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Autore: Akira Kurokawa    05/09/2012    2 recensioni
Salve a tutti questa è la mia prima storia originale. Ci sto lavorando da un po' e spero vi piaccia^^
Tratto dal racconto:
"...sentii sbuffare dietro di me e una voce imprecare credo in un lingua a me vagamente familiare e così mi girai dicendo -Conosci il giapponese?- e lei mi guardò alzando un sopracciglio e solo allora mi accorsi del suo aspetto. Era una ragazza alta, anche se non eccessivamente, doveva essere su un metro e settanta, smilza anche se si poteva vedere che si teneva in forma e aveva lineamenti decisamente orientali. Avrei voluto sotterrarmi. Arrossendo provai a scusarmi, balbettando qualcosa di non molto sensato del tipo "Scusa..è vero, che idiota...ehm..", finché lei non interruppe il mio balbettio dicendo sorridente -Tranquilla, succede. Alla fine, quando cadi addosso a una persona non gli fai la radiografia per vedere di che nazionalità è.- e io annuii incapace di dire o fare altro. Ero improvvisamente in soggezione sotto il suo sguardo penetrante..."
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo III



Passò così un mese. Un mese in cui non ebbi notizie, o per meglio dire, non rividi più Himeko al Conservatorio. Era di nuovo sparita come prima che scoprissi che anche lei lo frequentava. Provai a chiedere a Sthefany, ma non ottenni nulla se non un freddo silenzio che mi fece capire che era meglio non nominarla più. Fu così che accantonai il problema Himeko e mi concentrai sulla musica e sullo studio, visto che a disegno continuavo ad avere carenze. Cosa che la professoressa non faceva che farmi notare, non sempre in modo carino.

Ed era per questo che mi ero rifugiata in camera mia in quel momento, mentre ascoltavo in sottofondo qualche canzone classica e moderna. Stavo per l'appunto creando un nuovo abito da sposa quando bussarono alla porta e io andai ad aprire di corsa urlando -Eccomi!- mentre evitavo panni sporchi e oggetti sparsi per la mia stanza e poi per il corridoio visto che Ale stava iniziando a impacchettare le sue cose. Sarebbe partita presto per andare a trovare i suoi e con la scusa portava via le cose che non le servivano più. Aprendo rivelai un’inzuppata Alessandra alla porta con la busta della spesa in mano e dietro di lei l'ultima persona che mi sarei aspettata. Himeko, con un taglio sulla faccia a giudicare dal sangue sul fazzoletto che si premeva sulla guancia. Preoccupata dissi -Ma cos'è successo?!- mentre mi facevo da parte per farle passare. Ale disse -Dov'è la scatola del pronto soccorso? Ho incontrato questa ragazza qui vicino..è stata aggredita da un ragazzo ed è rimasta ferita..-Himeko si fece avanti rimanendo impassibile, come se non stesse parlando di lei. Entrata disse -Non c'è bisogno che vi preoccupiate per me. Sono abituata alle ferite e questo non è nulla..ci si rivede Yuuki.- aggiunse guardandomi. Sentendomi in difficoltà sotto il suo sguardo penetrante, stranamente felice che si fosse ricordata il mio soprannome, dissi -Ciao...- mentre Ale tornava con la cassetta del pronto soccorso, indicandole una sedia dove poteva sedersi, disse -Non bisogna trascurare i tagli e sembra anche abbastanza profondo. Fammi vedere..- e tolse il fazzoletto. Appena vidi il taglio mi sentii stringere lo stomaco, ma non perché era un taglio e a me le ferite facevano sempre impressione, ma perché era lei quella ferita. Mi faceva male vederla lì ferita per non so quale motivo, ma anche se fosse stata colpa sua mi venne la voglia di prendere a cazzotti chiunque si fosse permesso di toccarla. Sconvolta da quelle emozioni scappai in camera, sentendomi addosso lo sguardo di Himeko, mentre Alessandra diceva che mi impressionavo facilmente davanti alle ferite per scusare la mia fuga. Se solo avesse saputo la verità...avevo paura che se ne sarebbe andata. Che mi avrebbe abbandonata. Che sarei di nuovo stata sola. Io non volevo più stare sola...per questo dovevo rimanere con Maicol. Non potevo essere come lei. Non me lo potevo permettere. Non ero così forte come Sthefany o Himeko. Chiusa la porta a chiave mi gettai sul letto spaventata a morte dai miei pensieri e sentimenti. Non volevo più sentire niente né provare nulla. Finì così che mi addormentai e feci sogni agitati su donne che si baciavano e che assumevano le facce di Himeko e Sthefany.

