche se con meno reverenza, era quello
dell'Illusore.
Già,
Illusore.
Da
quanto avevo capito, lui era qui sulla Terra, ed era lui a guidarli.
Non sapevo perché il loro Ikreed glielo permettesse,
però di queste
informazioni ero certa.
L'Illusore!
Più volte avevo tentato di maledire lui.
Ma
non aveva un volto, non aveva una voce.. Come facevo a odiarlo con
tutta la mia forza, se era così immateriale?
Ci
spostavamo di alloggio, e ricominciavamo a pulire.
Nuovo
alloggio, altro dolore.
Smisi
di contarne il numero, non aveva senso e mi faceva solo sentire
peggio. Vedevo che Lily e gli altri erano ormai stremati, e mi
facevano una gran pena.
Gli
unici che mantenevamo un certo ritmo eravamo io e Robin.
-Coraggio.-
Ci canzonò a un certo punto la megera. -Siete già
stanchi? Non
sarete un po' troppo debolucci per essere schiavi?-
Non
potei fare a meno di alzare la testa per guardarla con odio, ma mi
irrigidii. Alle sue spalle vidi una cosa molto strana..
La
megera rimase perplessa a osservare la mia espressione, poi si
voltò
seguendo il mio sguardo e lo vide a sua volta.
Uno
di loro. Lì, fuori
dall'alloggio, mentre pulivamo.
Era
simile a un mollusco di forma umana, avvolto nella sua corazza..
Sentii
Lily rabbrividire.
La
megera trasalì, e prese affannosamente a parlare nella loro
lingua.
A emettere i suoni gutturali e rauchi che le avevano insegnato, ma
che erano solo una parodia dei loro.
Probabilmente
gli stava chiedendo quale fosse il problema.
Lui
le rispose subito, freddo, e lei annuì freneticamente per
mostrare
di avere capito.
Poi
si voltò verso di noi.
-Serve
un volontario che prepari cibo per l'Illusore.- Dichiarò.
Silenzio
di tomba.
-Che
cosa?-
Domandò Robin.
-Quello
che ho detto. Forza, non abbiamo tempo da..-
-L'Illusore?-
Scattai io. -Il loro capo? È qui in questa base?-
-Che
domande, ragazzina! È sempre qui.-
-Ma
non si è mai fatto vedere!- Ribattei. -Se ne è
sempre stato
rintanato.-
-Piano
con le parole.- Mi ammonì con rabbia. -Vuoi andare tu, Leah?
Magari
servirai tu stessa da pasto.-
-No..-
Sussurrò Lily.
Io
mi voltai spaesata verso i miei compagni.
Robin
e Lily mi guardavano, preoccupati. Josh e Alex invece avevano
abbassato il capo.. Preferivano continuare a patire le pene
dell'inferno piuttosto che trovarsi faccia a faccia con quel mostro;
lo capivo.
Mi
stupii però vedendo che Madison non guardava per terra come
loro, ma
mi fissava intensamente, a occhi sgranati.
Vi
scorsi un lampo inconsueto, una supplica.
“Vai
tu”. Diceva.
Sospirai
per farmi coraggio. Poi mi alzai in piedi e guardai la megera.
Da
in piedi, la superavo in altezza. -Va bene.- Dissi, cercando di
apparire convinta. -Vado io.-
La
megera mi osservò con occhi scuri. Era evidente che non se
lo
aspettava.
Poi
mi indicò con il capo l'alieno, e io mi avvicinai a lui.
Intanto,
iniziai a ripetermi una cantilena in testa.
Non
pensare, non pensare. Non pensare, Leah, non pensare.
L'alieno
si voltò, e prese a camminare nel corridoio di roccia.
Io
capii che dovevo seguirlo.
Uscii
faticosamente dall'alloggio – con tutti gli arti che dolevano
– e
seguii i suoi passi.
Da
dietro, sembrava una rozza scultura di pietra che camminava.
