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Autore: Shizuru117    07/06/2004    1 recensioni
Una mia vecchia fanfiction, riscritta e riadattata...In un mondo diverso dal nostro, dove ci sono segreti nascosti, la vita di una ragazza diversa...
Genere: Drammatico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

RION ED ERIAN.

 

Nessun galerians ama particolarmente dividere la propria casa con altre persone. Sono esseri molto schivi di natura, preferiscono passare le ore libere imparando nuove tecniche di combattimento o studiando a fondo una missione. Amano i luoghi piccoli, non troppo luminosi, in città. Si sentono bene quando le loro narici sono pervase dai gas di scarico delle macchine, dall'odore di zolfo che viene dalle sporche fogne cittadine. Ad ogni galerians viene affidato un appartamento, che devono tenere in ordine e, soprattutto, deve essere il luogo di riferimento per gli emissari di Nova.

 

Erian era un'eccezione. Ella, difatti, sebbene avesse sporto reclamo già due o tre volte, doveva dividere la sua dimora con Rion, suo fidato compagno di missione. Era uno squallido locale con tre stanze, in uno squattrinato condominio, non troppo lontano dalla Mushroom Tower di modo che, se ci fosse stata qualche emergenza, sarebbe potuta accorrere ad aiutare sua madre. Ma la cosa che più la infastidiva non era la sua convivenza forzata con lui che, in fin dei conti, era una persona di poche parole. Lei odiava la sua natura.

 

I galerians si dividono in due branche fondamentali: coloro che sono stati programmati su base umana e coloro che, invece, sono stati creati totalmente in modo artificiale. I primi, in un remoto passato, erano stati degli esseri umani mentre i secondi sono a tutti gli effetti macchine, più o meno mortali. In un primo momento venivano usate delle cavie, poi si era passati ai barboni e alla gente di strada, infine il reclutamento era volontario. Chiunque voleva porre la parola 'fine' alla sua vita, preferiva diventare un galerians piuttosto che suicidarsi. Molto spesso era una specie di vendetta nei confronti dello stesso genere umano, che raramente dimostrava di avere compassione verso la gente meno fortunata.

 

Rion era un umano, soltanto per questo Erian lo odiava. Lei considerava ogni rappresentante di questa fascia un inetto, perchè avevano troppa pietà per i loro nemici. Non riuscivano a guardare con freddezza l'avversario, si lanciavano spesso in discussioni stupide e senza senso, invecchiavano e, infine, morivano. Quelli come lei, fatti di chip e metallo, conservavano la loro bellezza anche per più di cento anni, senza sfiorire. Non si riteneva la migliore, ma considerava gli altri un palmo al di sotto di lei. C'era sempre stata questa discriminazione, con le radici troppo affondate nel passato affinchè si cambiasse la consuetudine.

 

Camminavano in silenzio, l'uno accanto all'altra, evitando di guardarsi o di fare riferimento alla missione che avevano compiuto poco fa. Erano invitati al segreto più assoluto tanto che, al di fuori della torre, non doveva essere fatta parola degli ordini che ricevevano o che avevano ricevuto da Nova. La loro casa distava all'incirca quattro isolati e, a piedi, ci voleva un quarto d'ora, niente di più. Le bande di teppisti che incontravano lungo la strada, li temevano, visto che, l'ultima volta che li avevano fermati, erano andati tutti quanti all'ospedale, con una o più fratture.

 

Salirono le scale del condominio velocemente, sotto lo sguardo spaventato del custode. Non sapeva chi fossero, l'unica cosa che gli interessava era il pagamento dell'affitto, e loro erano sempre stati puntualissimi. Non appena varcarono la soglia, sentirono subito l'aria pesante e consumata, dovuta all'oscurità permanente che vigeva in quella casa. Aprivano raramente le finestre e, le poche volte che succedeva, era perchè dovevano pulire il balcone infestato dai topi.

 

Erian si diresse subito verso la sua camera, cercando di riposare un poco, quando la voce di Rion la costrinse a fermarsi.

 

"Allora, a quanto pare la madre è rimasta molto soddisfatta di quello che hai fatto." Disse, con voce tranquilla. Gli piaceva molto fermarsi a discutere con gli altri ma, purtroppo, la ragazza era un tipo di poche parole.

 

"Così pare." Lo liquidò in un istante, sbattendo violentemente la porta. Non voleva instaurare una conversazione, a meno che non ci fosse stato il bisogno impellente.

