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Autore: Glenda    05/09/2012    1 recensioni
Questa è una storia scritta molto tempo fa, e l'affetto che ho per questo sito fa si che voglia condividerla con tutti voi. Nella Firenze degli anni novanta, Mattia, studente fuori sede, affronta il primo anno all'università di lettere. E' solo in una città che non conosce, impacciato, timoroso, ma soprattutto confuso su se stesso e sulla sua capacità di vivere la propria giovinezza pienamente, di saper veramente gioire, soffrire, buttarsi nella vita, amare. Gli serviranno incontri importanti per iniziare a capire, incontri con amici speciali: amici "della razza che non rimane a terra". Storia d'adolescenza, di formazione, d'amore e amicizia che tenta di rispondere ad un vecchio quesito: ma la vita, davvero, come diceva Pirandello, "o si vive o si scrive"?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VII

 

 

Non mi piaci per quello che sei ma per

quello che sono io quando sto con te

Non mi piaci per quello che hai fatto di te, ma per

quello che stai facendo di me

 

(Anonimo)

 

 

 

Forse si trattava di un fattore meteorologico, ma la differenza che c'era tra Filippo e me si avvertiva meglio in certi mesi particolari, e me ne accorsi specialmente in quel settembre, che, se per lui fu un momento di rumorosa ripresa, per me era, quell'anno come sempre, il mese triste.

Probabilmente bisognava dare la colpa al retaggio della mia vita di liceale, che mi faceva percepire il settembre come la fine dell'anno e l'inizio di uno nuovo, ma anche quella volta, mentre tutto intorno a me la gente infilava i binari diritti del vivere quotidiano, mi trovavo a fare dei conti, e - inutile a dirsi - a rimproverare a me stesso che un altro periodo era trascorso a vuoto.

Eppure avevo molte esperienze da mettere in bilancio: mi ero adattato a vivere da solo, avevo dato dimostrazione di grande autonomia, ero rimasto in pari con gli esami, avevo conosciuto Filippo Scizio e lavoravo stabilmente come recensore sulla sua rivista...Davvero non so che avrei voluto aggiungere a tutto questo!

Magari, se non fossi stato condizionato da quel viziaccio di riportare ad un "alto sentire" anche le banalità, mi sarei messo l'animo in pace ammettendo che il microbo insidioso era solo la fine dell'estate, la stagione delle occasioni e del tempo sospeso, in cui bisognerebbe riuscire a fare tutto ciò che si vuole e in cui si allentano tutte le tensioni, per poi saltare di nuovo fuori in quel mesaccio sereno variabile sempre incerto tra l'attivismo e l'inerzia...!

Ma questo, no, non si poteva dire: o almeno, non potevo farlo io dal momento che, nella mia "superbia nascosta", pensavo che fatica di ripresa e nostalgia della bella stagione fossero sentimenti troppo scontati, per me.

 

Il mattino che rientrai nell'ufficio di redazione del "Cambio Rotta" dopo la chiusura d'agosto, il contrasto fu subito evidente: dei membri dello staff nessuno pareva essere in preda alla mia stessa svogliatezza settembrina.

Del resto, avevo capito subito che nell'aria circolava qualcosa di strano, lo avevo sospettato già dalla sera precedente, quando Filippo mi aveva insolitamente telefonato per assicurarsi che sarei stato presente, e che sarei venuto "più presto possibile".

In vero, avevo cercato di arrivare con un buon anticipo, ma gli altri redattori parevano essere stati più solleciti di me, e li trovai tutti lì, in piedi, in gruppetti sparpagliati, nel corridoio sommerso da un chiacchiericcio implacabile. Io mi diressi spedito all' "ufficio del direttore", effettuando uno slalom acrobatico tra i crocchi dei miei colleghi, incuriosito e un po’ ansioso.

Trovai Filippo che parlava al telefono, con la cornetta schiacciata tra la guancia e la spalla, il capo reclinato, e i capelli neri, ancora più lucidi al riverbero del sole, che gli ricadevano sulla fronte e sugli occhiali in una specie di lungo ciuffo: ricordo di aver pensato ad uno di quei personaggi dei telefilm o dei fotoromanzi, dall'eleganza che vuole apparire spontanea quando in realtà è curata in ogni minimo particolare, ma la nota di preoccupazione improvvisa che sfuggì alla sua voce fu così sincera che mi riportò subito alla concretezza.

