Dieci.
Dobbiamo
continuare come se nulla fosse successo, così ci è stato ordinato da Greg.
Sono passati mesi da allora, ci sono stati scioperi, rivolte, qualche piccola
rivoluzione negli stati minori e più poveri, venivano affissi volantini in
tutte le strade e anche qui all’università ne abbiamo visti qualcuno, ma dopo
poco venivano tolti ed eliminati, i media e i governi hanno oscurato tutto. Ora
l’inverno ha lasciato il passo all’estate e sono seduta alla mensa con Adam in
pantaloncini e canottiera per la nostra prima ondata di caldo dell'America
meridionale, avevo letto di com’era, una volta non era così, era più costante e
soprattutto meno caldo, ma ormai è impossibile uscire nelle ore centrali della
giornata, veramente è quasi proibito uscire. Così siamo in mensa a lamentarci
del caldo e del fatto che anche se l’edificio ha l’aria condizionata, faccia
caldo ugualmente; quello che succede è un po’ improvviso, proprio come la prima
volta gli schermi, si oscurano, compare un simbolo e inizia il messaggio.
Noi siamo i portatori di libertà. Con
il primo attacco abbiamo informato i popoli di quello che i governi gli
nascondevano, abbiamo reclutato volontari, e ora siamo pronti a colpire. Mentre
i protettori addestravano i loro bambini pensando di essere superiori a tutto e
tutti, anche noi addestravamo i nostri soldati, e ora è giunto il momento di
rovesciare i tiranni.
Silenzio,
dopo pochi secondi vediamo alcuni ragazzi alzarsi e infilarsi una maglietta con
al centro il simbolo dei ribelli. Non riusciamo a capire cosa sta succedendo, e
a peggiorare la situazione uno dei ragazzi porta dentro delle armi. Nel giro di
un’ora ci hanno riunito tutti nella mensa. È estate, che vuol dire vacanze, per
cui siamo circa la metà degli studenti che ci sono durante l’inverno, ci hanno
riuniti tutti e fatti allineare, maschi da una parte e femmine dall’altra. Per
fortuna vedo Adam, con delicatezza accendo il mio computer e vedo che ha capito
cosa voglio fare, anche lui attiva il suo e iniziamo una conversazione tra noi.
- che facciamo? – scrive lui.
- attiviamo il protocollo 4 – dico io. Il protocollo quattro è da attivare in
caso ci siano nemici della scatola confermati nelle vicinanze, il nostro
responsabile riceve l’allarme e dovrebbe collegarsi direttamente con noi, vedendo
quello vediamo noi e dirci cosa fare. Lo facciamo e dopo poco leggiamo le
parole di Greg.
- restate calmi, non sappiamo ancora cosa vogliono, non fate nulla. Sta
succedendo in quasi tutto il mondo. – scrive lui, e noi eseguiamo gli ordini.
Tutto cambia qualche minuto dopo, quando dopo averci radunati tutti, la voce
metallica torna a parlare.
I protettori pensano di essere
perfettamente mimetizzati, ma c’è un modo per distinguerli. Il loro polso
sinistro. È di metallo. Ora i nostri soldati analizzeranno i polsi di tutti
voi, e i nemici della libertà verranno eliminati.
Cazzo. Sento
le mie pulsazioni salire, e Adam mi costringe a calmarmi. Greg non scrive
nulla, continuo a guardare Adam e aspetto un segno che mi dica cosa fare, poi
Greg scrive. – scappate – solo quello. Guardo Adam e vedo i ribelli che hanno
iniziato a esaminare i polsi usando un chiodo e spingendo con la punta sul
polso di tutti, se esce sangue bene, altrimenti vieni ucciso. Guardo la fila di
Adam e vedo che il ribelle è lontano da lui, nessuno con un’arma è vicino a
lui, sono così presa a controllare che sia al sicuro che non mi accorgo che una
ragazza si sta avvicinando a me. Guardo Adam e leggo il suo labiale. – uccidila
– poi continuo a leggere quello che sta dicendo sul mio schermo. – uccidila,
usciamo dalla porta della cucina sul retro, ti copro le spalle, siamo in una
mensa, è pieno di oggetti contundenti. - ha ragione torno in me e riprendo il
controllo del mio corpo. Vedo la ragazza venire davanti a me e la riconosco,
parliamo spesso a lezione di storia militare, si chiama Anna, sempre gentile e
disposta a dare una mano.
