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Autore: anniieapplehead    09/09/2012    1 recensioni
Conteneva prevalentemente testi di canzoni, alcuni solo abbozzati, schizzi e disegni, prevalentemente manga e qualche ritratto.
Nella copertina interna, in alto a destra, c’era scritto un indirizzo e un nome: Yang Yoseob.
Quel quaderno sembrava molto prezioso, decise che gliel’avrebbe riportato prima possibile.
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaao a tutti *^*
Allora, questa è la mia prima fanfiction, shono un po’ emozionata :3
Allora, alcune noticine: la storia è ambientata a pochi mesi dal debutto dei BEAST, ispirata ad un episodio realmente accaduto,  (nel prossimo capitolo si capirà bene ) ma di cui purtroppo ho pochissimi particolari veritieri, quindi vado molto di fantasia.

Detto questo, spero che vi piaccia (:

 

21.19 - Olivia Kwon, (o Kwon Olivia, non si sapeva mia come chiamarla quella ragazza) se ne stava davanti allo specchio dell'ingresso, controllando minuziosamente l'ombretto messo poco prima in cerca di una sbavatura, un ombra nera sfuggita al suo correttore, qualunque cosa che avrebbe potuto trattenerla a casa altri cinque minuti, malgrado avesse già indossato le scarpe e fosse pronta per uscire già di una decina di minuti.

Negli ultimi mesi, quello specchio non l'aveva vista spesso, illuminata dalla luce artificiale poi! Scuola, spesa, biblioteca alle volte, quelle erano le sue uniche mete, le uniche ragioni che la spingevano a non restare barricata in casa, a passare per l'ingresso davanti a quello specchio, a scorrere con lo sguardo foto di famiglia. Quelle dannate foto che Olivia aveva sotto gli occhi anche in quel preciso istante, mentre l’unica cosa che cercava di fare era concentrarsi sulla sua immagine riflessa nello specchio.

Il matrimonio di mamma e papà, si in Italia che in Corea, Francesco da piccolo, Olivia e Francesco rispettivamente a 11 e 9 anni, tutta la famiglia al completo a Bologna, la città di mamma, papà, mamma e Olivia a Bali, sei mesi prima. Il signor Kwon nei suoi tempi migliori si era innamorato perdutamente dell’Italia, e a quanto pare anche di Sabrina, la bella italiana che era il Bel Paese fatto a persona: due occhi di smeraldo e labbra rosse sulle quali morire, come la canzone di Battisti che lei amava tanto. La passione tra i due fu così travolgente che presto si trovarono con un inquilino, o meglio un’inquilina in più nel loro appartamento di studenti universitari. Tempo di finire l’università e si erano già trasferiti in Corea con un altro marmocchio, Francesco.

Erano davvero una famigliola buffa: un signore paffutello dagli occhi a mandorla, una splendida occidentale e due ragazzini tremendamente simili l’uno all’altro dai lineamenti indecifrabili; mori, olivastri come ogni italo-coreano che si rispetti, occhi di taglio asiatico ma leggermente più grandi e tondi. Anche se quelli di Francesco avevano quel piccolo di particolare, che li rendeva ancora un po’ più speciali di quanto fossero già: tali e quali a quelli della madre, erano verde smeraldo.

Erano.

 

Il cellulare di Olivia cominciò a squillare: sicuramente era Yurim che voleva sapere dove si era cacciata. Era ora di uscire. Olivia fece un respiro profondo, afferrò la maniglia e la tirò verso di se per aprire la porta. Chiamò l’ascensore e dopo che le due porte metalliche si furono chiuse alle sue spalle, si mise a fissare con ansia i numeri che scorrevano sul quadrante sopra la sua testa, calcolando che l’ascensore impiegava circa 4 secondi per ogni piano del palazzo. In meno di un minuto fu fuori, cercò con lo sguardo la macchina di Yurim e quando sentì il suono del clacson che la chiamava si sentì sollevata. Non è stato così difficile, pensò.

Era la prima volta che usciva per andare in un club da quando Francesco non c’era più, e anche se non era tipa da club (preferiva Rock Café e birrerie), non poteva rifiutare l’invito, o meglio il ricatto, di Yurim, la sua migliore amica.

Salì sulla Smart dell’altra ragazza, un deposito ambulante di trucchi, cd, cartine stradali di tutto il mondo, ma sempre profumata di fragola.

 

“Dio benedica i deodoranti per gli ambienti”, era una delle frasi preferite di Yurim.

“WHOOA” disse lei “La signorina si è messa in tiro stasera! Pure lo smalto ti sei messa, fammi dare un’occhiata” 

 

Yurim prese la mano sinistra di Olivia, che subito la ritrasse con uno scatto e cercò di sistemare la manica del cardigan, in modo da coprire tutta la mano, “E’ messo di merda” farfugliò lei tutto d’un fiato, cercando una scusa qualunque perché la sua amica non esaminasse la sua mano.

Per pochi interminabili istanti le due si guardarono negli occhi, Yurim era scioccata.

 

“Tu.. mi avevi detto che avevi smesso.”

 

Olivia non sapeva cosa dire, era con la sua migliore amica da pochi minuti e già l’avav delusa, per l’ennesima volta. Non poteva fare altro che tenere la testa bassa e fissare i suoi polsi, le cicatrici ancora fresche.

Almeno la lametta è a casa, fu l’unica cosa che le venne in mente.