 

Il ragazzo fissò per un attimo la porta e, sospirando, scosse la testa. Sapeva di non esserle simpatico e, le poche volte che parlavano, le loro discussioni andavano avanti un monosillabo alla volta. Certo, non che lui volesse fare le classiche parlate da bar, però voleva cercare di socializzare, nel limite del possibile. Si ripeteva in continuazione 'Vedrai, prima o poi riuscirà a dirti qualcosa' ma, ancora, quel momento non era arrivato.

 

Era quasi mezzanotte e, sebbene l'ora di cena era passata da un pezzo, mangiarono qualche avanzo che c'era in frigorifero. La vita dei galerians non aveva orari, ognuno si doveva adattare alla missione affidata che, delle volte, poteva occupare l'intero pomeriggio. Alcuni erano costretti a pranzare alle 8.00 di mattina o cenare alla 4.00 di notte. Era questo il prezzo per essere macchine al servizio di Nova: essere dei completi burattini nelle sue mani.

 

Anche durante il loro pasto fugace rimasero in silenzio, cercando di ingerire quanta più roba possibile in poco tempo. Ogni tanto, Rion le lanciava qualche sguardo ma lei osservava il vuoto davanti a sè, come incantata da una forza misteriosa. Erian, dal canto suo, era molto preoccupata. Doveva andare di nuovo in missione, fin lì niente di strano, però la madre le aveva donato un'arma...non era mai buon segno quando accadeva. Significava che c'era qualcosa di grosso in vista, di molto grosso.

 

"Ho sentito delle voci in giro, due o tre giorni fa, alla Mushroom Tower." Esordì il ragazzo, attirando l'attenzione. "Pare che siano tornate..." La forchetta che Erian teneva in mano cadde rovinosamente a terra.

 

"Loro?" Domandò, rivelando un po' di stupore nel suo tono di voce.

 

"Esattamente. Ma non è questo quello che mi turba. Pare che Alhena ed Adhara vengano con noi, in missione." Al pronunciare quei nomi, rabbrividirono entrambi.

 

Erano tristemente famose, tutte e due. In un primo momento si pensò che fossero amiche, poi saltò fuori che erano sorelle, anche se non si somigliavano affatto. Entrambi erano a conoscenza della loro reputazione di assassine fredde e spietate, che non provavano il  minimo sentimento nell'uccidere la persona più innocente e pura del mondo. Si diceva che, ai tempi della grande guerra civile, fossero state rapite dallo 'sfregiato', un uomo che torturava e seviziava le bambine, dopo aver rovinato i loro volti con una lama da barbiere. Adhara ed Alhena furono le sue vittime. Quando quell'essere fu catturato, erano già orribilmente mutilate, tanto che fu deciso di mandarle in un orfanotrofio che gestivano alcune suore. Ma le cose, invece di migliorare, erano peggiorate. Venivano prese in giro dagli altri bambini e, infine, dopo neanche un anno, fuggirono.

 

Avevano sentito parlare di Nova alla televisione, di nascosto, quando la madre superiora non c'era. Presero una decisione: quella di diventare Galerians. in un primo momento furono rifiutate ma, data la loro insistenza, le operarono. Sostituirono le parti mancanti del volto e impiantarono nel cervello dei congegni elettronici. Erano rinate. Alcune leggende metropolitane dicevano che la loro prima vendetta fu verso le suore. L'orfanotrofio fu interamente distrutto e tutti coloro che erano al suo interno...uccisi, con un solo colpo di pistola alla tempia.

 

"Tu...le hai mai viste?" Chiese Rion, un po' titubante. Era ancora immerso nei suoi pensieri.

 

"No. Le conosco solamente di fama. Se verranno a lavorare con noi, ben venga, mi piace il loro modo di fare: sono veloci, efficienti e non lasciano tracce" C'era un velo di ammirazione nella sua voce, una sorta di ammirazione platonica.

 

"Beh, se vuoi vai a letto, ci penseremo domani a pulire. Buonanotte." La salutava sempre prima di andare a dormire, anche se lei non ricambiava mai. E anche questa volta si alzò senza proferir parola ma, prima di entrare, gli fece un cenno con la mano. Fu, inaspettatamente, contento. Anche se non voleva ammetterlo, sapeva che era preoccupata perchè, in fin dei conti, la prossima missione non si prospettava per niente facile.

 

CONTINUA...

  
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