Filippo annotò qualcosa sulla sua agenda, e appena s'accorse di me sollevò lievemente la mano per accennarmi di sedere e attendere. Dovetti aspettare molto prima che si liberasse, e nel frattempo cercai vanamente di ricostruire, dai mozziconi di conversazione che riuscivo a strappare, che cosa mai stesse capitando quella mattina.

- Che idioti - fece ad un tratto lui, riattaccando la cornetta.

Poi si ricordò che ero lì, e ritornò formale e impassibile

- Ah, meno male. Avevo bisogno di te -

Io sorrisi, cordiale

- dimmi tutto, farò quel che posso -

Ma Filippo, serissimo, mi guardò fisso e disse

- Caro Mattia, siamo in un guaio enorme -.

Sgranai gli occhi senza parlare

- La Lefis vuole farci causa per diffamazione. Non hanno apprezzato la nostra inchiesta sul numero di luglio. Parto domattina per Milano, la redazione l'affido a te -

Le ultime parole finsi di non sentirle.

- Ci denunciano? - esclamai, esterrefatto - Ma come, Filippo? Se io non mi ricordo neppure che c'era scritto, in quell'articolo! -

- Me ne ricordo abbastanza io per tutti e due - ironizzò lui, e poi, professionale - E' una questione che mi sta piuttosto a cuore. Non è la prima volta che ne parlo -

- Ah! L'articolo era tuo! -

- Te ne stupisci?...Ma via!...Quasi che qualcuno potesse mai denunciare il mite Rino, o te! -

Non volli prendere il commento come un'offesa, e non reagii, anche perché Filippo si era fatto all'improvviso molto pensieroso

- Vedi - disse - il resto dello staff è infuriato con me. Credo che se non risolvo il guaio presto e bene saranno tempi duri per il "Cambio Rotta", e mi dispiacerebbe, perché io ci tengo molto, lo sai... -

Questa nota affettiva nei confronti della propria rivista mi intenerì, e mi mise molta voglia di essergli solidale

- E che ci vai a fare a Milano? -

- A discutere con qualcuno dei "capoccioni", per vedere se l'affare si sistema. Suppongo convenga anche a loro evitare di procedere per vie legali... -

Io non avevo ancora capito bene di che si stesse parlando, ma continuavo ad annuire meccanicamente come tutto fosse chiaro

- Ti affido la rivista perché non voglio che questo incidente di percorso ostacoli la regolare uscita del numero di settembre - disse - D'altra parte non ho altri a cui rivolgermi: data "l'ostilità del clima" nessuno si prenderà la briga di rimediare ad un danno che ho fatto io. E Rino non si assumerebbe mai una responsabilità del genere -

Lo guardai a lungo cercando di trasmettergli le mie riserve, e siccome le mie occhiate non erano abbastanza eloquenti azzardai un titubante “Vedi, Filippo...“, ma lui troncò ogni mio accenno di protesta

- Non fare il pusillanime, Mattia - fece - E poi ci sei dentro anche tu -

Avrei potuto approfittare di quell'evidente momento di debolezza e obiettargli che di fatto io non ci ero dentro proprio per niente, ma invece "Demitto auriculas ut iniquae mentis asellus" (e gli evitai anche la citazione, al contrario di quanto avrebbe fatto senz'altro lui al mio posto!)

- E quand'è che torni? - chiesi

- Non so - rispose, con l'espressione un po' stanca e un po' ansiosa di uomo d'affari sotto stress - Ma di sicuro te la caverai anche senza di me. Ti lascerò un recapito per ogni necessità -

Quel sovrappiù di fiducia fu peggio di una mattonata sulla testa, piombata nel pieno della mia assorta pigrizia tardo vacanziera, eppure, in fondo, non potevo negare di essere orgoglioso che, in una situazione di difficoltà, quando tutti i suoi colleghi gli voltavano le spalle, l'illustre direttore Filippo Scizio, avesse chiesto aiuto proprio a me: allo spaurito vicino di casa, al "letterato"!

Il mattino dopo mi impegnai come il precedente per arrivare all'ufficio per primo, e, ugualmente, trovai di nuovo tutto lo staff già lì, ad attendermi, stranamente e minacciosamente seduto attorno al tavolo delle riunioni.

