Grazie Melisanna, Vera è uno dei miei personaggi preferiti
in questa fiction. Molto più avanti riserverà una grossa
sorpresa.
Grazie Eleuthera, spero che la caratterizzazione delle gocce di questo capitolo sia all'altezza delle tue aspettative. Grazie anche a kb_master per i suoi suggerimenti. Come al solito, per discussioni più dettagliate rimando al http://freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=4642&idd=8397 |
PROFEZIE
Riassunto delle puntate precedenti
Elyon si ripresenta a trovare le sue amiche ad Heatherfield. Appare cambiata, esuberante, e racconta del suo progetto di far sviluppare la sua città anche copiando tecnologie terrestri. In un attimo di sconforto, racconta di essere angosciata per una profezia fatta da lei stessa, che la vede nei panni del prossimo tiranno del metamondo. Tempo dopo, Elyon invita le WITCH in pizzeria, dove porta il discorso sulle gocce astrali, le sosia create dalle guardiane e messe in libertà, con nuove identità sconosciute, più di un anno prima. Durante la cena, il gruppo è infastidito da zanzare, che Elyon cattura facendole entrare in un barattolo. Dopo il congedo di Elyon, Irma, incuriosita, vuole seguirla; spiando casa Portrait, Irma la vede sporgersi dalla finestra assieme ad una ragazza più grande, e liberare un nugulo di zanzare da un barattolo. Chiamate Will e Hay Lin, le tre si presentano a casa, dove apre la ragazza grande, nella quale Will riconosce Vera, l'alter-ego di Elyon già incontrato anni prima. Dentro casa, la ragazza si ritrasforma in Elyon, e dà spiegazioni plausibili alle osservazioni di Irma. Questa, però, non è convinta, pensa che Elyon stia cercando di rintracciare le gocce astrali. Infatti, tornando a sorvegliare la casa, Irma intravede qualcosa che si alza in volo da una finestra. Infatti si tratta di Vera trasformata in civetta, che si porta nelle città vicine per spargere altri nuguli di zanzare. Dopo qualche giorno, Vera riceve segnali mentali dalle zanzare che hanno punto e riconosciuto le gocce astrali delle WITCH a Midgale. Si porta in volo fino sul luogo, e vede che assomigliano ancora alle originali, ma sembrano più grandi, sui venti anni. |
cap.14
Arrivo all’orfanotrofio
Heatherfield, casa Portrait
Nel soggiorno polveroso, la luce del tramonto fa brillare le architetture
complesse di una ragnatela. L’artefice di questa meraviglia è ancora
all’opera. Forse la ha ereditata da suo padre, e non ha mai smesso di ampliarla
ed abbellirla.
Elyon, seduta su una poltrona, osserva come un raggio di sole possa
rivelare un piccolo mondo meraviglioso in ogni cosa.
Dopo pochi minuti, il sole è scomparso dietro le case, e la ragnatela
torna a fare l’effetto che fanno di solito tutte le ragnatele.
Chissà cosa c’è scritto, sugli antichi libri di magia,
su questo?
La pendola batte le otto di sera.
Qualcosa si intravede al centro del soggiorno. Una luminosità
tremolante rischiara la penombra per un attimo, per poi prendere l’aspetto
e la consistenza di Vera.
“Ciao, Vera, carissima!”.
“Oh!”. Si volta trasalendo. “Ellie? Te ne stai al buio?”
“Pensavo”. Alza un po’ le spalle. “Siediti anche tu. Come va la ricerca?”.
Vera si siede di fronte alla Luce di Meridian, e fa un largo sorriso
che si perde nella semioscurità. “Le ho appena trovate”.
“Uau!”, sfugge a Elyon. “Sentivo che sarebbe stata la serata buona.
Dove sono?”.
“A Midgale”. Esita un attimo. “Mi sembra che vivano nella miseria”.
“E’ perfetto!”, gioisce Elyon.
