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Autore: HeavenIsInYourEyes    09/09/2012    11 recensioni
Così la strinse piano, trattenendola un po’ di più a sé, sussurrandole a fior di labbra un debole –Resti qui?- che era un po’ come dirle "Ho bisogno di te".
-Quanto vuoi.- la sentì bisbigliare dopo quella che gli parve un’eternità.
E si fece bastare quel "Quanto vuoi", che era un periodo di tempo ragionevolmente lungo visto che spettava a lui decidere quando mandarla via.
Già.
Peccato che in un momento di completo blackout mentale, si disse che nemmeno tutto il tempo del mondo gli sarebbe bastato.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, T.O.P.
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12

What would happen if we kissed?

 

He holds me in his big arms

Drunk and I am seeing stars

This is all I think of

-Video Games, Lana del Rey-

 



 

Kwon Ji Yong fissava svogliato il mucchio di alcolici che svettavano sul tavolino posto davanti all’enorme finestra che dava su di una Seoul notturna immersa nel silenzio. Un silenzio in cui avrebbe voluto immergersi, invece di starsene chiuso in quella stanza ad ascoltare i suoi amici dilettarsi al karaoke. Si guardò attorno: Dae e Dara si erano appena sfidati sulle note di Bring me to life, una battaglia che stava vedendo il maknae in vantaggio visto che la ragazza, ubriaca, non riusciva ad andare a tempo e la maggior parte delle volte emetteva risolini acuti. Più in là, tutti gli altri commensali che chiacchieravano, incitavano i due o si intrattenevano in gare di bevute. E lui sarebbe voluto davvero fuggire da quel manicomio, respirare a pieni polmoni e salvare il proprio cervello che, ormai giunto allo stremo della sopportazione, lo aveva obbligato a gettarsi sul rum.

Ma qualcosa glielo impediva, un pensiero costante ed opprimente: che in quel palazzo, qualcosa di imperdibile sarebbe presto accaduto.

Guardò l’orologio da polso che segnava le 3.00; il suo Hyung doveva ormai aver portato a termine la missione che gli avrebbe fatto guadagnare un sacco di punti esperienza e lui non sarebbe potuto mancare quando il suo piccolo burattino gli sarebbe corso incontro velato di incertezza, ormai riscopertosi attratto da quel Boss di livello 100 che era la Moore. Confidava nel fatto che la Limit Break Tequila avesse sortito gli effetti sperati, anche se con quel babbeo non si poteva mai dire. Si riscoprì però piuttosto sollevato nel constatare che America sembrava essere meno ottusa per queste cose, come se avesse effettuato parecchi allenamenti prima di scendere in campo. Probabilmente, per lei Top altri non era che un Caterpie a livello 3.

E quindi Ji Yong se ne stava lì, indeciso se spiarli da dietro il muro o lasciare che il corso degli eventi prendessero la loro piega senza una sua interferenza, magari con qualche svolta improvvisa che avrebbe reso tutto più interessante. Nel frattempo, convenne con la propria genialità, era meglio dimenticare l’orrore a cui era sottoposto. Ed era pure bello abominevole da mandar giù, visto che il suo manager, che stava al canto come lui stava ad un crocerossino, aveva avuto la strepitosa idea di essere il prossimo a sgolarsi sotto le note di I will always love you.

Rabbrividì, mentre un sonoro –Che due palle.- venne sepolto sotto le acclamazioni illogiche dei presenti. Ma proprio quando cedette al senso di noia che lo aveva pervaso, nell’esatto istante in cui aveva creduto che niente avrebbe potuto distogliere l’attenzione dal costante pensiero delle sue due cavie alle prese con la loro missione, ecco che una vocetta acuta sfiorò le sue orecchie, come una luce capace di squarciare le tenebre del grigiore in cui era piombato…

-Ahm, Ji Yong—

E quando guardò oltre la spalla, l’istinto primordiale di dare il via ad uno dei suoi soliti giochetti, prese il sopravvento. Perché inaspettata e rivestita di timido imbarazzo, era giunta una vittima mai presa in considerazione tanto gli era parsa banale ma che, dati i risvolti, si sarebbe sicuramente rivelata più interessante di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

Le sorrise dolcemente –Fujii, qualcosa non va?- invogliandola a restare. Del resto, come insegnavano i migliori documentari, le prede più paurose andavano adescate con dolcezza e non appena si fosse fidata di lui, l’avrebbe stuzzicata a proprio piacimento.

La vide portare una mano sulle labbra color ciliegia, lo sguardo che vagava per la stanza affollata –Ti disturbo?-

-A dir la verità, sì- mormorò sporgendo il labbro inferiore, reprimendo un risolino al suo squittio mortificato –Vodka o rum?- la fissò, osservando le pieghe della sua fronte corrugata.

-Sto bene così.- sventolò una mano, un ampio sorriso a illuminarle il volto allungato.

Ji Yong scosse la nuca –Non era per te. Era per me.-

Ginko arricciò le labbra –Allora cosa me lo chiedi a fare?!- sbuffò sonoramente, portando le mani sui fianchi mentre un piede sbatacchiava ritmicamente sul pavimento. Oh, si era già innervosita? Ma così non avrebbe retto nemmeno al primo ostacolo! Sospirò. Doveva portare pazienza, del resto, quello era il primo test a cui veniva sottoposta –Comunque la vodka.- commentò caustica, rivolgendo uno sguardo di puro disgusto al liquido scuro che colava nel bicchiere.

Ji Yong la guardò di sottecchi, stimolato dalla voglia di torturarla un poco, quel tanto che bastava per sentirsi di nuovo in forze. O fino a che Top non si fosse ripresentato nella sala riunioni con sguardo collerico seguito da una Lindsay incazzosa; allora sì che lì avrebbe lasciato perdere quella nana saltellante, deciso ad intervenire per salvare il proprio divertimento –Oh, e perché non il rum?-

Una domanda banale –Perché quella roba lì è amara!- una risposta altrettanto mediocre, detta con un’ovvietà che gli scaldò il cuore. Era delizioso accorgersi che le persone, alla fine, si riducevano ad essere l’una uguale all’altra; come se non lo sapesse che il rum fosse amaro.

-Un po’ come la vita, non trovi?- le rivolse un sorrisetto di incoraggiamento, mostrandosi desideroso di essere reso partecipe dei suoi pensieri. E la Fujii, ammise con sé stesso, era davvero un portento nel lasciarsi trasportare con fin troppo entusiasmo in discorsi idioti e senza senso. Proprio come il suo dolce Ri, del resto.

Ed eccoli lì, i suoi occhi scuri e larghi per il disappunto –Cosa dici?! Non è assolutamente vero!- fu strabiliante vedere come si scaldasse con poco. Se andava avanti di questo passo, se la sarebbe mangiata in un sol boccone –Ti sei perfino tatuato Dolce Vita! Vorrà pur dir qualcosa!-

Certo, che era un pirla. E poi, quello era stato prima di rendersi conto che la vita da star non era così idilliaca come aveva sempre pensato. Lo scandalo della Marijuana sembrava aver fatto volatilizzare i milioni di amici che avevano sempre decantato eterno sostegno. Sorrise amaramente, rivolgendole uno sguardo di sottecchi mentre quella fumava come una teiera, seriamente contrariata per quella sua uscita detta così, per dare inizio ai giochi. Ma non l’avrebbe disillusa. Per qualche strana ragione, il fatto che lei lo considerasse una specie di Dio greco non faceva che aumentare la sua smisurata voglia di trattenerla un po’ di più con sé. Del resto, una fan era molto più malleabile.

Si rigirò fra le mani sottili il bicchierino e dopo aver mandato giù il rum, la fissò appena –Ma tu non eri con Ri?-

La ragazza annuì –Oh, sì, ma la sua ragazza l’ha chiamato!- trillò.

-Ma non l’ha ancora lasciata?- sbuffò stanco, massaggiandosi la fronte con il pollice e l’indice. Quel ragazzo era proprio un idiota se si ostinava a voler restare con quella sanguisuga, davvero! E poi era lui, che se glielo faceva notare, passava per lo stronzo della situazione. Comunque, in quel marasma di pensieri, doveva aver assunto un’espressione davvero scema perché quando meno se lo aspettò, il proprio viso venne placcato dalle dita magre della ragazzina, ora intente a stropicciarglielo –Dovresti smetterla di aggrottare le sopracciglia, lo sai? Sei troppo giovane per questo- e avrebbe potuto scacciare le sue mani con un gesto secco, palesando una tranquillità invidiabile. Ma c’era qualcosa che non andava in tutto quello, e non erano i suoi polpastrelli che continuavano a modellargli il viso manco fosse una statua di creta –E poi, se sorridessi, saresti molto più carino.- o le sue parole pressoché inutili.

Era lei, a non andare. Lei e il suo agire in maniera così scioccamente imprevedibile, uscendosene con quelle frasi strampalate che avrebbero dovuto farlo ridere di gusto tanto suonavano stupide; eppure, pronunciate da lei assumevano altri tonalità, capaci di spezzare la disarmonia di quel momento. Aveva una passione così incontenibile quando si barcamenava in qualche discussione, un fuoco così vivido quando difendeva il proprio roseo punto di vista, che proprio non ce la fece a deriderla. Anzi, si ritrovò a fissarla con fastidio. Perché quella sciocca ragazzina aveva la stramba capacità di lasciarlo senza parole per più di dieci secondi?

-Leva quelle mani- soffiò apatico, udendo il suo brodo di scuse –Che vuoi?- domandò subito dopo, tornando a fissare la finestra di fronte a sé.

Ed eccola lì, la domanda che molte gioie avrebbe portato alle sue stanche membra…

Hai visto Lin?-

Un suono talmente godibile che non poté non lasciarsi strappare un dolce, raccapricciante sorriso di beatitudine. La guardò di sottecchi, ignara del trip mentale che avrebbe presto affrontato gratuitamente e senza che fosse stato lui a cercarla. Perché a rendere tutto più meraviglioso era proprio il fatto che fosse stata lei, inaspettata, a cercare la sua consulenza.

-Era nella sala relax.- vago, continuò a rimestare tra gli alcolici, fingendo un interesse che in realtà era rivolto esclusivamente a lei. Non doveva farglielo notare, però, o il suo cervello sarebbe andato in tilt per il troppo eccitamento.

Oh, allora la raggiungo.-

-Io non lo farei, se fossi in te- Ginko se ne stava andando, lasciando dietro sé il profumo dolce di loto, quello stesso profumo che lo aveva accompagnato per tutta l’ubriacatura al Tribeca tempo addietro, scatenando in lui uno strano moto di colpevolezza che non riusciva a catalogare e soprattutto a trattenere; ma ora aveva voltato il busto, regalandogli un’espressione così confusa da poter essere definita uno spettacolo. E non ebbe bisogno di sentirsi rivolgere alcuna domanda, perché i suoi occhi socchiusi parlavano per lei. Approfittò del suo miracoloso silenzio, aggiungendo un incurante –Era con Top.- che avrebbe portato solo tanto gaudio.

E fu così.

Perché i suoi occhi erano ora sgranati dalla sorpresa -ma poté scorgervi chiaramente una felicità irrefrenabile-, il suo volto si contrasse quasi si stesse trattenendo dal non gridare e le labbra color ciliegia erano ora nascoste dietro le mani ingioiellate mentre strani squittii fuoriuscivano da quell’esserino. Si chiese se stesse per morire o se qualche rotella della sua materia grigia fosse semplicemente rotolata altrove, ma poi un euforico –OhMioDio lo sapevo! Lo sapevo! Quei due si piacciono!- mal celò un insieme di urletti estasiati che gli fecero comprendere come Ginko fosse assolutamente strabiliante.

Perché bisognava esserlo per palesare così tanto trasporto per una situazione che non la toccava nemmeno di striscio. E lui, spinto dal proprio senso del dovere –e dal genuino desiderio di far contorcere il suo cervello in machiavelliche elucubrazioni- non poteva lasciarle credere che le cose fossero così semplici. Perché, beh, lo erano, ma gli ostacoli da superare erano così impervi che dubitava quei due fossero giunti alla piena consapevolezza di essere attratti l’uno all’altra. E se anche ci fossero arrivati, la loro idiozia li avrebbe frenati –quella di Top, poi, era un asso nell’insinuare più dubbi che speranza-. Comunque, Ji Yong comprese quanto le sue fantasie andassero frenate sul nascere così, reprimendo un sogghigno che avrebbe rovinato tutto, la fissò con quanta più placidità possedesse –Non credo sarà così facile.- beandosi della suo cambio repentino di atteggiamento.

Mani sui fianchi, inclinò il capo, il tono di voce severo –E perché no?-

E a quel punto, non poté più trattenersi. La bomba andava sganciata.