La mattina seguente mi alzai presto e una volta preparata mi avviai a scuola. Quel giorno però mi sentivo diversa. Come se sentissi un peso immenso sullo stomaco. All'altezza del cuore. Mi sforzavo però di andare avanti normalmente, di nascondere tutto dietro a sorrisi finti o spontanei che fossero. L'unica, forse, a percepire qualcosa di strano fu Alessandra, che però rimase in silenzio. Come ad aspettare una mia mossa, come a sottolineare che era lì pronta ad ascoltarmi. Guardandomi a fianco, infatti, eccola lì seduta sul bus insieme a me. Andavamo sempre a scuola insieme perché anche se facevamo due indirizzi diversi, io studiavo moda e lei lingue, le nostri sedi erano attaccate, cosa che ci permetteva di andare e passare la ricreazione insieme in cortile o nei corridoi.

Arrivata a scuola la salutai con la mano per poi correre dentro. Non amavo molto rimanere fuori a socializzare. Ero un tipo un po' solitario a volte. In classe parlavo giusto con due ragazze, Evelin e Charlie, fidanzate ormai dal nostro primo anno. Erano le uniche lesbiche, o almeno le uniche dichiarate a scuola, e questo in qualche modo mi aveva sempre un po' incuriosito e stranamente mi trovavo molto più a mio agio con loro che con persone che conoscevo da anni. Era come se condividessimo qualcosa di speciale tutte e tre. Fatte con le stesse materie prime si può dire. Un qualcosa di segreto che ci univa nel profondo. Arrivata in classe venni travolta da Charlie che mi strinse a sé piangendo e dicendo -Charlie è una stronz...- ma la bloccai prima che finisse, dicendo -Niente parolacce, se ti sentono ti becchi un'altra nota. Cosa ha fatto stavolta quella baka?- e lei la indicò mentre stava parlando con una ragazza in classe che non avevo mai visto, doveva essere quella nuova. Il bello fu che neanche si era accorta che Charlie era corsa da me in lacrime. Ma che stronza. Ora mi sentiva. Nessuno poteva far piangere la mia Charl, neanche Evelin. Avvicinandomi mi accorsi che parlavano in francese e lì capii tutto. Evelin era di origine francese e le mancava molto la sua famiglia rimasta lì, visto che era venuta solo con il padre divorziato dalla moglie. Così appena lei incontrava un suo compaesano non capiva più niente, infatti di solito si accorgeva sempre di tutto quello che succedeva alla sua ragazza, tanto da capire anche con un semplice movimento che qualcosa non andava, anche se questo non la giustificava dal fatto che ora l'avesse ignorata. Sospirando le battei sulla spalla dicendole e guardandola male -Baka come ti sei permessa di far piangere la mia Charl?- e gliela indicai. Lei la guardò un attimo per poi sbuffare, dicendo qualcosa in francese che non capii molto, e si alzò dicendo -Scusate un attimo, vado da quell’idiota della mia ragazza.- e le si avvicinò stringendola a sé nonostante l'altra cercasse di divincolarsi, mentre le parlava all'orecchio. Sospirando dissi -Come faranno quando non ci sarò più io? Che idiote..- senza accorgermi che la nuova ragazza mi stava guardando, non capendomi molto e arrossendo, e balbettai uno 'scusa..' per poi andarmi a sedere velocemente al mio posto.