Vera la scruta un po’ contrariata. “Non mi sembra”.
“Ma sì. Accetteranno senza esitare le nostre proposte”. Si alza
dalla poltrona, e tira l’altra per la mano. “Andiamo a vedere! Subito!”.
Midgale, pianerottolo della tana delle gocce
Sullo stretto pianerottolo in penombra, due aloni baluginanti assumono
delle forme vagamente umane, prima di confondersi con la semioscurità.
La sagoma più alta si muove, allungando le braccia in avanti.
Un gridolino soffocato rompe il silenzio. “Ahiiii!”.
“Scusa, Ellie. Sto cercando la luce”.
“Quella di Meridian?”, ribatte la vocetta sofferente. “Era il suo piedino
regale, quello che hai appena…”.
“Scusascusa. Adesso riesco a vedere qualcosa”.
“Anch’io. Tante stelline danzanti”. Sbuffa. “Ti avevo pur insegnato
a muoverti nel buio!”.
Dopo lo sfogo, torna il silenzio.
Vera percepisce un pensiero di una mente ben conosciuta. ‘Non accenderla.
Ora ci rendiamo invisibili e attraversiamo la porta chiusa’.
‘Vuoi osservarle un po’?’.
Le sagome delle due svaniscono completamente nella semioscurità.
Appena in tempo.
Sentono rumori di passi veloci e nervosi al di là della porta,
poi questa si apre, e si staglia contro la luce del corridoio una figura
alta ed elegante, che richiama Cornelia.
La ragazza ha fretta. Ormai ha già dieci minuti di ritardo. Si
dirige a colpo sicuro verso l’interruttore della luce, a metà del
pianerottolo.
Non ci arriva. Prima di potersi anche solo stupire, il suo torace impatta
contro un ostacolo non visto. “Uff…”
“OUCH”. Qualcuno finisce al tappeto con un tonfo.
“Scusi, non volevo… ma chi è?”. Intravede una figura a terra.
Allunga la mano con prudenza verso l’interruttore della luce. “Mi scusi
tanto… non capisco come ho fatto a non notarla. Ma…”.
La luce accesa le riserva una seconda sorpresa. La biondina con le
trecce che la guarda dal pavimento le ricorda qualcosa di molto familiare.
“Corny, come sei cresciuta!”. Anche la voce è ben conosciuta.
Possibile che…“Ma… Elyon, sei proprio tu?”.
“Sì, in carne e ossa”. Si alza, si misura con l’altra
ragazza. Le arriva a malapena al mento. “Non serve che mi chiami altezza”.
“Ellie!” Gli occhi azzurri sono spalancati per la meraviglia. Le sfiora
incredula le spalle. “Sei qui per noi?”.
“Sì, cara”. Le stringe le mani per qualche istante. “Possiamo
entrare?”. Fa un cenno verso il niente. “Lei è con me”.
Accanto a Elyon, la goccia di Cornelia vede un’altra ragazza più
grande, che non riconosce. Come ha fatto a non averla notata prima?
“Prego, sei… siete le benvenute”, dice, scostandosi per lasciarle passare.
“Però ora mi chiamo Carol, non più Cornelia!”.
“Elyon!”. Attraverso la porta aperta, la gemella di Irma ha assistito
alle ultime battute. “Ragazze, venite subito! C’è Elyon!”.
Le altre ragazze arrivano immediatamente nell’atrio.
“Elyon?” “Ma è un sogno?” “Sei qui per
noi?”.
Le fanno tutte largo mentre entra nel misero appartamento.
“Come sono contenta di rivedervi!”. La piccoletta abbraccia quelle
ragazze grandi che, in realtà, non ha mai visto prima. “Vi cerchiamo
da giorni, ma vi pensiamo da parecchio tempo”.
Midgale, tana delle gocce
Cinque sguardi interrogativi si volgono verso l’accompagnatrice sconosciuta.