 

Ricordava che c’era stato il suo contemplarla a lungo, compiaciuto del suo fiato spezzato o del suo biascicare frasi insensate; il suo avvicinarsi con lentezza estenuante, sporgendosi quel tanto che bastava per scostarle una ciocca di capelli dal viso e portarla dietro all’orecchio con naturalezza, avvertendola tremare sotto quel tocco leggero; e aveva avvicinato il proprio volto al suo, incavato e dallo sguardo fisso al suolo per l’imbarazzo. Ricordava tutto di quel momento di sospensione, reso ancora più estasiante dalle sue parole sibilline sussurratele all’orecchio –Perché le ho detto che a Top piace Park Bom.-

E ricordò il suo sublime urlo isterico -Tu… COSA?!-

Meraviglioso!

Lo scansò, il fiato corto e la mascella che toccava terra dall’incredulità. E nell’osservare il pallore della Fujii, appoggiatasi al tavolino degli alcolici nemmeno avesse appena scoperto che lui fosse dell’altra sponda, si rese conto di quanto cieco fosse stato per tutto quel tempo. Quella ragazza era più sorprendetene di quanto avrebbe mai potuto immaginare; deprecabile da parte propria averla catalogata come esperimento fallito o cavia priva di attrattive.

-Qualcosa non va?-

-Certo! Tu non vai! Per niente!-

SPLEN-DI-DO-O.

Una crisi isterica degna del miglior Top ai suoi primi battibecchi con America, decisamente! Oh, e lui che credeva che tali sceneggiate non sarebbero più ricomparse a diramare la monotonia delle sue giornate.

GD si allontanò, senza nemmeno premurarsi di cancellare ogni traccia di divertimento sul proprio volto -Non credi di stare esagerando?- le aveva chiesto con un ampio sorriso, facendola fremere. Non riuscì a comprendere se per la rabbia o per l’imbarazzo, ma dal modo in cui strinse i pugni, propese per la prima.

-Qui l’unico che esagera, sei tu!- lo accusò puntandogli l’indice contro, sventolandolo. Oh, l’avrebbe abbracciata se non fosse stato ben conscio che l’avrebbe portata a morte certa, sul serio. Era di un’adorabilità sconvolgente.

Si guardò attorno –Non sono io quello che sta urlando.-

-Io— agitò le mani davanti al viso paonazzo, abbassando di numerosi decibel la sua voce stridula –Io non sto urlando!- mormorò cavernosa, assottigliando gli occhi verdi; ma l’altra volta non erano blu?! Mah, poteri delle lenti a contatto. Distolse l’attenzione dalle sue pupille che sembravano volergli scagliare contro un’infinità di saette assassine e si concentrò sull’apparente shock. O almeno ci provò, ma non ridere di fronte a tutto quel visibile trasporto fu un’impresa ardua e per una volta si concesse il privilegio di lasciarsi seriamente andare –Che-che hai da ridere?!- offesa, si mise a braccia conserte, aggrottando le sopracciglia ad ali di gabbiano.

Cercò di darsi un contegno -Sei una sagoma, Ginko.-

-E tu uno scemo.-

-Oh, andiamo, so che puoi fare di meglio.-

Scosse la nuca –Perché le hai detto che a Top piace Bom?!- la vide osservare la nemesi con sguardo furente –per quanto quella tappa, stretta in un abitino viola pallido, potesse apparire minacciosa- nemmeno fosse stata lei a venir presa in giro.

GD alzò le spalle –Perché mi annoiavo.- esternò serafico, deciso ora più che mai a vedere dove sarebbe finito in quel delizioso triathlon. E lei sembrava gareggiare così bene che proprio non se la sentì di interrompere sul più bello. Insomma, non era corretto nei suoi e nei propri confronti.

-Spero tu stia scherzando!- borbottò caustica, gli occhi enormi e dilatati, il viso contorto in una smorfia di puro ribrezzo. Dov’era un fotografo quando serviva?

-Cos’è quella faccia?- chiese pacato, interessato al suo sbalordimento -Sembri sconvolta.-

-E lo sono!- sbatté le braccia sui fianchi.

-E perché mai?-

Perché hai mentito!- e lo aveva detto con serietà ammirevole, di quelle che andavano solamente rispettate e prese ad esempio. Di quelle che gli facevano pensare a quanto fosse fortunato ad aver intorno a sé gente come Ginko o come Ri, che continuavano a  vomitargli contro la loro costernazione, quando avrebbero potuto concludere il tutto con un asciutto Sei uno stronzo! che tanto lo aggradava e girare i tacchi.

Lo trovi così terribile?-

Lo fissò allucinata –Certo! Certo che è terribile!-

-Oh, tu dici?- spilucchiò la maglietta rossa, ingenuo di fronte al suo punto di vista.

Gonfiò le guance –Non lo dico io. Lo dicono in tanti!-

-Io non lo dico- la sentì biascicare qualche obiezione incerta a cui lui nemmeno prestò attenzione, alimentando la sua incredulità con un serio –E poi, una bugia a fin di bene non ha mai fatto male.- che la destabilizzò per un istante. Giusto il tempo di ricollegare i cavi disconnessi del suo cervello, giusto il tempo di assimilare quella che, in fondo, era una verità sacrosanta.

Ma il suo squittio gli fece comprendere come la Fujii fosse di tutt’altra opinione -No! No, no e no!- agitò i pugni, fissandolo incattivita –Le bugie in amore non fanno mai bene! Si parte dalle cose piccole e poi si arriva a nascondere le cose peggiori!- si inumidì le labbra, poi lo guardò con vittoria –Come il tradimento!-

E GD per poco non si strozzò con la propria risata ora conficcatasi in gola, che continuava a corrodere tutta la parete mentre tentava di tornare indietro. Possibile che quella ragazzina petulante avesse una visione così ristretta delle cose? Diamine, queste esternazioni alla Ri se le sarebbe aspettate… Beh, se le sarebbe aspettate solo dal suo maknae preferito, ecco. E quando riposò lo sguardo su di lei, fattasi forte della propria intraprendenza nell’aver sciorinato quella cazzata micidiale, GD si sentì in dovere –ancora- di dover fugare ogni becera fantasia che aleggiava in quella mente ingarbugliata di pensieri soffici e vaporosi –Il tradimento non è la cosa peggiore nella coppia.-

Ginko sbatté un tacco dodici sul pavimento -Certo che lo è!-

-Come sei limitata.- represse uno sbadiglio.

La ragazza assunse un tono saccente che stonava con la sua figurina mingherlina e velata di fastidiosa zuccherosità -Oh, e sentiamo: quale sarebbe la cosa peggiore in una coppia?!- e attese, a braccia conserte e occhi larghi.

GD la scrutò, indeciso se condividere la verità con lei o semplicemente lasciarla affogare nelle proprie convinzioni. Eppure, quella sua sicurezza gli stava dando sui nervi, come se quella cavia appena sottoposta ad esame avesse rizzato un po’ troppo i peli per i suoi gusti. Era ora di ristabilire i ruoli di quella conversazione; lui era il burattinaio, lei la sua marionetta. Fu per questo che, con tedio, esalò un incolore –La fine dell’amore.- che sembrò perfino far sfumare la sua rabbia. E con lei, si allontanò anche la supponenza.

Ginko ora lo guardava senza aver nulla da dire, probabilmente impegnata a controbattere alla sua reale visione delle cose. GD, d’altro canto, era troppo impegnato a non lasciarsi sopraffare dai ricordi dolorosi e che credeva di aver seppellito per poterle dedicare altro prezioso tempo. Del resto, convenne con sé, sembrava aver imparato la lezione della nottata e per ora poteva bastare... Fino a che la cavia non decise di proprio iniziativa di rovinare i suoi piani, dimostrandosi più sciocca di quanto in realtà già fosse. L’aveva infatti vista voltarsi mugugnando qualcosa di indecifrabile, senza nemmeno lasciargli il piacere di qualche epiteto poco lusinghiero –Dove vai?-

-Da Lin!- il suo gracchio orecchiabile, la sua espressione torva di indescrivibile bellezza –Non voglio che soffra per colpa tua!- nh, avrebbe dovuto preoccuparsi più per CaterTop che del boss finale Mooretwo.

Scoccò la lingua, camuffando la gioia con un tono di voce laconico –Credo tu stia esagerando.-

-E tu sei uno scemo!- Ancora?! E a quel punto, l’istinto prese il sopravvento. La bloccò per il polso esile, avvertendo un tacchettio sinistro che avrebbe fatto presagire la sua rovinosa caduta a terra; per sua fortuna non avvenne, almeno potevano evitare scene imbarazzanti. E ora Ginko era lì, ad un palmo dal suo naso, l’espressione più spaventata che avesse mai visto sul volto di una ragazza –Mi stai facendo ma— l’indice e il medio andarono a posarsi con fluidità sulle sue labbra color ciliegia, carezzandole un poco. Non seppe nemmeno lui il perché di quel gesto così intimo; era stato dettato da un miscuglio di sensazioni che andavano oltre il suo averlo appellato in maniera così delicata e bambinesca, che andava ben oltre il suo aver cercato di pestargli troppo i piedi. Forse, concepì in un momento di lucidità, stava solo cercando di salvaguardare i suoi due animaletti e visto che le parole con Ginko sembravano vane, tanto valeva prenderla di petto.

Tutto, pur di zittirla.

-Tu resterai qui- le sorrise in maniera raccapricciante, nessuna dolcezza nel suo sguardo assottigliato e perforante -Perché se due si piacciono, non ci sono bugie che tengano. E tu non vorrai rovinare tutto, vero?- lasciò scivolare le dita in quel gesto sensuale e spontaneo, lasciandola a bocca aperta prima di spingerla leggermente. Poi, pesanti come macigni, seguirono quelle parole pregne di sincerità che nemmeno credeva avrebbe davvero pronunciato –Ma so che non lo farai. Tu sei troppo buona.- allentò la presa, lei si divincolò.

La fine dei giochi si poteva segnare. E ancora una volta, ne era uscito vincitore.

-Ginkooo, vieni a cantare con me?- la voce di Ri giunse distante, come se in quella stanza ci fossero solo lui e lei, ora rivestita di indescrivibile incertezza mentre si massaggiava il polso.

E quando credette che se ne sarebbe andata via senza fiatare, ecco che la sua voce pregna di disillusione lo colpì in pieno volto -E tu sei la persona più triste che abbia mai incontrato.-

Portò le mani in tasca, alzò il mento mentre scrutava il suo volto imbronciato e gli occhi verdi lucidi, trattenendosi dall’esternare la propria incredulità di fronte a quel commento così sincero da infilarsi sotto pelle, da riaprire vecchie ferite che credeva sanate. Ma che cazzo voleva saperne lei, di lui? Come si permetteva di giudicarlo senza nemmeno conoscerlo sul serio? Come aveva fatto, semplicemente, a rendersi conto di tutto?

E non fiatò, lasciandosela sfuggire prima ancora che potesse chiudere quel discorso dicendo la propria, segnandosi sul serio vincitore indiscusso di quella gara…

-Oi, allora, sei pronta?- Ri si avvicinò a le sorrise ampiamente.

Ginko ricambiò, la rabbia svanita –Sì! Facciamo tremare i vetri!-

Le urla disperate di Tae e Dae si levarono per la sala, a quella notizia.

Eppure, per un istante, quando aveva visto la mano di Ri stringersi intorno al suo polso sottile, gli era parso di aver udito una musichetta familiare, mentre la sua vocina interiore pronunciava serafica una sola ed unica frase: Game Over.

 

****

 

Il tempo si era fermato.

Tutto in quella sala era sospeso. Seung-Hyun era sospeso in quella scia di pesca che emanavano i capelli di Lin che gli carezzavano la guancia, erano sospesi i loro respiri regolari, il suo cuore che aveva martellato nel petto fino a fargli male. Ed erano sospesi loro due, in quell’abbraccio inaspettato che gli aveva fatto perdere più di un battito.

Nell’aria c’era ancora l’eco del suo delicato –Tu non sei banale.- che gli aveva corroso la gola, fino a spandersi con velocità immane, prima che potesse anche solo pensare di trattenersi. Ma non ce l’aveva fatta. Non con lei che si era fatta più vicina, facendogli perdere il battito ad ogni secondo che passava. E, davvero, la dinamica dell’incidente che lunghe palpitazioni al suo cuore portò, non la ricordava granché bene e se solo ci pensava, la testa cominciava a pulsare. Però ricordava il cuore che si era fermato per un microsecondo, per poi riprendere a battere a velocità crescente e quasi perforante, ricordava i brividi di piacere che lo avevano scosso senza alcun preavviso e il suo stringerla a sé scansando tutti i pensieri. E mentre si guardava attorno, nella vana ricerca di distrazioni, si chiese il perché di quel suo bizzarro vacillamento. Soggiogata da una fragilità che non le aveva riconosciuto, Lin si era rivolta a lui con sguardo talmente vivido, talmente passionale che nemmeno lui aveva potuto evitare quel succedersi veloci di eventi che ancora lo lasciavano sconvolto.