Dal posto vidi Evelin e Charl fare pace e sorrisi. Ero felice che almeno loro riuscissero a fare pace così facilmente. Sentendo delle risatine odiose mi girai verso il gruppo non meglio identificato, ricordavo a malapena due o tre nomi di loro nonostante stessimo nella stessa classe dal primo anno, e le vidi ridacchiare indicando le mie amiche e non mi ci volle molto per immaginare che le stessero prendendo in giro. Girandomi provai ad ignorarle, non sarebbe servito a niente andare lì e dire quello che pensavo di loro, avrei solo peggiorato la situazione ed Evelin mi aveva sempre detto di non prestargli attenzione. Era difficile non difendere le mie amiche, ma a malapena sapevo difendere me stessa, figuriamoci gli altri. Parlando del diavolo ecco spuntare dalla porta la prima persona che mi faceva star male, anche se sarebbe dovuto essere il contrario. Era strano, ma fino a quel momento quella mattina mi ero dimenticata di lui. Di Maicol. Il mio ragazzo o quasi ex ragazzo ormai, visto il suo comportamento quella sera al parco e da quella sera in poi. L'indifferenza più totale. Solo perché io volevo suonare, cosa che sapeva quanto fosse importante per me, e lui pretendeva di stare con me invece e poi di lasciarmi sola per andare dai suoi amici. Che immaturo.

Avvicinandomi fece per sedersi vicino a me, ma Charl, più veloce di lui, mise la borsa sopra il banco spostando la sua e sedendosi, dicendo –Ehi, non vedi che ci sono io vicino ad Ale? Smamma.- e lui la guardò malissimo dicendo –Ehi, quella che se ne deve andare sei tu. Fino a prova contraria lei è la mia ragazza, non la tua. Perché non te ne torni tra le braccia di Evelin a pomicia...- -Qualche problema Maicol? Ti ho sentito nominare il mio nome e usare un tono poco carino con la mia ragazza. Lei si siede dove vuole a meno che Ale non voglia diversamente. Ma non mi sembra di averla sentita dire nulla, quindi vedi di sloggiare.- e io sorrisi guardando Maicol andare a sedersi vicino a una delle oche con cui andava tanto d'accordo, cosa che mi aveva sempre fatto infuriare. Intimamente però esultai per la sua sconfitta. Se c'era una persona di cui lui aveva il timore era Evelin. Chissà perché poi, non gliel'avevo mai chiesto.

Sorridendo dissi -Grazie ragazze. Se non c'eravate voi me lo sarei dovuto subire per tutte le lezioni..- ma non feci in tempo ad aggiungere altro perché entrò la prof della prima ora. Si vedeva però che loro volevano delle spiegazioni.

Era normale. Anche se eravamo molto attaccate non potevamo frequentarci fuori la scuola, se solo mia madre avesse sospettato che ero amica di due lesbiche avrebbe dato di matto. Figuriamoci mio padre. Quindi non sapevano nulla della lite tra me e Maicol, considerando anche che erano tornate solo da poco da una vacanza tra di loro a Venezia.