Cianetti, il più anziano del gruppo, mi chiese se avessi riletto l'articolo posto sotto accusa, e mi colse impreparato, perché, nonostante gli avessi dato una scorsa la sera prima, avevo capito poco o niente della faccenda. Sfoderai accenti da uomo colto che finge di non veder chiaro in un problema quando ha già in mano la situazione (come direttore sostitutivo dovevo pur darmi un contegno!), ma lui mi interruppe quasi subito, e disse

- Scizio è impazzito -

Poi si accese una sigaretta, pensieroso.

- Non sarei così inappellabile! - mi provai a replicare, sperando che questo lo inducesse, senza bisogno di un'umiliante richiesta a fornirmi spiegazioni dettagliate - Filippo ha sempre agito con misura. E' uno che sa il fatto suo! -

- E si rovinerà con le proprie mani - rincalzò quello, inflessibile.

- Insomma - fui costretto a protestare, spudoratamente - qualcuno vuol farmi capire che ha combinato di tanto grave? -

Saltai su una sedia e presi a risfogliare rumorosamente il numero di luglio per attirare l'attenzione.

- Bastava che sconfessasse, Loira! - quasi imprecò Cianetti, come parlando di cosa risaputa - Diammine, alla Lefis bastava solo questo: un ingenuo articolino di ritrattazione. E lui...possibile?...In fondo è una sciocchezza, pensaci bene, solo una sciocchezza! Ne succedono ogni giorno, oggi come oggi, di cose del genere! -

A questa notizia mi incupii anch'io. Filippo non mi aveva affatto parlato della possibilità di un facile accomodamento tramite ritrattazione: mi aveva presentato, al contrario, la Lefis come la parte più restia ad un accordo.

Sul momento mi sforzai di spiegare quella menzogna riportandola al carattere di Filippo. Uno come lui non si sarebbe mai abbassato a confessare una colpa pubblicamente, e i suoi amici e colleghi non dovevano conoscerlo così bene se credevano che gli sarebbe costato tanto poco farlo.

Tuttavia, per evitare in futuro pessime figure come quella, pensai bene di andare a rileggermi il pezzo incriminato, e lo feci quella sera stessa, dopo che per l'intera giornata la redazione era stata bombardata di telefonate per Filippo, che mi avevano convinto che l'affare dovesse essere proprio serio.

L'articolo portava l'indicativo titolo di “Indifferenze“, era lungo si e no due colonnette, e, tra le cose che avevo letto su quella pagina, non mi parve nemmeno dei più feroci.

Filippo avanzava il sospetto che una non ben precisata industria chimica toscana, con sede a Grosseto, avesse elargito tangenti alla regione per smaltire i suoi rifiuti in una tal area in Maremma, e, senza aggiungere niente di preciso o di particolarmente compromettente, si slanciava in una lunga tirata su come non si potesse restare impassibili di fronte al continuo scempio dell'ambiente in cui viviamo, su quanto fosse inammissibile che nessuno alzasse mai un dito di fronte a fatti simili, e giù di brutto con tutte le varie frasi di circostanza con cui Filippo condiva le proprie invettive, quasi fosse l'unico al mondo ad assumersi l'onere di "risvegliare le coscienze"...

La Lefis doveva essersi riconosciuta in quello scritto per il fatto che già un'altra volta, quando ancora non lavoravo al "Cambio Rotta", Filippo aveva affrontato l'argomento, affiancandosi alla feroce polemica condotta un gruppo ecologista, che aveva portato la società quasi sull'orlo del fallimento: non c'era perciò da stupirsi se per tutelare la propria immagine davanti all'opinione pubblica i dirigenti denunciavano il direttore di una rivistina diffamatrice che non sapeva come riempire le “pagine verdi“...!