 

3.17 – La serata alla fine, non era stata nemmeno così pessima come aveva immaginato durante il tragitto in macchina con Yurim, a parte il fatto che si erano dette due parole in tutta la sera.

Meno male che c’era Jun Kwang, il terzo elemento del loro gruppetto che ovviamente non poteva non partecipare alla serata.

Non avendo voglia di ballare si sedette con lui al bancone; e tra Vodka, Coca Cola, bagno e pista da ballo, il tutto le sembrò quasi divertente. L’unico imprevisto della serata era stata la sfuriata della madre di Yurim, che non sapendo dov’era aveva ribaltato mezza Seul e se l’era riportata a casa.

Dopo quello che era successo quella sera, Olivia era quasi sollevata di dover tornare a casa in metropolitana. Erano appena scesi nei ‘sotterranei della città’, come li chiamava Jun Kwan, quando videro un ragazzo dai capelli corvini che stava seduto vicino ad un altro steso per terra, evidentemente privo di sensi, cominciò ad arrancare verso di loro.

Era piccolo e magro, i capelli corvini gli coprivano la fronte e il collo; nell’incarnato color latte spiccavano due guance rosse da bambino e due occhi color carbone. Per quanto ne sapevano quei due ubriaconi poteva benissimo avere 16 come 22 anni.

“Scusate, scusate!” farfugliò con un filo di voce mentre si avvicinava a loro “ho bisogno d’aiuto”.

 

Non è possibile. No, non può essere lui. Olivia, svegliati, sei solo ubriaca. Francesco aveva gli occhi verdi.

 

Il ragazzo si tranquillizzò vedendo che i due erano giovani come lui, allora chiese se avevano un cellulare a portata di mano;

“Certo amico” disse Jun Kwan porgendogli il palmare.

 

“Hyung! L’ho trovato, era nel vicolo vicino ad un bar, credo che avesse appena fatto a botte con dei brutti tizi.. Come? Ah, non chiedermi il perché, probabilmente era solo molto ubriaco, sai.. per via di quella storia. Sì, stiamo tornando in dormitorio in metrò, a dopo hyung!”

 

Intanto Olivia si era avvicinata all’altro ragazzo, quello di cui evidentemente il suo amico stava parlando al telefono; era ancora incosciente, si stava giusto domandando come avesse fatto il suo amico a portarlo in metropolitana, piccolo com’era, quando notò il rivoletto di sangue che gli usciva dalle labbra carnose, viola per le botte, che scendeva lungo la guancia destra.

E’ davvero bello, fu l’unica cosa che ebbe il tempo di pensare, prima di accorgersi che l’altro ragazzo, che aveva finito di telefonare, si era inginocchiato accanto a lei per assistere il suo amico.

Non poteva fare a meno di fissarlo, doveva autoconvincersi che suo fratello era morto, non poteva essere là di fianco a lei, no, non era possibile, non era lui.

Aveva cominciato a pulirgli il viso insanguinato, intanto con l’altra mano gli accarezzava i folti capelli color ebano.

“Scusate per il disturbo” sussurrò il ragazzo “è stata una nottataccia per tutti, mi premeva avvertire i ragazzi che Jun sta bene.. Più o meno. ”

 

Olivia si avvicinò ai due e disse “Prova a mettere un po’ di ghiaccio sulla guancia e non fargli mangiare roba troppo calda, vedrai che in un paio di giorni non si vedrà più nulla.”

Poteva considerarsi un esperta in maniera di tagli.

Il ragazzo si voltò verso di lei e la ringraziò con un sorriso (e che sorriso!) che diede a Olivia i brividi; era lo stesso sorriso che avrebbe potuto sostituire il sole, lo stesso che aveva suo fratello, quello che le bastava per tirarla su di morale. Era incredibile come a Francesco bastasse aprire la bocca e mostrare quei denti che parevano perle per farla sentire meglio, la sua risata cristallina era musica per le sue orecchie.

Forse era quella la cosa che le mancava di più, era il silenzio che c’era in casa dopo che lui era volato via che l’aveva spinta alle lamette, al sangue.

Poi notò che aveva gli occhi lucidi; doveva tenerci davvero tanto a quel Jun.
In quell’istante avvertirono il rumore della metropolitana che stava arrivando.
“Hyung, hyung alzati, dobbiamo andare!”
Il ragazzo prese Jun sottobraccio e, dopo aver afferrato velocemente il suo zainetto, i due si avviarono a fatica verso la cabina praticamente vuota.
“Grazie di tutto!” disse l’unico dei due che aveva la forza di parlare, mentre le porte metalliche del metrò si chiudevano davanti a quella strana coppia.

Pochi secondi dopo che tutte le cabine del metrò si furono allontanate dalla vista dei due ragazzi, lasciando solo l’eco del loro stridere sulle rotaie, Olivia abbassò lo sguardo verso il pavimento e notò qualcosa che prima non c’era: un quaderno nero ad anelli, probabilmente era caduto dallo zaino del ragazzo mentre si accingeva a salire sul metrò. Conteneva prevalentemente testi di canzoni, alcuni solo abbozzati, schizzi e disegni, prevalentemente manga e qualche ritratto.

Nella copertina interna, in alto a destra, c’era scritto un indirizzo e un nome: Yang Yoseob.

Quel quaderno sembrava molto prezioso, decise che gliel’avrebbe riportato prima possibile.

  
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