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Autore: Fefy_07    05/09/2012    5 recensioni
Ambientazione post 3 stagione. Damon, per il patto stretto con Stefan, ha lasciato Mystic Falls. Dopo 4 anni ritorna, stanco di dover stare lontano dall'unico posto che riesce a chiamare casa. Capisce subito che qualcosa è andato tremendamente storto quando è andato via, e i suoi sospetti non fanno altro che accrescersi, trovando casa sua perfettamente vuota. Dove sono Elena e Stefan? Cos'è successo dopo la sua partenza? Avrà presto una risposta ai suoi dubbi e sarà costretto ad una nuova, grande battaglia, per salvare suo fratello.
Prima long-fic, spero di avervi incuriositi e che leggerete!
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bonnie Bennett, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Klaus, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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POV Damon

Sapevo dove avrei trovato Klaus. Potevano essere passati 4 anni, ma certe cose non cambiavano mai. Stavo cercando un posto lussuoso, grande e isolato, dove rumori sospetti non disturbassero eventuali vicini. Feci una smorfia a quel pensiero. Rumori sospetti come urla, per esempio. Individuai quello che cercavo poco fuori da Mystic Falls, esattamente al capo opposto rispetto al buco dove viveva ora Elena. Beh, aveva scelto bene, se non altro era il più lontano possibile dall’ibrido. Mi fermai a studiare la villa, per un attimo. Era completamente immersa nella vegetazione, leggermente rialzata su una specie di colle. Sembrava antica, anche se non era difficile immaginare che fosse stata ristrutturata relativamente da poco. Forse riprendeva lo stile romano o greco, di sicuro c’erano colonne sul portico. Mi domandai ironicamente se l’interno non fosse lastricato in marmo. A cosa serviva poi una casa così sontuosa a un solo individuo, era un mistero.
Mi riscossi da quelle riflessioni e mi infilai lungo la parete laterale esterna. Non avevo un piano d’azione ben preciso, necessitavo di sapere più o meno dove Klaus tenesse mio fratello, per organizzarci. Anche se era un ibrido crudele a cui piacevano i giochetti, non dubitavo che conoscere almeno in parte dove fosse la prigione di Stefan ci concedesse un certo vantaggio per agire. Cominciai a scrutare il terreno in cerca di una botola, un sotterraneo, un’entrata per una prigione come dai Lockwood. Qualcosa.
Passai diversi minuti a cercare, senza trovare niente. Stavo iniziando a diventare decisamente frustrato, quando qualcosa attirò la mia attenzione. Era poco più di un cerchietto di metallo, qualcosa di insignificante, eppure non aveva motivo di trovarsi lì, in mezzo all’erba alta. Curioso, mi chinai e lo raccolsi, solo per accorgermi che era collegato ad una sorta di filo di metallo, che conduceva al retro della villa. Il mio inconscio mi urlava “pericolo” a squarciagola, ma ero arrivato fin lì, potevo mai tornare indietro adesso? Ben attento a non farmi vedere, scivolai dove il filo metallico mi conduceva. Fui abbastanza sorpreso quando mi ritrovai davanti a una specie di finestra, che più che una finestra poteva benissimo essere un buco, con una grata ben spessa davanti. Una grata di legno. Qualcosa mi disse che Stefan era giusto lì dietro. Un irrefrenabile istinto mi portò a tendere la mano verso la grata, quasi desideroso di spostarla, ma capii che era inutile un secondo dopo, ritraendola di scatto con un sibilo. Verbena e, a giudicare dal bruciore, anche molto concentrata. Era alquanto perverso, ma non per uno come Klaus. Non riuscivo a intravedere granché da dove mi trovavo, solo una gran massa oscura. Affinai l’udito e distinsi un respiro forte e ansimante. Mi avvicinai alla grata e scrutai dentro, cercando di sondare il buio. Tutt’a un tratto si sentì un forte rumore metallico e una luce illuminò la scena sotto di me. Rimasi immobile, coi pugni e i denti stretti, a osservare.