Ma a lui, il motivo di quel gesto, importava davvero?

Non è così importante…

 

Un No secco gravitò nella sua mente confusa quando avvertì il suo respiro caldo sul collo, procurandogli fitte di piacere che lo fecero fremere sotto le sue dita delicate fra i capelli turchesi. Deglutì e la strinse a sé, evitando di lasciarsi sfuggire gemiti che avrebbero potuto interrompere quel momento che nemmeno nelle sue recenti fantasie più sfrenate avrebbe immaginato così beatificante. Quasi magico, se proprio avesse dovuto azzardare qualche stronzata romantica. Peccato che, in mezzo a quella parentesi sdolcinata, dovesse per forza esserci il suo cervello che continuava a propinargli strane idee su di una Lindsay troppo nuda e troppo gemente.

Strinse gli occhi, la testa che esplodeva nel mare dei suoi pensieri vorticanti e assolutamente da maniaco. E se lui era lì, stoico e deciso a non muovere un dito pur di non dar vita a conseguenza ben peggiori di quelle che osava immaginare, Lindsay sembrava la tranquillità fatta a persona; quella se la canticchiava, fuori tempo e biascicante, continuando a bearlo della sua voce vellutata proprio nel suo orecchi destro, quasi volesse torturarlo senza tregua. Perché lei non se ne rendeva conto, ma il suono della sua voce reso un po’ roco dalla tonalità bassa, lo stava facendo impazzire, stava mandando a farsi benedire quel briciolo di lucidità che, gentilmente, continuava a vegliare su di lui. La voglia matta di sentire il proprio nome pronunciato dalle sue labbra carnose stava diventando un pensiero fisso e opprimente e Dio solo sapeva quanto stesse faticando a far sì che le sue mani, dalla vita, non scendessero fino al sedere ben fasciato nei suoi jeans aderenti.

Le note di basso di Californication si mescolavano ai loro respiri ora rallentati, quasi temessero di spezzare quell’incanto di follia che li aveva avvolti; mai sottofondo fu più sublime per la sua anima. Seung-Hyun era infatti convinto che una loro canzone sarebbe potuta partire in quel momento, ma non avrebbe mai raggiunto il livello di perfezione che un solo mugugno di Lin riusciva a creare.

-Non mi dispiace questa canzone.- aveva mormorato lei poco dopo, forse per spezzare quel silenzio che li aveva avvolti, che non era nemmeno teso o da riempire. Semplicemente, era troppo lungo e lasciava presagire gesti che non avrebbero saputo interpretare nemmeno da sobri.

-Lo so. Hai messo cinque stelline sull’Mp3.- tenendola stretta a sé, non poteva osservare il suo viso, ma si permise di immaginare che un fugace quanto luminoso sorriso fosse comparso. E ora che ci pensava, giusto per ingannare l’attesa ed evitare di commettere irreparabili cazzate, si era ricordato di tutte quelle poche canzoni nel suo Mp3 che avevano avuto l’onore di avere di fianco a sé il punteggio massimo. Californication, Vermillion Part I & II, Otherside… Tutte con quel sound accattivante e basso, di quelli che mai sarebbe riuscito a dimenticare neppure se ci avesse provato con tutto sé stesso. Delle melodie così sensuali che si nascondevano nei meandri più invisibili della sua mente, restando lì, immobili, incapaci di lasciarlo solo.

Esattamente come lei.

Che lo aveva rapito con la sua armonia di movimenti leggeri, persa sulle note della loro Fantastic Baby; che pur nella sua impassibilità, si era dimostrata migliore di tante persone che avevano gravitato nella sua orbita; che, per quanto sfrontata, altezzosa e indigeribile, si era permessa di entrargli fin sotto pelle e restarci, a volte indesiderata, ora necessaria.

 

Brendan’s Death Song riempì la stanza dopo qualche secondo di silenzio. Represse uno sbuffo –Ami così tanto i Red Hot?- domandò con un pizzico di scazzo a colorire le sue parole.

-Amo solo Anthony Kiedis.-

E chi cazzo è?

-Ma lui non sa nemmeno che esisto.-

Un rivale in meno. No, aspetta…

Sconcertato dai propri pensieri non proprio nitidi, restò in fissa sul muro per una manciata di minuti, valutando la situazione in cui versava -certo però che se la tequila continuava a vaneggiare Potere della lucidità! A me!, ovvio che non ne sarebbe più uscito-: c’era lei, molle fra le sue braccia, che canticchiava senza sosta e biascicante, sbagliando tutte le parole e inventando strofe a caso. E poi c’era lui, che avrebbe voluto zittirla a suon di baci, con la speranza che il loro abbraccio si spostasse dalla scrivania su cui era malamente appoggiato, all divano in pelle nera davanti a loro.

E quando Lin cantò l’ennesimo Like I said you know I'm almost dead, you know I'm almost gone, si chiese se lei davvero non si rendesse conto di quanto lui stesse davvero per morire sotto il suo respiro soffiato nel suo orecchio. E no, non era sicuro che l’aldilà fosse migliore di quella minuscola stanza, stretto a lei.

-Sei stonata.- la punzecchiò, pregando che quella lenta tortura cessasse. Non era certo di poter ancora mantenere la presa sulla vita e non scendere più in basso.

Lin gli rifilò uno scazzato –Bryan diceva che ero un usignolo.- che lo fece grugnire.

E mo’ chi è sto qua? –I complimenti dei parenti non valgono.-

-Era il primo ragazzo che ho frequentato- rimbrottò annoiata, quasi le costasse quella confessione –O era il terzo? Nh, va beh.-

Va beh cosa?!

-Come fai a non ricordatelo?!-

-Nh, non lo so- ed era sorpreso da questa sua esternazione, davvero! Come si ci poteva dimenticare di una cosa del genere? Lui si ricordava perfettamente del suo primo bacio e la ragazza a cui lo aveva regalato –il tutto davanti a sua madre; decisamente, da ragazzino era proprio un coglione-; o della prima ragazza che aveva amato sul serio, o di quella con cui aveva esplorato i piaceri del sesso senza vergognarsi, per una volta, del suo fisico, o quella che aveva lasciato indietro per la fama –che poi era sempre la stessa, a pensarci bene-. Si rabbuiò a quei pensieri che da un po’ di tempo non tornavano a tenergli compagnia, ma salvifica giunse Lindsay, continuando ad esporre i propri punti di vista -Non posso ricordarmi di tutti quelli con cui sono uscita.-

Arcuò un sopracciglio, chiedendosi quanto fosse lunga la lista di amanti della ragazza, ma evitò di chiederglielo. E poi, l’aveva mai avuta una storia che si potesse definire seria? E no, le avventure di un mese non contavano…
 

-Uno con cui uscivo mi ha insegnato a giocare.-

-Era il primo ragazzo che ho frequentato.-

 

Perché, lo aveva notato da un po’, lei non diceva mai fidanzati o ragazzi. Lei diceva sempre Quello che frequentavo, quello con cui sono uscita… Si chiese quali superpoteri bisognasse possedere per diventare gli unici di Lindsay Moore. Più lei gli concedeva qualche sfumatura di sé più si rendeva meno nitida, quasi contorta, una nebulosa di cose da scoprire che non sapeva se sarebbe riuscito nell’intento. Perché avrebbe voluto tartassarla di domande come ad esempio cosa si nascondesse dietro il suo trovarsi lì a Soul -visto che le risposte vaghe che gli aveva concesso non avevano mai sanato la sua curiosità- o perché non andasse d’accordo con i suoi genitori, o come trascorreva le giornate nella sua ex città, quale fosse il significato di tutti quei tatuaggi, se aveva qualche amica che le mancava. O se aveva qualcuno che le mancava. O se davvero non avrebbe mai cambiato idea nei confronti dell’amore…
 

Non odio l’amore. È solo una perdita di tempo.-

-I legami sono stupidi. Si basano su promesse che non vengono mai mantenute.-

 

Avvertì l’aria spezzarsi in gola, mentre il cuore cominciava a battere disperatamente al pensiero della domanda kamikaze che, a breve, le avrebbe posto -Hai lasciato qualcuno a New York?- e non era ora sicuro di voler conoscere la risposta.

-Aha- corrugò la fronte, stranamente infastidito dalla sua affermazione –Tom, Billy, Joel, Benji, David, Paul, John, Sam, Dean, Wil—

-Avevi un harem?- sopraffatto da quella strana gelosia zampillante, si ritrovò a guardare altrove, combattendo contro la voglia prorompente di zittirla con un bacio, quasi a dimostrarle che d’ora in avanti ci avrebbe pensato lui a lei.

Sì, a fartela. E poi?

Grazie, tequila, per essere ancora qui…


La sua mano fra i capelli divenne una tremenda tortura alla razionalità agonizzante –Te l’ho detto, non sono fatta per le storie serie- mormorò al suo orecchio, improvvisamente seria nella sua ebrezza. Poi ci fu un sussurro assorto ed incerto -Ad Emily non è mai piaciuta questa cosa.- udì la sua voce farsi flebile, un deglutire incessante, come se volesse soffocare una sofferenza appena sbocciata.

Corrugò la fronte –Chi è Emily?!- che Lin avesse intrapreso una relazione lesbo clandestina nei suoi folleggiamenti di New York? E non ne avrebbe dubitato, eh, visto che quella sembrava essere passata di letto in letto senza alcuna remora. E questa sua caratteristica, che avrebbe dovuto farlo desistere dall’anche solo pensare a lei in qualsiasi maniera, anzi, dal solo pensare a lei, stava assumendo connotazioni fin troppo accattivanti.

-Mia madre- Lin grugnì –Non le sono mai piaciuti i tipi con cui uscivo. Un giorno si è lamentata perché le mie amiche era già fidanzate e io no, così le ho presentato uno con cui uscivo- ridacchiò -Disse che aveva troppi tatuaggi e che doveva tagliarsi la cresta. Non le ho più presentato nessuno- concluse incolore, giocherellando con un lembo del suo maglione. Dal tono di voce annoiato, comprese quanta fatica le costasse parlare di sua madre, così evitò accuratamente di porle altre domande, con la speranza che sarebbe stata lei e a renderlo partecipe di altri aneddoti sulla sua vita. Di nuovo il silenzio li avvolse e lui, fermo e immobile, continuava a combattere con sé stesso per non commettere qualche cazzata. Del resto, lei se ne stava invitante fra le sue mani; se anche avesse provato a gustarne un po’, che male ci sarebbe stato? E fu un miracolo ciò che avvenne proprio quando stava per far scivolare la presa, ormai allo sbando in quel vortice di emozioni che non poteva più tenere a bada –Sai? Tu mi stavi proprio sulle palle.- e le mani si strinsero ancora sulla sua vita, una smorfia a dipingergli il volto.

Ah, beh, grazie!

Sospirò. Se Lin non avesse esalato quella confessione non richiesta, probabilmente ora le starebbe palpando il sedere. Già. Però quelle parole continuavano a martellarlo e più i secondi trascorrevano inesorabili, più si domandava come avrebbe dovuto prendere quel commento detto con serenità.

-Anche tu, eh.- replicò con stizza, cercando di reprimere quel sorrisetto spontaneo che tentò di sbocciare quando udì la sua risata fioca.

-Lo so- la voce di Lin si era fatta un po’ più squillante, vagamente divertita mentre continuava a tenere il mento posato sulla sua spalla, le dita che giocherellavano con le sue ciocche azzurrognole –Ma non è così male.-

Che cosa non è era così male? Il fatto che qualche mese prima si sarebbero dati fuoco a vicenda? O il fatto che ora se lo stessero confidando come due scolarette che fanno gossip sul figo della scuola? Senza nemmeno rendersene conto, il suo ponderato –Cosa?- si mescolò alle note di Novemeber Rain, ricreando quel momento di totale sospensione in cui, davvero, non serviva parola alcuna. Perché bastava lei e il suo respiro a farlo sentire davvero in pace.

Ma Lin sembrava desiderosa di farlo ammattire –Stare con te.-

Oh, cazzo…

Ed era un Oh cazzo di quelli davvero amareggiati, di quelli che si lasciava sfuggire solo nelle condizioni più buie e critiche. Perché quella era una confessione; in qualsiasi prospettiva la guardasse –anche se da ubriaco non era così facile- tale restava e più perdeva tempo a pensare a cosa fare, più avvertiva un nodo di terrore stringergli la gola. In fondo, le parole c’erano, erano lì, pizzicavano le sue labbra serrate pur di potersi mostrare in tutto il loro amorevole suicidio, ma c’era qualcosa che lo bloccava. Come se quello non fosse il momento giusto.

