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Autore: _ScRiTtRiCe_    03/09/2012    1 recensioni
(L'introduzione principale è all'interno della storia)
Arches è una giovane Dea che non è a conoscenza del suo passato. In principio lei era stata creata da un mago ma venne portata nel Regno degli Dei e tutti gli altri umani vennere uccisi. Le venne cancellato il passato e le incisero un sigillo che durava diciasette anni per non farle usare il suo potere, la Creazione.
Ma cercando in vecchi libri nel Tempio trovò antichi tomi sul suo potere e iniziò a capire e ricordare il suo passato...
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quinto capitolo

Arches si svegliò presto di soprassalto. Kensy era venuta prima quella mattina. Le aveva aperto le tende e le aveva lasciato un biglietto sulla scrivania. Arches si alzò dal letto contro voglia e andò a leggere il biglietto di Kensy. “Cara Arches, mi spiace tanto ma si deve alzare presto e deve scendere a fare le Lodi mattutine insieme a tutti gli altri. Non posso neanche più portarle la colazione a letto, deve farla insieme a tutti gli altri. Sono ordini della Dea Madre, ho l’ordine di pulirle solo la camera. Un altro avviso, la Dea Madre ha intenzione di imporle un sigillo molto potente. Si tratta di un sigillo di controllo delle menti. La Dea Madre le incastonerà una pietra nel petto. Solo la Dea Madre gliela potrà togliere. In questo modo la Dea le potrà parlare nella mente, mi spiego meglio: lei sentirà la voce della Dea Madre nella sua mente e non potrà farci niente. Mi dispiace molto. Ora si sbrighi sarà sicuramente tardi, si vesta e scenda a fare le Lodi. Kensy”
Nella parte del foglio di pergamena in cui c’era scritto “Kensy”, c’era una chiazza bianca umida. Evidentemente era una lacrima. Arches ripiegò il foglio con cura e lo nascose sotto il materasso. Almeno Kensy e Ven le davano forza perché la Dea Madre non le avrebbe dato tregua. Arches si vestì e uscì dalla stanza. Davanti ai suoi occhi verde brillante si trovò la figura della sua falsa madre.
-Madre.
Disse Arches facendo un piccolo inchino. Era un obbligo portare rispetto per le proprie madri.
-Arches, vieni con me.
Arches abbassò lo sguardo e seguì silenziosamente sua Madre che la stava portando nella stanza delle preghiere. Arrivate nella Sala la Dea sussurrò ad Arches di andare vicino la Dea Madre. Tutti la guardavano con sguardi pieni di disgusto. Arches avanzava a testa alta senza farci caso e si affiancò alla Dea Madre. Tutti iniziarono a pregare in silenzio. La Dea Madre prese Arches per un braccio e la fece inginocchiare davanti alla più grande statua di Kanser di tutto il Tempio. La Dea Madre le sussurrò che doveva stare mezz’ora in più degli altri e doveva restare in ginocchio per tutto il tempo.
Non la sopportava. Era odiosa. Tutti i credenti la ammiravano perché non conoscevano il suo lato peggiore. Arches recitava come un robot i versi dell’Inno tenendo la testa alta per non mostrare segni di debolezza. Finita la preghiera e finita la mezz’ora extra, Arches si avviò nella Sala accanto per fare colazione. All’entrata della Sala c’era Ven. Arches lo guardò e gli sorrise di nascosto. Andò a sedersi in fondo e Kensy le servì una misera colazione. Arches le sussurrò di non preoccuparsi e Kensy fece un mezzo sorriso. La colazione, se proprio si poteva chiamare così, consisteva in un misero bicchierino di latte e una fetta di pane e marmellata. Si accontentò e iniziò a mangiare, doveva riuscire a resistere fino a pranzo. Uscì dalla Sala e si trovò la Dea Madre davanti agli occhi. Non accennò nemmeno un inchino e la Dea Madre strinse forte i pugni.
-Oggi tre lezioni, devi recuperare.
Ven intanto nella Sala accanto ascoltava e cercava di mantenersi calmo.