La gemella di Will sembra la più sorpresa, come se quel viso
le ricordasse qualcosa. “Vera?”.
“Brava, Will”, risponde Elyon. “Ragazze, questa è Vera, ed è
come voi. E’ la mia… chiamiamola la mia goccia astrale… anche se a vederla
così non mi assomiglia molto”.
La goccia di Irma le fa un largo sorriso e le porge la mano. “Ciao,
Vera. Io mi chiamo Irene. Accomodatevi in cucina, prego”. Si aggiusta il
grembiule da cucina, che porta con l’orgoglio di una bella divisa. “Porto
subito sedie per tutte, e metterò su un tè”.
Poco dopo, sono tutte sedute attorno ad un tavolo accostato ad una parete,
a parte Irene che armeggia con i fornelli.
Carol, seduta proprio di fronte a Elyon, è eccitatissima, sorride
e intreccia le dita. “Ellie cara… sono così contenta! Non avevo
nessuna speranza di rivederti”.
Elyon ricambia il sorriso, poi, mentre l’altra fa una rapida telefonata,
dà una rapida occhiata attorno a sé.
La cucina è stretta, con il tavolo accostato al muro alla sua
sinistra. La pittura del muro è scrostata, scurita dal tempo e dalle
muffe. Era bianca? Era giallastra?
I mobili della cucinetta, sulla parete di fronte al tavolo, sono sbrecciati,
e un pomello mancante è sostituito da un cappio di spago.
Si vedono piatti e pentole sporchi nel lavello incrostato di calcare.
La stanza è rischiarata da una nuda lampadina ad incandescenza
pendente dal soffitto; il portalampada cui è avvitata lascia indovinare
che, un tempo, ci dovesse essere un paralume di vetro.
Alle spalle di Vera ed Elyon si trova la finestrella appannata attraverso
la quale la civetta le ha spiate. Quattro metri più in là,
oltre la ringhiera delle scale antincendio, c’è una finestra di
un palazzo di fronte, illuminata dall’interno da un televisore che sembra
trasmettere qualcosa di imbarazzante.
“Ragazze, sarò sincera, mi sembra che ve la passiate male. Che
cosa è successo?”.
Carol ripone il telefonino. Ha appena disdetto l’impegno per il quale
stava uscendo. “E’ vero, purtroppo”. La sua bocca si storce per un attimo
di rimpianto. “All’inizio, più di un anno fa, eravamo mantenute
in un bell’appartamento ed iscritte ad una scuola superiore prestigiosa.
Tutto pagato dalla Fondazione Astro Nascente”.
“Quella di Kadma, una ex guardiana amica di Yan Lin”, precisa cupa
la gemella di Will.
Carol riprende. “Per un po’ le cose sono andate bene. Poi, da un mese
all’altro, la fondazione ha smesso di pagarci alcunché”. Abbassa
le spalle. “Niente retta della scuola, niente affitto dell’appartamento,
niente denaro per mangiare, e neppure per vestirsi…”. L’intrecciarsi delle
dita diventa nervoso. “Abbiamo dovuto arrangiarci cercando dei lavori,
ma purtroppo non abbiamo trovato gran che”.
“Eravamo prive di documenti”, spiega la gemella di Hay Lin, “A parte
le tessere scolastiche scadute e poche altre carte senza valore legale”.
Carol la sbircia con uno sguardo da qui racconto io, e riprende. “Le
nostre poche carte non trovano riscontro negli archivi. Chiunque faccia
una ricerca ne conclude che sono false”.
Irene sospira. “Senza documenti, non siamo riuscite a trovare
un lavoro regolare. Abbiamo solo vissuto alla giornata”.
Elyon ascolta ed osserva con attenzione. “Non siete più così…
gocce. Uguali alle guardiane, intendo. Per dirne una, sembrate più
grandi”.