Non
pensare, Leah. Seguilo e basta, non pensare.
Procedemmo
a lungo, e ad un certo punto capii che stavamo oltrepassando i luoghi
che conoscevo.
Avevo
imparato ad orientarmi lì sotto, ed ero sicura che
là non avevo mai
messo piede.
Non
conoscevo quegli alloggi. Quelle salite sempre più faticose
mi erano
sconosciute.. E la luce! Si faceva sempre più intensa.
Così
intensa da riuscire a proiettare la mia ombra sul muro di roccia.
Stavamo
salendo.
Ad
un certo punto le entrate circolari degli alloggi sparirono, e
lasciarono posto a umanissime porte di legno.
L'ambiente
si faceva più ampio, più agevole..
Il
terreno si appianò, le salite terminarono. La pietra era
liscia, i
muri perfettamente verticali, e c'era un'aria diversa.
Sì,
più respirabile, meno densa.
Tuttavia,
dopo tanto tempo rintanata là sotto, mi provocò
una sensazione
sgradevole. Un senso di nudità.
La
luce, l'ambiente più largo.. Ero allo scoperto.
Non
pensare, Leah. Calmati, non pensare.
Ad
un tratto, l'alieno si arrestò.
Ebbi
i riflessi abbastanza pronti da fermarmi prima di sbattergli addosso,
e rimediai prontamente alla vicinanza arretrando di due passi.
L'alieno
si voltò verso di me, mi guardò atono.
Poi
mi indicò la porta di legno vicino a noi.
Guardai
prima lui, poi la porta.
Titubante,
mi avvicinai ad essa. La aprii e osservai il piccolo ambiente
all'interno.
Rimasi
un po' perplessa.
Una
cucina umana. Con tanto di fornelli, credenza, dispensa..
Ogni
cosa che doveva essere attaccata a una presa elettrica, lo era. Non
sapevo come avevano fatto a portare l'elettricità fin
là giù, ma
evidentemente c'erano riusciti.
C'era
un rozzo bancone, un piccolo frigorifero, una grande brocca con
acqua.
Non
capivo.
Sapevo
cosa mangiavano loro.
Erano una sorta di bacche, per noi assolutamente velenose.
Il
loro organismo però sopportava solo quelle, così
come i panda
possono mangiare solo foglie di bambù.
Cosa
significava, quello?
Mi
voltai verso l'alieno.
-Devo..
devo cucinare qualcosa di nostro?-
Mi
ricordai solo dopo aver parlato che non sapevano la nostra lingua.
Ammutolii.
L'alieno
non disse niente, ma mi fece cenno di entrare.
Obbedii,
e sentii che chiudeva la porta alle mie spalle.
Un
tlack, e rimasi sola
lì dentro.
Per
qualche istante stetti perfettamente immobile, al centro della
piccola stanza. Il mio cervello ronzava senza dire niente in
particolare..
Poi
si rimise in moto.
Bene!
Considerando
le mie scarse doti culinarie, probabilmente l'Illusore avrebbe
davvero
scelto
di mangiare me, anziché quello che gli avrei preparato.
Quindi già che c'ero avrei
anche potuto cercare di avvelenarlo. Avrei messo un po' di veleno nel
piatto, e un po' lo avrei bevuto io, così, per sicurezza,
nel caso
avesse deciso di mangiarmi.
Ma dubitavo che ci fosse del
veleno lì dentro.
Mi avvicinai alla dispensa e la
aprii con un gesto arrabbiato.
Pasta, riso, carne, sugo, pane..
E nella credenza pentole, padelle, strani piatti ampi e di quello che
sembrava oro. Strane coppe tronfie, simili a quelle che usavano i re
nel Medioevo.
Dovevo
davvero
preparare del cibo umano?
Chi era l'Illusore? Era di
un'altra razza?
Rabbrividii. Cosa avrei dovuto
aspettarmi?
Non
pensare, Leah.