-Una adesso sulle Regole del Tempio, una dopo pranzo sui Libri Proibiti e una dopo cena sui Permessi e i divieti.
Ven non ci vide più quando si girò un istante e vide Arches stringere i pugni e inchinarsi. Si tirò un forte pugno al fianco per scaricare la rabbia. Passò davanti ad Arches tenendo una mano al fianco per il male che si era fatto e si nascose in un corridoio. Quando Arches vide Ven passare davanti a lei con una mano sul fianco capì tutto ma non potendo fare nulla, andò a seguire la prima lezione. Ven sentiva una rabbia scendergli dalla testa ai piedi. L’unica amica, l’unica vera persona importante che aveva conosciuto… Non era giusto che passasse tutto questo. Andò in bagno, si alzò la casacca e vide che con il guanto di ferro di era fatto un taglio più o meno profondo. Lo bagnò e rimise la casacca in ordine. Scese ai piani inferiori nella stanza dove dormivano tutte le guardie. Aprì l’armadio e tirò fuori la scatola medica. Prese il disinfettante e strappò da un lenzuolo un piccolo pezzo da mettere sul taglio. Si pulì la ferita e poi la coprì. Rimise tutto a posto e prese dalla tasca il ciondolo. Lo guardò, lo strinse forte e salì le scale per tornare alla sua postazione. Arches era nella Sala degli Studi e ascoltava il noioso sacerdote che le leggeva e le faceva ripetere le regole.
-In tre giorni dovrai imparare le prime cento regole a memoria. Ci vediamo alla prossima lezione, ora sbrigati tra un po’ si mangia.
Arches prese il grosso libro delle Regole che il sacerdote le aveva dato e salì le scale di corsa. Si cambiò vestito e buttò il libro sul letto. Prima di uscire dalla stanza prese il biglietto di Kensy e rimase a guardarlo. Una lacrima solitaria le scese lenta e silenziosa dall’occhio destro e finì affianco alla lacrima di Kensy.
“Io ce la farò”. Pensò Arches uscendo dalla camera. Scese le scale e entrò nella Sala guardando alla sua destra. Non c’era più Ven, doveva avere l’ora libera.
Ven era ai piani inferiori nella stanza delle guardie straiato sul suo piccolo letto, ormai troppo corto per lui, che guardava il soffitto un tempo di un leggero color giallo. Il capo-guardia aveva visto la sua ferita. Ven non trovò una spiegazione da dare e disse la verità. Il capo gli vietò il pranzo e per questo Ven era lì, senza far nulla. Prese il ciondolo e se lo girò tra le mani come la sera prima. Un’idea gli attraversò la mente. Pensò di essere un folle ma lo stesso si alzò. Si avvicinò all’armadio. Allungò la mano per aprirlo, fece un passo indietro poi si decise e lo aprì. Il capo-guardia aveva una copia delle chiavi della biblioteca. Per prenderle bisognava chiedere il permesso ma Ven pensò subito che non glielo avrebbe mai concesso. Alzò le lenzuola e sotto, in un cassettino segreto prese le chiavi. Rimise tutto a posto e uscì dalla stanza pregando che nessuno lo vedesse o lo scoprisse. Salì ai piani superiori, attraversò i corridoi più nascosti e infine arrivò alla grande porta. “Arches mi ucciderà quando glielo dirò, ma è per lei.” C’erano pochissimi sacerdoti. Era l’ora di pranzo e per fortuna non c’era neanche una guardia. Si avviò con passo deciso ai ripiani proibiti e passò il dito su alcuni tomi. “Sigilli- Come rimuovere i più potenti”. Ven prese il libro e si sedette in una scrivania lontano da tutti. Lo aprì e lesse l’indice. “Sigilli- Impedire di usare il potere. Pag. 1028” Ven sfogliò velocemente il libro. Lesse velocemente tralasciando ciò che non gli interessava. “Questo metodo vale per i sigilli che hanno una durata dai dieci ai diciassette anni. Per rimuovere il sigillo occorre lo Scettro di Kanser. E’ un’arma molto potente che rinchiude in sé stessa la forza del sigillo rimuovendolo. Solo un Dio o una Dea può essere in grado di usarlo rischiando la propria vita”. Ven aveva letto abbastanza. Rimise il libro al suo posto. Uscendo dalla biblioteca pensò che poteva benissimo morire al costo di togliere quel dannato sigillo. Scese ai piani inferiori ed entrò nella stanza. C’erano il capo-guardia e una cameriera che stava sistemando la stanza.