“Grazie al cielo!”. Carol fa il gesto di congiungere le mani. “Se sembrassimo
minorenni, così senza famiglia, ci rinchiuderebbero in qualche istituto”.
“Forse non sarebbe stato un male”, fa osservare la goccia di Taranee.
Carol scrolla le spalle con una smorfia.
L’altra insiste: “Pasti e alloggio assicurati, e poi ci dovrebbero
mettere in regola in qualche modo prima di farci uscire”.
Altra smorfia. “Parla per te. Per me, ce la caviamo pur sempre meglio
così”.
Elyon sente che è meglio impedire che il discorso prenda quella
piega. “Parlatemi di voi, ragazze!”.
Le gocce si guardano tra loro, poi gli sguardi di tutte le altre si
posano su quella che si atteggia a leader.
“Ora io mi chiamo Carol Hair, e, tutto sommato, sono quella che se
la sta cavando meglio… Non fare smorfie, Irene! Ti ho vista”. Si interrompe
infastidita, poi riprende: “Faccio la commessa, a nero, in un negoziuccio
di vestiti nella zona della stazione…”.
“… che, da allora, ha molto aumentato la sua clientela maschile”, completa
Irene. “E poi, la nostra Super Cornelia arrotonda lo stipendio facendo
la fotomodella”.
“C’è chi può, e chi vorrebbe potere”, taglia corto Carol.
Per fortuna, non vede Irene alle sue spalle che la mima nell’atto di aprirsi
la camicetta.
Appena finito di parlare, si volta verso la ragazza asiatica seduta
accanto a lei. “A te le parola, Pao”.
“Io mi chiamo Pao Chai. Pao di cognome, Chai di nome”.
“A noi viene sempre da chiamarla Pao”, ammette colpevolmente Irene.
“Non importa, Lane”, le sorride Pao Chai girandosi indietro.
Poi, nuovamente rivolta alle ospiti: “E’ un nome che mi sono scelta
ancora prima della separazione da Hay Lin. Anche io lavoro a nero, come
cameriera e lavapiatti di un ristorante cinese”.
Elyon la squadra. La bella figura è messa in evidenza da una
maglietta stinta che le lascia scoperto l’ombelico.
Pao capisce l’occhiata. “Al lavoro uso un camice, o una divisa del
locale. Non cerco altri problemi con…”. Si interrompe, imbarazzata. “E’
che quasi tutti i miei vestiti sono stati comprati in tempi molto diversi
da questi”. Scrolla le spalle con amarezza. “Mai lavorare per un cinese!
Una vita da schiavi assicurata!”. Guarda l’orologietto dai colori vivaci
portato al polso sinistro. “Mi hai trovata qui per caso, tra poco dovrò
tornare a lavorare per il turno serale”.
“Lascia perdere, Pao Chai”. Elyon fa il gesto di trattenerla. “Non
avrai più bisogno di questo lavoraccio”.
A queste parole, le gocce sembrano ancora più speranzose. Non
è solo una visita di cortesia...
Irene, in piedi, richiama l’attenzione schiarendo la voce. “Signore
e signorine, io mi chiamo Irene Lane, e se le mie amiche non hanno mai
sofferto la fame è soprattutto merito mio. Sono diventata una grande
cuoca. Mi occupo della cucina e dell’appartamento”.
Elyon dà una rapida occhiata circolare alla cucina squallida
e sciatta.
Irene, a disagio, intuisce quello che pensa. “Beh, l’appartamento è
quello che è, eppoi abbiamo appena cenato…”.
Carol le dà quattro pacchette di sufficienza sulla pancia. “Polpetta
è veramente brava a cucinare. Cerca di fare proselitismo: tutte
come lei”.
Irene la ricambia con un sorriso amabile che sembra intendere: A buon
rendere, spilungona!
Gli sguardi si voltano verso le due gocce che devono ancora presentarsi,
all’altro capo della tavola.
La gemella di Will sembra molto a disagio, già da un po’. Distoglie
gli occhi. Perché?