Iniziata la lezione prestai ben poco ascolto, alla fine la matematica la capivo velocemente, cosa che mi concedeva anche di non essere attenta durante la spiegazione, e pensai spesso a Himeko e anche a Maicol. Avevo una tal confusione in testa che minacciava di scoppiarmi. Per questo all'inizio non mi accorsi di una voce che mi chiamava, finché la mano di Evelin mi si mise sulla spalla dicendo mentre mi scuoteva piano -Alex! Ti vuoi decidere a rispondere?!- e io la guardai un attimo confusa per poi dire -Scusa ero sovrappensiero..- e loro mi guardarono con Alessandra vicino. Guardandola stupita dissi -Che fai qua?- beccandomi degli sguardi perplessi e mezzi scocciati finché Ale non rispose, dicendo che era quasi finita la ricreazione e che non vedendomi mi era andata a cercare preoccupata da Evelin e Charlie, che non sapendo dov'ero erano andate con lei a cercarmi credendo che stessi litigando con Maicol. Sentendomi in colpa dissi -Scusatemi...non so che mi è preso oggi..credo di voler chiarire con Maicol...ma non trovo il coraggio..- era l'unica soluzione. Alla fine, se dovevo fingere, chi meglio di lui? Non potevo dire neanche a loro i miei timori o pensieri. Non mi sentivo affatto sicura di volerne parlare neanche con Charl e Evelin. Avrebbero solo riso dei miei timori. Alla fine loro avevano quel coraggio che a me iniziava a mancare o che non avevo proprio. Guardandomi incerta, Charl disse -Ale..sai che con noi puoi parlare..e ti aiuteremo se è questo che ti angustia. È che sei strana da stamattina..e non sembravi tanto vogliosa di far pace con quell'idiota..- io annuii assicurandole che volevo chiarire con lui. Era l'unica cosa che mi avrebbe fatto dimenticare Himeko. Ne ero sicura. O almeno fino a quel pomeriggio quando me la ritrovai davanti alla fermata, appena scesa. Quando si dice destino. Scesa la guardai sorridendo o almeno provai, credo che più un sorriso sembrò una smorfia imbarazzata, dicendo -Ciao. Come va la tua ferita?- e lei sorrise, un sorriso distaccato, dicendo -Bene grazie. Speravo di incontrarti per ringraziarti ancora e per chiederti di ringraziare la tua amica. Ora scusa ma vado.- e si incamminò verso il conservatorio. Era sembrata così distaccata. Nonostante avesse ringraziato aveva mantenuto un tono freddo e distaccato. Non resistetti. La seguii, non che avessi altra scelta visto che facevamo la stessa strada, ma volevo parlargli ancora. Una volta raggiunta però rimasi in silenzio. Non sapevo che dirgli. L'unica cosa che mi veniva in mente era la musica. Così dissi la prima cosa che mi venne in mente.

-Da quando suoni? Io ho iniziato da piccola..però è solo ora che posso esercitarmi veramente..sai al Conservatorio..- lei mi guardò annuendo, dicendo però semplicemente e seccamente, come a sfidarmi a replicare -Anch'io suono come te da piccola.- senza aggiungere altro. Stroncando sul nascere ogni mia possibile risposta appunto. Ma non mi lasciai abbattere. Se quella doveva essere la nostra ultima conversazione, volevo almeno che fosse una conversazione decente.

Guardandomi in giro in cerca di qualcosa da dire notai una vetrina che per le decorazioni di natale aveva scelto degli angioletti attaccati per tutta la vetrina e in più palline e nastri colorati. Per finire aveva un piccolo Babbo Natale fuori la porta che, appena passammo, iniziò a suonare Bianco Natale. Affascinata mi fermai esclamando -Che bello! Hai visto che belle decorazioni Himeko?! Anch'io avevo un Babbo Natale simile a casa..- per poi girarmi guardandola sorridendo. Mi guardò un attimo, forse perplessa dalla mia reazione visto che avrei dovuto già notarla, ma passavo sempre così di fretta in quella via che non l'avevo mai notata. Poco dopo disse con un mezzo sorriso -Si anch'io l'avevo. Mia madre è venuta in Italia a studiare pianoforte e ne ha riportato uno.-annuendo mi sorpresi che mi avesse detto una frase così lunga di sua iniziativa. O quasi.