Come se quello, semplicemente, fosse tutto troppo perfetto per essere vero.
 

E allora, perché hai paura?


Parlare con te non è difficile- avvertì leggerezza sulla propria spalla e quando volse il viso, giusto per rendersi conto di cosa si fosse messa in testa quella sclerotica della Moore, comprese di essere in trappola: c’era il suo volto ovale e velato di serietà ad un palmo dal suo naso ancora inebriato del suo shampoo alla pesca, c’erano i suoi occhi resi enormi dal trucco nero sfumato che continuavano a guardarlo con vividezza, lucidi e penetranti. E c’erano le sue labbra, dischiuse ed invitanti, che lo fecero deglutire parecchie volte prima di rendersi di conto di quale tentazione rappresentassero per i suoi nervi tesi -Seung-Hyun…- aveva pronunciato il suo nome con tono incerto; diamine, se andava avanti di questo passo, non avrebbe più resistito.

-Nh?- evitò di porre domande, non aveva più le facoltà per poterlo fare. E poi era troppo impegnato a tarpare le ali della follia che volevano lasciar librare per l’aria frasi kamikaze come Mentre tu sussurri il mio nome senza mai smettere, io posso slacciarti i pantaloni? che lo avrebbero fatto passare per uno dei tanti appostatori da vicoli bui.

La vide stropicciarsi il volto, a disagio in mezzo a quel mucchio di parole che non volevano saperne di venire fuori e che stavano rendendo tutto più atroce per lui che, mani sui fianchi, proprio non voleva saperne di lasciarsela scappare; e comprese che tutto ciò che gli aveva appena detto, era forse stata la scintilla che aveva permesso alla lucidità di ritrovare la strada di casa. Così Lin alzò le spalle, scosse la nuca mentre tornava a mostrargli un volto segnato dall’angoscia e dall’ebrezza, bella nel suo apparire così fragile in quella discussione che, in quelle condizioni, sarebbe dovuta essere semplice e intervallata dalle loro sciocche risate.

Ma lei non è semplice...

E non era nemmeno sciocca e non lo sarebbe stata nemmeno dopo aver bevuto venti bottiglie di rum. No, lei lo avrebbe preso solo a librate in testa e avrebbe pianto mormorandogli le sue scuse sincere. O lo avrebbe guardato a lungo, circondandosi di quel silenzio in cui lui aveva imparato a convivere, trovandolo quasi sollevante. Come in quel preciso istante.
 

E tu? Tu cosa faresti?


Lui invece, ubriaco da far schifo, l’avrebbe stretta a sé con più forza, l’avrebbe adagiata sul divano e avrebbe goduto delle sue espressioni passionali, avrebbe perso il controllo nell’udire i suoi gemiti e avrebbe scoperto quanto piacevole sarebbe stato posare le labbra su ogni lembo di quella pelle candida come la neve, rabbrividendo mentre il suo corpo caldo avrebbe aderito perfettamente al proprio.
 

E poi?

 

Già. E poi?

Dopo che il turbinio della passione fosse scomparso, in attesa che i loro respiri tornassero regolari, che i loro gemiti spezzati divenissero un vago ricordo; dopo che l’ubriacatura avrebbe lasciato solo un gran mal di testa, gesti impacciati, sguardi sfuggevoli e parole vuote, becere; dopo che si fossero resi conto di chi avevano stretto, di chi avevano pronunciato il nome infinite volte… Dopo tutto questo, cosa sarebbe successo?

E si spaventò, incapace di darsi una risposta. Anche se a dir la verità, quella c’era, ma non aveva la forza per poterne sopportare il peso. Perché temeva che dopo un gesto di tale portata, per quanto dettato dalla loro impulsività mescolata all’ubriacatura, quel rapporto vagamente civile che avevano instaurato sarebbe potuto scomparire troppo in fretta. E lui si sarebbe annoiato, di nuovo.

La sbronza passò, portando con sé un vago senso di nausea che cercò di eliminare stropicciandosi il volto. Fu lei però ad interrompere quella dolce tortura, nella stessa identica inaspettata maniera con cui gli aveva gettato le braccia al collo, facendosi distante. Non lontana, quello no. Lontana sarebbe stata se fosse uscita dalla stanza sbattendo la porta o addirittura si fosse chiusa a chiave nella stanza del microfono; distante, invece, era una Lin che se ne con le mani sui fianchi e che si guardava attorno con sguardo vacuo e lucido –Scusa, non so cosa mi sia preso.- atona, di nuovo, impassibile come suo solito.

Si grattò la nuca, un flebile –Figurati- che scappò al suo controllo, cercando di alleviare un po’ del suo disagio, così da non farla scappare spaventata. La realtà, a dirla tutta, non era così grandiosa se lei sembrava quasi scioccata per ciò che era accaduto, si ritrovò a pensare mentre cercava di rimettere insieme i pezzi di quel puzzle incasinato che era diventata la loro discussione. E pensare che fino a qualche istante prima tutto era proseguito senza sbavature, senza incertezze, come se il calore di quell’abbraccio bastasse ad entrambi. Ma vedendola così spaesata, non riuscì a trattenersi -Non mi tirerai addosso qualche cd, vero?- obiettò fissandola con le sopracciglia arcuate, vedendola allargare gli occhi nocciola dalla sorpresa. E poi le vide, le sue labbra tremolanti, le spalle traballanti, fino a che non si piegò un poco per lasciarsi andare ad una risata liberatoria, come se il nervoso che l’aveva avvolta potesse diramarsi solo in quella maniera.

E la trovò bella come non mai, avvolta di una luce che emanava calore, costringendolo ad allentare il colletto della camicia troppo stretto.

Lin si asciugò le lacrime agli occhi, rovinando il trucco -Se sono vostri, sì.-

-Ma smettila! Non ci hai nemmeno sentiti!-

Arcuò un sopracciglio –Dimentichi che esco con Ginko.-

Ah, già, la nana schizzata che si ammutoliva quando parlava con loro. Doveva essere davvero speciale se era riuscita a farsi amica quel polaretto della Moore, convenne mentre la vedeva rovistare fra i cd posti sulla scrivania. Avrebbe dovuto dirle di non mettere nulla in disordine, ma loro erano già fin troppo incasinati per permettersi di pensare ad un mucchio di cianfrusaglie sparse sul tavolo. Così, deciso a non ripiombare nel loro silenzio, continuò –E ti piace qualche canzone?-

-Una.-

-Grazie, eh.-

-Non fare la star depressa, ora- ironizzò scoccando un’occhiata al cd, tornando poi a studiarlo –Comunque intendevo, una in particolare.- si premurò di aggiungere, quasi volesse fargli un piacere. Che comunque il danno era già stato fatto, ma almeno poteva andare avanti.

-E quale?-

Lin sventolò il loro album Alive -Blue.-

La guardò con tanto d’occhi -Ma è così triste- sciorinò seccato. Poi la guardò, e per qualche strana ragione si disse che quella melodia nostalgica ben si adattava a Lindsay –Sai che parla della fine di una storia, vero?-

Lei alzò le spalle, rigirandosi fra le mani il libricino contenente i loro testi –Non mi sono mai piaciuti i lieto fine- quella frase lo mise in allarme, ma era troppo brillo per pensarci sul serio –A me piaceva Pocahontas.-

Fantastico, veramente fantastico.

Si massaggiò le tempie -E tutte quelle cazzate sul principe azzurro e palle varie?-

-Appunto, cazzate- sottolineò con supponenza, sventolando una mano –E poi quei due si amano lo stesso, anche se distanti- nh, sì, beh, è vero… -Ma poi lei va in America, incontra un altro e lascia l’amore della sua vita- un breve sorriso comparve sulle sue labbra carnose –L’amore non è mai per sempre.- sussurrò alla fine, rimmergendosi nella sua lettura.

E lui non seppe come prendere quelle sue parole, non lo sapeva proprio. Sapeva che c’era lei, ancorata alle proprie convinzioni su tutto ciò che era l’amore in generale e le sue sfaccettature; e poi c’era lui, spinto dallo strano desiderio di dimostrarle che non era sempre così, che in qualche modo ce la si poteva pure cavare se si era in due. E avrebbe voluto dirglielo, avrebbe voluto farle comprendere quanto si sbagliasse…
 

-Liiiin, dove sei?!-

-Non urlare.-

-Io urlo quanto voglio! Liiiiin!-


Ma gli idioti arrivavano sempre in coppia, come gli aveva ripetuto spesso sua madre.


-Liiiiiiin!- l’ennesimo urlo agghiacciante li fece trasalire; la vocetta stridula della Fujii per poco non fece vibrare le vetrate.

-Oh, guarda, non ci sono.- il cinguettio di GD. Probabilmente, la copertura era saltata.

-Cos’è questo tono di sorpresa?! Tirali fuori!-

-Mi hai preso per un illusionista?-

Un sonoro –Che palle!- si levò nella stanza e lui, nonostante la brusca interruzione, non poté non scoppiare a ridere, lanciando un’occhiata divertita ad una Lindsay scazzata. E pensare che si stava divertendo a parlare con lei di cartoni Disney

Tre, due, uno…

La porta si aprì: Ginko fumava di rabbia, GD ghignava come un idiota –Tana per Top e Lin.- sussurrò mellifluo, ricevendo una manata da parte della ragazza salterina, ora catapultatasi verso l’amica.

-Mi sono così spaventata! Non c’eri più!- l’abbracciò per la vita, studiando il suo trucco colato –Hai pianto?! Ti ha fatto piangere?- lo guardò minaccioso, agitando un pugno.

Top arcuò un sopracciglio –Sì, dal ridere.- sbottò seccato, vedendo l’americana roteare gli occhi.

-Non è successo nulla.- la rabbonì l’amica, rivolgendole un breve sorriso prima di farla annuire, anche se quella continuava a guardarlo come il fosse la reincarnazione del male. Fu così che, dopo uno scambio di battute assurdo alla Oh, la stanza di registrazione! Posso registrare la mia voce?!, No., tra Ginko e GD, quelle due si volatilizzarono alla sua vista, perché giù c’era il karaoke che richiedeva la loro presenza. Va beh, chi capiva quella nana era un genio.

 

Ricordava ancora il sorriso svagato che Lindsay Moore gli aveva regalato appena prima di venir trascinata via da una Ginko rumorosa. E lui era rimasto lì a contemplarla.

-Ho provato a trattenerla, ma quella è una schizzata- GD si grattò il mento prima di svaccarsi sulla sedia girevole e fissare pensoso il monitor dello schermo; gli parve più adombrato del solito, ma non aveva voglia di indagare sulle sue paturnie. Chissà in che cacchio di giochi l’avrebbe infilato, conoscendolo -Allora?-

-Allora cosa?- Ji Yong indicò il divano con sguardo malizioso, perdendo quel barlume di sorriso al suo noncurante –Non è successo nulla.-

La delusione si impossessò dell’impassibilità del leader –Che occasione sprecata.- sbottò mogio, poggiando le mani sulla scrivania, dando le spalle all’enorme vetrata della stanza di registrazione. Ma lui non vi badò. Andava bene così, davvero; forse era stato meglio concludere con una chiacchierata senza senso che con un bacio che avrebbe dato il là a troppi equivoci, no? Se lo ripeté a lungo, evitando accuratamente di lasciarsi studiare dagli occhi famelici dell’amico…

 

Amico che, a fine serata, quando erano intenti a riordinare l’ufficio delle riunioni, si premurò di renderlo partecipe della propria scoperta –Oh, America è proprio sbadata- sventolò l’Mp3 bianco, uno strano ghigno a dipingergli il volto –E’ un motivo per rivederla, no?- e malgrado tutti i pensieri negativi, malgrado la vocina che gli diceva di farsi passare quell’assurda sbandata per lei, si ritrovò ad annuire con lentezza, il cuore che faceva le capriole, lo stomaco che si chiudeva per quel barlume di felicità che sembrava aver portato con sé un briciolo di ottimismo. Ma Ji Yong non era uno sprovveduto e dopo quel pizzico di felicità che gli aveva rilassato i lineamenti, si ritrovò a guardarlo con serietà crescente -Hyung, fidati- fece girare la rotellina dell’Mp3, lo sguardo concentrato sullo schermo –Peggio di così non può andare.-

E sorrise amaro, il cuore fermo da quando se ne era andata. No, decisamente, peggio di così non sarebbe potuto andare.
 

*******

 

Quando pioveva, Ginko si riempiva di mille pensieri tristi, brutti, scomodi. Solo di pensieri.