La goccia di Taranee la guarda un attimo con gli occhi da cerbiatta.
Al paragone, è molto più piccola e dolce dell’altra. Si aggiusta
i lunghi capelli ricci, e prende la parola.
“Comincio io, allora. Il mio nuovo nome è Therese Canteen”.
“Terry, per gli amici”, specifica Pao Chai.
“Terry”, ammette con un sorriso. “Ora non lavoro. Per un po’ ho lavorato
nello studio di un’estetista”, ricorda con una percettibile smorfia di
rancore. “Poi ho fatto telefonate ad un Call Center, poi… non ho trovato
nessun lavoro accettabile”. Finisce con un sorriso triste: “Forse perché
sono piccola e nera…”.
Irene le accarezza le spalle con un gesto protettivo. “Che dici, Terry?
Sei bella, sei dolcissima. Arriverà l’occasione giusta anche per
te”.
E’ arrivato il momento anche per la goccia di Will. Non può più
esimersi.
Mentre la ragazza esita, Elyon la studia con attenzione. Rispetto a
Will, è molto più muscolosa, più alta e soprattutto
più cupa. La t-shirt nera è sbiadita e sformata, e non rende
giustizia ad un fisico da atleta. Perché è così nervosa?
E’ la visita che la mette a disagio?
Elyon tenta di rompere il ghiaccio. “E tu devi essere Wanda. Mi aspettavo
di trovarti con i capelli lunghi…”.
Capisce immediatamente di avere fatto una gaffe. Troppo tardi, come
per tutte le gaffe di questo mondo.
Per la ragazza, è come una sferzata. Il suo pensiero è
come un urlo, per chi lo può sentire. Anche loro sanno di Matt!
Lo sapranno tutti, ormai!
“Mi creavano problemi per l’attività sportiva, così li
ho tagliati”.
Per un attimo, si richiude nuovamente in sé stessa.
Infine si decide. Sforzandosi di alzare lo sguardo, recita di un fiato:
“Il mio nome è Wanda Vanderbilt. Per portare quattro soldi al gruppo
ho fatto lavoretti saltuari. Attualmente sono disoccupata”.
Segue un attimo di silenzio pesante. La ragazza riprende, con tono
meno forzato: “Elyon, se cercherai informazioni su di me, sentirai dire
molte brutte cose. E saranno tutte vere”.
Elyon è esterrefatta. Vera continua a scrutare con attenzione
questa strana ragazza.
Irene le accarezza le spalle. “Non dire così, Wanda. E’ tutto
passato”. Poi, rivolta ad Elyon e a Vera: “Ha passato un brutto periodo,
problemi di salute. E’ tutto finito, ora”.
Carol sospira, un po’ infastidita. “Scusala, Ellie. Wanda non
voleva rischiare di fare buona impressione. E’ specializzata nel farsi
male da sola”.
Irene la guarda, quasi offesa. “Carol!”.
“E’ vero”, interviene inaspettatamente Wanda. “E’ una delle cose vere,
che riassume tutte le altre”.
Ora sembra più rilassata, come se avesse vuotato un sacco pieno
di altri sacchi.
Finalmente azzarda qualche sguardo diretto, negli occhi. Con un po’
di stupore, Elyon si accorge che guarda soprattutto la silenziosa Vera,
seduta più indietro, accanto a lei.
Irene riprende, servendo il tè fumante in tazze spaiate: “Ci
riferiamo spesso a noi stesse come le orfane. Questo bel posto, come potrai
immaginare, viene chiamato orfanotrofio”.
Elyon cerca le parole. Non vuole sembrare offensiva. Non vuole sembrare
falsa. Cosa dire?
“Mi meraviglio che Kandrakar abbia permesso tutto questo! Non si erano
impegnati a farvi costruire una nuova vita?”.
“O forse non ci avete raccontato ancora tutto?”, chiede Vera. E’ la
prima frase che le sentono dire.
