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Autore: _Marzia_    07/09/2012    3 recensioni
Nicole Scherzinger ha appena iniziato una carriera da cantante che la porterà lontano. Dopo il primo successo, si ritroverà a cantare un duetto con un cantante di cui non ha mai sentito parlare...
enunciò Franklin, presentandoci brevemente.
  disse, parlando per la prima volta.
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uscii con passo spedito dalla Interscope e mi accolse una folata di vento freddo. Non mi ero portata dietro una giacca, perché fino a poco prima il cielo era limpido e assolato. Mi sarei data volentieri uno schiaffo in piena faccia per quella dimenticanza, dato che non sopportavo per niente le temperature al di sotto dei dieci gradi. Presi un profondo respiro, sperando di controllare la mia crescente irritazione e mi diressi verso quella che sembrava la moto di Carlos. Mentre camminavo i bordi del vestito mi svolazzavano intorno in maniera convulsa a causa del tessuto morbido e leggero. Provai a stringermi il più possibile nel golfino, ma fu inutile. Nel frattempo i capelli si aggrovigliavano e si alzavano senza sosta. Pensai che darmi un pugno sullo stomaco sarebbe stato meglio, oppure avrei dovuto semplicemente mandare un pesante insulto al cielo per aver improvvisamente cambiato il tempo.

Mi fermai davanti al bodyguard, il quale indossava solo una giacca di pelle nera aperta sul davanti oltre a dei jeans e ad una canottiera bianca, e mi chiesi il motivo per il quale non stesse gelando.

«Stai tremando» affermò lui.

«Oh. Non è niente … » dissi, cercando di sminuire la cosa, ma un brivido più evidente mi tradì.

«Non dovevi parlarmi di qualcosa?» chiesi, curiosa.

Prima di rispondere, distolse lo sguardo, passandosi nervosamente la mano dietro la nuca.

«Meglio che entriamo in un bar, non voglio che ti raffreddi … » disse lui, portandomi una mano dietro la schiena per guidarmi verso un piccolo locale proprio lì vicino.

Ben lieta di assecondare la sua richiesta, entrammo, e mi sentii subito meglio, avvolta dal tepore dell’ambiente. Ci sedemmo uno di fronte all’altro, intorno a un tavolino quadrato, dalla parte resa più luminosa dai vetri che percorrevano un’intera parete. Poco lontano, al di dietro del bancone, il barista mi salutò con un cenno del capo e un sorriso amichevole. Ci vedevamo spesso a causa della vicinanza del locale alla casa discografica, ma nonostante questo non ne approfittò mai per invadere la mia privacy, quindi non avevo mai veramente parlato con lui. Mi sembrava si chiamasse Mike, ed era senza alcun dubbio una persona molto discreta e cortese. Ricambiai il saluto, sapendo che solo quando lo avrei chiamato, si sarebbe avvicinato per prendere l’ordinazione, e quando riportai la mia attenzione a Carlos non potei fare a meno di sbattere le palpebre. Mi guardava come se sotto quegli occhi covasse qualche pensiero inconfessabile e fosse indeciso sul rivelarmelo. Di nuovo tornarono a farsi strada nella mia testa i dubbi che avevo avuto durante il pomeriggio. Era possibile che fosse successo qualcosa di importante? Non si è mai comportato così, ripetei a me stessa, tanto per farmi assalire ancora di più dalla preoccupazione.

Mostrai un sorriso rassicurante, nel tentativo di farlo rilassare. Lui rispose debolmente, e neanche un secondo dopo aveva iniziato a guardare le sue dita torturarsi tra di loro.

Poco dopo non riuscii più a trattenermi.

«Carlos, cos’è successo?».

Lui alzò lo sguardo, sorpreso. Non si aspettava che glielo chiedessi in modo così diretto, così riprese a grattarsi le mani ancora più furiosamente.

Inconsapevolmente allungai una mano e la appoggiai sulle sue. A quel contatto si irrigidì, ma poi si calmò immediatamente, elargendomi finalmente un sorriso quasi del tutto sincero. Sapevo che mi sarei pentita di quel gesto in futuro, tuttavia non potevo, non volevo, che Carlos si sentisse triste, qualunque ne fosse la causa.

Mentre stringeva con delicatezza la mia mano, cominciò a parlare.

«Non è facile da dire, Cole. D’altronde non lo è mai … » rise piano.

Non avrei voluto interromperlo, ma imposi a me stessa di farlo, per acquietare almeno in parte la tensione che mi attanagliava lo stomaco.