Sorridendo ripresi a camminare un po' più allegra. Almeno l'avevo fatta sorridere un po'. Era un risultato visto quella maschera di freddezza che aveva sempre. Per il resto della strada rimanemmo in silenzio, ma era come se sentissi che una parte della barriera che ci divideva fosse caduta. Ora c'era una breccia nella maschera della fredda Himeko. Era conosciuta così al Conservatorio, infatti quando arrivammo insieme si sentì qualche commento stupito di vedere Himeko insieme a qualcuno, visto che da quando si era lasciata con Sthefany faceva l'asociale. Sentii qualcuna dire se ero la nuova ragazza o ero solo una coincidenza che eravamo insieme. Ormai Himeko era popolare per le liti sfrenate con Sthefany, ma anche perché tutti dicevano che era una poco di buono. Chissà come mai.

Arrivate nell'atrio vedemmo Sthefany e lì mi dissi che sarebbe successo un casino. Invece no, sembrò come se ignorasse Himeko e mi fece segno di raggiungerla. Sorpresa mi avvicinai a lei salutando prima con un sorriso e un cenno della mano Himeko. Arrivata lì vicino, Sthefany mi prese sotto braccio con un sorriso immenso che non le avevo mai visto e iniziò a narrarmi il perché.

-Ieri ho conosciuto una ragazza fantastica, non puoi capire quanto sia bella e simpatica..si chiama Luis, dovrebbe fare la tua stessa scuola..è francese, si è trasferita da poco. Sai, dalla Francia..e quindi parlavamo solo grazie a una ragazza di nome Eveline..infatti a una certa la ragazza si è ingelosita e sono dovute andare via..ma abbiamo continuato a parlare a gesti..- io annuii sorridendo, sentendo dell'ennesima lite tra quelle due. Ormai ero abituata al loro modo di fare. Più litigavano e più si univano.

Camminando, Sthefany mi finì di raccontare la serata e io diss,i appena lei finì -Sai, Eveline e Charlie litigano spesso, ma non so come a ogni litigio sembrano sempre più unite. Vengono in classe con me insieme a Luis...- -Ti prego Ale organizza un uscita! Devo rivederla!- guardandola stupita dissi -Veramente io non posso uscire con loro..se i miei lo vengono a saper....ok, va bene, glielo chiederò domani, ok?- mi interruppi prima di vedere quel sorriso stupendo sparire. Sthefany mi stava così vicino. Perché ferirla? Perché non aiutare lei e Luis? Alla fine non c'era nulla di male a uscire con delle amiche nonostante non avessero i tuoi stessi gusti. O forse si? Alla fine non potevo mentire a me stessa. Io non uscivo con loro per paura di rispecchiarmi in quello che facevano. Nei loro gusti. Nei loro affetti.

Terrorizzata da quei pensieri non sentii quasi Sthefany quando mi ringraziò e mi abbraccio forte a sé. Fu spontaneo per me chiedere a quel punto, come se non riuscissi a trattenere la domanda, così chiesi -Ma Himeko?- e lei si irrigidì e il sorriso si spense un po' mentre rispondeva -Si..lei..sai..alla fine bisogna andare avanti..non posso aspettarla per sempre sapendo che non tornerà mai..avrò fatto una stupidaggine è vero..ma speravo nel suo perdono..così non è stato..forse era destino che finisse così...- e si interruppe senza più dire nulla, senza neanche più guardarmi o stringermi in quell’abbraccio che era diventato all'improvviso troppo doloroso da sopportare. Ero contenta. E questo mi feriva più di tutto. E mi spaventava a morte facendomi sentire in colpa.

Non potevo essere felice per qualcosa che faceva star male la mia amica. Così feci l'unica cosa di cui ero capace. Mi rifugiai nella stanza delle prove, dopo un frettoloso “ciao”, a suonare. Era l'unica cosa che mi andasse veramente di fare in quel momento. Suonare. Suonare le mie emozioni. Suonare le mie paure. Suonare la mia decisione. Anche se ancora non sapevo che avessi preso una decisione troppo confusa e spaventata per fermarmi a pensare seriamente a cosa volessi.