C’è un momento di imbarazzo tra le gocce.
“L’oracolo di Kandrakar ci aveva promesso di richiamarci”. Wanda alza
la manica della t-shirt nera, mostrando un segno sul suo braccio
muscoloso. “Vedi questi tatuaggi? Si sarebbero illuminati per avvisarci
della sua chiamata”. Lascia ricadere la manica. “Ora, però, nessuna
di noi ci spera più”.
“Forse era in corso un esame”, aggiunge Terry, “e noi non lo abbiamo
passato”.
Irene conclude: “O forse questa vita è il vero esame”.
Cala il silenzio per qualche secondo. Tutti gli sguardi delle gocce
si isolano, come per una specie di esame di coscienza.
Elyon rompe il pesante silenzio. “Forse l’oracolo vi considera come
rimpiazzi, dovesse mai perdere qualcuna delle guardiane”. Dieci occhi si
fissano nuovamente su di lei. “Oh, è solo una mia ipotesi”, si schermisce
con un gesto della mano. “Se fosse così, però, può
anche succedere che non ci sarà mai bisogno di voi, oppure che dovrete
separarvi”, finisce con nonchalance.
Tutte tacciono. Queste parole si scavano la loro nicchia nell’immaginazione
delle gocce.
E’ il momento propizio. Elyon si alza in piedi. “Ragazze, ho una proposta.
Ho bisogno di voi per affiancare Vera nel raccogliere informazioni. Voglio
far sviluppare Meridian utilizzando anche tecnologia terrestre”.
Passeggia avanti e indietro nello spazio ristretto della cucina. “Questo
non esclude che in futuro potrete accettare la chiamata di Kandrakar, se
lo vorrete”.
Ora Wanda è attentissima. “Perché hai deciso di cercare
proprio noi?”.
“Ottima domanda”. Elyon torna a sedere. “Ci sono molti motivi”.
“Il primo?”
“Per cominciare, voi avete già un’idea dei fatti e dei personaggi
coinvolti. Spiegare queste cose ad altri, e soprattutto farsi credere,
può essere un grosso problema”.
“Mi piace”, assente Wanda. “Così tutti i nostri ricordi tornano
ad avere un senso”.
Terry dà una delicata pacchetta sulla spalla di Pao Chai.
“Finalmente una prospettiva!”. Pao risponde con un’affettuosa gomitata.
Elyon sorride e riprende a camminare. “Proprio così. Avevo anche
considerato la possibilità di mandare qui dei metamondesi in incognito,
o creare esseri artificiali su misura per il compito….”. Dopo una pausa
ad effetto, completa: “… ma le persone non si possono creare, sfruttare
e buttare via in questo modo”.
Le gocce sembrano colpite soprattutto dall’ultima frase. “Come hanno
fatto con noi!”, ricorda Wanda con amarezza.
“E gli altri motivi?”, chiede Terry.
“Vi piacerà anche questo. Per aiutare Vera, verrete messe in
condizione di usare i suoi poteri, che sono, o diventeranno presto, quasi
pari ai miei. Per fare questo, ci vuole una predisposizione di nascita”.
“E noi…”. Wanda spalanca gli occhioni, che finora ha tenuto quasi aggrottati.
Solo ora si riconosce appieno la somiglianza con Will.
“ E voi, come copie conformi delle guardiane, possedete certamente
questa predisposizione, anche se non avete poteri autonomi”.
Wanda guarda con compiacimento le sue mani. “Puoi contare su di me,
qualunque cosa tu voglia!”. Finalmente sul suo viso si dipinge qualcosa
che assomiglia ad un sorriso.
“Anche su di me!” “Anch’io!” “Su tutte!”.
Terry alza le sopracciglia folte. “Altre ragioni?”.
“Sì. Sentimentali”. Elyon volge gli occhi verso la sua compagna
silenziosa. “Vera ha gli stessi miei ricordi, e vi considera ancora le
sue grandi amiche”.