«E’ successo qualcosa di brutto?» parlai velocemente.

«No, no … » mi tranquillizzò subito lui. Sospirai impercettibilmente.

Si fece più vicino a me, avanzando sulla sedia e piantando i suoi occhi nei miei, colto da un momento di determinazione.

«Non ho più motivi per nascondertelo, Nicole. Per me sei molto più che importante … Tutto questo mi spaventa a morte, credimi, ma mi terrorizza ancora di più il solo pensiero di non poterti stare accanto» il suo tono si fece più basso, sofferto.

«So che sono stato un po’ troppo sicuro di me stesso nei tuoi confronti, ma la verità è che … beh, io non sapevo neanche cosa facevo esattamente. So solo che mi confondevi, e lo fai tutt’ora, nel modo più bello che esista» concluse con la voce incrinata, in netto contrasto con il suo sguardo deciso.

Dire che ero sbigottita era ben poco rispetto a quello che si agitava dentro di me. Rimasi lì, con il volto e il corpo pietrificato. La sorpresa fu talmente grande che impiegai una manciata di secondi per riprendermi, e quando lo feci, sentii che la mia mano era rimasta appoggiata sopra la stretta delle sue dita. D’un tratto quel contatto sembrò bruciare, così ritirai il braccio, ma lui non me lo permise, poiché mi bloccò per il polso. Fui costretta a guardarlo, e quello che ci vidi mi commosse così tanto che mi si svuotò i polmoni. Notai insicurezza, o meglio paura, e forse un pizzico di rimorso, così intensi da paralizzarmi ancora una volta sul posto. Capii che quello che avevo davanti era un altro Carlos, un uomo che non avevo mai avuto l’opportunità di conoscere. Davanti a quella scoperta, mi sentii spaventata anch’io. Non ero per niente pronta a quello. Ingenuamente, mi ero convinta che non avrebbe mai desistito nel suo corteggiamento, o che non avrebbe mai perso occasione per provocarmi, e che quindi non si sarebbe mai dichiarato, anche se sapevo, da qualche parte nel profondo, che prima o poi avrei dovuto affrontare questa situazione. Solamente, non pensavo che sarebbe arrivata così presto, imprevista, per giunta.

Il silenzio cominciava a farsi pesante, però non riuscivo davvero a pronunciare un suono.

«Dì qualcosa» mormorò lui.

Ingoiai a vuoto.

«Carlos … io … » mi bloccai. Non avevo la minima idea di cosa dirgli. Ferirlo era l’ultima delle mie intenzioni, ma dovevo fargli capire che non provavo le stesse cose. Avrei mentito a me stessa e a lui dicendogli che non gli volevo bene, ma era un tipo di affetto che avrei potuto provare verso un amico. Non avrei saputo dire se si potesse trattasse di una certezza, ma in quel momento sapevo con sicurezza che non sentivo le sue stesse emozioni.

Presi coraggio, e mi sforzai di continuare.

«Io … non voglio mentirti. Non ti ho mai considerato veramente una persona arrogante, sapevo che non lo sei mai stato. Mi sono affezionata a te e se ti dico che ti voglio bene, è la verità».

Inspirai e tentai di calmarmi per rendere la voce meno irregolare: «Non voglio neanche ferirti, ma … devo dirti che non credo potrà mai esserci niente che vada oltre l’amicizia, per noi».

A quelle parole abbassò lentamente la testa e lasciò andare la presa sul mio polso, come se anche lui avesse potuto sentire il bruciore in quel tocco. Decisi tuttavia di non ritirarlo, con il timore di poter causare qualche reazione negativa, anche se avevo l’impressione di averla già innescata.

Rimanemmo in silenzio per un po’, lui chiuso in se stesso, io con l’ansia sulla bocca dello stomaco.

Poi alzò gli occhi. Era ferito, deluso, ma con mia sorpresa – l’ennesima – anche arrabbiato.

«Sapevo che lo avrebbe fatto anche questa volta … » sussurrò più a se stesso che a me.

Quella strana affermazione mi colpii, facendomi aggrottare le sopracciglia, confusa.

 «Cosa? … Di che parli?» chiesi.

Sul suo volto si dipinse un’espressione dura, ancora più furiosa. La dolcezza, mista a insicurezza con cui mi aveva parlato prima, erano sparite dalla sua voce.

Poi tutto divenne più veloce.

Scattò in piedi, producendo uno stridio fastidioso con la sedia.

«Non gli basta mai» ruggì.