Finalmente, forte delle mie nuove conoscenze, telefonai a Rino, che non s'era fatto vivo per tutto il giorno, per sapere che ne pensasse, e dall'altro capo del telefono mi rispose una voce ansiosa

- Ah, sei tu Mattia...Notizie di Filippo? -

Tanta fretta di ricevere informazioni fu una sorpresa: credevo che fosse rimasto molto fuori da questa vicenda

- No, nessuna. Ma mi aveva lasciato capire piuttosto chiaramente che per qualche tempo ci avrebbe lasciati al "nostro destino" -

- Davvero? Ho provato a rintracciarlo tutto il giorno, ma niente da fare -

- Non sei stato il solo: ho fatto il centralinista per tutto il pomeriggio -

- ah. Hanno chiamato in molti? -

- In troppi, un'infinità - calcai la mano per farmi commiserare un po'

- Accidenti - disse invece lui - sono preoccupato... -

Quella confidenza inaspettata mi stordì: aveva forse bisogno di spaventarmi per farsi perdonare di non essersi neppure fatto vivo e avermi lasciato solo con tutto quel daffare? Ma lui cambiò subito discorso

- Ascolta, Mattia - disse - tu approvi tutto questo? -

Mi aspettavo che ne avremmo parlato, ma quella domanda a bruciapelo mi lasciò interdetto, ed esitai a rispondere, sicché lui, credendo che non avessi colto il nocciolo della questione, ripetè, più chiaramente

- Voglio dire, stai dalla sua parte, pensi che Cianetti e gli altri lo abbiano assalito ingiustamente, e che la Lefis abbia davvero offerto tangenti ai politici e per questo vada "severamente fustigata", a qualunque rischio, a qualunque costo? -

Non capivo quali fossero i rischi ed i costi di cui parlava, ma chiesi, a mia volta

- Tu no? - e la mia reticenza a rispondere direttamente fu presa da Rino come un si.

- Io no - sbottò, secco - per niente -

Poi, come spaventato dalla propria stessa reazione, cambiò tono

- Non fraintendermi. Io non sono arrabbiato con Filippo. Tu mi conosci, è proprio difficile che io mi arrabbi. E Filippo è mio amico, è un mio grande amico, mentre il resto dello staff, ti garantisco, è per me poco più che una folla estranea senza nome. Solo che...che è un maledetto testone, alle volte, e prende tutte le cose che succedono come problemi enormi, ed io mi sento un po' mal disposto verso un atteggiamento del genere... -

Capii al volo ciò che intendeva dire, avevo saggiato già una volta il suo concetto di "cose importanti" - e lo condividevo, oltretutto! - ma ebbi stranamente voglia di spezzare ancora una volta una lancia in favore dell'assente.

- Ma Filippo ha detto che è una questione che gli sta molto a cuore -

- Si, come le centomila altre con cui riempie gli articoli di fondo del "Cambio Rotta"!...Insomma, non voglio biasimarlo, apprezzo il suo lavoro, e dirò di più, è grandiosa l'apertura di orizzonti con cui spazia su ogni aspetto del vivere e ne fa quasi una battaglia privata...ma questo non vuol dire che tutto debba essere ugualmente indispensabile allo stesso modo. E soprattutto quando l'interessato, dell'ecologia, se ne infischiava fino a qualche mese fa! -

Si era un po' accalorato, e mi intimidì

- Beh - bisbigliai - in parte hai ragione...lo so bene che a volte Filippo spara a zero soltanto per criticare...Ma io... - ammisi - ma io non sono stato mai capace di dirgli di no, fin qui. E poi...insomma...non so se vorrei farlo...Mi piacerebbe stare per una volta dalla sua parte...Una volta che mi sento la spalla e non il bersaglio...mi capisci, Rino? -

- E' vero. - accondiscese - Lo vorrei anch'io. E infatti se dovessi sentirlo non gli dirò niente di tutto questo. Dovevo solo un po' sfogarmi: mi sono fatto prendere la mano. E' che la faccenda non mi piace, è che sono ansioso, è che dello smaltimento rifiuti non me n'è mai fregato niente, ecco... -

Rise, e con lui anch'io

- Come sarebbe a dire? - esclamai - Un fanatico del verde ameno quale sei! -

- Si, è vero. E infatti io, nel mio piccolo, faccio grandi cose, sai? Porto anche il becchime ai piccioni di nascosto! -

- E se ti scoprono fanno causa anche a te! -

- Beh , e io sai che gli rispondo?..."Ma voi, l'avete mai provata, la fame?" -

 

Filippo non rientrò la settimana dopo, e neppure quella successiva. Fin quasi alla fine del mese rimase lontano da Firenze, facendosi vivo solo ogni tanto e dettando direttive che a lui parevano più che esaurienti e a me non bastavano neppure per portare avanti il lavoro del mattino successivo.