Ore dopo, o così a me sembrò,mi sentii osservata e mi girai, notando Himeko appoggiata al muro dietro di me ad ascoltarmi sorridendo, al che arrossii furiosamente chiedendo imbarazzata -Che fai qua?- e lei sorrise dicendo, non rispondendo alla mia domanda -Sai che suoi veramente bene? Almeno per il tuo livello.- aggiunse e io pensai che non poteva non essere gentile con una stoccata alla fine di sarcasmo. Imbronciata dissi -Beh, scusa tanto se non sono al tuo livello. Frequento il Conservatorio da poco alla fine.- lei parve un attimo disorientata, anche perché io mi girai quasi subito verso il piano per nascondere gli occhi che si erano riempiti di lacrime. Mi faceva male quel suo sarcasmo, anche perché ce la stavo mettendo tutta. Lei rimase per un po' in silenzio per poi dire -Senti..perché non vieni con me a prendere qualche snack? Non so se te ne sei accorta, ma sono due ore che suoni.- sbalordita guardai l'orologio del cellulare accorgendomi che erano veramente due ore. E il mio tempo finiva dopo un ora.

Sorpresa dissi -Il mio tempo finiva un’ora fa! E ora?!- ma lei mi guardò dicendomi e riuscendo in qualche modo a tranquillarmi -Si. Il turno dopo il tuo era il mio.-sentendomi in colpa balbettai qualche scusa incomprensibile, ma lei mi zitti semplicemente mettendomi un dito sulle labbra.

Ero completamente disorientata dal suo comportamento. Due ore prima si comportava come se io non esistessi e non camminassi vicino a lei, parlandomi il minimo indispensabile. E ora mi trattava in quel modo. Non potei non provare una fitta dolorosa al cuore, ma in un certo qual senso, del tutto inconsapevolmente, avvertii la parte razionale di me immergendomi nel bellissimo quanto fatale mare dell'illusione. Quindi annuii senza aggiungere altro e lei tolse il dito facendomi strada. Fu come se mentre camminavamo risollevò quel muro invisibile che ci divideva, come pentita di essersi lasciata troppo andare. Lo vidi da come indurì la bocca e come camminava quasi marciando distaccata fin troppo da me, anche per una semplice conoscente. Guardandola sembrava che anche gli occhi avessero perso quel poco di espressività che avevano prima. Erano stati dolci per qualche istante, ma ora erano tornati freddi come prima. Arrivata al mini bar che vendeva degli snack e qualche bibita, lei ordinò due tazze di thè freddo e due pizze. Guardandomi disse -Spero che ti piacciano.- io mi limitai ad annuire, all'improvviso intimorita.

Sedute iniziammo a consumare il nostro spuntino in silenzio finché lei non si alzò dicendo -Io vado. Ho già pagato io tranquilla. Ciao.- guardandola allibita la vidi allontanarsi con lo zaino sulla spalle. La guardai finché non sparì dalla mia visuale e fu come se mi avessero dato un pugno nello stomaco. Mi ero illusa che poteva succedere qualcosa..ma poi cosa?! Dovevo smetterla di andarle dietro. Da quando l'avevo conosciuta mi aveva portato solo guai. O forse no? Sapevo solo che non volevo perderla. Dovevo stare con lei anche solo per pochi minuti. Fu quasi più forte di me quindi prendere la borsa e rincorrerla. Corsi così forte come non avevo mai fatto in vita mia. Come se da quella corsa dipendesse la mia vita. Riuscii appena in tempo a fermarla vicino a una moto. Le afferrai il braccio dicendo e sussurrando quasi ansante -Aspetta..- ma lei si liberò dalla presa dicendo -Scusa, ma non ho tempo da perdere. Ci vediamo.- e salì sulla moto partendo a tutto gas, mentre io la guardavo ancora sconvolta mentre lacrime silenziose per quel rifiuto iniziarono a scendere. Credevo in quel momento che non l'avrei mai più rivista. Quanto mi sbagliavo.

  
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