Era impazzito? Mi parve un’ipotesi plausibile.

Dapprima sconvolta, non seppi reagire, ma subito dopo cominciai ad irritarmi. Come poteva passare da un capo all’altro? E perché diceva cose senza senso?

Afferrò il casco che aveva appoggiato per terra e fece per andarsene, ma in qualche modo, sporgendomi, riuscii a bloccarlo per il braccio.

«Carlos, non ho la minima idea di cosa tu stia parlando!»

Si scrollò facilmente dalla mia presa e cominciò a camminare verso l’uscita, accompagnato dagli occhi incuriositi della gente intorno. Ripresi la borsa che avevo lasciato sullo schienale della sedia, la misi a tracolla e velocizzai il passo per raggiungere Carlos, il quale era già fuori dal bar. Appena uscii il vento freddo mi investì di nuovo, ma cercavo di non dargli importanza.

«Sei diventato matto, o cosa?» domandai, accostandomi a lui.

Grugnì qualcosa di incomprensibile e si sistemò il casco. Non mi ero resa conto di essere davanti alla sua moto. Ci salì con un movimento agile e la mise in moto, ma prima di andarsene si voltò.

Gli rivolsi l’espressione più rabbiosa che potei, perché mi sentivo esattamente così. Come poteva dirmi che teneva a me e un secondo dopo correre via infuriato senza neanche dare una spiegazione?

«Spero solo che ne valga la pena» disse infine, prima di voltarsi e andarsene.


***

 
Qualche ora dopo mi trovavo accoccolata sul divano, intenta a sorseggiare una cioccolata calda. Non avrei mai immaginato di potermi sentire più frastornata di così, ma a quanto pare avevo torto. Mi misi più comoda e presi una lunga sorsata, prima di immergermi nuovamente nei ricordi. Ripercorsi gli avvenimenti di quello stesso pomeriggio: l’incontro con Enrique al Washington Square Park e il seguente pranzo in sua compagnia, la festa organizzata per me alla Interscope, il piccolo scambio di battute con Rachel e l’uscita con Carlos. Quando mi ritrovai da sola, sul ciglio del marciapiede, decisi di chiamare un taxi per tornare a casa. Non mi sarei di certo fatta accompagnare da Lenny o Simon, perché avrebbero voluto sicuramente qualche spiegazione, e non ero dell’umore adatto per parlare. Così avevo passato il tempo cercando di rilassarmi e mettere un po’ di ordine nella mia mente. Tentativo vano.

Non avevo voglia di mettermi subito a dormire, così accesi il computer portatile e girovagai su un po’ di pagine. Quando aprii la finestra di Youtube, un titolo in evidenza catturò la mia attenzione: si trattava di una canzone di Enrique, intitolata “I like it”*. Solamente per il titolo mi venne da alzare un sopracciglio, scettica, ma spinta dalla curiosità, cliccai sul video e aspettai il caricamento. Quando partì la musica, e con essa anche le immagini, alzai anche l’altro sopracciglio. Cantava con Pitbull, un rapper che a mio parere aveva avuto successo solo per miracolo. Non mi piaceva, ed ho sempre avuto la convinzione che le sue “canzoni”, se così si potevano definire, abbiano avuto successo perché sono state accompagnate da voci di un livello decisamente superiore. Dopo quelle brevi riflessioni, mi concentrai sul video e quello che vidi mi deluse. Mentre Enrique ballava circondato praticamente da centinaia di ragazze seminude, la sua voce appariva distorta dai mixer. Non era un’interpretazione reale, sincera. Era solo qualcosa privo di senso, creato per vendere e non trasmettere qualcosa, anche se tutto sommato la melodia era orecchiabile. Avevo vissuto un’esperienza simile, ma vi posi fine immediatamente. Ho sempre cantato per me stessa, perché è una passione, un bisogno, non per guadagnare denaro ed abbassarmi ai voleri degli altri. Certo, attraverso la fama avevo raggiunto anche la ricchezza, ma non era mai stato un obiettivo da raggiungere, non per me.

Chiusi la pagina neanche a metà video. Quindi era questo il tipo di musica che produceva Enrique? A quel pensiero mi demoralizzai. Avevo immaginato che fosse un altro tipo di cantante, però, riflettendoci, non tutti erano disposti a raggiungere la notorietà percorrendo la strada più difficile senza prendere una scorciatoia, almeno una volta. Alla fine mi concessi il beneficio del dubbio: non lo conoscevo ancora, quindi non potevo sapere cosa realmente volesse dalla sua carriera musicale e perché avesse fatto determinate scelte.