Poi spariva di nuovo, non so neppure dove.

Di cosa si stesse occupando, nessuno di noi era a conoscenza: preferiva non parlarne, voleva risolvere tutto da sé e si riservava anche di farci sapere se il processo si sarebbe svolto o meno.

Io stavo perdendo la testa: benché i membri dello staff, che alla fine si erano lasciati commuovere dalle mie fatiche per far uscire regolarmente il numero di settembre, cercassero di venirmi incontro, restava il dato di fatto che, normalmente, la metà almeno degli articoli era opera dell'ingegno del nostro direttore. E lui - di questo proprio non riuscivo a capacitarmi - sembrava essersene scordato.

Non mancava una settimana alla data in cui avremmo dovuto mandare la rivista alla stampa, e ancora non sapevamo come riempire gli ampi spazi rimasti vuoti.

Alle riunioni ci interrogavamo sul da farsi, tutte le iniziative alla fine ci sembravano ridicole, perdevamo tempo a lamentarci della diserzione del "capo", e nessuno aveva voglia di far niente. Sperai fino all'ultimo che qualcuno prendesse in mano la situazione, invece un mattino li trovai tutti coalizzati a mio danno attorno al fatidico tavolo, per intimarmi di telefonare immediatamente a Filippo e avvertirlo che la rivista non sarebbe uscita.

Avanzai subito una serie di scuse: che Filippo era irrintracciabile, che in una settimana poteva ancora verificarsi il miracolo, persino che il signor direttore sarebbe andato su tutte le furie, e che le sue scenate non le auguravo nemmeno al mio peggior nemico.

Mi replicarono che Scizio aveva ben poco da protestare, poteva pure rovesciare cielo e terra e mandare in pezzi la scrivania: la responsabilità era quasi del tutto sua, e, per la restante parte, guarda caso, mia, che m'ero sobbarcato un compito cui non ero tenuto. Ne conseguiva necessariamente e inesorabilmente che se c'era qualcuno che doveva vedersela in prima persona con Filippo, quello ero io.

- E cosa gli dirò? -

Chiesi, intimidito un po' dall'ultimatum dei signori colleghi un po' dal pensiero delle saette del signor direttore.

- La verità - fece Cianetti - Che non abbiamo fatto in tempo perché ci è mancato un coordinamento efficiente -

Questa motivazione poteva suonare insieme sia come un rimprovero all'assenteismo di Filippo che come una critica a me. Ma dovevo riconoscere che non aveva torto: io non avevo la stoffa dell'organizzatore: era già abbastanza se riuscivo ad incastrare tra loro in maniera vivibile gli orari delle mie lezioni.

Così anche quel pomeriggio andò perduto al telefono: finii per odiare quella voce che tutte le volte ripeteva: "Tim, informazione gratuita l'utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile", e quando finalmente Filippo mi rispose avrei voluto veramente attaccare, fare finta di niente, e raccontare ai colleghi che aveva tenuto il cellulare spento tutto il giorno.

Ma non mi riuscì.

- Ciao Mattia, come va? -

Fu la prima cosa che mi chiese, proiettandomi una bella voce squillante dritto dritto nell'orecchio

- Sopravvivo - risposi - e tu? -

- "Sopravvivo" anch'io - scherzò - per il momento. Ma non ancora a lungo se non riesco a tuffarmi sopra un letto e a dormire per dodici ore almeno! -

- Ah si? - colsi l'occasione - Io, invece, morirò domattina se non vieni in mio soccorso con qualche trovata degna del tuo "elevato livello intellettivo" -

- Perché? - domandò, quasi avessi detto qualcosa di impensabile - ...Qualche problema in redazione? -

- Si - ammisi - qualcuno. Anzi...uno e bastevole. E temo che se non torni, il numero di settembre ristagnerà nel tuo cassetto molto a lungo -

- Starai scherzando - fece lui - e per quale motivo, scusa? -

Mi sentii indagato, e ribattei a tono

- Uno: perché il lavoro non è neanche a metà, due: perché lo staff protesta, tre: perché non sappiamo come riempire le "tue" pagine personali, e, quarto e non ultimo, perché io non sono te -