Seduta in quel bar anonimo della caotica Seoul, entrata più per sopravvivenza che per reale desiderio di scoprire posti nuovi, fissava la marea di ombrelli che coloravano il grigiore di quella uggiosa giornata di novembre, mentre le gocce sul vetro creavano strani viaggi ipnotici che avrebbero rischiato di farla immergere ulteriormente nelle proprie paturne.

E pensare che lei era sempre positiva, sempre! Ma da quel quattro novembre, qualcosa era cambiato. Impercettibilmente, a dire il vero, una crepa che non aveva tenuto da conto e che, quando si era tramutata in voragine, non aveva più potuto ignorare. E quindi se ne stava lì, pensosa e assorta in quel caffè scialbo mentre una musichetta coreana tipica da bar si mescolava al chiacchiericcio dei presenti. Decisamente, quel posto non avrebbe lenito le sue afflizioni.

-Che tempo del cazzo.-

Ma c’era Lin, per fortuna, che sembrava rendere tutto un po’ più luminoso con la sua proverbiale sfacciataggine. Perché le sue amiche –o quelle che aveva sempre considerato tali- si sarebbero lasciate andare a qualche sono sbuffo, seguito da un piagnucolante Oh, che brutto tempo!, per poi tornare a parlare di unghie, smalti, trucchi, ragazzi. Ma non Lin. No, lei se ne stava seduta con il palmo a coprirle la mano, lo sguardo perso oltre il vetro, lasciando che il silenzio seguisse la sua sparata poco elegante.

-Non ti piace la pioggia?- domandò pacata, rigirandosi la tazza da the fra le dita smaltate di verde opaco. La ragazza scosse la nuca e lei aggiunse un paziente –Neanche a me- che, sapeva, non avrebbe dato il via a sciocche discussioni. E ciò non significò affatto un bene, perché più il silenzio le avvolgeva, più sentiva l’urgenza di riempirlo pur di far cessare tutta la marmaglia di pensieri che la stavano adombrando, pensieri vertenti su quell’enigma coi piedi che era Kwon Ji Yong.

Sbuffò sonoramente. Non avrebbe mai creduto che parlare con il suo adorato GD si sarebbe rivelato così ostico. Nelle interviste –tutte le interviste, nessuna esclusa- sembrava così affabile, dava le risposte giuste senza girarci troppo attorno. Insomma, sembrava piacevole conversare con lui. E poi si ritrovava a dover interpretare i suoi silenzi ambigui, i suoi sguardo penetranti e le sue frasi a metà. Per di più si divertiva come un matto a prenderla in giro, quell’idiota!

L’ennesimo sbuffo catturò l’attenzione dell’amica –Ce l’hai ancora con Ji Yong?-

-Certo che ce l’ho con lui!- agitò le mani –E’ stato davvero cattivo a dire quelle cose!- si sporse, abbassando la voce –Non avrebbe dovuto dirti che a Top piace Bom. A lui non piace!- Beh, non è solo per questo… C’era da dire che l’arrabbiatura partiva dal fatto che, con quella discussione, si fosse accorta di quanto poco conoscesse quel ragazzo che l’aveva ingannata con la sua apparenza.

-Lo so- sospirò Lin, come se fosse stanca di quella tiritera. Beh, ma che poteva farci, Ginko? Lei era preoccupata per la sua vita sentimentale! E se Lin smettesse di voler vedere Seung-Hyun per quel motivo fasullo?! –E comunque, se anche fosse, non sono affari miei.- ma la sua voce incolore la riportò coi piedi per terra.

Storse il naso –Ma a te piace.-

-No, sei tu che lo pensi.-

La mascella per poco non le cadde sul tavolo –Ma lo hai abbracciato!- la vide sgranare gli occhi nocciola prima di appiattirsi sulla sedia, nascondendosi dietro le sue braccia conserte. Sospirò, questa volta più tranquilla –Se non ti piace, perché lo hai fatto?-

Lin scosse la nuca -Non lo so- guardò la porta d’ingresso, richiamata dal tintinnio del campanellino –Lui ha detto che sarebbe stato via due mesi, e io non ho capito più nulla.-

A quella rivelazione sconcertante, Ginko allargò gli occhi scuri –Vedi che lo ami?! Ne senti già la mancanza!-

-E che palle! Ti ho detto di no!-

-Ma hai appena detto—

-Perché deve sempre c’entrare l’amore?!- ora poté vederli, i suoi occhi nocciola vividi come non mai, velati di quello strano disagio che sembrava accompagnarla dalla festa di Top –Con lui va tutto oltre. Con lui riesco a parlare- Lin morse le labbra –Se tutto va bene così, perché rovinare le cose con quelle cazzate romantiche?-

-Cazzate romantiche?!- gli occhi per poco non rotolarono sul tavolo, tanto era spalancati. Ma da che mondo veniva, lei? Cazzate romantiche un corno! L’amore era il motore di tutto e nemmeno quel balordo di GD avrebbe smontato questa convinzione!

Due persone possono essere attratte fisicamente e basta- Lin rigirò il cucchiaino nel cappuccino –Niente amore, niente paranoie; solo due persone che stanno bene assieme. Non ti è mai capitato?-

Ginko arricciò le labbra, stringendosi nel maglione color pervinca. Ovvio che non le fosse mai capitato. Lei, del resto, aveva sempre e solo baciato ragazzi che le piacevano e non era mai andata oltre se non con quelli che erano stati a tutti gli effetti suoi fidanzati. Lin, invece, sembrava godersi appieno quei sentimenti senza preoccuparsi delle conseguenze, senza catalogare tutto. Uff!, questi due la stavano mandano in confusione!

-No.- sbottò asciutta, palesando la propria irritazione per quell’atteggiamento.

Ma Lin non se la prese –Non è per tutti.- non se la prendeva mai. E dal modo in cui le aveva posto quella risposta, non riuscì a prendersela nemmeno lei. Perché era un dato di fatto, era scontato che lei non sarebbe mai riuscita ad andare con qualcuno per il semplice gusto di farlo. Lei amava incondizionatamente, lei doveva lasciarsi trasportare dalle farfalle nello stomaco, dai cuoricini che svolazzavano…
 

-Tu sei troppo buona.-


Dal fatto che il cuore battesse sempre più veloce ad ogni sguardo, ad ogni gesto. Solo per lui.

E così, decide di sfogarsi -Ha detto che sono troppo buona.-

-Chi?- Lin girò svogliata il cucchiaino nella tazza.

-Ji Yong. Dice che sono troppo buona.-

Alzò le spalle –Lui è uno stronzo, quindi.-

Ginko ridacchiò, incapace di prendersela con l’amica per quell’insulto sincero rivolto al suo idolo –E se avesse ragione?- tornò seria, arricciando le labbra mentre la vedeva roteare gli occhi.

-Tanto meglio per te- si appoggiò allo schienale, il viso rivolto alla pioggia che non voleva saperne di cessare. Proprio come i suoi pensieri pesanti –Essere buoni è una bella cosa. E non è facile.- che divennero un po’ più leggeri quando Lin le rivolse un sorriso appena abbozzato prima tornare a guardare con noia i passanti.

-Nh, si, beh, forse.-

-Già, forse. Però ti fai troppi problemi.- sospirò prima di alzarsi e dirigersi alla cassa, sventolando la mano quando si mise a starnazzare per dividere il conto. Avrebbe offerto Lin, come sempre. Sembrava che quella ragazza non sapesse dire un banale Grazie come tutti gli essere umani dotati di parola.

Sbuffò mentre tornava a seguire l’inevitabile scorrere delle gocce sul vetro, avvertendo quella sensazione di gravezza sfumare, il cuore ora più leggero e i pensieri meno spaventosi. Perché lei era buona, non poteva farci nulla; probabilmente sarebbe divenuta la nuova Maria Teresa di Calcutta e nessuno avrebbe potuto impedirlo! Nemmeno un Ji Yong che si era riscoperta a trovare più umano di quanto lei avesse mai potuto immaginare; il fatto poi che quel suo lato la intimorisse, rendeva tutto più complicato. E avrebbe voluto parlarne con Lin, sul serio! Magari sentirsi sbattere in faccia la cruda realtà –ovvero che era meglio lasciar perdere qualsiasi fantasia su di lui- le avrebbe aperto gli occhi!

La guardò. Lin in amore faceva più schifo di lei; che consigli avrebbe potuto darle se nemmeno lei comprendeva ciò che le stava accadendo intorno?

-Stai ancora pensando a lui?- Lin si risedette, squadrandola con un sopracciglio arcuato; provò a rubarle lo scontrino, ma quella fu più veloce ad accartocciarlo e infilarselo nella scollatura del maglione.

Ginko gonfiò le guance per il disappunto un po’ perché le aveva ancora impedito di smezzare la merenda e un po’ perché aveva captato appieno il flusso dei suoi pensieri senza nemmeno porle qualche domanda –E se i ragazzi mi evitassero perché sono troppo buona? E se mi ritrovassi da sola con venti gatti miagolanti e che mi mordono le orecchie o il naso mentre dormo? E se venissi utilizzata solo come amante e il mio sogno di sposarmi e avere figli venisse meno?!-

-Ma tanto meglio per te.- ironizzò l’altra, ricevendo in cambio un’occhiata bieca. Che poi, furbona, andava a confidare i propri romantici segreti ad una che preferiva il sesso occasionale che una storia duratura?

-No, no che non è meglio per me!- sbuffò contrita, guardandola contrariata quando la vide trattenere una risata –Che c’è?!-

Lin sventolò una mano –Quando ti ci abitui, non è così male- e poi, assorta come mai prima di allora l’aveva scorta, la ragazza guardò il tavolo quasi volesse sfuggire al suo sguardo –E ti dici che la solitudine è meglio se paragonata ad una vita di sofferenze.-

Ginko si stropicciò il volto, seriamente stressata sotto tutto il peso di quelle parole convinte che continuava a rivolgerle; probabilmente, Lin non avrebbe mai cambiato idea e forse nemmeno Top ci sarebbe riuscito –Quindi che intenzioni hai?-

L’amica strabuzzò gli occhi –Per cosa?-

-Con Top!- strepitò, affamata di sapere la sua prossima mossa.

-Niente.-

-Come niente?!- sbatté le mani sul tavolo –Sai, dovresti considerarti fortunata! Lui non è un tipo molto espansivo.-

-Lo conosci bene.- arcuò un sopracciglio.

Ginko scosse la nuca –Nelle interviste sembra sempre allegro, ma in alcuni video che ho visto, sembra quasi indifferente alle attenzione delle fan.-

-Sarà stanco a volte di tutta questa notorietà- sbrodolò la straniera assorta. Ma poi alzò le spalle –Comunque non lo so- nascose la bocca dietro il palmo aperto –Ho dimenticato l’Mp3 agli studi. Ji Yong mi ha detto di passare da loro domani- la guardò –Vuoi venire?-

Ginko allargò gli occhi, scuotendo la nuca con vigore. Non aveva voglia di vederlo, non così presto. Doveva prima fare chiarezza con sé stessa e metabolizzare tutto ciò che le aveva propinato –Fai attenzione, eh.-

-Sì, mamma- la voce di Lin giunse velata di sarcasmo e divertimento e perfino Ginko si ritrovò a ridacchiare scioccamente, prima di udire il suo secondo –Tu sei troppo paranoica- che le fece storcere il naso. Ripuntò lo sguardo all'esterno -Certo che non vuole proprio smettere- Lin le rivolse il barlume di un sorriso –Ti va un altro the?-

E lei annuì, restando ancora sola con i propri pensieri scomodi e opprimenti. Guardò fuori, sballottata dalle parole che l’amica aveva lasciato dietro sé con la sua lontananza. Sì, beh, forse era un po’ tanto paranoica e si faceva problemi assurdi per nulla.

E comunque, tu sei troppo paranoica.-

Sì, lo sapeva.

Ma fuori continuava a piovere.
 

******

 

Lin non si era mai posta molti problemi, in fatto di ragazzi. Se uno le piaceva, glielo faceva capire, ci usciva per un po’ e quando la passione svaniva, c’era sempre qualcun altro disponibile. Che fosse un ex o una new entry, poco importava. Bastava saziare i propri appetiti e tutto passava in secondo piano.

E quando si rifiutava di usare qualche ragazzo come coperta, perché nessuno valeva la pena, quando si metteva alla ricerca dei vestiti e replicava con uno sventolio delle mani al loro Non sbattere la porta quando esci, non restava nulla. Niente imbarazzo, niente sguardi complici o di intesa, nulla di nulla. E così, rincontrarli, non era difficile. I soliti gesti, le solite parole… Fino a quel momento, almeno.