C’è qualche espressione sorpresa. Ora le gocce guardano Vera
con molta più considerazione.
“Benvenuta, Vera!” “Sei dei nostri!”
“Però ti possiamo offrire solo un divano…” “Anche il
letto di Pao, fino alle due di notte, quando torna dal lavoro”.
“Grazie, ragazze”. Vera fa il primo bel sorriso che le vedono. “Spero
proprio che la mia solitudine di queste settimane sia finita”.
Elyon guarda fuori dalla finestra. E’ buio da molto tempo. “Ragazze,
si fa tardi. Ripasseremo domani mattina verso le dieci”.
Carol fa notare: “Ellie, a quell’ora sarò al lavoro”.
“Ragazze, non preoccupatevi per i vostri lavoretti. Non avrete più
problemi di soldi, con noi”.
Le due visitatrici scompaiono nel consueto baluginio, lasciando le
gocce a bocca aperta.
“Avete visto?” “Formidabile!” “Ve lo
aspettavate?” “Niente più problemi di soldi!”
Irene si stringe le mani con aria sognante. “Ragazze, chi riuscirà
a dormire questa notte?”.
Heatherfield, casa Portrait
Dal vago tremolio luminoso emergono Elyon e Vera, ancora con le mani
alzate in segno di saluto.
La luce della stanza si accende da sola. Meglio non rischiare un altro
pestone.
“Formidabile, Vera. Meglio di così non si poteva!”.
La più grande annuisce. “Accetteranno tutte le nostre proposte”.
“Già. E poi, sono simpatiche”. Poi Elyon cambia espressione.
“Quella Wanda, però, è così strana… Perché
quell’imbarazzo? Perché quell’uscita sgradevole?”.
“Ellie, mi sono accorta che quella ragazza rifletteva le tue parole
un secondo prima che tu le pronunciassi”.
Elyon la guarda stupita. “Non sono sicura di aver capito”. Fa per dire.
Ha capito benissimo.
“Quella ragazza ti leggeva il pensiero, e si è accorta che anch’io
glielo stavo leggendo”. Guarda fuori dalla finestra, verso il giardino
buio. “Ha dei grossi pesi, e si è sentita come nuda davanti a noi”.
“Ci darà problemi?”
“Non credo. Era entusiasta della tua proposta. Sta cercando disperatamente
qualcosa di importante per dare un senso alla sua vita”.
Elyon tace a lungo. Anche lei guarda verso il buio fuori dalla finestra.
“E delle altre, cosa ne pensi?”.
“Me le sono studiate. Ho ascoltato con un orecchio ciò
che dicevano, ma soprattutto ho sondato i pensieri delle altre quando ciascuna
parlava.”
“Brava. Che impressioni ne hai tratto?”
“Carol è il cavallo forte della compagnia, ma non è amatissima
dalle altre. Hai notato come si beccavano?”.
Elyon si adombra. “Vuoi dire che non ti è simpatica? La mia
impressione è stata ben diversa”.
“Non so. Sicuramente ti vuole bene, molto bene. Però è
una personalità dominante”. Con un sospiro di rimpianto, continua:
“Non mi ha quasi degnata di un’occhiata”.
Elyon ha notato l’amarezza con cui Vera ha concluso il discorso.
“Cambierà. Vedrai che vorrà bene anche a te”.
Capisce che non è convinta. La prende per le spalle. “Vera,
guardami. Sei la mia copia. Sei uguale a me, tranne le poche cose in cui
ti ho voluta diversa. Sei più grande e bella di me. Hai il
mio sangue, tutte le mie memorie, e molti ricordi appartenenti ai miei
genitori adottivi. Conosci tutti i miei segreti, condividi tutti i miei
affetti”. La scrolla con delicatezza. “E allora, perché la goccia
di Cornelia non dovrebbe volerti bene?”.