-Ven, stasera sei di nuovo appostato alla Sala.
Ven abbassò la testa in segno di rispetto e aspettò che il capo-guardia uscì dalla stanza. La cameriera si avvicinò a Ven sorridendo.
-Come va la ferita?
Ven la guardò stupefatto.
-Si vede il gonfiore che hai al fianco. Mi permetti di curarti per bene?
Dopo un po’ Ven la riconobbe. Era la cameriera di Arches. L’aveva vista un giorno entrare nella stanza della ragazzina con delle coperte pulite mentre scendeva ai piani inferiori per il suo turno di guardia. Ven sorrise.
-Certo, la ringrazio.
Ven si sedette su una sedia di legno e si alzò la casacca scoprendo il fianco. Kensy prese dall’armadio la scatola medica e aprendola analizzò la ferita di Ven.
-Scusami, torno subito. Qui non c’è quello che mi serve.
Ven annuì e Kensy uscì dalla stanza. Ven ne approfittò e mise la chiave al suo posto. Tornò a sedersi e sospirò con sollievo. Dopo poco Kensy tornò con una scatola medica più grande e iniziò a curare Ven.
Ai piani superiori la capo-cameriera aveva chiesto ad Arches di scendere ai piani inferiori nella stanza delle guardie e di portare delle coperte pulite a Kensy. La capo-cameriera era molto anziana e Arches era contenta di poterla aiutare. Arches scese lentamente le scale facendo attenzione a non far cadere il cesto con le coperte. Arrivata davanti la porta bussò e sentì la voce di Kensy che le diceva di entrare. Arches aprì la porta e vide che Kensy stava curando Ven. Arches rimase sorpresa nel vedere il taglio di Ven. Lui abbassò lo sguardo imbarazzato guardando dall’altro lato. Arches guardò le lenzuola pulite nel cesto e una lacrima le scese lentamente. Ven la guardò con uno sguardo triste. Arches si asciugò in fretta il viso e poggiò il cesto per terra vicino a Kensy poi uscì di corsa dalla stanza e salì di nuovo sopra per andare a seguire la prossima lezione. Kensy guardò il ragazzo. Aveva un’aria molto triste da quando Arches aveva portato il cesto.
-Vi conoscete?
Chiese tutto d’un tratto Kensy mentre passava una pomata sul taglio. Ven guardò le lenzuola e contro luce si vedevano le lacrime che Arches aveva lasciato scendere dai suoi occhi. Ven alzò lo sguardo su Kensy e poi estrasse il ciondolo dalla tasca. Si poteva fidare di quella donna.
Kensy guardò il ciondolo perplessa e poi riprese a curare la ferita.
-Quando è stata rinchiusa io le portavo sempre da mangiare e così ci siamo conosciuti. Un giorno mentre riprendevo il suo piatto vidi luccicare questo in un angolo della cella. Se lo era tolto dal collo e lo aveva buttato lì. Mi disse che potevo tenerlo, che non le serviva più. Io lo presi e me lo misi in tasca. Volevo tenerlo come suo ricordo perché pensavo che non l’avrei più rivista. Lei è ai piani superiori e io a quelli inferiori ed è già una grossa differenza. Lei viene considerata una Dea…
Prima che Ven potesse finire la frase Kensy lo interruppe.
-Ma non lo è.
Ven guardò Kensy e continuò a parlare.
-Io sono una semplice guardia non so nemmeno perché voglia essere mia amica.
Disse con tono sarcastico Ven iniziando a far scendere silenziose lacrime. Kensy sistemò una pezza pulita sulla ferita e lo guardò negli occhi. Ven si abbassò la casacca continuando a piangere.
-Lei vuole essere tua amica perché ha solo te.