Bussò alla porta dell’appartamento dei Big Bang con uno strano senso di nausea a chiuderle la bocca dello stomaco, un disagio indissipabile che si era posato sulle spalle e non voleva saperne di andare via. E pensare che aveva camminato sotto la pioggia pur di lasciarselo indietro, ma quello stronzo si era ripresentato più forte e opprimente di prima.

-Che palle.- sbuffò all’ennesimo Toc toc, nessuno che ancora si era presentato alla porta.

-Puoi aspettare un attimo o-- fu come se il tempo si fosse fermato nell’esatto istante in cui il suo sguardo sorpreso si era posato su di un Top mezzo assonnato e dall’aria sconvolta. Si schiarì la gola, gli occhi socchiusi –Che ci fai qui?-

-Ciao non si usa più?- il sarcasmo si sprecò nella sua domanda, seguita da un arricciamento di labbra.

-Nh, credevo fossi GD.-

-Vi salutate così?- lo sentì grugnire –Disturbo?-

-Stavo dormendo.- bofonchiò stropicciandosi gli occhi; si accorse solo allora delle innumerevoli felpe che coprivano il suo corpo, delle occhiaie vistose, del viso più pallido del solito e dei capelli schiacciati.

Lin si morse il labbro inferiore -Cercavo Ji Yong.- si alzò sulle punte e guardò oltre la sua spalla; dato il silenzio, sembrava esserci solo lui in casa.

Top arcuò un sopracciglio –Guarda che non c’è.-

-Come non c’è?-

-E’ alla YG con gli altri.-

-Ma mi ha detto di passare a quest’ora, che sarebbe stato in casa- sventolò il cellulare, reprimendo la voglia di mandargli un semplice e liberatorio Stronzo <3 via Sms. Scrutò il volto cosparso di sonnolenza del ragazzo, ignorando la sua imprecazione a mezza voce, poi continuò –Ho lasciato l’Mp3 agli studi.- e sperava che non dovesse dilungarsi in ulteriori distrazioni.

-Sì, ma non c’è.- certo che da appena sveglio è proprio un genio, eh…

Lin sbuffò, contrariata per aver fatto quel tragitto inutile –Nh, va beh, tornerò un altro giorno- gli diede le spalle, evitando che il suo sguardo perforante e socchiuso continuasse a farla sentire in colpa –Scusa se ti ho svegliato.- e prima che potesse mettere un piede sul gradino, quando le dita  erano già ferme sul corrimano, udì la sua voce rauca e velata di gentilezza, come se fosse appena uscito dalla fase connecting people.

-Te lo prendo io- si grattò la nuca e le sue labbra si aprirono in quello che doveva essere un sorriso –Entra.- e si fece da parte, guardandola intensamente, come se davvero non volesse lasciarla andare via. E lei avrebbe potuto dirgli che andava bene così, che sarebbe passata un’altra volta e, già che c’era, poteva uccidere GD per conto suo.

Ma irrefrenabili, udì i propri passi risuonare nell’anti salone, la strana sensazione di inquietudine che si impossessò di lei quando gli passò accanto e infine la portava che sbatteva. E adesso che era in trappola, si chiedeva se davvero valesse la pena perdere la vita per uno stupido aggeggio che a volte nemmeno funzionava bene.

-Senti, se vuoi dormire, tor—

-Siediti e sta’ buona- la rimproverò mentre si stringeva nelle felpe –Torno subito. Te evita di scappare, eh.- che diavolo era, un cane randagio?! Qualcosa non andava e lo capì dai suoi movimenti bruschi, dal suo essere così seccato solo per la sua presenza a quanto pareva indesiderata. E mentre osservava i suoi capelli azzurri un po’ schiacciati, mentre lo vedeva scomparire dietro la porta che dava alle camere da letto, si ritrovò a chiedersi il perché di quell’atteggiamento così avverso. Forse aveva solo sonno, si disse. O forse, stava reagendo all’abbraccio che lei gli aveva offerto senza chiedere nulla in cambio. Magari pensava che lei volesse qualcosa in più, quel qualcosa che aveva visto sfumare per paura di strane ripercussioni. Perché lei aveva colto qualcosa nel suo sguardo, una passione che non le aveva mai rivolto. E aveva seriamente temuto di ritrovarsi a cavalcioni su di lui sulla sedia. O sul divano.

Così, fece limitatamente ciò che le aveva chiesto: non scappò, ma nemmeno si sedette. Sedersi, avrebbe significato che lei voleva stare in quell’appartamento per qualche tempo in più e dato che, ultimamente, in sua presenza commetteva più cazzate che genialate, era meglio prendere ciò che le spettava e filare a casa. Quando lo vide ricomparire, lo vide roteare gli occhi dietro le enormi lenti degli occhiali da vista appena indossati, come se fosse seccato per il suo averla trovata in piedi; nella mano destra il suo amato Mp3 –che sperava non fosse stato malmesso da quel balordo di Ji Yong- e sotto il suo braccio un asciugamano.

Quando si vide lanciare addosso il panno, lo fissò con un sopracciglio arcuato –Che dovrei farci?-

-Hai i capelli fradici. Rischi di prenderti qualcosa.- si stupì di quel gesto così gentile, inaspettato, che lasciava trasparire una dolcezza a cui lei non era mai stata abituata e che, da quando avevano iniziato quello strano rapporto di conoscenza, stava cominciando a farla stare bene.

Lin scosse la nuca, posandolo sul tavolo –Tanto vado subito.-

Top indicò la finestra del salotto con un cenno del capo –Fuori sta diluviando.-

E proprio mentre stava per rispondergli sgarbata che no, non sarebbe rimasta, ecco che il suo stomaco la tradì, gorgheggiando rumorosamente nemmeno fosse stato un terremoto. Portò le mani allo stomaco, guardando sconsolata il soffitto.

E adesso sarebbero partite le prese in giro, i punzecchiamenti o qualcosa che avrebbe accesso l’ironia ora relegata in un angolo, apparentemente desiderosa di non essere scagliata contro Seung-Hyun. E invece non avvenne nulla di ciò che aveva pensato. Perché il ragazzo la stava ora fissando con sorpresa, l’aura di irritazione completamente eclissatasi, ma nessuna parola colma di sarcasmo le venne scagliata contro; ci fu la sua risata rauca e profonda, capace di farla ammutolire. Si sentì tremendamente stupida nel constatare che la sua bellezza era qualcosa di sconvolgente, particolare, che non sarebbe riuscita a trovare nemmeno nella China Town della sua New York. Perché lui aveva un fascino particolare, un carisma capace di seppellire tutti i suoi difetti e più si ritrovava a guardarlo, più riscopriva attratta da tutto quel miscuglio di beltà.

Si ritrovò a palesare il proprio disgusto nel rendersi conto che, per un istante, Ginko doveva essersi impossessata del suo cervello, poi lo guardò seccata –Beh, io vado.- ma quello continuava a ridersela come uno scemo.

Ringraziò mentalmente il proprio stomaco gorgheggiante. Almeno, non si stava più comportando da idiota. Anzi, le parve tornato il Seung-Hyun di sempre o almeno, quello con cui era piacevole trascorrere del tempo –Perché non ti fermi a cena?- domandò con un sorrisetto sul volto, ora decisamente più sereno.

Lin si guardò le converse fradice, incerta –Non vorrei disturbare.- e quando lo vide grattarsi la chioma color menta, pregò che la mandasse via, che le dicesse che sì, che in fin dei conti era un disturbo per la sua tranquillità. Perché in quel modo sarebbe stato facile mandarlo a quel paese, sarebbe stato facile soffocare quella vocina maledetta che continuava a ricordarle quanto piacevole fosse stato stare stretta fra le sue braccia, carezzata dai suoi tocchi delicati.

-Tanto sono solo.- ma il suo borbottio, vanificò tutti i suoi buoni propositi.

 

Come un uragano improvviso, la chiacchierata con Ginko passò di là, spazzando via ogni briciolo di certezza che continuava a farla sentire a proprio agio. Fu allora che lo guardò davvero, rendendosi conto per la prima volta di chi aveva di fronte a sé: un ragazzo talmente tanto famoso che doveva andarsene in giro con occhiali da sole, cappello e sciarpa anche d’estate, un ragazzo con due vistose occhiaie e infiacchito per il troppo lavoro. Ma che continuava a fissarla, quasi volesse paralizzarla con la sola forza del suo sguardo perforante.

Lin scosse la nuca –Sei stanco.-

-Non più del solito.-

Perché non la lasciava andare via e basta? Ancora una volta, si ritrovavano sospesi in quelle situazioni assurde in cui sembravano voler stare assieme, in cui sembravano trattenersi con qualche scusa stupida. E le belle sensazioni che aveva avvertito stando fra le sue braccia, tornarono a galla, facendole mancare il fiato.

Scosse la nuca -Scusa se ti ho fatto perdere tempo.- la mano era già sul pomello, pronta a girarlo e dietro la porta, la libertà, l’aria respirabile…

-Tanto lo avrei usato peggio.-

Ma si rese conto che solo con lui poteva farlo sul serio.

 

Lasciò scivolare la mano, accantonò i pensieri scomodi mentre zittiva la vocina che continuava a suggerirle di andarsene da quella casa, che doveva andare via da lui, e guardandolo a lungo, esalò un serio -Cucino io.- che lo fece immobilizzare.

Top la fissò con le sopracciglia aggrottate e l’espressione arcigna –L’ultima volta mi hai avvelenato con il curry.-

Roteò gli occhi –Errore di dosaggio- lasciò cadere la borsa a tracolla, tolse la felpa dei Puffi e prese l’asciugamano, cominciando a tamponarsi i capelli –Prometto che non ti ucciderò.- borbottò alla fine, udendo la sua risata divertita mentre recuperava tutto il necessario.

 

Così, serena e distaccata dai miliardi di pensieri che l’avevano accompagnata fino a casa sua, Lin si ritrovò a girare il mestolo negli spaghetti di soia con svogliatezza, già stufa di essersi presa quell’impegno. Ma quando lanciò un’occhiata al ragazzo e lo ritrovò stravaccato sul divano con aria stanca, si disse che almeno una volta nella vita una buona azione poteva compierla. E non si stava male, no davvero. Lui non la tartassava di domande, non veniva a controllare il suo lavoro e, soprattutto, non l’aveva guardata in alcun modo strano. Probabilmente, anche per lui era stato troppo presto rincontrarsi senza preavviso alcuno da sobri.

Poi, ad interrompere il flusso dei suoi pensieri, ci fu la sua voce. Baritonale, melodiosa, come se stesse cantando… Si voltò e vide gli occhi di Seung-Hyun farsi enormi; solo quando guardò la televisione accesa, si rese conto di cosa stavano trasmettendo: una pubblicità in cui recitavano i Big Bang -Ma siete voi?!-

-No, dei sosia- sbottò sarcastico, imprecando contro il telecomando che aveva deciso di nascondersi –Ma dove cazzo si è infilato?- lanciò in aria i cuscini, poi si volse verso di lei con aria minacciosa –Puoi spegnerla?-

Per tutta risposta, Lin gli regalò un sorrisetto zuccheroso prima di pararsi vicino alla televisione e alzare il volume, premurandosi di proteggere con una mano il pulsante di accensione, cosicché potesse godersi quello spettacolino. Ma il sorriso vacillò, fino a scomparire del tutto. Volse il busto, lo sguardo ormai scivolato sul Top cercatore che stava miseramente fallendo la missione. Non lo aveva mai considerato sotto un’ottica che andasse oltre il suo essere un ragazzo coreano con più fan di quanti ne avesse avuti lei alle superiori, soprattutto grazie alle voci non troppo lusinghiere che giravano sul suo conto, ma che i ragazzi sembravano gradire.

Perché solo quando lo ebbe visto in quello spot pubblicitario, si rese conto di avere a che fare con una celebrità in quel della Corea. Un ragazzo con più soldi di lei, con ammiratrici urlanti che facevano la fila per andare a vedere i suoi concerti, che aveva alle spalle un sacco di Cd, che probabilmente partecipava ad un sacco di cene di gala, che trascorreva le giornate sui set fotografici, nello studio di registrazione e che, di sicuro, al di fuori di lei aveva a che fare con gente importante -Cos’è quella faccia?- la fissò di soppiatto tra un cuscino volante e un’imprecazione –Sembra tu non ci abbia mai visto in tv!-

-Ed è così.- ribatté incolore, acquattandosi davanti all’enorme televisione. Anche perché, ai tempi, aveva già le palle sature per tutti gli incontri/scontri che era stata costretta a subire; figurarsi se si sarebbe messa a digitare il suo nome su Youtube! Tenne quel commento per sé, però, decisa a non inscenare una futile discussione quando, in quel silenzio, si stava così bene.