POV Stefan

Ansimavo in preda al dolore, già da alcune ore. Erano due anni che succedeva la stessa cosa, ma non mi ci ero ancora abituato. Non credo si riesca ad abituarsi al dolore. Mi sentivo così dannatamente debole. Le catene che mi tenevano i polsi pesavano, non che lo sentissi particolarmente in quel momento. Ero steso nel terriccio di quel buco sotterraneo dove Klaus mi teneva, sempre avvolto da quell’orrendo odore di marcio, di putrefazione e di sudore, lacrime e sangue, un mix che ho imparato ad associare alla disperazione. Un odore che ho sentito spesso, quando uccidevo gli esseri umani. Non avrei mai immaginato che avrei potuto sentirmelo addosso.
Udii dei passi smorzati in lontananza. Stava venendo a guarirmi, di nuovo. Ero così stanco. Avrei voluto potermi ribellare, essere in grado di combattere. Ma tutto trasudava verbena là dentro e mi rendeva debole, per non parlare del fatto che praticamente non mi nutrivo. Se prima voleva rendermi un mostro assassino pari a lui, adesso non si preoccupava per niente di farmi morire di fame. L’unica cosa che potevo bere, in minima parte, era il suo sangue. E soltanto per stare meglio, o gli sarebbe morto il giocattolo. Ero diventato questo, il suo stupido giochino. Non sono mai stato un tipo orgoglioso ma essere umiliato così dall’ibrido che mi ha già portato via tutto, mi fa rivoltare lo stomaco e ribollire di rabbia.
Con un clangore metallico, la porta della mia “cella” si apre e Klaus entra, con un ghigno divertito. Non posso vederlo, sono ancora steso e respiro male, per il morso sul petto, ma posso sentirlo. Irradia quasi soddisfazione. “Stanco, Stef?” domanda ironico e lo sento sollevarmi per i capelli per guardarmi in faccia. Rimango a occhi serrati e sibilo di dolore, quando mi passa una mano dritta sullo sterno, dove il suo ricordino pulsa quasi da fare schifo e mi distrugge. Non voglio urlare. Non ancora. Quand’è venuto da me, stamattina, dopo avermi fatto cuocere un po’ sotto il sole di mezzogiorno, come ha preso l’abitudine di fare giusto per farmi stare un po’ peggio, ha gongolato troppo nel sentirmi. Forse più del solito. Se le mie urla fossero sangue, scommetto che in quel momento ne sarebbe stato ebbro.
“Suvvia, guardami.” mi fece, con una schifosa voce melliflua, continuando a tenermi sollevato per i capelli. Mi decisi ad aprire gli occhi e lo fissai con odio e sfida. Stavo soffrendo come un cane e ne era consapevole, ma non gli avrei dato la soddisfazione di leggermelo anche negli occhi. “Bravo bambino,” sorrise divertito, prima di lasciarmi andare rovinosamente a terra. Poi recuperò un paletto da sotto la cintura e mi osservò, sadico. “Non sei ancora stanco?” soffiai fuori, quello esausto ero io. Andava così tutti i giorni. A volte finiva prima, mi sbeffeggiava e poi mi curava, altre invece mi punzecchiava ancora prima di lasciarmi finalmente dormire, ammesso che ci riuscissi. Quella sera era una delle seconde. “No, non mi hai fatto divertire abbastanza oggi” disse infatti, poi mi si avventò contro, col paletto ben saldo in mano, e me lo piantò nel fianco, appena accanto al morso. Ringhiai e me lo staccai di dosso, barcollando, poi crollai a terra. “Andiamo, Stefan!” mi urlò contro, il paletto di nuovo in mano, macchiato rosso dal mio sangue “Reagisci! Non sarai davvero già così debole?”