- ciao Talia, il polso – mi sorride, aspetta che appoggi il mio polso nella sua
mano, ma io lo tengo dietro la schiena…
- non mi chiamo Talia. Sono psi.- riesco
a vedere la sua espressione di terrore e disgusto, ma dura poco, i miei
riflessi sono molto più veloci dei suoi, penso non faccia in tempo a rendersi
conto di quello che sto per fare, che le mie mani tengono la sua testa e la
girano spezzandole il collo. I secondi che seguono sembrano anni. Vedo Adam
afferrare una sedia e gettarla contro un ragazzo che stava per sparare nella
mia direzione, poi succede, lo dicevano sempre i nostri istruttori
nell’alveare, siamo programmati per essere dei soldati, non ci serve veramente
un addestramento vero e proprio, in caso di bisogno il nostro corpo reagisce, e
ora lo sta facendo. Riusciamo a prendere alcuni coltelli e uccidiamo due
ragazzi, ma siamo ancora in minoranza e la porta è lontana. Prima di riuscire
ad almeno avvicinarci alla cucina sento rompersi due costole e Adam finisce a
terra un paio di volte, poi quando finalmente siamo abbastanza vicini, riesco a
prendere il fucile a uno dei ragazzi e siamo lì uno di fronte all’altro, due
contro tre, nessuno spara, potrei farlo per prima, ma io ho due fucili su di me
e se sparo, l’altro sparerà a me, poi sento una voce dietro di me…
- sono tau secondo, protettore – la donna della cassa, quella che controlla i
nostri documenti ogni volta che prendiamo il cibo per assicurarsi che non siamo
barboni che si spacciano per studenti. La sento avvicinarsi, e poi entra nel
mio campo visivo, ha un’arma, una piccola pistola che doveva tener smontata da
qualche parte.
- psi principale e secondo, piacere – dice Adam. La donna ci guarda e capisce
chi siamo.
- stanno arrivando – dice
- chi sta arrivando? – domando io curiosa.
- rinforzi, gli altri protettori della zona, saranno qui a secondi, sono
riuscita a contattarli prima che iniziassero a esaminare i polsi. – la cosa mi
conforta, forse ce la faremo, ma pochi secondi dopo sento degli spari e passi
avvicinarsi a noi, quegli attimi sembrano eterni e poi vedo un uomo entrare e
guardare Tau al nostro fianco, poi corre verso i due ragazzi e si butta su di
loro. Tau ci trascina in dietro e ci ripariamo dietro al bacone, mentre altre
persone entrano e iniziano a lottare.
- tenete, è parcheggiata qua dietro, abbandonatela il prima possibile,
potrebbero rintracciarvi con il satellite. – dice mettendomi nelle mani le
chiavi della sua auto e tornando alla battaglia. Guardo Adam che mi afferra la
mano e corriamo verso l’uscita, fortunatamente non c’è nessuno all’esterno, gli
spari devono aver attirato tutti all’interno, troviamo l’auto, partiamo e ci
allontaniamo il più possibile dal campus.
- dove andiamo? Greg dove andiamo? – chiedo sapendo che Greg è ancora collegato
con noi, aspettiamo qualche secondo mentre Adam continua a guidare senza meta
allontanandosi sempre più dalla città, poi arriva un messaggio…
Protocollo quattro chiuso.
Rendez-vous: 47.42204807709586/35.171356201171875
Apertura protocollo sette.
-Greg
Protocollo
sette, siamo soli, dobbiamo contattarlo solo in caso di estrema necessità, vuol
dire che anche lui è sotto attacco, probabilmente sta scappando, lui non dice a
noi la sua posizione e noi non gli diciamo la nostra. Nessuno comunica con
nessuno. Controllo i dati per l’incontro e quando il computer carica l’immagine
della mappa, sono convinta ci sia qualcosa che non va, faccio rianalizzare i
dati quattro volte, poi Adam mi chiede dove deve andare.
- quindi? Direzione? -
- dobbiamo andare in Ucraina – gli dico ancora sconvolta da quello ce vedo, è
impossibile, nessuno va in quel punto del mondo.
- cosa? E dove? Come? Cazzo! -
- dobbiamo andare alla barriera in Ucraina, dentro la valle nera – gli dico
mentre si ferma.
- no, non si può andare la, chi va la muore. – mi dice guardandomi negli occhi
spaventati. Si dicono tante cose di quel punto della barriera, ci sono video di
gente che si avvicinava per scherzo e riusciva a stare per qualche secondo
all’interno della valle nera e poi moriva, si seccava come una foglia
d’autunno, cadeva a terra completamente prosciugato della vita. E noi ora
dobbiamo andare la, entrare nella valle nera.
Devo essermi messa a piangere perché Adam mi asciuga una lacrima dalla
guancia, ma non abbiamo tempo per disperarci, sentiamo auto venire nella nostra
direzione e sirene della polizia, dobbiamo trovare un posto sicuro, capire come
attraversane un oceano e raggiungere l’Ucraina senza farci vedere da nessuno, perché
siamo certi che i nostri nomi siano ormai su ogni lista nera di ogni aeroporto,
stazione di treni, autobus o qualunque cosa fornisca un mezzo di trasporto nel
mondo.