Con lui si sta sempre bene…

-Qualche video?-

-No.-

-Interviste?-

-Nemmeno.- rimbrottò spazientita, non capacitandosi del tono di voce assorto che le era appena sfuggito. Eppure non poté controllarsi, non di fronte alla sua palese bellezza. Ed era pur vero che in quello spot era truccato, sbarbato e impomatato come un degno divo di Hollywood, ovvio che fosse così figo. Guardò oltre la spalla, scorgendo il suo profilo contratto in una smorfia di fastidio; un sorriso di amarezza le increspò le labbra nascoste dai lunghi capelli. No, perfino in tuta, con gli occhiali alla Steve di Otto sotto un tetto e i capelli azzurri non ingellati era di una bellezza sconcertante.

Top sbatté le braccia lungo i fianchi –Come fan fai schifo.- esalò inviperito, probabilmente contro il telecomando che aveva deciso di giocare a nascondino con i suoi nervi tesi. Distolse lo sguardo, tornando a contemplare la sua figura oltre lo schermo. Le parve distante, pur nella sua piacevole vicinanza e solo quando udì un mugugno di vittoria, si riscosse. E poi, come un sogno che sfuma al suono della sveglia, scomparve anche il suo volto per lasciar spazio ad una soap opera coreana. Si diede della pirla; che diamine erano quei pensieri da bimbaminchia in calore?!

Solo quando lo vide esultare con il telecomando fra le mani, tornò a degnarlo di attenzione –Non sono una vostra fan.- nel vuoto di parole che li attorniò, solo la voce dell’attrice coreana…

 

-Meglio così, davvero.-

 

E il suo sorriso velato di dolcezza, quell’inaspettata dolcezza che lei non riusciva a sopportare.

 

Lin si dondolò sulle punte e quando lo vide concentrarsi sul telecomando, ne approfittò per andare ai fornelli, lasciando dietro di sé un sospiro di sollievo per tutto ciò che, fino a quel momento, non era ancora avvenuto. E fu sorprendente vedere come le venisse naturale riempire quel silenzio attorno a loro, come se le parole fossero sempre state lì, pronte a librarsi solo in sua presenza -Non vi vergognate a fare queste cose?- domandò seria seria, inclinando il capo mentre lo vedeva fare zapping con scazzo.

-Stai dicendo che siamo ridicoli?- arcuò un sopracciglio e lei, di fronte al suo orgoglio appena pizzicato, si ritrovò a guardare il soffitto.

-Mi chiedo solo come facciate a rivedervi- fissò la pentola –Io mi vergogno anche a vedere i filmini di famiglia.- confessò serena, ritrovandosi a mordersi la lingua nell’istante in cui udì la sua breve e rauca risata. Possibile che con Seung-Hyun si lasciasse sempre andare a stupide ammissioni che la facevano sembrare una cretina?

-Effettivamente, non sei fotogenica.- rimbrottò con un pizzico di derisione; continuò a dargli le spalle, ma era certa che un ghigno da gran bastardo si fosse delineato sulle sue labbra.

-Ancora con questa storia?- girò con forza gli spaghetti, riversandovi tutta l’irritazione.

-Vogliamo ricordare la foto delle montagne russe?-

Allargò gli occhi –Quale foto?!-

-Quella del Luna Park- lei lo fissò allucinata  -Ji Yong ne ha comprata una copia.-

Stronzo2 -Non c’entra nulla. Avevo paura.-

-L’ho notato. Le tue urla si saranno sentite fino a Brooklyn- fissò il palmo su cui gli aveva lasciato i segni delle unghie conficcatesi per lenire il suo terrore -Saresti un ottimo soprano, sai?- per concludere quel brodo di vaccate, gli rifilò un medio, lasciandosi strappare un sorriso spontaneo quando udì la sua risata spargersi nella cucina. E così, fra una presa in giro e un Che palle!, random, utilizzato come intercalare, nel suo ostinarsi ad insegnarle ad utilizzare le bacchette nonostante avesse reclamato per una forchetta mentre sedevano a mangiare gli spaghetti di soia, Lin si accorse di come Seung-Hyun fosse davvero diverso rispetto al mucchio di ragazzi che aveva frequentato, baciato o stretto nelle notti di bagordi newyorkesi. Probabilmente anche lui aveva fantasticato su di lei, glielo aveva letto negli occhi quella sera, durante la partita di biliardo, così come anche lei, ultimamente, si ritrovava a pensarci un po’ troppo spesso. Ma c’era qualcosa di diverso in lui… C’era una sorta di squisita delicatezza che lo spingeva a comportarsi con un’educazione a cui lei non era abituata, una galanteria nei suoi gesti mai eccessivi che le scaldavano il cuore, che quando si trattava di maschi si rifugiava chissà dove, il mentecatto.

A riprova di ciò, l’abbraccio nella sala relax: avrebbe potuto baciarla, avrebbe potuto approfittare della sua ubriacatura, avrebbe potuto fare tante cose. Ma non le aveva fatte. Si era limitato a sciogliere l’abbraccio e le aveva parlato, nonostante tutto non l’aveva fatta andare via, quasi volesse farle capire che quel gesto non avrebbe portato a fraintendimenti.

E Lin aveva avvertito gli occhi pizzicare, il cuore esplodere per quella inusuale dolcezza. Lo vide allargare gli occhi –Non è male.-

-E’ troppo salato.- sbottò caustica, maledicendo le proprie, scarse doti culinarie. Aveva preso da Mark, in quello, memore del Flubber frittata.

-A me piace.- e le rivolse un sorriso sincero prima di tornare a mangiare con le sue bacchette, lasciandola con la sua forchetta –conquistata dopo una sanguinosa battaglia- e con la gradevole sensazione che quella fosse stata la miglior conversazione che avessero mai sostenuto.


Fu solo dopo una mezzora che indossò la felpa dei Puffi, pronta a fiondarsi per le gelide strade di una Seoul sommersa dalla pioggia di novembre. Era la prima volta, da quando lavorava al Tribeca, che preferiva starsene in casa piuttosto che annoiarsi con i suoi colleghi. Ginko a parte, ovvio.

-Sicura di non voler restare?-

-Meglio che mi incammini- scosse la nuca –Devo andare a lavorare.-

Lui guardò l’orologio –Manca ancora un sacco.

Strinse le dita affusolate intorno al laccio della borsa a tracolla, alzandosi sulle punte in quel suo tic nervoso per l’indecisione –Non so se—

-Ah! Aspetta qui!- ancora una volta, lo vide scomparire dietro la porta della sua camera, ritornandosene indietro con un videogioco fra le mani –Perché non ti fermi un po’?-

-Cos’è? Vuoi giocare a Super Mario?- ma che diavolo gli stava prendendo?

-Sì- sbottò grattandosi la chioma, quasi volesse far sopperire il nervoso che lo aveva preso in contropiede. E Lin, nella sua scarsa dote di analisi, si ritrovò a chiedersi perché si ostinasse a volerlo far contento mentre con gli altri si sarebbe limitata ad un No secco prima di sloggiare. E una risposta probabilmente non sarebbe riuscita mai a trovarla, non con lui attorno almeno. Ma mentre lo vedeva titubare, in attesa, si disse che probabilmente lui si sarebbe davvero annoiato da solo in casa e che, forse, non era abituato ad avere ospiti o comunque qualcuno che non fossero i suoi coinquilini -Sono fermo alla Foresta dell’illusione.-

Guardò l’orologio, soggiogata da quel pensiero che stava stuzzicando il suo senso di colpa dormiente. Ma quando lui le sorrise un poco, si rese conto di come non fosse tutto frutto della propria immaginazione e che, forse, non era l’unica a desiderare cinque minuti in più in sua compagnia. E si sorprese di come non volesse del sesso, non volesse nemmeno qualche cazzata romantica che avrebbe di sicuro rovinato quel loro rapporto in perenne bilico.

Solo parlare…
 

-Io faccio Mario.- gettò la tracolla per terra, strappandogli il gioco dalle mani.

-Ma io non voglio essere Luigi!-


E giocare a Super Mario
 

-Non fare il bambino.-

-E tu sei una rompipalle, lo sai?-

Lin si ritrovò a ridere, seguita a ruota dal ragazzo.

E stare con lui, solo quello.

 

****

-Illuditi finché vuoi.- urlò Lin con fare saccente, dal salotto.

Top si sporse dal frigorifero -Non mi sto illudendo.-

-Credi davvero che lei ami Mario?- Lin imprecò contro una tartaruga vagante –La principessa è una stronza.-

-No, il fungo lo è!- si sedette al suo fianco, incrociando le gambe mentre adagiava due lattine di birra davanti a loro, riprendendo in mano il joystick.

-Ma se continua a nascondersi di castello in castello?-

-E’ Bowser che l’ha rapita. E il fungo sta ai suoi piani- ancora non comprese come fossero potuti finire ad imbastire una discussione su Super Mario, ma non gli dispiacque, del resto parlare con lei non gli dispiaceva da un bel po’ di tempo. A dir la verità, non gli dispiacevano più un sacco di cose di lei, a partire da quello che aveva considerato un caratteraccio indigeribile. Ok, era sempre una stronza con le emozioni di un frigorifero, ma era piacevole lasciarsi avvolgere da quegli sprazzi di dolcezza che raramente gli riservava. Ed era bella, nulla di più. Più guardava il suo profilo concentrato, più si chiedeva come potesse non essersene accorto prima. Probabilmente era tutta colpa dell’odio che lo aveva accecato, non c’era altra spiegazione –Oi, prendi il fiore.- consigliò indicando il televisore.

Per tutta risposta, quella prese la piuma. La guardò con espressione arcigna mentre lei se ne usciva con un serafico -La piuma è meglio-

-Ma col fiore spari!-

-Ma con la piuma puoi librarti in aria! Sai che comodità?- sciorinò spiccia, cominciando a planare sui nemici con aria di sfida. Poi, mentre lui se ne stava lì a rimuginare su quanto il loro gioco di squadra facesse schifo, Lin sbuffò nel vedere Mario gettarsi in un burrone –Tocca a te- bevve un sorso di birra e premette Start, canticchiando la musichetta di sottofondo. Di sottecchi, vide Lin portare le ginocchia al petto, concentrata sullo schermo –Tra poco partirete.-

Avvertì un peso al cuore e non era dovuto al fatto che Luigi stesse per venir divorato da una pianta carnivora; c’era che il suo tono di voce era uscito pensoso, assorto e per un attimo nei suoi occhi nocciola vi aveva scorto lo stesso spaesamento della notte nella sala di registrazione –Mhmh.-

-Non sei agitato?-

-Un po’- alzò le spalle –Ma è normale.- non voleva parlare della sua partenza con lei, non voleva affatto. Sembrava quasi dovessero dirsi addio quella notte stessa.

-Immagino di sì- lo guardò seria –Fate attenzione. Ginko potrebbe venire a sentirvi, mica che ve la ritrovate negli spogliatoi.-

Rise alla sua sparata, immaginandosi quella tappa che saltava da una parte all’altra insieme a Ri mentre Tae e Dae cercavano di fermarli, il tutto sotto lo sguardo annoiato di GD. Sospirò quando passò al livello successivo -Sei mai stata in Giappone?-

Lin scosse la nuca –Non mi sono mai allontanata da New York- storse il naso –Pensa, sono qui da mesi e non ho mai visitato Seoul.-

E mentre la vedeva sospirare per aver portato a termine il livello, un pensiero balordo quanto assurdo navigò nella sua mente: avrebbe voluto dirle qualcosa in stile Ti porto io in qualche bel posto!, o ancora Perché quando torno dal Giappone, non ce ne andiamo da qualche parte?, ma era una mossa troppo azzardata ed era certo che, se mai qualche stronzata del genere si fosse propagata nell’aria, avrebbe potuto dire addio a Lindsay. E i motivi era davvero svariati, ma tra tutti ce n’erano un paio che continuavano a martellare insistenti: 1) non erano fidanzati o nemmeno etichettabili come amici e solo ad una di quelle sparate, lei avrebbe potuto ridergli in faccia; 2) non sapeva nemmeno se, tornato dal tour, avrebbe avuto l’occasione di rivederla. E questo, più di tutto, frenò il fiume di parole che stava straripando dal suo cervello ora in allarme.