In certi giorni ero molto più combattivo, non gliela davo mai vinta troppo facilmente. Non amavo particolarmente soffrire, ma oggi mi aveva morso con più veemenza del solito e le forze mi avevano abbandonato rapidamente quand’era andato via, lasciandomi immerso nel buio e nel dolore. Lanciai uno sguardo alla porta aperta, che gettava luce su quel quadro pietoso e patetico, in quel momento. Io a terra, incapace di rialzarmi, ricoperto di sangue e bagnato fradicio, con un morso quasi in putrefazione sotto la maglietta e Klaus in piedi, con un ghigno perverso, il paletto in una mano e un lampo folle negli occhi. Forse è la volta buona che mi ammazza e la facciamo finita, pensai con un sospiro. “Uccidimi, Klaus.” Avrei voluto che non suonasse così tanto come una supplica. “Oh, stasera fai il fragile” esclamò, con una nota più che evidente di disappunto “Che peccato, mi piacerebbe giocare ancora un po’, ma suppongo che potremmo anche continuare domani”.
Soffiai fuori tutta la mia esasperazione quando mi si avvicinò, si chinò all’altezza del mio volto e mi fissò negli occhi per qualche secondo. Non avrei mai capito che accidenti ci cercava tutte le sere, prima di alzarmi la maglia (o qualunque altro indumento coprisse il morso del giorno) per verificare i danni. “Questo è proprio brutto!” mi comunicò di lì a poco, con sguardo quasi orgoglioso “Ci sono andato più pesante di quanto pensassi. Non mi stupisco se sei così stanco stasera. Permettimi di rimediare!” e avvicinò ironico il polso alle mie labbra. Lo fissai con il massimo disprezzo che mi era consentito, poi bevvi. Sapevo che, anche se avessi provato a evitarlo, mi avrebbe fatto bere a forza, ed era forse ancora più umiliante che farlo da solo. E poi ero affamato, e il sangue di Klaus era l’unica cosa che mi fosse permesso bere in quella fogna. Non passavano neanche topi o simili. Aveva provveduto a fare in modo che nessun essere vivente potesse avvicinarmi.
Mi staccò violentemente il braccio dalla bocca e mi sorrise radioso. “Come siamo collaborativi, sarò buono e ti lascerò riposare ora. Sai..” abbassò la voce a un sussurro quasi inudibile, anche per un vampiro, e mi si avvicinò con fare cospiratorio “..abbiamo dato spettacolo stasera. Hai recitato bene la parte del piccolo sottomesso, meglio di quanto credessi. Forse potrei darti un premio..” Scoppiò a ridere fragorosamente e odiai il modo in cui quel suono agghiacciante rimbombò nelle quattro mura strette. Continuando a ridere, si richiuse la porta alle spalle e andò via. Sarebbe ricominciato tutto di lì a poche ore, quando l’alba avrebbe fatto capolino. Desiderai il mio anello come mai, me l’aveva tolto subito ed era stato come recidere l’ultimo legame con la mia famiglia. Con lei. E anche con Damon.
Non mi soffermai troppo a pensare a quello che Klaus intendeva con quelle parole. Ero troppo stanco e debole. Troppo distrutto. Il dolore stava un po’ scemando, ma per farlo sparire completamente sarebbe dovuto arrivare il giorno dopo. Quando sarebbe solo ricominciato. Era un po’ come un circolo vizioso, non si fermava mai. Mi raggomitolai nel terriccio, stava cominciando ad arrivare il freddo e, anche quella notte, probabilmente avrei a stento chiuso occhio. Cacciai un lungo sospiro tremante. Non volevo piangere, non di nuovo. Ma mi sentivo così male. Avrei accolto la morte con gioia, pur di far smettere quel tormento, che si ripeteva preciso ogni giorno da due anni. Ogni tanto Klaus se ne usciva anche con un nuovo modo di torturarmi e umiliarmi. Era sfiancante e deprimente. E non avevo neanche la certezza che sarebbe finito, prima o poi. Mi lasciai andare a qualche singhiozzo, in fondo ero completamente solo e Klaus non sarebbe sceso laggiù ancora. Non mi avrebbe sentito. Poi mi concessi di chiudere gli occhi, scivolando in uno stanco ma dolce sonno senza sogni, ignorando i rumori attutiti che arrivavano dall’alto della finestra.