- Lo so che non sei me, ci mancherebbe! - disse - Ma devi per forza trovare una soluzione. Il numero nuovo deve uscire tassativamente -

- Tassativamente... - feci eco io, atono - già mi aspettavo una risposta del genere. Tuttavia sono costretto a insistere. Tanto - e mi sforzai di ridere - o affronto la tua ira, o quella di Cianetti & C. -

- Ah. Ti fanno fare il portavoce! -

- Così pare... -

Rimasi zitto, nella speranza di ricevere un segno di incoraggiamento che mi mettesse addosso un po' di buona volontà, e mi accorsi in quel momento che se avevo insistito per tutto il giorno nel cercare di rintracciare Filippo, era stato perché ero sicuro che, davanti alla sua insistenza, alla fine mi sarei lasciato convincere e gli avrei dato retta.

Eh si, di fatto mi dispiaceva arrendermi alla situazione avversa, e avrei voluto proprio allora dare una valida prova di me...Invece lui non sembrava affatto aver voglia di arrabbiarsi.

- Ti capisco - disse - Ma io non posso davvero tornare...Ho beghe troppo grosse qui, non è pensabile che io rientri proprio ora. Bisognerebbe però che tu almeno provassi a inventarti qualcosa, e quel che viene viene. Riduci pure il numero delle pagine, gioca tutto sul supplemento letterario, ti lascio carta bianca, ma provaci -

Solitamente questo sovraccarico di responsabilità mi metteva nel panico peggio che una partaccia, ma quella volta era diverso, e quella sua concessione alla libera fantasia pareva cadere a proposito a stimolare il mio innaturale desiderio d'attivismo, irrisione al mese triste.

- Vuoi davvero che mi "inventi" qualcosa, Filippo? - chiesi conferma - Ma non dici sempre che noi letterati... -

- lascia stare ciò che dico sempre! Questa è un'emergenza! -

- Guarda che corri un grosso rischio -

Lui la prese leggera, rise

- I rischi sono il mio pane quotidiano! -

Ecco, erano bastate quelle poche parole e nella mia testolina ancora piena di annunci della tim si era già messa in moto un'idea, e la curiosità di vedere se sarei riuscito o meno a realizzarla.

- Preferisci che sia io a chiamare Cianetti? - s'informò Filippo, stranamente premuroso

- No - dissi - tanto credo sospettasse come sarebbe andata a finire. Io non sono molto grintoso, mi conosce -

- E allora perché ha voluto che telefonassi tu? -

- perché... - esitai - perché sono io il responsabile! -

Sfoderai una punta di energia allegra, mi sentivo bene

- E' vero - confermò lui - il responsabile sei tu, adesso -

Forse Filippo aveva altro a cui pensare e problemi più seri della buona riuscita del numero di settembre. Forse anche io avevo altro a cui pensare che non fossero gli appelli autunnali o la malinconia del dopo-ferie. Ci pensai, feci un breve conto: era da quasi un anno ormai che mi trovavo continuamente di fronte a emozioni che non avevo mai provato, ed ero talmente cambiato io stesso che mi scoprivo capace di passare quasi a volo da una leggerezza così eccessiva da sembrare innaturale alla frenesia di una corsa contro il tempo per ottenere un risultato di cui in fondo, fino al giorno prima, non mi era importato niente...

Eppure così stava passando il mio settembre.

 

Era, nonostante tutto, una bellissima giornata. La sala delle riunioni era luminosa, e il riflesso sul tavolo lucido mi dava fastidio.

Stavano tutti seduti lì davanti a me, ad aspettare la mia relazione: nessuno si era mai disposto ad ascoltarmi in tanto silenzio, e l'insolita atmosfera mi conferiva - credo - almeno a guardarmi dall'esterno, una certa importanza.

Sistemai un foglio sulla scrivania, gli diedi un'ultima occhiata veloce e mi aggiustai gli occhiali sul naso - Ho steso un piano di lavoro - dissi, sbrigativo - comincerò subito e conto di finire per sabato. Mi auguro vogliate fare altrettanto. -

I presenti, che si aspettavano almeno un accenno alla mia conversazione con Filippo, rimasero, sul momento, ammutoliti. Poi, interdetto più che seccato, Cianetti osò sollevare la fatidica domanda

- Ma non dovevi parlare con Scizio per...? -

Lo interruppi, con sufficienza

- Ah, si. Giusto - dissi - Non l'ho trovato, è irreperibile. E mi pare improduttivo che io debba perdere altre dodici ore al telefono, per poi sentirci dire che il numero di settembre deve uscire...tassativamente -

Per concludere da protagonista avrei dovuto aggiungere "ed io sono d'accordo con lui", ma quello sarebbe stato proprio troppo.

