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Autore: Ciribiricoccola    03/09/2012    1 recensioni
Scrivo di donne. Senza troppi luoghi comuni, senza censure, con un pò d'ironia, una punta di romanticismo e anche una stilla di dramma, che nei giorni più malinconici non guasta mai.
Sono tutte diverse tra di loro, ma hanno una cosa in comune: saranno sincere con chi leggerà, perciò non spaventatevi, non vi offendete.
Sono fatte così e non c'è verso di cambiarle.
Tutte noi ne sappiamo qualcosa, no?
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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donne

THE HERO OF MY DREAMS

 

 

Nessuno là dentro avrebbe mai pensato a lei, lei che si faceva acconciare i capelli dalla sorella parrucchiera, lei con l’abito bianco e, sotto il tulle, un velo di cipria a coprire le gote rosse per l’emozione e le lentiggini, sbiadite con il tempo.
Nessuno l’avrebbe mai immaginata come madre, una madre fiera del suo Matt, impeccabile e serio nel giorno della prima comunione, con lei che dalla prima fila in chiesa lo osservava, commossa nel suo tailleur sobrio, color blu scuro.

Là dentro era la donna sciatta e annoiata che spingeva la grossa idropulitrice, non troppo silenziosa, ingombrante quanto bastava per far apparire al suo passaggio una smorfia di fastidio sui volti dei clienti e, occasionalmente, scatenare il pianto di qualche bambino.

“Permesso”, “Scusate”, “Attenzione” erano le parole-chiave, le uniche che costituivano il suo rapporto con il pubblico e che, come una formula magica, le aprivano un varco nella folla; al mattino le pronunciava con un mezzo sorriso, discreta e professionale… Man mano che le ore passavano e le gambe cominciavano ad appesantirsi, da discreta diventava semplicemente invisibile e la sua professionalità risentiva della fatica, dei capelli raccolti in uno chignon disordinato, delle occhiaie che da tempo non venivano più camuffate dal trucco, del resto come tutto il viso.
Finiva spesso per sentirsi come l’idropulitrice che adoperava tutti i giorni: ingombrante, brutta, fastidiosa.

Dentro l’ipermercato raramente le facce erano sempre le stesse, ma qualche veterano spuntava regolarmente dagli scaffali, quasi sempre erano quelle dieci o quindici signore anziane scese dalla navetta gratuita che tutti i giorni era al servizio di chi non aveva i mezzi per spostarsi; lei stessa prendeva la prima corsa, quella delle sei, ogni volta che la vecchia station wagon le dava problemi con il motore, specialmente in inverno.


 
Quei visi sconosciuti eppure familiari, lei li guardava tutti, ma ne vedeva solo uno, di nascosto, in silenzio e senza farsi vedere a sua volta.

Era sposato, lo aveva visto con moglie e figli, due bambini piccoli, biondi come lui, e sembrava felice, felice come un tempo lo era stata anche lei con il suo ex marito.

Forse se lo avesse visto da vicino o avesse anche solo sentito la sua voce oltre la confusione quotidiana delle corsie, avrebbe smesso di sentirsi tanto serenamente e inutilmente innamorata di lui, che certamente non l’aveva mai notata e mai l’avrebbe fatto.

Si sentiva stupida e infantile, e si vergognava dei suoi quarant’anni che diventavano quindici con una velocità assolutamente ridicola ogni volta che lo vedeva passeggiare con la giovane moglie guardando le vetrine o leggendo il retro della scatola di qualche prodotto, senza sapere neanche il suo nome.

Si rideva in faccia allo specchio da un paio d’anni per questo, ma non poteva, né voleva smettere.

 

Mentre ogni sabato pomeriggio, ad almeno venti metri da lui e dalla sua famiglia, spingeva svogliatamente l’idropulitrice lungo i corridoi, seguendo sempre il proprio percorso previsto dal turno, pensava e pensava…

 
Sono conciata proprio male.
Ma anche se avessi tutto l’oro del mondo, o mi presentassi qui vestita e truccata come si deve… continuerei a volermi sentire speciale come te e come chi ti sta accanto.
Magari, chi lo sa, se mi guardassi anche solo un attimo… però ho paura, non voglio avvicinarmi.
E va bene così.
Io non sono speciale, non faccio niente di speciale.
Posso solo guardarti mentre tu lo sei.
Perché mi ricordi un po’ me, e anche un po’ lui.
Tanto tempo fa.
Continua a venire qui con la tua bella moglie, i tuoi bei bambini.
Se c’è una cosa che chiedo, credimi, è soltanto questa.

 

Lo superava con il suo passo stanco e il suo grosso apparecchio grigio, a volte rivolgendogli uno sguardo fugace, se lui era impegnato a fare altro.
E anche se sapeva benissimo che era solo un’illusione, si sentiva appagata, felice per quello che lui riusciva a farle con la sua bellezza.

 

Grazie. Grazie per i ricordi.

 

 

THE END

 

 

Per il titolo di questo racconto, le parole provengono da un verso di una canzone degli ABBA, “Our last summer”. No scopo di lucro.

   
 
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