POV Damon

Avevo assistito a tutta la scena con crescente rabbia, che adesso mi ribolliva nel cervello e mi faceva vedere rosso. Ero stato tentato di strappare la grata a morsi, saltare dentro e cavare gli occhi a quel mostro di Klaus, che aveva sbattuto come un bambola di pezza e preso in giro uno Stefan logoro e smagrito, che non avrei probabilmente quasi riconosciuto, se l’avessi visto. Ho cercato di controllarmi al massimo per non mettermi a ringhiare furiosamente, quando gli ha conficcato il paletto nel fianco, e sono sobbalzato al sentire la voce del mio fratellino. Sembrava così vuota, così stanca. Così rassegnata. Scossi forte la testa e mi imposi di stare calmo. Potevo salvarlo. L’avrei fatto presto.
Il morso sul petto di Stefan era una delle cose più orrende e, immaginai, dolorose che un vampiro potesse mai vedere. Da quello che ero riuscito ad afferrare, era lì da tutto il giorno. Klaus lo mordeva, poi lo lasciava marcire e soffrire in quel buco, e poi tornava e lo curava. Ebbi un moto di ribrezzo quando Stefan si attaccò al polso dell’ibrido, con occhi vacui, quasi inconsapevole di quello che faceva. Immaginai che probabilmente l’avrebbe costretto, se non l’avesse fatto da solo. Quando finalmente lasciò la stanza, ridendo sguaiatamente per chissà quale oscuro motivo, Stefan cominciò a piangere.
All’inizio non volevo crederci, sapevo quanto fragile potesse essere il mio fratellino, ma non potevo credere che lo fosse fino a quel punto! Siamo pur sempre degli uomini, accidenti! Ma poi l’indignazione si trasformò in dispiacere e in dolore quasi fisico al pensiero che quello che avevo visto stasera, probabilmente, lui lo viveva tutti i giorni, a volte forse anche peggio di così. E lo viveva da solo, senza poter combattere. In quell’istante, guardando le spalle del mio fratellino sobbalzare violentemente, desiderai immensamente poterlo proteggere e una rabbia sorda, primordiale, selvaggia mi esplose nel petto. In un lampo di follia, mi alzai in piedi, deciso a raggiungere l’ingresso, sfondare tutto e staccare la braccia a Klaus. Lo ammazzo, stavolta lo ammazzo, lo faccio a pezzi e poi li brucio, molto lentamente pensavo, ma la mia camminata fu presto interrotta.
Mi ritrovai sdraiato sull’erba umida, con un corpo a tenermi fermo e una mano sulla bocca. “Che diav..?” la domanda mi rimase incastrata in gola, quando la figura su di me mi fece cenno di star zitto e mi trascinò dietro un albero, a velocità vampiresca. Mi accorsi solo dopo qualche minuto che, dov’ero io un attimo prima, ora c’era Klaus che si guardava intorno circospetto. Avevo fatto casino. Dopo poco rientrò, lasciandomi solo con la mia nuova compagnia.