- Posso illustrarvi il mio progetto? - chiesi invece, educatamente, e i membri dello staff mi risposero con un perplesso “sentiamo...”

Nei giorni successivi non mi mossi più dall'ufficio di redazione: era come se per me esistesse solo il "Cambio Rotta", ed una cosa così non mi era mai successa. Contattai Alberto, mi feci inviare con urgenza del materiale, strappai un articolo persino a un mio professore, e mi parve d'aver compiuto l'impresa del secolo.

Mi comportavo proprio in modo strano, me ne accorgevo e non riuscivo a stupirmene. Era come se Filippo mi avesse lasciato la delega di "essere un po' lui", e questo - si sa - poteva avvenire solo in sua assenza. C'era di più: era come se la sua assenza mi avesse costretto a tutto questo, eppure non riuscivo a sentirla come un'imposizione, almeno nel mezzo della frenesia che avevo addosso.

Era una trappola pericolosa: quando lui non c'era, finivo sempre per stare dalla sua parte, così come in sua presenza avrei lottato per scappare dalla sua aura travolgente che sembrava annullare la mia personalità. Ne ero lucidamente consapevole e non mi volevo ribellare: mi ero adagiato senza riflettere in quello stato che mi aveva dato un'insolita fiducia, un'insolita energia, e soprattutto una nuova, innaturale immagine di me, a cui mi sarebbe piaciuto affezionarmi.

Se avessi avuto tempo di pensarci o anche solo di sperare, credo avrei espresso il desiderio che durasse. Ma non me ne capitò nemmeno l'occasione, e forse fu per questo che durò a lungo.

 

gAnno tre, numero 9“ - l'annotazione a margine, lungo la costola del "Cambio Rotta" di settembre, che uscì puntuale, il 28 mattina del corrente mese, due giorni prima che rientrasse anche Filippo, stanco come non mai, ma contento.

Nonostante avesse molto lodato il mio impegno per telefono, ancor prima di poter leggere la rivista, quando l'ebbe avuta finalmente tra le mani e mi volle d'urgenza a casa sua per discuterne, il sangue mi si gelò nelle vene.

L'intraprendenza l'avevo deposta insieme al mio ruolo di coordinatore, e adesso il pensiero dell'inevitabile giudizio mi spaventava a morte, e già, attraversando la strada, stavo passando in rassegna le critiche che Filippo mi avrebbe di sicuro fatto e gli argomenti per controbattere, non escluso il vigliacco rinfacciargli il suo disinteresse.

Trovai la porta aperta, e, prima di entrare, spiai timidamente attraverso la fessura. Scorsi Filippo profondamente assorto di fronte ad un pezzo di carta che teneva tra le dita, strofinando il margine tra il pollice e l'indice, ed esitai ad interromperlo. Ma lui si avvide della mia presenza, abbandonò distrattamente il foglio sdrucito sull'angolo di un mobile, e si voltò

- Fantastico! - mi accolse - Veramente fantastico! -

Afferrò sul bordo del divano il numero di settembre, e mi venne incontro piazzandolo tra le mie

- Tu sei straordinario! Una vera rivelazione! Se lo avessi anche solo sospettato, ti avrei affidato la direzione molto più spesso! -

La prima cosa che mi saltò in mente fu che quel dispendio di complimenti fosse il suo modo di sdebitarsi per aver salvato la puntualità del "Cambio Rotta", schierandomi contro tutto lo staff e sobbarcandomi l'intero lavoro, ma mi pareva che un encomio tanto appassionato non s'intonasse con il classico stile di Filippo Scizio, che non sprecava mai superlativi, se non riguardo a se stesso.