Più tardi, vinta dalla stanchezza, decisi di riposarmi. Avvolta tra le coperte, però, feci fatica a prendere sonno. Non riuscivo a togliermi dalla testa la discussione con Carlos. Non facevo altro che chiedermi cosa gli potesse passare per la testa e perché si fosse comportato in quel modo. Avrei dovuto cercare di parlargli per chiarirci meglio, oppure aspettare che sia lui a farsi sentire e concedergli un po’ di spazio? Arrivai a considerare l’idea di assumere un altro bodyguard, ma mi sembrò la cosa peggiore da fare. Forse le cose si sarebbero sistemate da sole, riflettei.

Girandomi e rigirandomi sul materasso, sembrava che la superficie si fosse riempita di spine.

Proprio quando avevo iniziato a rilassarmi, percepii la vibrazione del cellulare, appoggiato sopra il comodino alla mia destra. Con un sonoro sbuffo feci leva sui gomiti per alzarmi e mi allungai per raggiungere il telefono.

«Pronto?»

Non avevo neanche controllato lo schermo per vedere chi fosse.

«Cole, mi dispiace chiamarti così tardi. Ti ho svegliata?». Era Frank.

«Non stavo dormendo, tranquillo. E’ successo qualcosa?» chiesi, ancora un po’ scombussolata per via della sonnolenza.

«No, però vorrei proporti una cosa. Non potevo aspettare fino a domani»

Risi di gusto.

«Cosa ho detto?»

«Tu, Franklin Carter, mi proponiqualcosa … Sai sorprendermi, te lo concedo» risposi con enfasi.

«E tu sei sempre cosi spiritosa» ribatté lui, facendomi ridere. «Ti ho fatto una promessa, ricordi? Non ti avrei più costretto a fare nulla … »

«Già … beh, hai iniziato alla grande» dissi felicemente.

« … Mi fa piacere, Cole»

Certi momenti con Frank mi facevano sorridere.

«Comunque, tornando a noi, si tratta di una location che sono riuscito ad ottenere … Qualche settimana fa abbiamo registrato “Try with me” e pensavo che questo posto fosse perfetto per girare il video musicale»

«Dove si trova?» chiesi, improvvisamente curiosa e attenta.

«Messico, Xilitla … è un pezzo di paradiso, davvero»

«Ti credo … e mi fido di te, quindi dai pure la conferma»

«Non vuoi prenderti del tempo per pensarci?»

Ok, era diventato decisamente inquietante.

«Non esagerare con la promessa, vai tranquillo … ci sto. Ma ti ringrazio per avermelo chiesto»

«Va bene, però c’è un ultima cosa»

«Sarebbe?»

«Oh, niente si tratta solo del periodo di permanenza. Visto che avremo la registrazione ufficiale del duetto con Enrique tra più di un mese, pensavo di adoperare quell’arco di tempo»

«Mi sembra una buona idea, ma dopo i tempi non saranno troppo stretti?»

«No, a quanto pare le riprese non dovrebbero durare molto»

A quel punto non potei fare a meno di sbadigliare.

«Scusa, probabilmente sei esausta … » iniziò lui.

«Non c’è problema, Frank»

«Allora ‘notte, Cole. Ci sarai domani alla Interscope? Dovresti mettere qualche firma su dei fogli»

«Certo, buonanotte Frank».

Non appena chiusi la chiamata sprofondai nelle lenzuola. Incredibilmente, mi addormentai quasi subito.







* http://youtu.be/X9_n8jakvWU









Note autrice: Ciao a tutti! Ringrazio infinitamente le persone che come sempre recensiscono, mettono la storia tra le seguite e preferite ;)
Per quanto riguarda questo capitolo, lo ammetto, è un po' strano e sicuramente non ci state capendo niente, però ogni cosa si chiarirà a suo tempo :) Devo ammettere che è stato un po' complicato scrivere la specie di confessione/dichiarazione di Carlos nei confronti di Nicole, anche perché volevo che non fosse scontata e banale come le altre, oltre al fatto che ci sono mille cose non dette e spiegate. Spero che ne sia uscita una cosa decente xD

Gli ultimi due personaggi... almeno per ora :P
Lenny: http://www.malecelebnews.com/wp-content/images/2012/04/Happy-37th-birthday-Adam-Rodriguez-01-391x800.jpg
Simon: http://24.media.tumblr.com/tumblr_lallx7Lj9K1qbw9wgo1_500.jpg

_Marzia_


  
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