A fine gennaio sarebbe rincasato, sarebbe andato al Tribeca e la lieta novella che lei non lavorava più lì gli sarebbe piovuta addosso come una doccia gelida…
 

-Oi, guarda che Yoshi è scappato.-

 

E avrebbe chiesto a GD di contattarla, giusto per sapere che fine avesse fatto, ma lei avrebbe risposto dicendo loro che se n’era tornata in America, di lasciarla dormire perché lì, a New York, erano già le 3.00 del mattino…
 

-Ma che ca-La tartaruga ti è venuta addosso!-

 

Oppure l’avrebbe incrociata per le vie di Seoul aggrappata al braccio di qualche sconosciuto mentre rideva, scherzava, parlava, lo baciava. E tutti quei gesti che avrebbe voluto vedersi rivolgere sarebbe stati donati a qualcun altro. Qualcuno che non era lui…
 

-Perdi almeno dopo aver preso il continuo, che ne dici?-

 

E sentì la paura pervadere ogni fibra del suo corpo sormontato da brividi leggeri quando avvertì le mani di Lin sulle proprie, mentre cercava di strappargli il joystick di mano e salvare la sua incresciosa partita. E si ritrovò a guardare il suo profilo delicato, la sua espressione concentrata mentre la lingua andava ad inumidire il labbro superiore, poi quello inferiore. E fu come se lava incandescente fosse corsa nel suo corpo, rapito da quel gesto talmente naturale, per lei, che nemmeno si rendeva conto di quanto stesse risultando sensuale ai suoi occhi.
 

La musichetta del Game over anticipò il suo sonoro sbuffo.

-Abbiamo perso.-

-Chissenefrega.-

 

Non credeva di averlo pronunciato ad alta voce, ma quando Lin si volse a fissarlo con sorpresa, si rese conto che così non fu. E doveva averle rifilato un’espressione davvero seria perché, nervosamente, la giovane aveva portato una ciocca di capelli dietro l’orecchio, continuando a non interrompere quel silenzio assorto che li aveva circondati.

La fissò a lungo, la contemplò così tanto da sentire il cuore accartocciarsi di un doloroso piacere. C’era la stessa, identica, palpabile attrazione che li aveva sospinti durante il suo compleanno e perfino gli occhi nocciola di Lin leggermente sgranati avevano assunto una vividezza capace di fargli perdere il controllo. E ancora la folle idea di spalmarla sul divano prese pieno possesso di ogni sua cellula grigia, costringendolo a deglutire mentre teneva a bada le proprie mani che fremevano per carezzare la sua pelle morbida.

 

La sola cosa diversa da quella notte, era il loro essere sobri e ben consci di ciò a cui sarebbero andati incontro. E non si stupì del proprio avvicinarsi lento al suo viso, non si stupì nemmeno del suo tenere lo sguardo fisso, intimorito al pensiero che un’occhiata mancata avrebbe potuto spezzare quel momento di strano incanto. Ma quando la mano affusolata di Lin si posò sul suo torace e strinse la felpa nera, allora sì che si stupì. E comprese: lei lo desiderava tanto quanto lui. Se per solo sesso o un bacio rubato non gli importava granché, non in quel momento. Voleva solo stringerla a sé e baciarla fino a farle mancare il fiato. Fino a spegnere il cervello e fare bye bye alla razionalità.

 

-Hyuuung! Siamo tornati!-

 

Guardò la porta d’entrata mentre Lin si allontanò e tornò a guardare lo schermo, accarezzandosi i capelli umidi. Gli parve spaventata, se per il bacio mancato o per l’arrivo improvviso degli altri che avrebbero potuto coglierli con le mani sotto i vestiti, non lo avrebbe mai saputo.

Sono un coglione…

-Oh, Lin, ci sei anche tu?- Dae fece capolino, un sorriso luminoso sul volto –Che piacere vederti!-

La ragazza gli rivolse un sorriso abbozzato prima di venir travolta da quell’uragano di Ri –Liiiiin, cosa ci fai qui? Vi siete fidanzati? Eh? EH?-

-Non dovevi comprargli le caramelle.- si intromise Tae, rimproverano bonariamente un Daesung sospirante.

Top imprecò mentre spegneva la console, avvertendo le fusa di Ri mentre continuava a stringere a sé una Lindsay sconvolta e allucinata. Tae venne in suo aiuto, rivolgendole un sorriso rammaricato mentre portava quel gattaccio a mangiare. La ragazza si sistemò e si alzò, seguita a ruota da lui che continuava a stringere i laccio della felpa per far scemare il nervoso. Diamine, c’era andato così vicino!

-Oh, Lin, sabato prossimo o quello dopo ancora daremo una festa per il nostro tour- Dae si sporse dal frigorifero -Tu ci sarai?-

Ri per poco non squittì di fronte al suo silenzio e se Tae non fosse venuto a raccattarlo, probabilmente le avrebbe strappato i lunghi capelli in attesa di un suo .

-Non lo so, forse lavoro- si lisciò la maglietta mentre andava a recuperare la felpa e la borsa a tracolla. Di fronte a quella risposta vaga e che lasciava aperte troppe possibilità, Seung-Hyun si ritrovò diviso tra il suo desiderio di volerla vedere ancora prima di due mesi di lontananza e la speranza che lei rifiutasse l’invito –Può venire anche Ginko?- chiese poco dopo, quasi la sua scelta dipendesse dalla risposta che le avrebbero dato.

Fu Ri ad intromettersi –Certo che può! Lei deve venire!- trillò esaltato, guardandola con occhioni enormi.

Lin lo fissò, poi sospirò mentre sollevava la borsa da terra –Magari faremo un salto dopo il Tribeca.- guardò l’orologio appeso al muro e si direzionò verso la porta, lanciandogli un’ultima, profonda occhiata che non riuscì a decifrare.

-Potremmo venire a ballare e poi tornare qui a casa.- propose pratico Tae appoggiandosi al lavabo.

Lin alzò le spalle, annuendo –Come preferite.-

 

E a quel punto, Seung-Hyun si convinse di una cosa: i saluti, erano forse la parte peggiore di una serata con lei. E non perché lui li odiasse o che altro, no, semplicemente restare sull’uscio della porta a fissare una Lindsay rivestita di apatia non era uno spettacolo esaltante. Avrebbe preferito un fugace Ciao prima di tornare a giocare a Super Mario, con lei che si defila senza troppe remore, senza farsi troppe domande.

Tutto di loro era sospeso, come se stessero studiando la prossima mossa. E Top, che già non sapeva come barcamenarsi in quel banale saluto, si chiese come avrebbe reagito al loro futuro addio -Grazie per l’Mp3.- stiracchiò le labbra mentre lo agitava, cominciando poi a slacciare le cuffie.

Al suo secco Che palle!, sospirò –Vuoi una mano?-

-Sono ingarbugliate.- sbuffò incolore. Sospirò e avvicinò le dita alle sue, sfiorandole appena mentre cercava di aiutarla a risolvere quel problema.

E tutto sarebbe potuto concludersi così, il loro imbarazzo era già abbastanza tangibile e insopportabile -E tre, due, uno…- ma, beh, aveva degli amici coglioni e gli amici coglioni sono famosi per rendere tutto ancora più tremendo. Fu proprio in quell’istante che udirono la loro voce, con loro due fermi con le mani intente a districare i nodi, ora immobilizzati sotto l’uscio con sottofondo uno strano coretto proveniente dall’interno dell’appartamentino…

 

Lei ti piace, tanto tanto da morir

Forse tu le piaci ma lei non sa come dirlo

Ma non servono le parole sai

allora baciala…

 

Lin allargò gli occhi nocciola fissandolo allucinata e Top, trattenendosi dal prendere quelle cuffie e strozzarci i suoi amici, si limitò a ricacciare in gola l’imprecazione più collerica che mai sarebbe potuta uscire dalle sue labbra. Quando si voltò, gettando un’occhiata al salone d’ingresso, uno spettacolo raccapricciante che non sarebbe più riuscito a togliersi dalla mente: Ri e Dae, spazzole e forchette in mano, si stavano dilettando in quella sonata al chiaro di luna davvero patetica…

 

Sciala la la la la la Il ragazzo è troppo timido

Coraggio baciala

Sciala la la la la la

Non lo fa, ma che peccato, se insiste lui la perderà

 

Top si stropicciò il volto per la vergogna di vivere sotto lo stesso tetto di quei due dementi; peccato non poter dare la colpa a GD, visto che non era presente, perché quella sembrava proprio una sua trovata balorda per metterlo ancora più in difficoltà. Lin invece, apparentemente noncurante di quel tristissimo siparietto, canticchiava con loro -Oh, dai, pure tu?-

-Che c’è? Mi piace la Sirenetta.- si giustificò alzando le spalle.

Lui roteò gli occhi e, sempre sotto quel mare di cazzate, la vide rivolgere un breve sorriso alle cuffie ora slegate –Sicura di non volere un passaggio?-

Ti prego no, dì di no…

-Torno a piedi, grazie.-

Represse un sospiro di sollievo. Non sarebbe riuscito a controllarsi con lei chiuso in macchina –Fai attenzione.- le mormorò pacato

-Dovresti farne tu.- con un cenno del capo, indicò i due che si ostinavano a cantare inesorabili e purtuttavia infastidito, si ritrovò a sorriderle grato per non aver fatto commenti su tutto quello che era accaduto.

E la vide scendere le scale, quasi eterea, come se fosse un sogno, chiedendosi se davvero avesse rischiaro di sfiorare le sue labbra o fosse stato frutto della sua immaginazione. Le carezzò, sbuffando impercettibilmente. Chissà se sarebbe venuta alla festa o sarebbe scappata da lui…
 

-Aaaw, nemmeno un bacetto?!- scattarono i due, dispiaciuti.

 

Ma ora aveva cose più importanti a cui pensare –Al mio tre siete morti…- sbatté la porta alle proprie spalle –Tre!- le urla di Ri e Dae si sparsero nell’aria mentre Tae sorseggiava serafico una tazza di the davanti ad un film.

 

 Il maknaecidio poteva avere inizio.

 



 

 

A Vip’s corner:

Mie adorate, scusate il ritardo, ma la vostra Heaven ha avuto seri problemi a scrivere questo capitolo. Non sapevo proprio come farlo procedere, ogni cosa che scrivevo mi sembrava troppo veloce -e comunque non mi soddisfa appieno-. Poi ieri sera, mentre la salita del Blue Tornado stava per finire –sì, la vostra Heaven è andata a suicidarsi sulle montagne russe di Gardaland-, ha avuto l’illuminazione su come andare avanti –poi il vuoto, visto che ha cominciato a starnazzare e ha visto passare davanti a sé le immagini della propria vita- ♥ Ma è sopravvissuta a quell’Inferno e… Ta-daaan! Ecco a voi il capitolo 12 *-*

Per chi si aspettava qualcosa di meno casto e puro… Spiacenti, ma c’è un tempo per tutto *Heaven guarda la sua scaletta e sospira* i vestiti che volano in giro dovranno attendere il loro turno. Però vi ho messo un bel po’ di scene zuccherose, quindi direi che mi sono fatta perdonare, no? NO? No, non credo. Siete autorizzate a lasciarmi un bel SEI UNA STRONZA!!!!!!! e altri deliziosi insulti come inizio recensione (se mai me ne lascerete *-*), vi capirò é.è

Riguardo a Ji Yong… Sfatiamo subito un mito. Non ama Ginko. E nemmeno le piace. Crede sia solo un’altra cavia con cui divertirsi xD e Ginko fa tanto Emis Killa nel suo POV… Ascoltare a ripetizione Parole di ghiaccio nuoce alla mia sanità mentale D: Ah, già, quando parla di Top e le sue fan… No, ecco, so che lui le adora; ma di recente ho visto un video in cui non le saluta, le ignora bellamente e, leggendo i commenti sotto adirati delle VIPs, mi sono permessa di sfruttare questa cosa :)

 

E ora… Ringraziamenti!: il mio amore smisurato va a voi, MionGD, kushieda R, SonoShawolsEVip, YB_Moon, Yuna_and_Tidus, Myuzu, lil_monky, hottina,  ssilen e Fran Hatake che mi avete fatto raggiungere la soglia delle 10 recensioni per quel capitolo 11 che non mi soddisfaceva *-* Grazie, grazie, grazie infinite! Siete state gentilissime a dirmi cosa ne pensate, sul serio ♥ E poi siete sempre così carine che davvero, non ho mai parole per dirvi quanto vi apprezzi!

Ringrazio anche chi aggiunge Something alle preferite/seguite e chi continua a leggere in silenzio ^^ Io invito sempre a lasciare commenti perché rendono felici un’autrice, ma il vostro silenzio è apprezzato smisuratamente ♥

Ah, sì, dimenticavo. Voi tre: Fran_Hatake, Myuzu & Yuna_and_Tidus, si proprio voi tre… Mi volete uccidere mettendomi fra gli autori preferiti?! Se volete la mia morte per coccolosità ditelo, che cerco un ombrello da tutta questa pioggia meravigliosa di cuoricini *-* Se non si fosse capito, era un immenso grazie alla vostra bontà ♥

Ora vi saluto (vi prego di scusare eventuali errori), alla prossima!

HeavenIsInYourEyes.

   
 
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