“Lieta di rivederti, Damon” miagolò con voce languida, dopo avermi mollato. Le riservai un’occhiata torva, aggiustandomi i vestiti “Katherine..Che ci fai qui?” Mi rispose con una risatina e mi osservò curiosa “Potrei farti la stessa domanda..Non lo sai che non è intelligente fare la pecora temeraria nella tana del lupo?” Ignorai il sarcasmo volutamente e indurii la mascella. “Tieni d’occhio Klaus o Stefan?” Sorrise, colpita, o forse fintamente colpita “Perspicace, mi piace. Entrambi, direi. Anche se, da quando ha preso Stefan, ho stretto la sorveglianza” E figuriamoci. Mi stupii che la cosa non mi toccasse poi troppo. Era un miglioramento, senza dubbio. Seconda questione. “Perché mi hai fermato?” il tono era duro, anche se avrei dovuto esserle riconoscente. Mi aveva salvato, in un certo senso. “Perché mi sei più utile con la testa sulle spalle e il cuore nel petto,” cominciò divertita, poi assunse un’aria seria “So che vuoi salvarlo, Damon. Siamo dalla stessa parte.” Mi lasciai andare a una risatina ironica, prima di aggiungere “Non siamo mai dalla stessa parte, Katherine. Rimani a fare la guardia a Stefan, se ti piace tanto, io vado via.”
Feci per andarmene, ma lei mi fermò, mettendomi una mano sul petto. Mi fissò dritto negli occhi e disse, con lentezza calcolata “Se liberi Stefan, devi uccidere Klaus. So che hai in mente qualcosa, o non saresti venuto qui. E so che posso esserti utile. Sono una vampira, ho più esperienza di te e lui ha una strega oscura. Non sei nella posizione di rifiutare un alleato”. Dovetti ammettere che aveva ragione, ma non per questo avrei ceduto. “Che ci guadagni?” cominciai a indagare. Poteva valere la pena, forse. “Mi ascolti quando parlo?!” suonava irritata “Se liberi Stefan, devi uccidere Klaus. Se devi uccidere Klaus, io non dovrò più preoccuparmi di scappare. È perfetto, è tutto ciò che mi serve dalla vita! Potrò essere davvero libera.” Non tenevo conto di quanto, in effetti, la dipartita di Klaus dovesse essere utile per Katherine. Soppesai la proposta per qualche secondo, poi annuii. “D’accordo,” le tesi la mano “ci sto. Ma se fai il doppiogioco, stavolta ti infilo un paletto dritto nel cuore. Un paletto alla verbena, magari.” Mi afferrò la mano e alzò le sopracciglia, scettica “Posso ucciderti in tre modi diversi, prima ancora che ti avvicini a me. Non farò il doppiogioco, Damon. Hai la mia parola.” Per quello che conta pensai, ironico, ma le sorrisi. In fondo, aveva ragione. Per quella guerra, mi servivano tutti gli alleati possibili.
 
Angolino dell’autrice :)
Eccoci qua, col capitolo 6!! Allora, spero di non aver fatto un disastro D: Ho descritto forse troppo le violenze che Stefan subisce? L’ho reso troppo arrendevole? Pensavo che, dopo due anni di quella roba, fosse il minimo trovarsi un po’ stanco di combattere, no? Descrivere quello che succedeva dal suo punto di vista, mi sembrava il modo migliore per farlo arrivare ai lettori. Poi, beh, è arrivata Katherine che ha evitato che Damon commettesse una grande stupidaggine, ma lei, beh, è Katherine! Non poteva lasciare che Damon si suicidasse, no? xD La frase di Klaus lascia poco spazio all’immaginazione, ma in fondo lui è l’ibrido, non poteva farsi cogliere del tutto impreparato. Sa che Damon è in città e si è divertito a mostrargli come sta il fratello. Dentro di lui, spera proprio che questo lo porterà ad attaccarlo. Poi si vedranno i motivi. Bene, dunque, il capitolo mi ha dato molto da pensare, non vorrei che fosse noioso o scritto male, mi sono venuti molti dubbi :S Quindi, vi chiedo di perdonarvi, ma mi lascereste una recensioncina? Anche poche righe, per farmi sapere che ne pensate. Sul serio, ne ho bisogno ora più che mai. Ringrazio fin da ora tutte le anime pie che lo faranno *_* E, per concludere, rinnovo la mia immensa gratitudine a tutti coloro che hanno già recensito almeno una volta, e alle 3 persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti, le 23 tra le seguite e quella tra le ricordate, siete la luce che mi permette di continuare a scrivere! <3
  
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