- Ah... - fui solo capace di dire - ti è piaciuto? -

- Mi è piaciuto...? - esclamò lui, trascinandomi a sedere sul divano, e saltandoci su anche lui, con le gambe incrociate e raccolte al petto - non avresti potuto fare niente di meglio....Viste, soprattutto, le circostanze. Dai retta a uno che se ne intende, Mattia: tu ci sei tagliato, per questo lavoro. Hai stile, originalità, tatto, senso dell'umorismo, profondità e leggerezza!...Certo, ti manca la frusta, ma si provvederà col tempo... -

Lo ascoltavo sempre più incredulo: sembrava proprio sincero! Mi era successo di vederlo così infervorato solo quando aveva da illustrarmi qualche brillante progetto, mai per tessere le lodi di una persona, figuriamoci poi di me!

- Che vuol dire "col tempo"? -

Avevo fatto subito mente locale su quella conclusione sospetta: temevo che tutta quella sviolinata fosse volta a convincermi ad avventurarmi di nuovo in qualche città sconosciuta a far compagnia ai grossi cervelli dei suoi amici, o a introdurmi con delicatezza qualche idea di scarso gradimento

- Niente - rispose invece lui - son cose che si dicono, no? Sai, l'esperienza, la pratica...frasi fatte. Non scattare sull'attenti ad ogni mia parola, Mattia, ti prego!...Non sono il professore che ti interrogherà all'esame -

Questo commento mi riportò finalmente coi piedi per terra, ben piazzato sul pavimento a mattonelline marroni dell'appartamento del mio amico.

- Il professore che non m'interrogherà, ohimè! - dissi - non ho più aperto libro, e il mio Svevo ristagna sulla scrivania da quasi un mese: per l'appello d'ottobre non c'e speranza! -

- Davvero? - fece lui, mostrandosi per un istante dispiaciuto dell'inconveniente - E a quando rimandi? -

- Gennaio - risposi, con leggerezza, per non colpevolizzarlo.

Ma Filippo aveva già recuperato l'espressione professionale che mi era più nota, e disse

- Beh, forse è meglio. Avrai più tempo a disposizione per me, perché da oggi sei il mio vice -

- Che? -

Non avevo capito davvero, aveva parlato piano e fuori molte macchine facevano rumore, perché erano le sei di sera, l'ora di punta, la sola in cui la nostra via potesse dirsi trafficata.

- Ho detto che mi fa comodo che tu non sia troppo impegnato nello studio - ripeté, cortesemente, a voce più alta, con un tocco di ufficialità che precedentemente aveva sacrificato alla confidenza - perché da oggi tu sei il vice direttore del "Cambio Rotta" -

Stavolta era stato anche troppo chiaro.

- Io? - sbottai

- Proprio -.

Scattò in piedi, riprese a sfogliare le pagine della rivista, compiaciuto

- D'ora in avanti avrò molto bisogno d'aiuto - spiegò - e tu sei il solo su cui possa contare - Poi forse gli parve di non avermi "adulato abbastanza", mi sorrise - e, se mi permetti un complimento, quello che ritengo più all'altezza -

Non mi chiese neppure se accettavo, se mi consideravo in grado di sostenere un impegno del genere, se mi faceva piacere. Come al solito considerò il mio momentaneo silenzio d'esitazione valido più che un consenso. E, come al solito, finì per essere così.

- Allora... - divagai - il processo si farà -

- E' naturale - sentenziò lui - non sono il tipo da farmi mettere i piedi in testa! Ma anche questo, tu lo sai meglio degli altri -

Stavolta ammisi, onorato del riconoscimento

- Già - dissi - ti conosco -

- Più ancora di quanto credi - aggiunse lui, un po' solenne, a voce sommessa, fattosi all'improvviso pensieroso - più ancora di quanto credi... -

Si chiuse così, con questo tono “alto“, il percorso a ostacoli del mio settembre, nel giorno in cui, ebbi modo di notare più tardi, era trascorso un anno esatto da quando vivevo lì.

Mi parve una coincidenza molto bella, e segnai con un cerchio il numero trenta sul calendario, pensando che questa attenzione ossessiva ai numeri e alle date era, al momento, tutto ciò che mi restava di comune con Zeno Cosini e la sua “coscienza“.

Un anno preciso, mi ripetei, da quando avevo deciso di ribaltare per sempre le coordinate della mia vita.

Un anno preciso da che abitavo nella città del sole.

  
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