Ven guardò Kensy che le sorrideva.
-Come ti sei fatto il taglio?
Chiese Kensy. Ven continuò a girarsi il ciondolo tra le dita.
-Questa mattina, quando la Dea Madre ha detto ad Arches che doveva fare tre lezioni. Erano tutte sulle regole e io non ci ho visto più. Per sfogare la rabbia mi sono dato un pugno e con il guanto di ferro mi sono fatto male.
Kensy mise tutto a posto e guardò Ven con uno sguardo dolce. Ven guardò la donna. Gli somigliava molto. Avevano gli stessi occhi e lo stesso carattere. Kensy si alzò.
-E dimmi…
-Ven, mi chiamo Ven.
-Dimmi Ven, sei solo?
Ven non aveva mai detto a nessuno del suo passato, nemmeno ad Arches. Si sentì un’idiota.
-Mio padre… Non so dove sia forse è morto, forse è vivo. Ma non conta. Nessuna guardia mi ha mai detto: Tu sei mio figlio. Nessuno… Per quanto riguarda mia madre mi hanno detto che era una cameriera ma poi è morta subito dopo la mia nascita. Sono solo. Non è un bel gran passato.
Kensy lo guardò comprensiva.
-Almeno tu… sai di averli avuti dei genitori. Tutti noi siamo stati creati dagli Dei e moriremo solo quando gli Dei lo vorranno. E’ questa la nostra vita. La nostra vita si basa solo sui piani inferiori, non possiamo aspirare a salire ai piani superiori.
Disse Kensy tristemente. Cambiò velocemente, senza più dire una parola, le lenzuola. Poi se ne andò sorridendo ancora una volta. Ven rimase lì, seduto su quella piccola sedia di legno. Guardò ancora il ciondolo. “Io salirò ai piani superiori.” Pensò Ven tra sé e sé.
Durante la lezione Arches non fece altro che annoiarsi e vedere nella sua mente Ven ferito. Se lo era fatto sicuramente per scaricare la rabbia. Anche se non sapeva nulla di lui, sentiva di conoscerlo fin troppo bene. “Ora che ci penso, non mi ha parlato di lui…” Finita la lezione, Arches salì in camera sua. Non appena si sedette sul letto qualcuno bussò alla porta. Andò ad aprire e vide Ven.
-Non voglio parlar…
Prima che Arches potesse finire la frase Ven entrò.
-Lasciami parlare. Tu non sai niente di me. Lascia che ti spieghi.
Arches vide al collo di Ven il suo ciondolo e si decise a chiudersi la porta alle spalle per lasciar parlare Ven.
-Non so chi sia mio padre, forse è vivo o forse no. Nessuna guardia mi ha mai detto si essere suo figlio.
-Ma Ven…
-Ti prego, lasciami finire. Mia madre era una cameriera. Morta. Subito dopo la mia nascita. Io sono solo. Per questo tengo tanto a te. Anche tu sei sola.
Ven si avvicinò ad Arches e le prese le mani.
-Tu sei come una sorellina per me, io voglio proteggerti.
Ven si alzò la casacca.
-Questo me lo sono fatto stamattina, quando la Dea Madre ti ha dato tutti quegli ordini. Mi sono dato un pugno per scaricare la rabbia. Arches… Susy, io ti voglio bene.
Arches iniziò a piangere.
-Non… non sono abituata al nome Susy, non so cosa voglia dire voler bene a una persona che mi considera una sorella, sono un disastro, sono solo una bambina capricciosa e domani devo anche compiere dieci anni. Dieci anni di una vita inutile.
-Tu non sei affatto un disastro, sei speciale e la tua vita non è inutile. Ci sono io con te. Tu sei la mia piccola sorellina.
Ven abbracciò Arches.
Fuori dalla porta, Kensy ascoltava in silenzio piangendo.

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Spazio autrice: Le visite stanno LENTAMENTE aumentando
ma vi prego di recensire, vi supplico anche solo una! *-*
Capitolo un pò profondo, eh? Perchè Kensy piange mentre ascolta
i ragazzi parlare? Chissà... ;D
  
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